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2 agosto 2023
Vaccinazioni pediatriche: nel 2021 in Italia coperture sotto soglia. Solo il Lazio centra l’obiettivo per tutte le vaccinazioni obbligatorie. Analisi GIMBE: i servizi vaccinali del territorio hanno retto l’impatto della pandemia

La pandemia COVID-19 ha determinato, negli anni 2020 e 2021, un ritardo rilevante nell’erogazione di servizi e prestazioni sanitarie, in particolare su interventi chirurgici programmati, screening oncologici, visite specialistiche ed esami diagnostici. Ritardo che le Regioni, nonostante i finanziamenti dedicati e la definizione dei Piani Operativi di Recupero con il Ministero della Salute, non sono ancora riuscite a colmare, come documentato da una recente analisi della Fondazione GIMBE.

«Considerato che sulle vaccinazioni pediatriche non è mai stata condotta nessuna analisi sistematica – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – abbiamo realizzato uno studio con l’obiettivo primario di valutare l’impatto della pandemia COVID-19 sulle coperture a 24 mesi delle vaccinazioni obbligatorie e raccomandate». Analizzando i dati pubblicati dal Ministero della Salute è stato effettuato un confronto delle coperture vaccinali nel 2020 rispetto al 2019 e nel 2021 rispetto al 2020 al fine di valutare l’impatto della pandemia COVID-19. Le analisi sono state effettuate sui seguenti vaccini:

  • Anti-poliomelite, utilizzato come indicatore rappresentativo per tutti i vaccini contenuti nella formulazione esavalente: anti-poliomielite, anti-difterite, anti-tetano, anti-pertosse, anti-epatite B, anti-haemophilus influenzae B;
  • Anti-morbillo, utilizzato come indicatore rappresentativo per tutti i vaccini contenuti nella formulazione trivalente: anti-morbillo, anti-parotite, anti-rosolia;
  • Anti-varicella;
  • Anti-pneumococco;
  • Anti-rotavirus;
  • Anti-meningococco B.

Non sono state analizzate le coperture relative all’anti-meningococco C e all’anti-meningococco ACWY in quanto la raccolta, trasmissione e reporting dei dati risultano eccessivamente eterogenei tra le Regioni.

Per la fascia d’età considerata (24 mesi) sono stati utilizzati i target raccomandati dal Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019 a partire dal 2019: ≥95% per tutte le vaccinazioni, ad eccezione dell’anti-rotavirus (≥ 75% nel 2019 e ≥ 95% dal 2020).

CONFRONTO DELLE COPERTURE VACCINALI 2020 VS 2019. A livello nazionale nel 2020, rispetto al 2019, si è osservata una riduzione generale delle coperture: anti-meningococco B (-2,68 punti percentuali), anti-morbillo (-1,79 punti percentuali), anti-pneumococco (-1,42 punti percentuali), anti-poliomelite (-0,99 punti percentuali), anti-varicella (-0,22 punti percentuali). In controtendenza, si rileva un netto incremento (+36,65 punti percentuali) per il vaccino anti-rotavirus (Tabella 1).

Vaccinazioni obbligatorie. Il vaccino anti-poliomielite mostra una riduzione della percentuale di vaccinati in 14 Regioni, con un decremento superiore a 2 punti percentuali in Abruzzo, Basilicata, Calabria e Liguria. Tra le Regioni in cui si osserva un incremento, la Valle d’Aosta è l’unica a raggiungere un aumento superiore a 2 punti percentuali. La riduzione delle coperture appare più marcata per la vaccinazione anti-morbillo, dove 18 Regioni mostrano un calo rispetto al 2019, con decrementi superiori a 2 punti percentuali in Abruzzo, Calabria, Liguria, Piemonte e Basilicata; registrano un incremento solo Sardegna (+0,31 punti percentuali), Provincia Autonoma di Bolzano (+1,59 punti percentuali) e Valle d’Aosta (+2,39 punti percentuali). Per la vaccinazione anti-varicella le coperture diminuiscono in 11 Regioni con Abruzzo, Lombardia, Molise e Liguria che registrano una riduzione superiore a 2 punti percentuali, mentre aumentano nelle restanti 10 Regioni, con Umbria, Sardegna, Provincia Autonoma di Bolzano, Lazio, Valle d’Aosta e Calabria che mostrano un aumento superiore a due punti percentuali.

Vaccinazioni raccomandate. Tra le vaccinazioni raccomandate, quella anti-pneumococco registra il decremento maggiore con solo 4 Regioni che segnano un aumento delle coperture nel 2020 rispetto al 2019 (Provincia Autonoma di Trento, Sardegna, Valle d’Aosta e Veneto). L’anti-rotavirus registra un incremento delle coperture in tutte le Regioni. L’anti-meningococco B segna un incremento delle coperture per 14 Regioni e una riduzione per 7: Lombardia, Basilicata, Umbria, Piemonte, Toscana, Abruzzo e Molise.

CONFRONTO DELLE COPERTURE VACCINALI 2021 VS 2020. Contrariamente a quanto osservato tra 2019 e 2020, il confronto tra 2020 e 2021 mostra un generale aumento delle coperture a livello nazionale: anti-pneumococco (+0,67 punti percentuali), anti-morbillo (+1,15 punti percentuali), anti-varicella (+1,8 punti percentuali), anti-rotavirus (+7,6 punti percentuali), anti-meningococco B (+13,38 punti percentuali); le coperture per l’anti-poliomielite (-0,02 punti percentuali) rimangono sostanzialmente stabili (Tabella 2).

Vaccinazioni obbligatorie. Per il vaccino anti-poliomielite il numero di Regioni con una riduzione delle coperture tra il 2020 e il 2021 scende da 14 (2020 vs 2019) a 10, con una riduzione superiore a 2 punti percentuali in Provincia Autonoma di Bolzano, Sardegna, Sicilia e Valle d’Aosta; la Calabria è l’unica Regione a registrare un aumento di oltre 2 punti percentuali delle coperture tra 2020 e 2021. Per il vaccino anti-morbillo il numero di Regioni che mostrano differenze positive passano da 3 del confronto 2019 vs 2020 a 14 con Abruzzo, Basilicata, Lazio, Molise, Veneto che registrano un incremento pari o superiore a 2 punti percentuali, mentre Provincia Autonoma di Bolzano, Sardegna e Valle d’Aosta fanno segnare un decremento di più di due punti percentuali. Per quanto riguarda la vaccinazione anti-varicella, solo 6 Regioni mostrano una diminuzione delle coperture tra 2020 e 2021 e di queste solo Provincia Autonoma di Bolzano e Valle d’Aosta registrano un decremento maggiore di due punti percentuali. Aumenta anche il numero di Regioni con un incremento delle coperture superiore a 2 punti percentuali: Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia-Romagna, Liguria, Lombardia, Molise, Piemonte e Umbria.

Vaccinazioni raccomandate. Le differenze 2021 vs 2020 delle coperture per le vaccinazioni raccomandate sono molto eterogenee, sia tra vaccini che tra Regioni. La vaccinazione anti-pneumococco, ad esempio, mostra una differenza che va -4,6 punti percentuali della Sardegna a +4,8 punti percentuali del Lazio, con 14 Regioni che registrano un aumento nelle percentuali delle coperture, 3 delle quali superano i 2 punti percentuali (Basilicata, Friuli Venezia Giulia e Lazio). L’eterogeneità appare ancora più marcata per l’anti-rotavirus (le variazioni 2021 vs 2020 passano da -3,99 punti percentuali in Sardegna a +24,26 punti percentuali in Umbria) e l’anti-meningococco B (da -8,41 punti percentuali dell’Umbria a +69,98 punti percentuali della Lombardia).

COPERTURE VACCINALI ANNO 2021. Nell’anno 2021, a livello nazionale, i target non vengono raggiunti per nessuna vaccinazione, anche se si osserva una riduzione della variabilità nelle coperture: dal 70,4% per il vaccino anti-rotavirus al 94% per il vaccino anti-poliomielite (Tabella 3).

Vaccinazioni obbligatorie. Il Lazio raggiunge i target per tutte e tre le vaccinazioni obbligatorie. Toscana, Emilia-Romagna, Lombardia, Umbria e Veneto raggiungono i target previsti per i vaccini anti-poliomielite e anti-morbillo, ma non per il vaccino anti-varicella. Infine, Campania, Friuli Venezia Giulia e Molise raggiungono i target raccomandati solo per il vaccino anti-poliomielite, per il quale la Provincia Autonoma di Bolzano (75,62%) si colloca in ultima posizione.

Vaccinazioni raccomandate. Per l’anti-meningococco B solo la Lombardia supera il target raggiungendo una copertura del 95,61%. Le Regioni che non raggiungono il target mostrano valori che variano dal 49,95% della Provincia Autonoma di Bolzano al 91,84% del Veneto. Per la vaccinazione anti-pneumococcica le coperture variano dal minimo della Provincia Autonoma di Bolzano (71,71%) al massimo di Molise e Umbria (94,51%). Le coperture per l’anti-rotavirus, eccetto che nella Provincia Autonoma di Bolzano (39,68%) e in Valle d’Aosta (40,23%), si collocano sopra il 50% in tutte le Regioni, 11 delle quali superano il 75%: Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Molise, Piemonte, Provincia Autonoma di Trento, Puglia, Sardegna e Veneto.

Complessivamente dunque le coperture vaccinali risultavano già insufficienti nel 2019, quando solo 14 Regioni raggiungevano il target per il vaccino esavalente, 9 per il trivalente, 3 per l’anti-pneumococco e nessuna per l’anti-varicella e l’anti-meningococco B. I dati del 2020 mostrano che la pandemia ha avuto un impatto rilevante sulla vaccinazione esavalente e trivalente, rispettivamente con una riduzione da 14 a 9 e da 9 a 3 Regioni che hanno raggiunto i target. Nel 2021, invece, si registra un parziale recupero per il vaccino trivalente, con 6 Regioni che raggiungono il target rispetto alle 3 del 2020. Tuttavia nel 2021 il livello delle coperture vaccinali rimane sotto ai target raccomandati, in particolare per i vaccini di introduzione più recente (anti-rotavirus e anti-meningococco B) (Tabella 4).

«Se già nel 2019 – conclude Cartabellotta – i programmi di vaccinazione pubblica mostravano difficoltà a raggiugere i target raccomandati a causa dell’esitazione vaccinale, la pandemia COVID-19, con l’inevitabile riorganizzazione dei servizi, il limitato accesso alle strutture sanitarie e la paura del possibile contagio, ha avuto un impatto rilevante sulle coperture vaccinali pediatriche. Tuttavia, l’entità della loro riduzione nel 2020 e il rapido recupero nel 2021 dimostrano che i servizi vaccinali del territorio hanno retto adeguatamente l’emergenza riuscendo a garantire, nella maggior parte delle Regioni, la continuità del servizio».

 

Il report dell’Osservatorio GIMBE “Impatto della pandemia COVID-19 sulle coperture vaccinali in età pediatrica” è disponibile a www.gimbe.org/impatto-pandemia-vaccinazioni-pediatriche


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25 2023
Cure essenziali, le pagelle del ministero della salute: nel 2021 promosse 14 regioni. Emilia-Romagna in testa, al sud “passano” solo Abruzzo, Basilicata e Puglia. Il gap nord-sud in sanità è ormai strutturale: DdL Calderoli legittimerà normativamente le diseguaglianze

25 luglio 2023 - Fondazione GIMBE, Bologna

Secondo il Ddl Calderoli sull’autonomia differenziata le materie per le quali sono necessari livelli essenziali di prestazioni (LEP) non possono essere trasferite dallo Stato alle Regioni prima della definizione stessa dei LEP, al fine di garantire in tutto il territorio nazionale un livello di prestazioni minime, evitando che il trasferimento di competenze alle più ricche Regioni del Nord determini un peggioramento dei servizi per i cittadini del Sud. Tuttavia, qualche giorno fa il Comitato per l’individuazione dei LEP – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – «ha suggerito una pericolosa scorciatoia per la sanità, per la quale non sarebbe necessario definire i LEP in quanto già esistono i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). LEA che, nonostante la loro definizione nel 2001, il loro monitoraggio annuale e l’applicazione di piani di rientro e commissariamenti, di fatto non sono esigibili in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, con grandi diseguaglianze tra Nord e il Sud». Un gap che sarà inevitabilmente destinato ad aumentare se verranno assegnate maggiori autonomie alle più ricche Regioni del Nord, ragion per cui in Commissione Affari Costituzionali del Senato la Fondazione GIMBE ha richiesto di espungere la sanità dalle materie su cui le Regioni possono richiedere maggiori autonomie.

A seguito della recente pubblicazione del “Monitoraggio dei LEA attraverso il Nuovo Sistema di Garanzia” da parte del Ministero della Salute, la Fondazione GIMBE - spiega il Presidente - «ha effettuato alcune analisi sia per stimare l’entità dell’attuale frattura Nord-Sud nel garantire il diritto costituzionale alla tutela della salute e dei conseguenti rischi di questa “sanatoria” proposta dal Comitato LEP, oltre che per valutare la resilienza e la capacità di ripresa dei servizi sanitari regionali nel secondo anno della pandemia».

Ogni anno il Ministero della Salute valuta l’erogazione dei LEA, ovvero delle prestazioni sanitarie che le Regioni devono garantire gratuitamente o previo il pagamento del ticket. «Si tratta di una vera e propria “pagella” per i servizi sanitari regionali – afferma Cartabellotta – che identifica quali Regioni sono promosse (adempienti), pertanto meritevoli di accedere alla quota di finanziamento premiale, e quali bocciate (inadempienti)». Le Regioni inadempienti vengono sottoposte ai Piani di rientro, che prevedono uno specifico affiancamento da parte del Ministero della Salute, che nelle situazioni più critiche può arrivare sino al commissariamento.

Dal 2020 la “Griglia LEA” è stata sostituita da 22 indicatori CORE del Nuovo Sistema di Garanzia (NSG), suddivisi in tre aree: prevenzione collettiva e sanità pubblica, assistenza distrettuale e assistenza ospedaliera. In ogni area le Regioni possono ottenere un punteggio tra 0 e 100 e vengono considerate adempienti se raggiungono almeno 60 punti in tutte le tre aree; invece, se il punteggio è inferiore a 60 anche in una sola area la Regione risulta inadempiente. «Considerato che il 2021, come il 2020, è stato segnato dall’emergenza pandemica – precisa il Presidente – il monitoraggio dell’erogazione dei LEA è stato effettuato dal Ministero della Salute solo a scopo di valutazione e informazione, senza impatto sulla quota premiale».

Adempimenti LEA 2021. Rispetto al 2020 le Regioni adempienti nel 2021 salgono da 11 a 14: Abruzzo, Basilicata, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Provincia Autonoma di Trento, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria, Veneto. In particolare, dal 2020 al 2021 tre Regioni diventano adempienti: Abruzzo, Basilicata e Liguria. Rimangono inadempienti 7 Regioni: Campania, Molise, Provincia Autonoma di Bolzano e Sicilia con un punteggio insufficiente in una sola area; Sardegna con un punteggio insufficiente in due aree; Calabria e Valle D’Aosta insufficienti in tutte le tre aree (tabella 1). «La nuova “pagella” – commenta il Presidente – conferma anche per il 2021 il gap Nord-Sud, visto che solo Abruzzo, Puglia e Basilicata si trovano tra le 14 Regioni adempienti, peraltro con i punteggi più bassi tra quelle “promosse”».

Considerato che il Ministero della Salute non sintetizza in un punteggio unico la valutazione degli adempimenti LEA, la Fondazione GIMBE ha elaborato una classifica di Regioni e Province autonome sommando i punteggi ottenuti nelle tre aree, riportando i risultati in ordine decrescente suddivisi in quartili (tabella 2 e figura 1). «Rispetto allo status di Regione adempiente o inadempiente – commenta Cartabellotta – il punteggio totale enfatizza ulteriormente il gap Nord-Sud: infatti, nei primi 10 posti si trovano 6 Regioni del Nord, 4 del Centro e nessuna del Sud, mentre in fondo alla classifica si collocano, ad eccezione della Valle D’Aosta, solo Regioni del Sud».

Gap 2020-2021. La Fondazione GIMBE ha analizzato le differenze tra gli adempimenti 2020 e quelli 2021, al fine di valutare la graduale ripresa dell’erogazione dei LEA dopo lo scoppio della pandemia misurando i punteggi totali delle Regioni e le performance nazionali sui tre macro-livelli assistenziali. Fatta eccezione per Sardegna e Valle d’Aosta che nel 2021 hanno peggiorato le proprie performance, in tutte le altre Regioni dopo lo “stress test” del 2020, i punteggi LEA sono aumentati, seppur in maniera differente. In Basilicata, Liguria, Lombardia e Calabria di oltre 30 punti; nella Provincia Autonoma di Bolzano, Molise, Abruzzo, Campania tra 20 e 30 punti; in Umbria, Toscana, Friuli Venezia Giulia e Marche tra 10 e 19 punti; in Piemonte, Lazio, Provincia Autonoma di Trento, Sicilia, Emilia-Romagna, Veneto e Puglia di meno di 10 punti (tabella 3). «Questi dati – commenta il Presidente – documentano da un lato, la netta ripresa di alcune Regioni (Lombardia, Liguria) colpite nel 2020 in maniera molto violenta dalla prima ondata; dall’altro, il parziale recupero di numerose Regioni inadempienti nel 2020, quasi tutte al Centro-Sud (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Provincia Autonoma di Bolzano), di cui tuttavia solo l’Abruzzo e la Basilicata diventano adempienti nel 2021».

Relativamente all’impatto della pandemia sui tre macro-livelli assistenziali, considerando tutto il territorio nazionale, nel 2021 si registra un netto miglioramento nell’area della prevenzione (+159 punti) e nell’area ospedaliera (+135 punti); al contrario l’area distrettuale nel 2021 fa rilevare un lieve peggioramento (-16 punti) (tabella 4). «Il netto miglioramento nell’area della prevenzione – spiega il Presidente – non è sufficiente a colmare il crollo (-263 punti) registrato tra il 2019 e il 2020 sia per gli esigui investimenti in quest’area, sia perché il già scarso personale in forza ai dipartimenti di prevenzione è stato impiegato in prima linea nella campagna vaccinale»

«Il monitoraggio del Ministero della Salute 2021 – conclude Cartabellotta – conferma il gap strutturale tra Nord e Sud proprio nel momento in cui il Comitato LEP ritiene che in materia di salute non sia necessario definire i LEP, vista la presenza dei LEA. Questa proposta suggerisce per le maggiori autonomie in sanità una scorciatoia pericolosa, visto che il Ddl Calderoli rimane molto vago sul finanziamento oltreché sulla garanzia dei LEP secondo quanto previsto dalla Carta Costituzionale. Considerato che le nostre analisi sull’esigibilità dei LEA confermano anche per l’anno 2021 un enorme gap Nord-Sud, è evidente che senza definire, finanziare e garantire i LEP, le maggiori autonomie in sanità legittimeranno normativamente questa frattura, compromettendo l’uguaglianza dei cittadini di fronte al diritto costituzionale alla tutela della salute e assestando il colpo di grazia al Servizio Sanitario Nazionale».


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13 2023
Attuazione PNRR Missione Salute. Non rispettata scadenza europea assegnazione 1.800 borse di studio per medici di famiglia. Numerosi obiettivi nazionali non raggiunti. Speso solo lo 0,5% dei fondi già assegnati

Nel corso delle ultime settimane il dibattito politico si è progressivamente infuocato sul tema dei ritardi dell’Italia nell’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), in particolare sull’erogazione ancora in stallo della terza rata da 19 miliardi di euro e sulla richiesta della quarta rata alla Commissione Europea, che l’11 luglio ha portato ad una revisione degli obiettivi intermedi da parte della Cabina di regia sul PNRR coordinata dal Ministro Fitto.

«Al fine di fornire un quadro oggettivo della situazione, di informare i cittadini ed evitare strumentalizzazioni politiche – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – nell’ambito delle attività del proprio nostro Osservatorio sul Servizio Sanitario Nazionale abbiamo effettuato un monitoraggio indipendente dello status di avanzamento della Missione Salute del PNRR».

Le analisi sono state condotte utilizzando le seguenti fonti istituzionali:

Il monitoraggio è stato effettuato sia sulle scadenze di traguardi e obiettivi europei che nazionali. È bene precisare che questi ultimi costituiscono step intermedi che non condizionano l’erogazione dei fondi da parte dell’Europa. Tuttavia, «se il mancato rispetto delle scadenze nazionali non influenza direttamente l’erogazione delle rate – commenta il Presidente – rappresenta comunque una “spia rossa” di rallentamenti nell’attuazione dei vari progetti, aumentando il rischio di non raggiungere le correlate scadenze europee».

Aggiornamento delle fonti. I dati relativi all’andamento sull’attuazione del Piano disponibili sul sito web Italia Domani sono aggiornati al 4° trimestre 2022 per tutte le Missioni. «È inaccettabile – commenta Cartabellotta – che la piattaforma di riferimento pubblica per monitorare lo stato di attuazione del PNRR non venga aggiornata da oltre 6 mesi». Viceversa, il sito PNRR del Ministero della Salute risulta sostanzialmente aggiornato in tempo (al 15 giugno 2023).

Scadenze europee (EU). Al 30 giugno 2023 tutte le scadenze europee risultano rispettate ad eccezione dell’obiettivo “Assegnazione di 1.800 borse di studio per la formazione specifica in Medicina generale”, destinate alla formazione dei nuovi medici di famiglia. «A fronte di risorse ripartite alle Regioni nell’ottobre 2022 – spiega Cartabellotta – ad oggi non risulta alcuna assegnazione delle borse di studio. Senza entrare nel merito delle sinergie e delle relative responsabilità di Governo e Regioni, di fatto l’obiettivo non risulta raggiunto come riportato sul sito del Ministero della Salute».

Scadenze nazionali. Al 30 giugno 2023 non risultano rispettate le seguenti scadenze:

  • Scadenze 31 dicembre 2022
    • Approvazione dei progetti idonei per indizione della gara per l'interconnessione aziendale: inizialmente 105, poi ridotti a 70 nel Piano Integrato di Attività e Organizzazione (PIAO) 2023-2025 del Ministero della Salute
    • Approvazione di almeno 600 progetti idonei per indizione della gara per la realizzazione delle Centrali Operative Territoriali
  • Scadenze 31 marzo 2023
    • Incremento di 292.000 persone over 65 da trattare in assistenza domiciliare
    • Assegnazione di almeno 600 Codici Unici di Gara (CIG)/provvedimento di convenzione per la realizzazione delle Centrali Operative Territoriali
    • Assegnazione di CIG/provvedimento di convenzione per l'interconnessione aziendale: inizialmente 105, poi ridotti a 70 nel Piano Integrato di Attività e Organizzazione (PIAO) 2023-2025 del Ministero della Salute
  • Scadenze 30 giugno 2023
    • Assegnazione di almeno 1.350 codici CIG/provvedimento di convenzione per la realizzazione delle Case della Comunità. Da rilevare che la “Terza Relazione sullo stato di attuazione del PNRR” del Governo riporta che ad aprile i CIG attribuiti erano 1.327
    • Stipula di un contratto per il progetto pilota che fornisca strumenti di intelligenza artificiale a supporto dell'assistenza primaria
    • Stipula di almeno 70 contratti per l'interconnessione aziendale: inizialmente 105, poi ridotti a 70 nel Piano Integrato di Attività e Organizzazione (PIAO) 2023-2025 del Ministero della Salute
    • Stipula di almeno 600 contratti per la realizzazione delle Centrali Operative Territoriali
    • Reingegnerizzazione del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) a livello locale - Completamento del patrimonio informativo (servizi applicativi) - Numero di nuovi flussi informativi nazionali adottati da tutte le 21 Regioni: riabilitazione territoriale, consultori familiari
    • Completamento della procedura di iscrizione ai corsi di formazione manageriale

«Rilevante segnalare – precisa Cartabellotta – che la “Terza Relazione sullo stato di attuazione del PNRR” del Governo non fa alcuna menzione delle scadenze nazionali non rispettate, nonostante siano regolarmente monitorate e rendicontate dal sito PNRR Salute del Ministero della Salute e rappresentino cruciali indicatori di monitoraggio intermedio per le Regioni e, a cascata, per le Aziende sanitarie».

Livello di spesa. La “Terza Relazione sullo stato di attuazione del PNRR” del Governo riporta che la maggior parte delle Amministrazioni titolari ha raggiunto un livello di spesa inferiore alle previsioni: in particolare per la Missione Salute a fronte di uno stanziamento di € 15.625,5 milioni, sono stati spesi meno di € 79 milioni, ovvero lo 0,5% dei fondi. «Un dato – commenta Cartabellotta – che conferma i ritardi accumulati sulle scadenze nazionali e che potrebbe incidere sul raggiungimento degli obiettivi finali».

Elementi di debolezza e criticità. Per la Missione Salute la “Terza Relazione sullo stato di attuazione del PNRR” del Governo ha identificato criticità per eventi e circostanze oggettive su tre obiettivi: “Casa della Comunità e presa in carico della persona”, “Ospedali di Comunità” e “Verso un ospedale sicuro e sostenibile”. Le criticità segnalate riguardano l’aumento dei costi, anche per scarsità di materiali, lo squilibrio tra offerta e domanda, gli investimenti non attrattivi e l’impreparazione del tessuto produttivo. «Dalla classificazione delle criticità – commenta Cartabellotta – e dagli esempi riportati non è affatto chiaro se si tratti di situazioni che hanno già condizionato lo status di avanzamento dei progetti, oppure se costituiscano ostacoli dal potenziale impatto sulle scadenze future».

«Al 30 giugno 2023 – conclude Cartabellotta – l’attuazione della Missione Salute fa registrare una sola scadenza europea non rispettata, ovvero l’assegnazione di 1.800 borse di studio per la formazione specifica in Medicina generale. Un ritardo che potrebbe essere anche conseguente a co-responsabilità delle Regioni per mancata pubblicazione dei bandi. Dalla nostra analisi emergono però altri elementi degni di nota. Innanzitutto, il mancato rispetto di numerose scadenze nazionali relative non solo a giugno 2023, ma anche a marzo 2023 e a dicembre 2022; ritardi peraltro non segnalati né dal sito Italia Domani, né dalla “Terza Relazione sullo stato di attuazione del PNRR” del Governo, le cui modalità di rendicontazione pubblica non seguono le scadenze nazionali. In secondo luogo, la quantità irrisoria di fondi effettivamente già spesi (0,5%), che in larga misura dipende dai ritardi accumulati sulle scadenze nazionali. Infine, la revisione degli obiettivi intermedi della quarta rata non riguarda gli interventi della Missione 6 di cui è titolare il Ministero della Salute».


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22 giugno 2023
Liste di attesa. Analisi GIMBE: nel 2022 recuperato solo il 65% delle prestazioni saltate per la pandemia. Troppe le differenze tra regioni e oltre 7 milioni di prestazioni da erogare

I tempi di attesa per le prestazioni sanitarie costituiscono una delle principali criticità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) con cui cittadini e pazienti si scontrano quotidianamente subendo gravi disagi (necessità di ricorrere alle strutture private, migrazione sanitaria, aumento della spesa out-of-pocket, impoverimento), sino alla rinuncia alle cure con pesanti conseguenze sulla salute. «Il problema delle liste di attesa – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – affligge da sempre il nostro SSN, ma negli ultimi anni si è aggravato per l’enorme quantità di prestazioni non erogate durante la pandemia COVID-19». In particolare, secondo i dati del Ministero della Salute, nel 2020 - rispetto al 2019 - in Italia sono stati oltre 1,57 milioni i ricoveri programmati in meno; per gli screening oncologici oltre 4,1 milioni di inviti e oltre 2,53 milioni di prestazioni in meno; infine, oltre 112 milioni le prestazioni ambulatoriali “saltate”, tra visite specialistiche, esami di laboratorio e strumentali.

Per fronteggiare il problema sono state stanziate risorse ad hoc per il recupero delle prestazioni: € 500 milioni come da Legge di Bilancio 2022 che ha ulteriormente prorogato quanto previsto dal DL 104/2020, le cui risorse non erano state completamente utilizzate dalle Regioni.

Nel gennaio 2022 il Ministero della Salute, con le “Linee di indirizzo per il recupero delle prestazioni sanitarie non erogate in ragione dell’epidemia da SARS-CoV-2” ha individuato tre categorie di prestazioni prioritarie: ricoveri per interventi chirurgici programmati, inviti e prestazioni per le campagne di screening oncologici e prestazioni ambulatoriali. «Seguendo le indicazioni ministeriali – spiega Cartabellotta – ciascuna Regione ha elaborato un Piano Operativo Regionale (POR) dove ha delineato strategie e modalità organizzative per recuperare le prestazioni non erogate durante il periodo pandemico». Il recente Rapporto sul coordinamento della Finanza Pubblica della Corte dei Conti ha reso noti i dati del Ministero della Salute sia sul recupero delle prestazioni nel 2022 da parte delle Regioni, sia sul finanziamento utilizzato: dati su cui la Fondazione GIMBE ha effettuato le analisi di seguito riportate.

Ricoveri per interventi chirurgici programmati. Complessivamente le Regioni hanno inserito nei POR oltre 512 mila ricoveri programmati da recuperare, per le quali il Ministero della Salute riporta un recupero stimato di poco più di 338 mila (66%). Notevoli le variabilità regionali: dal 92% del Piemonte al 14% della Liguria (figura 1).

Screening oncologici: inviti e prestazioni. Le Regioni hanno previsto nei POR di recuperare oltre 5 milioni di inviti e quasi 2,84 milioni di prestazioni. La rendicontazione ministeriale riporta un recupero stimato di quasi 4,2 milioni di inviti (82%) e poco più di 1,9 milioni di prestazioni (67%). Notevoli le differenze regionali: per gli inviti si va dal 100% di Piemonte, Valle d’Aosta, Provincia Autonoma di Trento, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Molise e Basilicata al 14% del Friuli Venezia Giulia (figura 2). Relativamente alle prestazioni, il recupero oscilla dal 100% di Toscana, Provincia Autonoma di Trento, Piemonte e Basilicata al 9% di Calabria e Lazio (figura 3). Da segnalare che la Regione Umbria aveva già recuperato tutte le prestazioni di screening nell’anno 2021.

Prestazioni ambulatoriali. In totale le Regioni hanno programmato di recuperare quasi 11,9 milioni di prestazioni, di cui Ministero della Salute riporta un recupero stimato di quasi 6,8 milioni (57%). «Un dato –spiega Cartabellotta – che ha avuto conseguenze rilevanti sui tempi di attesa delle nuove prestazioni ambulatoriali, e verosimilmente ne continua ad avere, visto che ne rimangono da recuperare oltre 5 milioni». Anche per queste prestazioni nette le differenze regionali in termini di recupero: dal 100% di Valle D’Aosta, Provincia Autonoma di Trento e Toscana al 7% della Campania (figura 4).

Recupero complessivo delle prestazioni. «Delle 20,3 milioni di prestazioni arretrate, nel 2022 complessivamente ne sono state recuperate poco meno di due su tre, ovvero il 65% – precisa Cartabellotta – e nessuna Regione ha raggiunto per tutte le prestazioni le quote di recupero previste dai POR». Inoltre, i risultati evidenziano un’ampia variabilità nei livelli di performance sia tra le varie Regioni, sia all’interno della stessa Regione tra differenti tipologie di prestazioni. Al fine di fornire un quadro complessivo sulla capacità di recupero delle singole Regioni è stata calcolata la percentuale totale di prestazioni recuperate sul totale di quelle inserite nei relativi POR (figura 5). «Pur trattandosi di tipologie differenti di prestazioni – spiega Cartabellotta – che richiedono un diverso impegno organizzativo ed economico, questa “classifica” vede sul podio Toscana (99%), Provincia autonoma di Trento (95%) ed Emilia-Romagna (91%) e sul fondo Calabria (18%) e Campania (10%)».

Finanziamento utilizzato. L’attività di audit conclusa nell’aprile 2023 dal Ministero della Salute sull’attuazione dei POR fornisce anche il quadro sull’utilizzo delle risorse. La spesa rendicontata al 31 dicembre 2022 sfiora i € 348 milioni, ovvero quasi il 70% di quella stanziata, con notevoli differenze regionali: dal 2% del Molise al 100% della Liguria, con alcune Regioni (Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia e Piemonte) che superano il 100%, verosimilmente in ragione dello stanziamento di risorse proprie (figura 6). «Il dato più rilevante – commenta Cartabellotta – è che non risulta una correlazione diretta tra risorse utilizzate e prestazioni recuperate: in altre parole, dalla rendicontazione del Ministero della Salute emergono inspiegabili variabilità regionali tra risorse investite e prestazioni recuperate» (figura 7).

Coinvolgimento delle strutture private accreditate. Al fine di agevolare il recupero delle prestazioni, la normativa ha previsto che Regioni e Province Autonome potessero coinvolgere gli erogatori privati accreditati, integrando accordi e contratti esistenti, con la possibilità di destinare ai privati sino a un massimo di € 150 milioni sui complessivi € 500 milioni di finanziamento. Il Ministero della Salute riporta una stima complessiva a livello nazionale di committenza alle strutture private del 29%: in dettaglio, il 30% del finanziamento destinato ai ricoveri, il 13% di quello per gli screening e il 32% delle risorse allocate per le prestazioni ambulatoriali. «Tuttavia esiste una enorme variabilità regionale – spiega il Presidente – sia in termini di quota di committenza totale, sia rispetto alla distribuzione delle tre tipologie di prestazioni erogate dal privato». La percentuale stimata di committenza al privato è pari o superiore alla media nazionale in Puglia (93%), Lombardia (46%), Campania (37%), Sicilia (35%), Liguria (32%) e Calabria (30%); le altre Regioni si collocano al di sotto del valore nazionale, con Marche e Molise che non hanno fatto ricorso al privato (figura 8).

«Il monitoraggio del Ministero della Salute – conclude Cartabellotta – dimostra che complessivamente che le Regioni non hanno recuperato il 35% delle prestazioni “saltate” durante la pandemia per complessive 7,13 milioni di prestazioni. In dettaglio, 174mila ricoveri programmati, 914mila inviti e 936mila di prestazioni per gli screening oncologici e 5,1 milioni di prestazioni ambulatoriali. Inoltre, i dati restituiscono un quadro molto eterogeneo tra le varie Regioni sia sulle percentuali di prestazioni recuperate, sia sul finanziamento utilizzato che non sempre è correlato con le prestazioni recuperate».


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24 maggio 2023
Allarme medici di famiglia: ne mancano quasi 2.900 ed entro il 2025 ne perderemo oltre 3.400. Il 42,1% dei medici supera il tetto massimo di 1.500 pazienti, riducendo la qualità dell’assistenza. L’aumento dell’età pensionabile e del numero di assistiti nascondono la polvere sotto il tappeto

Secondo quanto riportato sul sito del Ministero della Salute ogni cittadino iscritto al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) ha diritto a un medico di medicina generale (MMG) – cd. medico di famiglia – attraverso il quale può accedere a tutti i servizi e prestazioni inclusi nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Il MMG non è un medico dipendente del SSN, ma lavora in convenzione con l’Azienda Sanitaria Locale (ASL): il suo rapporto di lavoro è regolamentato dall’Accordo Collettivo Nazionale (ACN), dagli Accordi Integrativi Regionali e dagli Accordi Attuativi Aziendali a livello delle singole ASL.

«L’allarme sulla carenza dei MMG – afferma Nino Cartabellotta Presidente della Fondazione GIMBE – oggi riguarda tutte le Regioni per ragioni diverse: mancata programmazione, pensionamenti anticipati, medici con numeri esorbitanti di assistiti e desertificazione nelle aree disagiate che finiscono per comportare l’impossibilità di trovare un MMG nelle vicinanze del domicilio, con conseguenti disagi e rischi per la salute».

Al fine di comprendere meglio le cause e le dimensioni del fenomeno, la Fondazione GIMBE ha analizzato le criticità insite nelle norme che regolano l’inserimento dei MMG nel SSN e stimato l’entità della carenza attuale e futura di MMG nelle Regioni italiane. «È bene precisare – spiega Cartabellotta – che le nostre analisi incontrano tre ostacoli principali. Innanzitutto, i 21 differenti Accordi Integrativi Regionali introducono una grande variabilità del massimale di assistiti per MMG; in secondo luogo, su carenze e fabbisogni è possibile effettuare solo una stima media regionale, perché la reale necessità di MMG viene determinata da ciascuna ASL sugli ambiti territoriali di competenza; infine, la distribuzione non uniforme degli assistiti in carico ai MMG può sovra- o sotto-stimare il loro reale fabbisogno in relazione alla situazione locale».

 

CRITICITÀ

Massimale di assisiti. Secondo quanto previsto dall’ACN, il numero massimo di assistiti di un MMG è fissato a 1.500: in particolari casi può essere incrementato fino a 1.800 assistiti, ma molto spesso questo numero viene superato attraverso deroghe disposte dagli Accordi Integrativi Regionali (es. fino a 2.000 nella Provincia Autonoma di Bolzano), deroghe locali per indisponibilità di MMG e scelte temporanee del medico (es. extracomunitari senza permesso di soggiorno, non residenti). Parallelamente, altre motivazioni possono determinare un numero inferiore di assistiti: autolimitazione delle scelte, MMG con doppio incarico che ne limita le scelte, MMG nel periodo iniziale di attività, esercizio della professione in zone disagiate. «Per ciascun MMG – commenta il Presidente – il carico potenziale di assistiti rispetto a quello reale restituisce un quadro molto eterogeneo, dove accanto a troppi MMG “ultra-massimalisti” ci sono colleghi con un numero molto basso di assistiti». I dati Agenas per l’anno 2021 documentano infatti che su 40.250 MMG il 42,1% ha più di 1.500 assistiti; il 36,7% tra 1.001 e 1.500 assistiti; il 13,6% da 501 a 1.000; il 6,2% tra 51 e 500 e l’1,4% meno di 51 (figura 1). In particolare, il massimale di 1.500 assistiti viene superato da più di un MMG su due in Campania (52,7%), Valle d’Aosta (58,2%), Veneto (59,8%) e da quasi due su tre nella Provincia Autonoma di Bolzano (63,7%), in Lombardia (65,4%) e nella Provincia Autonoma di Trento (65,5%) (figura 2), «con ovvia riduzione della qualità dell’assistenza – commenta Cartabellotta – accendendo “spie rosse” su varie Regioni in relazione a tre criticità: la reale disponibilità di MMG in relazione alla densità abitativa, la capillare distribuzione territoriale e la possibilità per i cittadini di esercitare il diritto della libera scelta».

Ambiti territoriali carenti. I nuovi MMG vengono inseriti nel SSN previa identificazione da parte della Regione (o soggetto da questa individuato) delle cosiddette “zone carenti”, ovvero gli ambiti territoriali dove è necessario colmare il fabbisogno e garantire una diffusione capillare dei MMG. Secondo l’ACN per ciascun ambito territoriale può essere iscritto un medico ogni 1.000 residenti o frazione di 1.000 superiore a 500 di età ≥14 anni (cd. rapporto ottimale); è inoltre consentita, tramite gli Accordi Integrativi Regionali, una variazione di tale rapporto fino a 1.300 residenti per medico (+30%).

Pensionamenti. Secondo le stime dell’ENPAM al 31 dicembre 2021 più del 50% dei MMG aveva oltre 60 anni di età ed è, quindi, atteso un pensionamento massivo nei prossimi anni: considerando una età di pensionamento di 70 anni, entro il 2031 dovrebbero andare in pensione circa 20 mila MMG.

Nuovi MMG. Il numero di borse di studio ministeriali destinate al Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale, dopo un periodo di sostanziale stabilità intorno a 1.000 borse annue (2014-2017), è successivamente aumentato, in particolare nel 2021 (n. 3.406) e nel 2022 (n. 3.675) grazie alle risorse dedicate del PNRR (figura 3). «Tuttavia i nuovi MMG – spiega Cartabellotta – non saranno sufficienti per colmare il ricambio generazionale. In particolare, l’ENPAM stima che il numero dei giovani formati o avviati alla formazione in medicina generale occuperebbe solo il 50% dei posti di MMG lasciati scoperti dai pensionamenti».

STIMA DELLE CARENZE ATTUALI E FUTURE

Trend 2019-2021 e anzianità di laurea. Dal recente Rapporto Agenas sui MMG emerge innanzitutto una progressiva diminuzione di quelli in attività: nel 2021 erano 40.250, ovvero 2.178 in meno rispetto al 2019 (-5,4%) con notevoli variabilità regionali (figura 4). «Ma è soprattutto il quadro anagrafico a preoccupare – commenta Cartabellotta –  visto che nel 2021 il 75,3% dei MMG in attività aveva oltre 27 anni di anzianità di laurea, con quasi tutte le Regioni del Centro-Sud sopra la media nazionale, anche in conseguenza di politiche sindacali locali che non sempre hanno favorito il ricambio generazionale». In alcune Regioni meridionali la fascia dei MMG più anziani arriva a superare l’80%: Calabria (88,3%), Molise (83,2%), Campania (82,7%), Sicilia (82,6%), Basilicata (82,1%) (figura 5).

Numero di assistiti per MMG. Secondo le rilevazioni della Struttura Interregionale Sanitari Convenzionati (SISAC), al 1° gennaio 2022 39.270 MMG avevano in carico oltre 51,3 milioni di assistiti. In termini assoluti, la media nazionale è di 1.307 assistiti per MMG: dai 1.073 della Sicilia ai 1.461 del Veneto, ai 1.466 della Lombardia, fino ai 1.545 della Provincia Autonoma di Bolzano (figura 6). «Tuttavia lo scenario – precisa Cartabellotta – è molto più critico di quanto lascino trasparire i numeri: infatti, con questo livello di saturazione vengono meno il principio della libera scelta e la distribuzione capillare dei MMG in relazione alla densità abitativa. Di conseguenza, è spesso impossibile trovare disponibilità di un MMG vicino casa, non solo nelle cosiddette aree desertificate (zone a bassa densità abitativa, con condizioni geografiche disagiate, rurali e periferiche) dove i bandi per gli ambiti territoriali carenti vanno spesso deserti, ma anche nelle grandi città».

Fabbisogno di MMG al 1° gennaio 2022. «Le criticità sopra rilevate – spiega Cartabellotta – permettono solo di stimare il fabbisogno medio regionale di MMG in relazione al numero di assistiti, in quanto la necessità di ciascun ambito territoriale carente viene identificato dalle ASL secondo variabili locali». Se l’obiettivo è garantire la qualità dell’assistenza, la distribuzione capillare in relazione alla densità abitativa, la prossimità degli ambulatori e l’esercizio della libera scelta, non si può far riferimento al massimale delle scelte per stimare il fabbisogno di MMG. Di conseguenza la Fondazione GIMBE, ritenendo accettabile un rapporto di 1 MMG ogni 1.250 assistiti (valore medio tra il massimale di 1.500 e l’attuale rapporto ottimale di 1.000) e utilizzando le rilevazioni SISAC al 1° gennaio 2022, stima una carenza di 2.876 MMG, con situazioni più critiche nelle grandi Regioni del Nord: Lombardia (-1.003), Veneto (-482), Emilia Romagna (-320), Piemonte (-229), oltre che in Campania (-349) (figura 7).

Proiezione MMG al 2025. Tenendo conto dei pensionamenti attesi e delle borse di studio per il Corso di Formazione in Medicina Generale, i dati Agenas (dove mancano le stime per la Provincia Autonoma di Bolzano) dimostrano che nel 2025 il numero dei MMG diminuirà di 3.452 unità rispetto al 2021, con nette differenze regionali (figura 8). In particolare saranno alcune Regioni del Centro-Sud nel 2025 a scontare la maggior riduzione di MMG: Lazio (-584), Sicilia (-542), Campania (-398), Puglia (-383). «L’entità della riduzione stimata da Agenas – chiosa Cartabellotta – è peraltro sottostimata per almeno due ragioni: innanzitutto, non tiene conto che i medici attualmente iscritti al Corso di Formazione in Medicina Generale possono acquisire già durante la frequenza del corso sino a 1.000 scelte; in secondo luogo perché molti MMG vanno in pensione prima dei 70 anni».

«La progressiva carenza di MMG – conclude Cartabellotta – consegue sia ad errori di programmazione per garantire il ricambio generazionale, in particolare la mancata sincronia per bilanciare pensionamenti attesi e finanziamento delle borse di studio, sia a politiche sindacali non sempre lineari. Ed è evidente che le soluzioni “tampone” attuate dal Governo con il Decreto Milleproroghe (innalzamento dell’età pensionabile a 72 anni) e dalle Regioni (aumento del massimale) servono solo a nascondere la polvere sotto il tappeto, senza risolvere la progressiva carenza dei MMG. In tal senso è necessario mettere in atto una strategia multifattoriale: adeguata programmazione del fabbisogno, tempestiva pubblicazione da parte delle Regioni dei bandi per le borse di studio, attuazione di modelli organizzativi che valorizzino il lavoro in team, piena implementazione della riforma dell’assistenza territoriale prevista dal PNRR (Case di comunità, Ospedali di Comunità, assistenza domiciliare, telemedicina), allineamento degli accordi sindacali ai reali bisogni della popolazione. Perché guardando ai numeri, accanto alla carenza già esistente, le previsioni dimostrano che i medici di famiglia saranno sempre meno nei prossimi anni. Una “desertificazione” che lascerà scoperte milioni di persone con conseguenze sempre più rilevanti per l’organizzazione dell’assistenza sanitaria territoriale e soprattutto per la salute della popolazione, in particolare gli anziani e i fragili».


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10 maggio 2023
Coronavirus, richiami per anziani e fragili in stallo: in sette settimane +0,1% copertura con quarta dose e +0,7% con quinta dose. E i tassi rimangono bassi, soprattutto al sud

Lo scorso 5 maggio, il Comitato tecnico dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS) ha raccomandato la fine dello stato di emergenza internazionale recepita dal Direttore Generale Tedros Adhanom Ghebreyesus, che comunque ha ribadito che “Resta il rischio di nuove varianti emergenti che possono causare nuove ondate di casi e morti. La cosa peggiore che i paesi possano fare ora è usare questa notizia per abbassare la guardia, per smantellare il sistema che hanno costruito e per lanciare alla gente il messaggio che il COVID non è più qualcosa di cui preoccuparsi”.

«Al tempo stesso l’OMS – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – ha pubblicato infatti il quarto aggiornamento del piano strategico 2023-2025 di preparazione e risposta al COVID-19 che definisce le azioni per minimizzare l’impatto della pandemia sullo stato di salute delle popolazioni, oltre che sui sistemi sanitari». In particolare, tra gli approcci per raggiungere questi obiettivi l’OMS raccomanda di vaccinare le popolazioni a rischio al fine di ridurre l’incidenza di malattia grave e mortalità.

«A un mese e mezzo dalla sospensione della pubblicazione del monitoraggio GIMBE sul COVID-19 – continua Cartabellotta – abbiamo ritenuto opportuno valutare l’avanzamento delle coperture vaccinali relative ai richiami con quarta e quinta dose, pur con la difficoltà di fornire dati precisi visto che entrambe le platee non vengono aggiornate ormai da molto tempo».

Vaccini: quarta dose.  La platea per il secondo richiamo (quarta dose), aggiornata al 17 settembre 2022, è di 19,1 milioni di persone: di queste, 12,5 milioni possono riceverlo subito, 0,6 non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 6 milioni l’hanno già ricevuto. Al 5 maggio sono state somministrate 6.003.913 quarte dosi, con una media mobile nell’ultima settimana di 164 somministrazioni al giorno (Figura 1).

In base alla platea ufficiale (n. 19.119.772 di cui 13.060.462 over 60, 3.990.080 fragili e immunocompromessi, 1.748.256 di personale sanitario e 320.974 ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è del 31,4%, ovvero solo +0,1% nelle ultime 7 settimane (31,3% lo scorso 17 marzo). Si confermano nette differenze regionali in termini di coperture: dal 14,1% della Calabria al 45,8% del Piemonte (Figura 2).

Vaccini: quinta dose.  La platea per il terzo richiamo (quinta dose), aggiornata al 20 gennaio 2023, è di 3,1 milioni di persone: di queste, 2,5 milioni possono riceverlo subito, 0,1 milioni non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 0,5 milioni l’hanno già ricevuto.  Al 5 maggio 2023, dopo oltre sei mesi dall’avvio della campagna, sono state somministrate 515.209 quinte dosi, con una media mobile nell’ultima settimana di 207 somministrazioni al giorno (Figura 3).

In base alla platea ufficiale (n. 3.146.516 di cui 2.298.047 over 60, 731.224 fragili e immunocompromessi, 117.245 ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), il tasso di copertura nazionale per le quinte dosi è del 16,4%, ovvero solo +0,7% nelle ultime 7 settimane (15,7% lo scorso 17 marzo).  Nette le differenze regionali: dal 6,2% della Calabria al 31,3% del Piemonte (Figura 4).

 

«I dati – conclude Cartabellotta – documentano che nelle ultime 7 settimane, contrariamente a quanto raccomandato dall’OMS oltre che dalle Circolari del Ministero della Salute, la somministrazione dei richiami per anziani e fragili è stata davvero esigua, con coperture che rimangono molto basse, in particolare nelle Regioni meridionali».


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4 maggio 2023
Allarme pediatri: ne mancano almeno 840 e tra il 2019 e il 2021 sono diminuiti del 5,5%. Famiglie in difficoltà: per ogni pediatra in media quasi 100 bambini in più rispetto al tetto massimo di 800, con notevoli differenze regionali. Un’emergenza annunciata tra mancata programmazione e miopi politiche sindacali

Secondo quanto riportato sul sito del Ministero della Salute, il pediatra di libera scelta (PLS) – cd. pediatra di famiglia – è il medico preposto alla tutela della salute di bambini e ragazzi tra 0 e 14 anni. Ad ogni bambino, sin dalla nascita, deve essere assegnato un PLS per accedere a servizi e prestazioni inclusi nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e garantiti dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN). «L’allarme sulla carenza dei PLS – afferma Nino Cartabellotta Presidente della Fondazione GIMBE – oggi è lanciato da genitori di tutte le Regioni, da Nord a Sud con narrative dove s’intrecciano questioni burocratiche, mancanza di risposte da parte delle ASL, pediatri con numeri esorbitanti di assistiti, sino all’impossibilità di esercitare il diritto d’iscrivere i propri figli al pediatra di famiglia con potenziali rischi per la salute, in particolare dei più piccoli e dei più fragili».

Al fine di comprendere meglio le cause e le dimensioni del fenomeno, la Fondazione GIMBE ha analizzato le criticità insite nelle norme che regolano l’inserimento dei PLS nel SSN e stimato l’entità della carenza di PLS nelle diverse Regioni italiane. «È bene precisare – spiega Cartabellotta – tre aspetti fondamentali. Innanzitutto le regole sulle fasce di età di assistenza esclusiva dei minori, quelle per definire il “massimale” degli assistiti e quelle per identificare le aree carenti di pediatri sono frutto di compromessi con i medici di medicina generale (MMG), oltre che delle politiche sindacali degli stessi PLS. In secondo luogo, su carenze e fabbisogno è possibile solo fare stime a livello regionale, perché la reale necessità di PLS viene stimata dalle singole Aziende Sanitarie Locali (ASL). Infine, sui numeri relativi ai nuovi specialisti in pediatria che intraprendono la carriera di PLS e su quelli che vanno in pensione possono solo essere fatte delle stime».

CRITICITÀ ATTUALI

Fasce di età. Sino al compimento del 6° anno di età i bambini devono essere assistiti per legge da un PLS, mentre tra i 6 e 14 anni i genitori possono scegliere tra PLS e MMG. Al compimento dei 14 anni la revoca del PLS è automatica, tranne per pazienti con documentate patologie croniche o disabilità per i quali può essere richiesta una proroga fino al compimento del 16° anno. «Queste regole – spiega Cartabellotta – se da un lato contrastano con la definizione di PLS come medico preposto alla tutela della salute di bambini e ragazzi tra 0 e 14 anni, dall’altro rappresentano un enorme ostacolo per un’accurata programmazione del fabbisogno di PLS». Infatti, secondo i dati ISTAT al 1° gennaio 2022 la fascia 0-5 anni (iscrizione obbligatoria al PLS) include più di 2,6 milioni di bambini e quella 6-13 (iscrizione facoltativa al PLS) quasi 4,3 milioni: ovvero oltre il 62% della fascia 0-13 anni potrebbe iscriversi ad un MMG in base alle preferenze dei genitori.

Massimale di assisiti. Secondo quanto previsto dal Ministero della Salute, il numero massimo di assistiti di un PLS è fissato a 800, ma esistono varie deroghe nazionali, regionali e locali che portano spesso a superare i 1.000 iscritti: indisponibilità di altri pediatri del territorio, fratelli di bambini già in carico ad un PLS, scelte temporanee (es. extracomunitari senza permesso di soggiorno, non residenti). «In tal senso – commenta il Presidente – le politiche sindacali locali hanno sempre mirato ad innalzare il massimale (e i compensi) dei PLS già in attività, piuttosto che favorire l’inserimento di nuovi colleghi».

Zone carenti. I nuovi PLS vengono inseriti nel SSN previa identificazione da parte della Regione - o soggetto da questa individuato - delle cosiddette “zone carenti”, ovvero gli ambiti territoriali in cui occorre colmare un fabbisogno assistenziale e garantire una diffusione capillare degli studi dei PLS. Attualmente, tuttavia, la necessità della zona carente viene calcolata solo sulla fascia di età 0-6 anni tenendo conto di un rapporto ottimale di 1 PLS ogni 600 bambini. «È del tutto evidente – chiosa il Presidente – che questo metodo di calcolo sottostima il fabbisogno di PLS: paradossalmente, facendo riferimento alle regole vigenti, i PLS sarebbero addirittura in esubero perché il loro fabbisogno viene stimato solo per i piccoli sino al compimento dei 6 anni. Mentre di fatto assistono oltre l’80% di quelli della fascia 6-13 anni». Va segnalato che la bozza del nuovo Accordo Collettivo Nazionale propone di rivedere il calcolo del rapporto ottimale tenendo conto degli assistibili di età 0-14 anni, decurtati dagli assistiti di età >6 anni in carico ai MMG e di innalzare il massimale da 800 a 1.000 assistiti.

Pensionamenti. Secondo le stime dell’ENPAM al 31 dicembre 2021 più del 50% dei PLS aveva oltre 60 anni di età ed è, quindi, atteso un pensionamento massivo nei prossimi anni: ovvero, considerando una età di pensionamento di 70 anni, entro il 2031 dovrebbero andare in pensione circa 3.500 PLS.

Nuovi pediatri. Il numero di borse di studio ministeriali per la scuola di specializzazione in pediatria, dopo un decennio di sostanziale stabilità, è nettamente aumentato negli ultimi 5 anni: dai 440 nell’anno accademico 2016-2017 a 841 nel 2021-2022, con un picco di 973 nell’anno accademico 2020-2021 (figura 1). «Tuttavia – spiega Cartabellotta – se da un lato è impossibile sapere quanti specializzandi in pediatria sceglieranno la carriera di PLS e quanti quella ospedaliera, dall’altro è certo che i nuovi pediatri non saranno comunque sufficienti per colmare il ricambio generazionale». In particolare, l’ENPAM stima che il numero dei giovani formati o avviati alla formazione specialistica coprirebbe solo il 50% dei posti di PLS necessari.

CARENZE E FABBISOGNO DI PEDIATRI

Trend 2019-2021. Secondo l’ultimo aggiornamento del report Agenas Il Personale del Servizio Sanitario Nazionale nel 2021 in Italia i PLS in attività erano 7.022, ovvero 386 in meno rispetto al 2019 (-5,5%). Inoltre, secondo quanto riportato dall’Annuario Statistico del SSN 2021, i PLS con oltre 23 anni di specializzazione sono passati dal 39% nel 2009 all’80% nel 2021 (figura 2). «Un dato – commenta Cartabellotta – che aggiunge alla carenza di PLS il mancato ricambio generazionale che con i pensionamenti dei prossimi anni rischia di creare un vero e proprio “baratro” dell’assistenza pediatrica».

Numero di assistiti per PLS. Secondo le rilevazioni della Struttura Interregionale Sanitari Convenzionati (SISAC), al 1° gennaio 2022, 6.921 PLS avevano in carico quasi 6,2 milioni di iscritti, di cui il 42,3% (2,62 milioni) della fascia 0-5 anni e il 57,7% (3,58 milioni) della fascia 6-13 anni, pari all’83,3% della popolazione ISTAT al 1° gennaio 2022 di età 6-13 anni. In termini assoluti, la media nazionale è di 896 assistiti per PLS e a livello regionale solo Umbria (784), Sardegna (788), Sicilia (792) e Molise (798) rimangono al di sotto del massimale senza deroghe; 17 Regioni superano invece la media di 800 assistiti per PLS di cui Piemonte (1.092), Provincia Autonoma di Bolzano (1.060) e Toscana (1.057) vanno oltre la media di 1.000 assistiti per PLS (figura 3). «Lo scenario – spiega Cartabellotta – è molto più critico di quanto lasciano trasparire i numeri: infatti, con un tale livello di saturazione non solo viene meno il principio della libera scelta, ma in alcune Regioni diventa impossibile trovare disponibilità di PLS, in particolare nelle aree interne o disagiate dove i bandi per le zone carenti vanno spesso deserti».

Fabbisogno di PLS. «Tutte le criticità sopra rilevate – spiega Cartabellotta – permettono solo di stimare il fabbisogno di PLS in base al numero di assistiti attuali a livello regionale, in quanto la necessità di ciascuna zona carente viene identificata dalle ASL in relazione a numerose variabili locali, previa consultazione con i sindacati». Utilizzando i dati della SISAC al 1° gennaio 2022 e ipotizzando una media di 800 assistiti a PLS (pari all’attuale tetto massimo) si stima a livello nazionale una carenza di 840 PLS, con notevoli differenze regionali (figura 4). Ma con una media di 700 assistiti per PLS, che garantirebbe l’esercizio della libera scelta, ne mancherebbero addirittura 1.935.

«La carenza di PLS – conclude Cartabellotta – deriva da errori di programmazione del fabbisogno, in particolare la mancata sincronia per bilanciare pensionamenti attesi e borse di studio per la scuola di specializzazione. Ma rimane fortemente condizionata sia da miopi politiche sindacali, sia da variabili locali non sempre prevedibili che rendono difficile calcolarne il fabbisogno. Innalzare l’età pensionabile a 72 anni e aumentare il massimale a 1.000 servono solo a mettere “la polvere sotto il tappeto” e non a risolvere il grave problema della carenza dei PLS. In tal senso servono un’adeguata programmazione, modelli organizzativi che puntino sul lavoro di team, grazie anche alle Case di comunità e alla telemedicina, oltre che accordi sindacali in linea con i reali bisogni della popolazione. Perchè guardando ai numeri di pensionamenti attesi e dei nuovi pediatri è ragionevolmente certo che nei prossimi anni la carenza non potrà che acuirsi ulteriormente».


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28 aprile 2023
Obbligo mascherine in ospedale: nell’ordinanza del ministro Schillaci prevalgono le evidenze scientifiche e il buon senso

«Sull’obbligo di mascherine in ospedale – afferma Nino Cartabellotta Presidente della Fondazione GIMBE –alla fine prevalgono le evidenze scientifiche e il buon senso. Infatti, rispetto alle anticipazioni di stampa di ieri, l’ordinanza del Ministro Schillaci conferma l’obbligo per lavoratori, utenti e visitatori in tutti i reparti ospedalieri con pazienti fragili, anziani o immunodepressi, specialmente se ad elevata intensità di cura. L’ordinanza lascia alle Direzioni Sanitarie degli ospedali la responsabilità di identificare i reparti a rischio, oltre che la decisione di estendere l’obbligo ad altri reparti e alle sale di attesa. In altre parole, le uniche aree ospedaliere dove non potrà essere previsto alcun obbligo sono i connettivi e le aree al di fuori dei reparti di degenza».

«Ovviamente – continua il Presidente – viene confermato l’obbligo di mascherina per lavoratori, utenti e visitatori di tutte le strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali, visto il maggior rischio del contagio per età e fragilità dei pazienti assistiti nelle strutture di lungodegenza, RSA, hospice, strutture riabilitative e residenziali per anziani».

Per quanto riguarda gli ambulatori, la decisione viene lasciata alla discrezione di medici di medicina generale e pediatri di libera scelta. «Una decisione discutibile – commenta il Presidente – perché la variabilità degli approcci rischia di disorientare gli assistiti sino a condizionarne scelte pratiche: ad esempio mantenere o ricusare il proprio medico di famiglia a seconda che disponga, o meno, l’obbligo della mascherina nel proprio ambulatorio».

«Infine – conclude Cartabellotta – la decisione sull’esecuzione di tampone diagnostico per infezione da SARS-CoV-2 per l’accesso ai Pronto soccorso viene lasciata alla discrezione di Regioni e Aziende sanitarie: una decisione “pilatesca” che sarà inevitabilmente condizionata dalle responsabilità sanitarie e dal principio di precauzione».


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18 aprile 2023
DEF 2023: nessun rilancio della sanità pubblica. Preoccupanti segnali di definanziamento: dal 2025 rapporto spesa sanitaria/Pil al 6,2%, inferiore ai livelli pre-pandemia. Serve urgente cambio di rotta per evitare il collasso del SSN

Lo scorso 11 aprile il Consiglio dei Ministri ha approvato il Documento di Economia e Finanza (DEF) 2023 che certifica per l’anno 2022 una spesa sanitaria di € 131.103 milioni, inferiore di quasi € 3 milioni rispetto ai € 133.998 milioni previsti dall’ultima Nota di Aggiornamento DEF 2022.

«Rispetto alle previsioni di spesa sanitaria sino al 2026 – afferma Nino Cartabellotta Presidente della Fondazione GIMBE – il DEF 2023 certifica l’assenza di un cambio di rotta post-pandemia ignorando il pessimo “stato di salute” del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), i cui princìpi fondamentali di universalità, uguaglianza ed equità sono minati da criticità che compromettono il diritto costituzionale alla tutela della salute. Interminabili liste di attesa costringono a ricorrere al privato, aumentano la spesa out-of-pocket e impoveriscono le famiglie, sino alla rinuncia alle cure; diseguaglianze regionali e locali nell’offerta di servizi e prestazioni determinano migrazione sanitaria, inaccessibilità alle innovazioni, sino alla riduzione dell’aspettativa di vita».

Vengono di seguito riportate le analisi indipendenti della Fondazione GIMBE sulle previsioni di spesa sanitaria per l’anno 2023 e per il triennio 2024-2026.

2023. Il rapporto spesa sanitaria/PIL nel 2023 scende a 6,7% rispetto al 6,9% del 2022, anche se in termini assoluti la previsione di spesa sanitaria è di € 136.043 milioni, ovvero € 4.319 milioni in più rispetto al 2022 (+3,8%). «Tuttavia il roboante incremento di oltre quattro miliardi di euro nel 2023 – precisa Cartabellotta – è solo apparente: sia perché oltre due terzi (67%) costituiscono un mero spostamento al 2023 della spesa sanitaria prevista nel 2022 per il rinnovo contrattuale del personale dirigente, sia per l’erosione del potere di acquisto visto che secondo l’ISTAT ad oggi l’inflazione acquisita per il 2023 si attesta a +5%, un valore superiore all’aumento della spesa sanitaria che, invece, si ferma a +3,8%».

2024-2026. Nel triennio 2024-2026, a fronte di una crescita media annua del PIL nominale del 3,6%, il DEF 2023 stima quella della spesa sanitaria allo 0,6%. Il rapporto spesa sanitaria/PIL si riduce dal 6,7% del 2023 al 6,3% nel 2024 al 6,2% nel 2025-2026. Rispetto al 2023, in termini assoluti la spesa sanitaria nel 2024 scende a € 132.737 milioni (-2,4%), per poi risalire nel 2025 a € 135.034 milioni (+1,7%) e a € 138.399 (+2,5%) nel 2026. «È del tutto evidente – spiega Cartabellotta – che il risibile aumento medio della spesa sanitaria dello 0,6% nel triennio 2024-2026 non coprirà nemmeno l’aumento dei prezzi, sia per l’erosione dovuta all’inflazione, sia perché l’indice dei prezzi del settore sanitario è superiore all’indice generale di quelli al consumo. In altri termini, le previsioni del DEF 2023 sulla spesa sanitaria 2024-2026 certificano evidenti segnali di definanziamento: in particolare il 2024, ben lungi dall’essere l’anno del rilancio, fa segnare un -2,4% che dissolve ogni speranza di nuove risorse per la sanità nella prossima Legge di Bilancio».

Complessivamente le stime del DEF 2023 confermano che la sanità rimane la cenerentola dell’agenda politica per almeno tre ragioni. Innanzitutto, il rapporto spesa sanitaria/PIL scende dal 6,9% del 2022 al 6,2% nel 2026, un valore inferiore a quello del 2019 (6,4%), confermando che dalla pandemia non è stato tratto alcun insegnamento; in secondo luogo, nel triennio 2024-2026 il DEF stima una crescita media annua del PIL nominale del 3,6%, a fronte dello 0,6% di quella della spesa sanitaria; infine, il DEF 2023 non fa alcun cenno alle risorse necessarie per abolire gradualmente il tetto di spesa per il personale sanitario e per approvare il cd. “decreto tariffe” sulle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e di protesica: due priorità assolute per rilanciare le politiche del capitale umano e garantire a tutti i “nuovi” Livelli Essenziali di Assistenza e l’accesso alle innovazioni. «Programmi e numeri del DEF 2023 – continua il Presidente – confermano che, in linea con quanto accaduto negli ultimi 15 anni, la sanità pubblica non rappresenta una priorità politica neppure per l’attuale Esecutivo. La sanità rimane un bancomat per la facile aggredibilità della spesa pubblica e nei rari casi di crescita economica i benefici per il SSN non sono mai proporzionali, rendendo impossibile rilanciare il finanziamento pubblico».

«Il Piano di Rilancio del SSN recentemente elaborato dalla Fondazione GIMBE – conclude Cartabellotta –rileva l’inderogabile necessità di aumentare il finanziamento pubblico per la sanità in maniera consistente e stabile, allineandolo entro il 2030 alla media dei paesi europei, al fine di garantire l’erogazione uniforme dei LEA, l’accesso equo alle innovazioni e il rilancio delle politiche del personale sanitario. Considerato che nel 2021 il gap con la media dei paesi europei era di quasi € 12 miliardi, il DEF 2023 non ha affatto posto le basi per colmarlo. Al contrario prosegue con la strategia di definanziamento pubblico della sanità che aumenterà la distanza dalla media dei paesi europei e porterà al collasso del SSN, compromettendo definitivamente il diritto costituzionale alla tutela della salute delle persone».

 


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3 aprile 2023
La sanità pubblica si sgretola, il privato avanza e il diritto alla tutela della salute vacilla. Da GIMBE il Piano di Rilancio del Servizio Sanitario Nazionale e l’aut aut alla politica: "visione chiara e coraggio su investimenti e riforme, oppure ammettere di volere un altro modello di sanità"

Quattordici punti per rilanciare il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) ormai in “codice rosso” per la coesistenza di varie “patologie”: imponente sotto-finanziamento, drammatica carenza di personale sanitario, crescenti diseguaglianze, modelli organizzativi obsoleti e inesorabile avanzata del privato. Una crisi di sostenibilità senza precedenti di un SSN vicino al punto di non ritorno: tanto che il diritto costituzionale alla tutela della salute nell’indifferenza di tutti i Governi che si sono succeduti negli ultimi 15 anni si sta trasformando in un privilegio per pochi, lasciando indietro le persone più fragili e svantaggiate, in particolare nel Sud del Paese. È questo lo sconfortante resoconto della Fondazione GIMBE sulla sanità pubblica che emerge nel corso della 15a Conferenza Nazionale in corso oggi a Bologna.

«Per la nostra democrazia – ha esordito Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE – non è più tollerabile che universalità, uguaglianza ed equità, i princìpi fondamentali del SSN, siano stati traditi e ora troneggino parole chiave come: infinite liste di attesa, aumento della spesa privata, diseguaglianze di accesso alle prestazioni sanitarie, inaccessibilità alle innovazioni, migrazione sanitaria, aumento della spesa privata, rinuncia alle cure, riduzione dell’aspettativa di vita».

«Da oltre dieci anni – ha continuato Cartabellotta – assistiamo all’assenza di visione e strategia politica a supporto della sanità pubblica, in un immobilismo che si limita ad affrontare solo problemi contingenti: per questo abbiamo elaborato il “Piano di rilancio del Servizio Sanitario Nazionale”, a seguito di una consultazione pubblica che ha coinvolto oltre 1.500 persone, che sarà utilizzato dalla Fondazione GIMBE come standard di riferimento per monitorare scelte e azioni di chi decide sul diritto alla tutela della salute».

FINANZIAMENTO PUBBLICO. È cruciale e inderogabile un rilancio progressivo e consistente del finanziamento pubblico per la sanità. Al momento, la Nota di Aggiornamento del DEF nel triennio 2023-2025 prevede una riduzione della spesa sanitaria media dell’1,13% per anno e un rapporto spesa sanitaria/PIL che nel 2025 precipita al 6%, ben al di sotto dei livelli pre-pandemia. Nel 2021 la spesa pubblica pro-capite nel nostro Paese è inferiore alla media OCSE ($ 3.052 vs $ 3.488) e in Europa ci collochiamo al 16° posto: ben 15 Paesi investono di più in sanità, con un gap che va dai $ 285 della Repubblica Ceca ai $ 3.299 della Germania. Impietoso il confronto con i paesi del G7 sulla spesa pubblica: dal 2008 siamo fanalino di coda con distanze sempre più ampie e oggi ormai incolmabili. «Senza più pretendere di guardare a paesi come Germania e Francia ponendosi obiettivi irrealistici – commenta il Presidente – entro il 2030 occorre allineare il finanziamento pubblico almeno alla media dei paesi europei rispetto ai quali nel 2020 il gap era già di quasi € 12 miliardi nel 2021. E vincolando la destinazione d’uso delle risorse: rilanciare le politiche del personale sanitario, garantire l’erogazione uniforme dei LEA e consentire un equo accesso alle innovazioni».

GOVERNANCE STATO-REGIONI. L’entità delle diseguaglianze regionali, e in particolare la “frattura” Nord-Sud, è ormai di tale entità che è indispensabile potenziare le capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni, nel rispetto dei loro poteri, per ridurre diseguaglianze, iniquità e sprechi e garantire il diritto costituzionale alla tutela della salute su tutto il territorio nazionale. «Al netto di riforme costituzionali – spiega Cartabellotta – è fondamentale che il monitoraggio dei LEA venga integrato nei meccanismi di programmazione e riparto delle risorse alle Regioni, rivedendo interamente il sistema dei Piani di rientro che, puntando esclusivamente al riequilibrio finanziario, hanno impedito alle Regioni del Centro-Sud di recuperare il gap. E attenzione alle autonomie differenziate che rischiano di dare il colpo di grazia al SSN».

LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA. Al fine di ridurre le diseguaglianze e garantire l’uniforme esigibilità dei LEA in tutto il territorio nazionale è necessario garantirne l’aggiornamento continuo per rendere rapidamente accessibili le innovazioni e potenziare gli strumenti per monitorare le Regioni. «Le intenzioni politiche – chiosa Cartabellotta – devono essere riallineate con l’esigibilità dei diritti delle persone. Oggi da un lato la mancata approvazione del cd. “Decreto Tariffe” impedisce ai pazienti di accedere a prestazioni innovative di specialistica ambulatoriale e protesica, dall’altro i LEA non vengono aggiornati da oltre 6 anni, rendendo inaccessibili ai pazienti numerose innovazioni diagnostico-terapeutiche che nel frattempo la ricerca ha reso disponibili».

PERSONALE SANITARIO. «Il tetto di spesa sul personale imposto dal progressivo definanziamento – spiega Cartabellotta – i blocchi contrattuali, la mancata programmazione dei nuovi specialisti hanno determinato prima una carenza quantitativa e adesso, soprattutto dopo la pandemia, una crisi motivazionale che porta sia a disertare alcune professioni (es. scienze infermieristiche) e specialità mediche (es. emergenza-urgenza), sia a lasciare le strutture pubbliche per quelle private, o addirittura per l’estero». Ecco perché è inderogabile rilanciare le politiche sul capitale umano in sanità al fine di valorizzare e (ri)motivare la colonna portante del SSN: investire sul personale sanitario con risorse vincolate, programmare adeguatamente il fabbisogno di tutti i professionisti sanitari, riformare i processi di formazione, valutazione e valorizzazione delle competenze secondo un approccio multi-professionale.

PROGRAMMAZIONE, ORGANIZZAZIONE E INTEGRAZIONE DEI SERVIZI SANITARI E SOCIO-SANITARI. «L’erogazione dell’assistenza sanitaria – ha spiegato il Presidente – oggi risulta molto frammentata, dicotomizzata tra ospedale e territorio e scarsamente integrata con quella socio-sanitaria, generando sprechi e inefficienze, ridotta qualità dei servizi e disagi per i pazienti». Ecco perché bisogna programmare l’offerta di servizi sanitari in relazione ai bisogni di salute e renderla disponibile tramite reti integrate, che condividono percorsi assistenziali, tecnologie e risorse umane. «Le opportunità offerte dal PNRR, in particolare la riorganizzazione dell’assistenza territoriale – ha precisato Cartabellotta – sono necessarie ma non sufficienti perché richiedono coraggiose riforme per essere utilizzate al meglio». In tal senso le risorse disponibili per la telemedicina, ha continuato il Presidente «devono far parte di una trasformazione digitale mirata a promuovere cultura e competenze digitali nella popolazione e tra professionisti della sanità e a rimuovere ostacoli infrastrutturali, tecnologici e organizzativi».

RAPPORTO PUBBLICO-PRIVATO E SANITÀ INTEGRATIVA. L’annuario statistico del SSN pubblicato il 23 marzo documenta l’espansione delle strutture sanitarie private accreditate, ovvero rimborsate con il denaro pubblico. Nel 2021 le strutture private accreditate ospedaliere sono passate dal 46,9% del totale al 48,6%. Tra il 2011 e il 2021 aumentano anche le percentuali di specialistica ambulatoriale (da 58,9% a 60,4% del totale), quelle deputate all’assistenza residenziale (da 76,5% all’84% del totale) e semiresidenziale (da 63,5% a 71,3% del totale) e la percentuale delle strutture riabilitative (da 75,1% al 78,2% del totale). «Il nostro Piano di Rilancio – ha precisato il Presidente – mira ad arginare l’espansione incontrollata del privato accreditato, sia normando l’integrazione pubblico-privato, sia riordinando la normativa sui fondi sanitari oggi un vero e proprio “cavallo di troia” che dirotta su assicurazioni e sanità privata accreditata risorse pubbliche provenienti dalla defiscalizzazione dei fondi sanitari».

Il Piano di Rilancio del SSN include altri punti: dall’attuazione del principio health in all alla prevenzione e promozione della salute; dalla necessità di potenziare l’informazione istituzionale basata sulle evidenze scientifiche e migliorare l’alfabetizzazione sanitaria delle persone all’aumento delle risorse da destinare alla ricerca clinica indipendente e alla ricerca sui servizi sanitari che devono arrivare almeno al 2% del finanziamento pubblico per la sanità; sino alla rimodulazione di ticket e detrazioni fiscali per le spese sanitarie, secondo princìpi di equità sociale ed evidenze scientifiche.

Nel corso della Conferenza la Fondazione GIMBE ha assegnato il premio “Evidence 2023” al Prof. Alberto Mantovani per il suo straordinario contributo ai progressi della scienza nel campo dell’immunologia e il suo stile nella comunicazione pubblica della scienza. Il premio “Salviamo il Nostro SSN 2023” è stato conferito al giornalista e conduttore televisivo Riccardo Iacona per aver promosso le evidenze scientifiche, combattuto l’antiscienza, contrastato il consumismo sanitario e, soprattutto, messo al centro delle sue inchieste il valore della sanità pubblica.

«Per la sanità pubblica – conclude Cartabellotta – è ormai scaduto il tempo della “manutenzione ordinaria” che ha portato allo sgretolamento dei princìpi di equità e universalismo. Ecco perché serve innanzitutto la visione sul modello di sanità che vogliamo lasciare in eredità alle future generazioni; quindi, occorre definire quante risorse pubbliche investire per la salute e il benessere delle persone; infine, bisogna attuare coraggiose riforme per condurre il SSN nella direzione voluta. Naturalmente tutto questo richiede ancor prima un patto politico che, prescindendo da ideologie partitiche e avvicendamenti di Governi, riconosca nel SSN un pilastro della nostra democrazia e una conquista sociale irrinunciabile. In alternativa, se mantenere un SSN pubblico, equo e universalistico non è più una priorità del nostro Paese, la politica dovrebbe avere l’onestà di scegliere apertamente un altro modello di sanità, governando in maniera rigorosa i processi di privatizzazione che si stanno già concretizzando in maniera subdola, creando di fatto una sanità a doppio binario».

 

Il Piano di rilancio del Servizio Sanitario Nazionale

  • LA SALUTE IN TUTTE LE POLITICHE. Mettere la salute e il benessere delle persone al centro di tutte le decisioni politiche: non solo sanitarie, ma anche ambientali, industriali, sociali, economiche e fiscali, oltre che di istruzione, formazione e ricerca (Health in All Policies).
  • PREVENZIONE E PROMOZIONE DELLA SALUTE. Diffondere la cultura e potenziare gli investimenti per la prevenzione e la promozione della salute e attuare l’approccio integrato One Health, perché la salute delle persone, degli animali, delle piante e dell’ambiente sono strettamente interdipendenti.
  • GOVERNANCE STATO-REGIONI. Potenziare le capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni, nel rispetto dei loro poteri, per ridurre diseguaglianze, iniquità e sprechi e garantire il diritto costituzionale alla tutela della salute su tutto il territorio nazionale.
  • FINANZIAMENTO PUBBLICO. Aumentare il finanziamento pubblico per la sanità in maniera consistente e stabile, allineandolo entro il 2030 alla media dei paesi europei, al fine di garantire l’erogazione uniforme dei LEA, l’accesso equo alle innovazioni e il rilancio delle politiche del personale sanitario.
  • LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA. Garantire l’aggiornamento continuo dei LEA per rendere rapidamente accessibili le innovazioni e potenziare gli strumenti per monitorare le Regioni, al fine di ridurre le diseguaglianze e garantire l’uniforme esigibilità dei LEA in tutto il territorio nazionale.
  • PROGRAMMAZIONE, ORGANIZZAZIONE E INTEGRAZIONE DEI SERVIZI SANITARI E SOCIO-SANITARI. Programmare l’offerta di servizi sanitari in relazione ai bisogni di salute e renderla disponibile tramite reti integrate, che condividono percorsi assistenziali, tecnologie e risorse umane, al fine di ridurre la frammentazione dell’assistenza, superare la dicotomia ospedale-territorio e integrare assistenza sanitaria e sociale.
  • PERSONALE SANITARIO. Rilanciare le politiche sul capitale umano in sanità al fine di valorizzare e (ri)motivare la colonna portante del SSN: investire sul personale sanitario, programmare adeguatamente il fabbisogno di tutti i professionisti sanitari, riformare i processi di formazione, valutazione e valorizzazione delle competenze secondo un approccio multi-professionale.
  • SPRECHI E INEFFICIENZE. Ridurre sprechi e inefficienze che si annidano a livello politico, organizzativo e professionale e riallocare le risorse in servizi essenziali e innovazioni, aumentando il valore della spesa sanitaria.
  • RAPPORTO PUBBLICO-PRIVATO. Normare l’integrazione pubblico-privato secondo i reali bisogni di salute della popolazione e disciplinare la libera professione, al fine di ridurre le diseguaglianze d’accesso ai servizi sanitari e arginare l’espansione della sanità privata accreditata.
  • SANITÀ INTEGRATIVA. Riordinare la normativa sui fondi sanitari al fine di renderli esclusivamente integrativi rispetto a quanto già incluso nei LEA, arginando diseguaglianze, fenomeni di privatizzazione, erosione di risorse pubbliche e derive consumistiche.
  • TICKET E DETRAZIONI FISCALI. Rimodulare ticket e detrazioni fiscali per le spese sanitarie, secondo princìpi di equità sociale ed evidenze scientifiche, al fine di ridurre lo spreco di denaro pubblico e il consumismo sanitario.
  • TRASFORMAZIONE DIGITALE. Promuovere cultura e competenze digitali nella popolazione e tra professionisti della sanità e caregiver e rimuovere gli ostacoli infrastrutturali, tecnologici e organizzativi, al fine di minimizzare le diseguaglianze e migliorare l’accessibilità ai servizi e l’efficienza in sanità.
  • INFORMAZIONE ALLA POPOLAZIONE. Potenziare l’informazione istituzionale basata sulle evidenze scientifiche e migliorare l’alfabetizzazione sanitaria delle persone, al fine di favorire decisioni informate sulla salute, ridurre il consumismo sanitario e contrastare le fake news, oltre che aumentare la consapevolezza del valore del SSN.
  • RICERCA. Destinare alla ricerca clinica indipendente e alla ricerca sui servizi sanitari almeno il 2% del finanziamento pubblico per la sanità, al fine di produrre evidenze scientifiche per informare scelte e investimenti del SSN.

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28 marzo 2023
Servizio Sanitario Nazionale in codice rosso. Liste di attesa infinite, rinunce alle cure, innovazioni inaccessibili, diseguaglianze senza precedenti. E mentre la sanità pubblica arretra, il privato avanza. Serve un radicale cambio di rotta: il 31 marzo a Bologna GIMBE presenterà il Piano di Rilancio del SSN

«La crisi di sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – sta raggiungendo il punto di non ritorno tra l’indifferenza di tutti i Governi che negli ultimi 15 anni, oltre a tagliare o non investire in sanità, sono stati incapaci di attuare riforme coraggiose per garantire il diritto alla tutela della salute. Con l’aggravante di ignorare tre incontrovertibili certezze: che la sanità pubblica è una conquista sociale irrinunciabile e un pilastro della nostra democrazia; che il livello di salute e benessere della popolazione condiziona la crescita economica del Paese; infine, che la perdita di un SSN universalistico porterà ad un disastro sanitario, sociale ed economico senza precedenti».

L'emergenza COVID-19 ha ulteriormente indebolito il SSN, specialmente sul fronte del personale e il netto aumento del finanziamento pubblico negli ultimi anni è stato interamente assorbito dall'emergenza, tanto che ora le Regioni rischiano di tagliare i servizi. Senza contare che il DdL sull'autonomia differenziata potrebbe dare il colpo di grazia al SSN. «E se durante la fase più drammatica dell’emergenza – sottolinea il Presidente – tutte le forze politiche convergevano sulla necessità di potenziare la sanità pubblica, ben presto è ritornata nell’oblio. E i professionisti sanitari continuano ad essere ringraziati solo con la “retorica degli eroi”».

«Oggi i pazienti – chiosa il Presidente – vivono ogni giorno le conseguenze di un SSN ormai in codice rosso per la coesistenza di varie malattie: imponente sotto-finanziamento, carenza di personale per assenza di investimenti, mancata programmazione e crescente demotivazione, incapacità di ridurre le diseguaglianze, modelli organizzativi obsoleti e inesorabile avanzata del privato. Un SSN gravemente malato che costringe i pazienti ad attese infinite, migrazione sanitaria, spese ingenti, sino alla rinuncia alle cure».

Liste di attesa. Il ritardo delle prestazioni sanitarie accumulato durante la pandemia ha determinato un ulteriore allungamento delle liste di attesa che le Regioni non riescono a smaltire nonostante le risorse stanziate dal Governo. «Così le persone sono costrette a rivolgersi al privato se ne hanno le possibilità economiche – spiega Cartabellotta – oppure attendere gli inaccettabili tempi di attesa delle strutture pubbliche sino a rinunciare alle prestazioni, con conseguenze imprevedibili sulla loro salute». Secondo una recente audizione dell’ISTAT la quota di persone che hanno dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie è passata dal 6,3% nel 2019 al 9,6% nel 2020, sino all’l’11,1% nel 2021. E se nel 2022 le stime attesterebbero un recupero con una riduzione al 7%, l’ostacolo principale rimangono le lunghe liste di attesa (4,2%) rispetto alle rinunce per motivi economici (3,2%).

La spesa privata. Nel 2021 la spesa sanitaria in Italia ha raggiunto i € 168 miliardi, di cui € 127 miliardi di spesa pubblica (75,6%), € 36,5 miliardi (21,8%) a carico delle famiglie e € 4,5 miliardi (2,7%) sostenuti da fondi sanitari e assicurazioni (dati ISTAT). Secondo il recente Rapporto CREA Sanità nel 2021 la spesa privata è in media € 1.734 per nucleo familiare, ovvero il 5,7% dei consumi totali. E nel 2020 oltre 600 mila famiglie hanno dovuto sostenere spese “catastrofiche”, ovvero insostenibili rispetto ai budget, e quasi 380 mila famiglie si sono impoverite per spese sanitarie, in particolare nelle Regioni meridionali. «La chiave di lettura – chiosa Cartabellotta – è chiarissima: la politica si è sbarazzata di una consistente quota di spesa pubblica per la sanità, scaricando oneri iniqui sui bilanci delle famiglie».

Diseguaglianze. Il monitoraggio del Ministero della Salute sugli adempimenti ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) spiega il Presidente «documenta enormi diseguaglianze regionali con un gap Nord-Sud ormai incolmabile, che rende la “questione meridionale” in sanità una priorità sociale ed economica». Infatti, guardando ai punteggi LEA nel decennio 2010-2019, tra le prime 10 Regioni solo due sono del centro (Umbria e Marche) e nessuna del sud; nel 2020 solo 11 Regioni risultano adempienti ai LEA, di cui solo la Puglia al Sud; eccetto Basilicata e Sardegna sono in Piano di rientro tutte le Regioni del centro-sud, con Calabria e Molise commissariate; e nel 2020 Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto attraggono il 94,1% della mobilità sanitaria.

«Esistono poi – spiega Cartabellotta – altre diseguaglianze meno note: tra aree urbane e rurali, tra uomini e donne, oltre che correlate al grado di istruzione e di reddito. Ovvero, il SSN garantisce una “salute diseguale” che si riflette anche sugli anni di vita perduti». Infatti, il recente report dell’Eurostat documenta che in Italia si vive più a lungo nelle Regioni del Centro-Nord, con la Provincia autonoma di Trento in testa (84,2 anni), rispetto a quelle del Sud, con la Campania fanalino di coda (80,9 anni). «Un inaccettabile gap di oltre 3,3 anni – commenta Cartabellotta – che dimostra come la qualità dei servizi sanitari regionali produca effetti evidenti sull’aspettativa di vita, vanificando quel vantaggio che le Regioni meridionali avevano conquistato nei decenni scorsi grazie a favorevoli condizioni ambientali e climatiche e alla dieta mediterranea».

Mancato accesso alle innovazioni. L’ultimo aggiornamento dei LEA risale al gennaio 2017, ma per mancanza di risorse non è mai stato approvato il cd “Decreto Tariffe” relativo a specialistica ambulatoriale e protesica. «Di conseguenza – puntualizza il Presidente – innovazioni quali la procreazione medicalmente assistita, lo screening neonatale esteso, ausili e dispositivi all’avanguardia (es. apparecchi acustici digitali, protesi di ultima generazione, carrozzine basculanti) oggi possono essere erogate solo dalle Regioni non in Piano di rientro con risorse proprie, generando ulteriori diseguaglianze e tenendo in ostaggio i diritti dei pazienti. Intanto, il “continuo aggiornamento dei LEA al fine di mantenerli allineati all’evoluzione delle conoscenze scientifiche” rimane solo un vuoto slogan, visto che i LEA non vengono aggiornati da oltre 6 anni rendendo numerose innovazioni diagnostico-terapeutiche inaccessibili a tutti i pazienti che ne avrebbero diritto».

Privatizzazione. L’annuario statistico del SSN pubblicato il 23 marzo restituisce l’entità dell’offerta delle strutture sanitarie private accreditate, ovvero rimborsate con il denaro pubblico. Nel 2021 risultano private accreditate: il 48,6% delle strutture ospedaliere (n. 995); il 60,4% di quelle di specialistica ambulatoriale (n. 8.778); l’84% di quelle deputate all’assistenza residenziale (n.7.984) e il 71,3% di quelle semiresidenziali (n. 3.005), ovvero le due tipologie di RSA; il 78,2% di quelle riabilitative (n. 1.154).  «Inoltre esiste un vero e proprio “cavallo di Troia” – aggiunge il Presidente – che erode risorse pubbliche dirottandole ai privati: il connubio tra fondi sanitari e assicurazioni, sostenuto dalle politiche del welfare aziendale». I fondi sanitari, che godono di consistenti agevolazioni fiscali, erano nati per integrare le prestazioni non offerte dal SSN (odontoiatria, long term care), ma di fatto per circa il 70% erogano prestazioni già incluse nei LEA tramite la sanità privata accreditata. E siccome le assicurazioni sono divenute veri e propri gestori dei fondi sanitari, puntualizza Cartabellotta «i presunti vantaggi del welfare aziendale per i lavoratori iscritti ai fondi sono una mera illusione, perché il 40-50% dei premi versati non si traducono in servizi in quanto erosi da costi amministrativi e utili delle compagnie assicurative. Ovvero, i beneficiari delle risorse pubbliche provenienti dalla defiscalizzazione dei fondi sanitari sono le assicurazioni che generano profitti, la sanità privata che aumenta le prestazioni erogate e le imprese che risparmiano sul costo del lavoro».

«Nel marzo 2013 – conclude Cartabellotta – la Fondazione GIMBE ha lanciato la campagna “Salviamo il Nostro Servizio Sanitario Nazionale”, con il monito che la perdita del SSN non sarebbe stata annunciata dal fragore di una valanga, ma dal silenzioso scivolamento di un ghiacciaio, attraverso anni, lustri, decenni. Che lentamente, ma inesorabilmente, avrebbe eroso il diritto costituzionale alla tutela della salute. E dopo 10 anni di battaglie GIMBE per la sanità pubblica, nell’indifferenza di tutti i Governi, le evidenze dimostrano che siamo vicini al punto di non ritorno. Se un SSN pubblico, equo e universalistico rappresenta ancora una priorità del Paese Italia e un pilastro della nostra democrazia è necessario un repentino cambio di rotta, indicato dalla Fondazione GIMBE con il “Piano di Rilancio del Servizio Sanitario Nazionale” che sarà presentato a Bologna il 31 marzo, in occasione della 15a Conferenza Nazionale».

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15a Conferenza Nazionale GIMBE
Il coraggio delle scelte per il futuro della Sanità Pubblica: visione, risorse, riforme

Bologna, Royal Hotel Carlton, 31 marzo 2023 ore 10.00

Nella lettura del Presidente Nino Cartabellotta sarà presentato il Piano di rilancio del Servizio Sanitario Nazionale, elaborato dalla Fondazione GIMBE e arricchito grazie ad un’ampia consultazione pubblica, che sarà utilizzato come standard di riferimento per monitorare scelte e azioni di chi decide sul diritto alla tutela della salute.

Seguiranno due forum. Al primo, destinato al rilancio delle politiche per il personale sanitario, parteciperanno i presidenti, o loro delegati, di tutte le Federazioni degli Ordini professionali: Filippo Anelli (Medici Chirurghi e Odontoiatri), Teresa Calandra (Tecnici Sanitari Radiologia Medica, Professioni Sanitarie Tecniche della Riabilitazione e della Prevenzione), Piero Ferrante (Fisioterapisti), Mara Fiaschi (Psicologi), Andrea Mandelli (Farmacisti), Pierpaolo Pateri (Professioni Infermieristiche), Nausicaa Orlandi (Chimici e Fisici), Gaetano Penocchio (Veterinari), Silvia Vaccari (Ostetrici), delegato da confermare (Biologi).

Al secondo Forum, destinato alla riorganizzazione dell'assistenza territoriale prevista dal PNRR, parteciperanno di autorevoli esponenti di Istituzioni, management, professionisti sanitari e cittadini: Michelangelo Bartolo (Telemedicina territoriale e Ospedaliera, Regione Lazio), Raffaele Donini (Assessore alle Politiche per la Salute Regione Emilia-Romagna), Tiziana Frittelli (Presidente Federsanità ANCI), Loreto Gesualdo (Presidente Federazione delle Società Medico-Scientifiche Italiane), Stefano Lorusso (Direttore Generale Programmazione Sanitaria, Ministero della Salute), Anna Lisa Mandorino (Segretaria Generale Cittadinanzattiva), Domenico Mantoan (Direttore Generale Agenas), Giovanni Migliore (Presidente Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere).

Nel pomeriggio la sessione “Focus on” su due tematiche di grande attualità: il monitoraggio del Ministero della Salute dei Piani regionali di recupero delle liste d'attesa (Maria Grazia Laganà, Ministero della Salute) e un’analisi su certezze, problemi irrisolti e prospettive future della Legge Gelli-Bianco per la sicurezza delle cure (Maurizio Hazan, Fondazione Italia in Salute).

Immancabili gli appuntamenti con il Laboratorio Italia, vetrina dei progetti selezionati da Regioni e Aziende Sanitarie, la sessione GIMBE4young dove verranno presentate le opportunità offerte da GIMBE ai giovani professionisti della sanità e la consegna del “Premio Evidence” e del “Premio Salviamo il Nostro Servizio Sanitario Nazionale”.

L’iscrizione alla Conferenza è gratuita e può essere effettuata esclusivamente tramite il modulo online disponibile a: www.conferenzagimbe.it/iscrizione.

Il modulo per la richiesta di accredito stampa all’evento è disponibile a: https://survey.alchemer.eu/s3/90542972/15a-Conferenza-Nazionale-GIMBE-Bologna-31-marzo-2023-Royal-Carlton-Hotel-via-Montebello-8  


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20 marzo 2023
Coronavirus: nell’ultima settimana stabili i contagi (-1%), decessi (-1,9%) e terapie intensive (0%). Scendono i ricoveri (-7,9%). Quarta dose: scoperte 2 persone su 3. Quinta dose: meno di 500 mila somministrazioni in 5 mesi. Copertura ferma al 15,7%

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 10-16 marzo 2023, rispetto alla precedente, una sostanziale stabilità dei nuovi casi (23.732 vs 23.963) (figura 1), dei decessi (212 vs 216) (figura 2), delle terapie intensive (104 vs 104) e delle persone in isolamento domiciliare (139.157 vs 141.005). In calo i ricoveri con sintomi (2.727 vs 2.962). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: 212 (-1,9%)
  • Terapia intensiva: 0 (0%)
  • Ricoverati con sintomi: -235 (-7,9%)
  • Isolamento domiciliare: -1.848 (-1,3%)
  • Nuovi casi: 23.732 (-1%)

Nuovi casi. «Dopo la discesa delle ultime due settimane – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – sono sostanzialmente stabili (-1%) i nuovi casi settimanali, che rimangono comunque ampiamente sottostimati. Dai 23,9 mila nella settimana precedente si attestano a quota 23,7 mila, con una media mobile a 7 giorni di 3.387 casi al giorno» (figura 3). I nuovi casi aumentano in 10 Regioni: dal +1,2% della Toscana al +33,8% della Basilicata. In calo le restanti 10 Regioni: dal -4% del Piemonte al -25,8% della Valle d’Aosta; mentre è stabile la Puglia con una variazione dello 0% (tabella 1). In 61 Province si registra un aumento dei nuovi casi: dal +0,1% di Treviso al +76,9% di Lodi. Nelle restanti 44 Province si rileva una diminuzione dei nuovi casi (dal -0,6% di Brescia al -43,2% di Reggio Calabria); stabili le province di Fermo e Verona con una variazione dello 0% (tabella 2).

Testing. Si registra un calo del numero dei tamponi totali (-5,3%): da 477.908 della settimana 3-9 marzo a 452.747 della settimana 10-16 marzo. In particolare i tamponi rapidi sono diminuiti del 3,9% (-14.310), mentre quelli molecolari del 10,2% (-10.851) (figura 4). La media mobile a 7 giorni del tasso di positività aumenta dal 4,3% al 4,6% per i tamponi molecolari e dal 5,1% al 5,4% per gli antigenici rapidi (figura 5).

Ospedalizzazioni. «Sul fronte degli ospedali – afferma Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – prosegue il calo dei ricoveri in area medica (-7,9%) mentre sono stabili quelli in terapia intensiva (0%)». In termini assoluti, i posti letto COVID occupati in area critica, raggiunto il massimo di 148 il 28 febbraio, restano fermi a quota 104 il 16 marzo; in area medica, raggiunto il massimo di 3.331 il 23 febbraio, sono scesi a 2.727 il 16 marzo (figura 6). Al 16 marzo il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti COVID è del 4,3% in area medica (dall’1,8% della Basilicata al 10,1% dell'Umbria) e dell’1% in area critica (dallo 0% di Basilicata, Marche, Provincia Autonoma di Bolzano e Valle d’Aosta al 2,8% dell'Emilia Romagna) (figura 7). «Stabili gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Mosti – con una media mobile a 7 giorni di 11 ingressi/die rispetto ai 12 della settimana precedente» (figura 8).

Decessi. Sostanzialmente stabili i decessi (-1,9%): 212 negli ultimi 7 giorni, con una media di 30 al giorno rispetto ai 31 della settimana precedente.

MONITORAGGIO CAMPAGNA VACCINALE

Vaccini: persone non vaccinate. Al 17 marzo (aggiornamento ore 06.18) sono 8,61 milioni le persone che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino (figura 9), di cui:

  • 8,31 milioni attualmente vaccinabili, pari al 14% della platea (dall’11,2% della Toscana al 26,4% della Provincia Autonoma di Trento);
  • 0,30 milioni temporaneamente protette in quanto guarite da COVID-19 da meno di 180 giorni, pari allo 0,5% della platea (dallo 0,2% della Sicilia all’1% del Friuli Venezia Giulia).

Vaccini: terza dose. Al 17 marzo (aggiornamento ore 06.18) sono 8,51 milioni le persone che non hanno ancora ricevuto la dose booster (figura 10), di cui:

  • 7,73 milioni possono riceverla subito, pari al 15,8% della platea (dall’11,8% del Piemonte al 22,5% della Sicilia);
  • 0,78 milioni non possono riceverla nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni, pari all’1,6% della platea (dallo 0,4% della Valle D'Aosta al 3,1% del Veneto).

Vaccini: quarta dose.  La platea per il secondo richiamo (quarta dose), aggiornata al 17 settembre 2022, è di 19,1 milioni di persone: di queste, 12,2 milioni possono riceverlo subito, un milione non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 6 milioni l’hanno già ricevuto. Al 17 marzo (aggiornamento ore 06.18) sono state somministrate 5.984.294 quarte dosi, con una media mobile di 876 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 961 della scorsa settimana (-8,8%) (figura 11). In base alla platea ufficiale (n. 19.119.772 di cui 13.060.462 over 60, 3.990.080 fragili e immunocompromessi, 1.748.256 di personale sanitario e 320.974 ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è del 31,3%, ovvero sono scoperte più di due persone su tre, con nette differenze regionali: dal 14% della Calabria al 45,3% del Piemonte (figura 12).

Vaccini: quinta dose.  La platea per il terzo richiamo (quinta dose), aggiornata al 20 gennaio 2023, è di 3,1 milioni di persone: di queste, 2,4 milioni possono riceverlo subito, 0,2 milioni non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 0,5 milioni l’hanno già ricevuto. Dopo cinque mesi dall’avvio della campagna, al 17 marzo (aggiornamento ore 06.18) sono state somministrate 495.567 quinte dosi, con una media mobile di 746 somministrazioni al giorno, in aumento rispetto alle 735 della scorsa settimana (+1,5%) (figura 13). In base alla platea ufficiale (n. 3.146.516 di cui 2.298.047 over 60, 731.224 fragili e immunocompromessi, 117.245 ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), il tasso di copertura nazionale per le quinte dosi è del 15,7% con nette differenze regionali: dal 6% della Campania al 29,9% del Piemonte (figura 14).

«In considerazione della progressiva riduzione della circolazione virale da dicembre 2022, dell’impatto sempre minore su ospedalizzazioni e decessi, del sostanziale immobilismo della campagna vaccinale sui richiami e dell’assenza di nuove varianti di preoccupazione – conclude Cartabellotta - la Fondazione GIMBE dopo 3 anni sospende il report settimanale relativo al monitoraggio indipendente della pandemia COVID-19 e della campagna vaccinale. Confidando di avere reso un servizio utile al Paese, continueremo ad aggiornare i dati della pandemia e della campagna vaccinale sul nostro sito web».

Il monitoraggio GIMBE della pandemia COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org.
La Fondazione GIMBE rimane disponibile a fornire approfondimenti puntali su richiesta dei giornalisti
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16 marzo 2023
Nel 2020 la pandemia frena la migrazione sanitaria: € 3,33 miliardi si spostano dal sud al nord. Alle “autonomiste” Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto il 94,1% del saldo della mobilità attiva. L’83,4% del saldo passivo grava su Campania, Lazio, Sicilia, Puglia, Abruzzo e Basilicata. Mobilità attiva: le strutture private incassano oltre la metà di ricoveri e prestazioni di specialistica ambulatoriale

Nel 2020, la mobilità sanitaria interregionale in Italia ha raggiunto un valore di € 3,33 miliardi, con saldi estremamente variabili tra le Regioni del Nord e quelle del Sud. Il saldo è un dato che risulta dalla differenza tra mobilità attiva, ovvero l’attrazione di pazienti da altre Regioni, e quella passiva, cioè la “migrazione sanitaria” dalla Regione di residenza. Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto – le Regioni capofila dell’autonomia differenziata – raccolgono il 94,1% del saldo attivo, mentre l’83,4% del saldo passivo si concentra in Campania, Lazio, Sicilia, Puglia, Abruzzo e Basilicata. «La mobilità sanitaria – spiega Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – è un fenomeno dalle enormi implicazioni sanitarie, sociali etiche ed economiche, che riflette le grandi diseguaglianze nell’offerta di servizi sanitari tra le varie Regioni e, soprattutto, tra il Nord e il Sud del Paese. Infatti, le Regioni con maggiore capacità attrattiva si trovano ai primi posti nei punteggi LEA, mentre gli ultimi posti sono occupati da quelle con mobilità passiva più elevata».

I dati sulla mobilità sanitaria riguardano 7 tipologie di prestazioni: ricoveri ordinari e day hospital (differenziati per pubblico e privato), medicina generale, specialistica ambulatoriale (differenziata per pubblico e privato), farmaceutica, cure termali, somministrazione diretta di farmaci, trasporti con ambulanza ed elisoccorso. «La Fondazione GIMBE ha elaborato un report sulla mobilità sanitaria – precisa Cartabellotta – utilizzando sia i dati economici aggregati per analizzare mobilità attiva, passiva e saldi, sia i flussi trasmessi dalle Regioni al Ministero della Salute con il cosiddetto Modello M, che permettono di analizzare la differente capacità di attrazione del pubblico e del privato di ogni Regione, oltre alla tipologia di prestazioni erogate in mobilità».

Nel 2020 il valore della mobilità sanitaria ammonta a € 3.330,47 milioni: si tratta di una cifra inferiore a quella degli anni precedenti (figura 1), spiega il Presidente, «in parte in ragione dell’emergenza pandemica COVID-19 che ha ridotto gli spostamenti delle persone e l’offerta di prestazioni ospedaliere e ambulatoriali, in parte per l’esclusione nel 2020 del valore della mobilità della Regione Calabria, che ammonta a circa € 250 milioni». Infatti, in base ai dati del Modello M, la Calabria ha € 224,4 milioni di debiti e € 27,2 milioni di crediti, somme che saranno compensate a partire dal 2026: di conseguenza, la Regione è stata esclusa dalle analisi su mobilità attiva, mobilità passiva, saldi e saldi pro-capite.

Mobilità attiva. 6 Regioni con maggiori capacità di attrazione vantano crediti superiori a € 150 milioni: Lombardia (20,2%), Emilia-Romagna (16,5%) e Veneto (12,7%) raccolgono complessivamente quasi la metà della mobilità attiva. Un ulteriore 20,7% viene attratto da Lazio (8,4%), Piemonte (6,9%) e Toscana (5,4%). Il rimanente 29,9% della mobilità attiva si distribuisce nelle altre Regioni e Province autonome. I dati documentano la forte capacità attrattiva delle grandi Regioni del Nord a cui corrisponde quella estremamente limitata delle Regioni del Centro-Sud, con la sola eccezione del Lazio (figura 2).

Mobilità passiva. 3 Regioni con maggiore indice di fuga generano debiti per oltre € 300 milioni: in testa Lazio (13,8%), Lombardia (10,9%) e Campania (10,2%), che insieme compongono oltre un terzo della mobilità passiva. Il restante 65,1% si distribuisce nelle rimanenti 17 Regioni e Province autonome. «I dati della mobilità passiva – commenta Cartabellotta – documentano differenze più sfumate tra Nord e Sud. In particolare, se quasi tutte le Regioni del Sud hanno elevati indici di fuga, questi sono rilevanti anche in tutte le grandi Regioni del Nord con elevata mobilità attiva, per la cosiddetta mobilità di prossimità, ovvero lo spostamento tra Regioni vicine con elevata qualità dei servizi sanitari, secondo specifiche preferenze dei cittadini». In dettaglio: Lombardia (-€ 362,9 milioni), Veneto (-€ 220,1 milioni), Piemonte (-€ 210,8 milioni) ed Emilia-Romagna (-€ 201,7 milioni) (figura 3).

Saldi. Le Regioni con saldo positivo superiore a € 100 milioni sono tutte del Nord, mentre quelle con saldo negativo maggiore di € 100 milioni tutte del Centro-Sud (figura 4). In particolare:

 

  • Saldo positivo rilevante: Emilia-Romagna (€ 300,1 milioni), Lombardia (€ 250,9 milioni) e Veneto (€ 165,9 milioni)
  • Saldo positivo moderato: Molise (€ 34,3 milioni)
  • Saldo positivo minimo: Toscana (€ 8,8 milioni), Friuli-Venezia Giulia (€ 1,6 milioni)
  • Saldo negativo minimo: Prov. Aut. di Bolzano (-€ 2 milioni), Piemonte (-€ 2,3 milioni), Provincia autonoma di Trento (-€ 3,8 milioni), Valle d’Aosta (-€ 10,7 milioni), Umbria (-€ 20,1 milioni)
  • Saldo negativo moderato: Marche (-€ 25,4 milioni), Liguria (-€ 51,5 milioni), Sardegna (-€ 57,6 milioni), Basilicata (-€ 62,5 milioni), Abruzzo (-€ 84,7 milioni)
  • Saldo negativo rilevante: Puglia (-€ 124,9 milioni), Sicilia (-€ 173,3 milioni), Lazio (-€ 202,2 milioni), Campania (-€ 222,9 milioni)


Saldo pro-capite di mobilità sanitaria. «Con questo indicatore elaborato dalla Fondazione GIMBE – puntualizza Cartabellotta – la classifica dei saldi si ricompone dimostrando che, al di là del valore economico, gli importi relativi alla mobilità sanitaria devono sempre essere interpretati in relazione alla popolazione residente». In particolare il Molise è in prima posizione per saldo pro-capite attivo con € 116 mentre la Basilicata, fanalino di coda, ha un saldo pro-capite negativo di € 115 (figura 5).

Valore delle tipologie di prestazioni erogate in mobilità. Complessivamente, l’85,8% del valore della mobilità sanitaria riguarda i ricoveri ordinari e in day hospital (69,6%) e le prestazioni di specialistica ambulatoriale (16,2%). Il 9,3% è relativo alla somministrazione diretta di farmaci e il rimanente 4,9% alle altre prestazioni (figura 6).

Mobilità verso le strutture private. «Grazie alla Commissione Salute della Conferenza delle Regioni e Province autonome – spiega il Presidente – che, in risposta a una richiesta di accesso civico, ha fornito alla Fondazione GIMBE i dati completi relativi alla mobilità sanitaria inviati dalle Regioni al Ministero della Salute, il report si è arricchito di ulteriori analisi rispetto ai precedenti». In particolare, emerge che più della metà del valore della mobilità sanitaria per ricoveri e prestazioni specialistiche è erogata da strutture private, per un valore di € 1.422,2 milioni (52,6%), rispetto ai € 1.278,9 milioni (47,4%) delle strutture pubbliche. In particolare, per i ricoveri ordinari e in day hospital le strutture private hanno incassato € 1.173,1 milioni, mentre quelle pubbliche € 1.019,8 milioni. Per quanto riguarda le prestazioni di specialistica ambulatoriale in mobilità, il valore erogato dal privato è di € 249,1 milioni, mentre quello pubblico è di € 259,1 milioni (figura 7).

«Il volume dell’erogazione di ricoveri e prestazioni specialistiche da parte di strutture private – spiega Cartabellotta – varia notevolmente tra le Regioni ed è un indicatore della presenza e della capacità attrattiva delle strutture private accreditate». Infatti, accanto a Regioni dove la sanità privata eroga oltre il 60% del valore totale della mobilità attiva – Molise (87,2%), Puglia (71,5%), Lombardia (69,2%) e Lazio (62,6%) – ci sono Regioni dove le strutture private erogano meno del 20% del valore totale della mobilità: Umbria (15,2%), Sardegna (14,5%), Valle d'Aosta (11,5%), Liguria (9,9%), Basilicata (8,1%) e nella Provincia autonoma di Bolzano (3,4%) (figura 8).

«Le nostre analisi – conclude Cartabellotta – dimostrano che i flussi economici della mobilità sanitaria scorrono prevalentemente da Sud a Nord, in particolare verso le Regioni che hanno già sottoscritto i pre-accordi con il Governo per la richiesta di maggiori autonomie. E che oltre la metà delle prestazioni di ricovero e specialistica ambulatoriale finisce nelle casse delle strutture private, ulteriore segnale d’indebolimento della sanità pubblica. In ogni caso, è impossibile stimare l’impatto economico complessivo della mobilità sanitaria che include sia i costi sostenuti da pazienti e familiari per gli spostamenti, sia i costi indiretti (assenze dal lavoro di familiari, permessi retribuiti), sia quelli intangibili che conseguono alla non esigibilità di un diritto fondamentale sancito dalla Costituzione».


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13 marzo 2023
Coronavirus: tutti i numeri in calo negli ultimi sette giorni. Contagi (-10,1%), ricoveri ordinari (-10,2%), terapie intensive (-24,1%) e decessi (-5,3%). Con meno di mille richiami giornalieri nell’ultima settimana precipitano quarta (-32,4%) e quinta dose (-36,6%)

MONITORAGGIO PANDEMIA COVID-19

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 3-9 marzo 2023, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (23.963 vs 26.658) (figura 1) e una diminuzione dei decessi (216 vs 228) (figura 2). In calo anche le persone in isolamento domiciliare (141.005 vs 144.636), i ricoveri con sintomi (2.962 vs 3.297) e le terapie intensive (104 vs 137). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: 216 (-5,3%)
  • Terapia intensiva: -33 (-24,1%)
  • Ricoverati con sintomi: -335 (-10,2%)
  • Isolamento domiciliare: -3.631 (-2,5%)
  • Nuovi casi: 23.963 (-10,1%)

Nuovi casi. «Dopo l’aumento di due settimane fa – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – prosegue il calo (-10,1%) dei nuovi casi settimanali, che rimangono comunque ampiamente sottostimati. Da oltre 26 mila nella settimana precedente sfiorano quota 24 mila, con una media mobile a 7 giorni di 3.423 casi al giorno» (figura 3). I nuovi casi aumentano in 4 Regioni: dal +3,8% della Lombardia al +23,7% della Provincia Autonoma di Trento. In calo le restanti 17 Regioni: dal -2,1% del Friuli Venezia Giulia al -51,6% della Valle d’Aosta (tabella 1). In 37 Province si registra un aumento dei nuovi casi: dal +0,7% di Verona al +217,1% di Rimini. Nelle restanti 70 Province si rileva una diminuzione dei nuovi casi (dal -1,2% di Salerno al -48,2% di Aosta) (tabella 2).

Testing. Si registra un calo del numero dei tamponi totali (-10,4%): da 533.212 della settimana 24 febbraio-2 marzo a 477.908 della settimana 3-9 marzo. In particolare i tamponi rapidi sono diminuiti dell’11% (-45.888), e quelli molecolari dell’8,1% (-9.416) (figura 4). La media mobile a 7 giorni del tasso di positività si riduce dal 4,4% al 4,3% per i tamponi molecolari e dal 5,2% al 5,1% per gli antigenici rapidi (figura 5).

Ospedalizzazioni. «Sul fronte degli ospedali – afferma Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – cala il numero dei ricoveri sia in area medica (-10,2%) che in terapia intensiva (-24,1%)». In termini assoluti, i posti letto COVID occupati in area critica, raggiunto il massimo di 148 il 28 febbraio, sono scesi a 104 il 9 marzo; in area medica, raggiunto il massimo di 3.331 il 23 febbraio, sono scesi a 2.962 il 9 marzo (figura 6). Al 9 marzo il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti COVID è del 4,7% in area medica (dall’1,1% del Molise al 14,2% dell'Umbria) e dell’1% in area critica (dallo 0% di Basilicata, Marche, Provincia Autonoma di Trento e Valle d’Aosta al 2,6% di Emilia Romagna e Molise) (figura 7). «In diminuzione gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Mosti – con una media mobile a 7 giorni di 12 ingressi/die rispetto ai 17 della settimana precedente» (figura 8).

Decessi. Diminuiscono i decessi (-5,3%): 216 negli ultimi 7 giorni, con una media di 31 al giorno rispetto ai 33 della settimana precedente.

MONITORAGGIO CAMPAGNA VACCINALE

Vaccini: persone non vaccinate. Al 10 marzo (aggiornamento ore 06.20) sono 8,61 milioni le persone che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino (figura 9), di cui:

  • 8,29 milioni attualmente vaccinabili, pari al 13,9% della platea (dall’11,2% della Toscana al 26,3% della Provincia Autonoma di Trento);
  • 0,32 milioni temporaneamente protette in quanto guarite da COVID-19 da meno di 180 giorni, pari allo 0,5% della platea (dallo 0,2% della Sicilia all’1,1% del Friuli Venezia Giulia).

Vaccini: terza dose. Al 10 marzo (aggiornamento ore 06.20) sono 8,51 milioni le persone che non hanno ancora ricevuto la dose booster (figura 10), di cui:

  • 7,66 milioni possono riceverla subito, pari al 15,6% della platea (dall’11,6% del Piemonte al 22,5% della Sicilia);
  • 0,85 milioni non possono riceverla nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni, pari all’1,7% della platea (dallo 0,5% della Valle D'Aosta al 3,4% del Veneto).                                               

Vaccini: quarta dose.  La platea per il secondo richiamo (quarta dose), aggiornata al 17 settembre 2022, è di 19,1 milioni di persone: di queste, 12,2 milioni possono riceverlo subito, un milione di persone non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 6 milioni l’hanno già ricevuto. Al 10 marzo (aggiornamento ore 06.20) sono state somministrate 5.977.406 quarte dosi, con una media mobile di 926 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 1.370 della scorsa settimana (-32,4%) (figura 11). In base alla platea ufficiale (n. 19.119.772 di cui 13.060.462 over 60, 3.990.080 fragili e immunocompromessi, 1.748.256 di personale sanitario e 320.974 ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è del 31,3% con nette differenze regionali: dal 14% della Calabria al 45,2% del Piemonte (figura 12).

Vaccini: quinta dose.  La platea per il terzo richiamo (quinta dose), aggiornata al 20 gennaio 2023, è di 3,1 milioni di persone: di queste, 2,5 milioni possono riceverlo subito, 0,2 milioni non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 0,5 milioni l’hanno già ricevuto. Al 10 marzo (aggiornamento ore 06.20) sono state somministrate 489.861 quinte dosi, con una media mobile di 693 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 1.094 della scorsa settimana (-36,6%) (figura 13). In base alla platea ufficiale (n. 3.146.516 di cui 2.298.047 over 60, 731.224 fragili e immunocompromessi, 117.245 ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), il tasso di copertura nazionale per le quinte dosi è del 15,6% con nette differenze regionali: dal 5,6% della Campania al 29,6% del Piemonte (figura 14).

Il monitoraggio GIMBE della pandemia COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org


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6 marzo 2023
Coronavirus: negli ultimi sette giorni in calo contagi (-9,4%) e decessi (-6,6%). Stabili i ricoveri (-1%) e lieve risalita delle terapie intensive (+3%). Coperture richiami in stallo: 31,2% per la quarta dose, 15,3% per la quinta dose

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 24 febbraio-2 marzo 2023, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (26.658 vs 29.438) (figura 1), dei decessi (228 vs 244) (figura 2) e delle persone in isolamento domiciliare (144.636 vs 165.641). Stabili i ricoveri con sintomi (3.297 vs 3.331), mentre aumentano le terapie intensive (137 vs 133). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: 228 (-6,6%)
  • Terapia intensiva: +4 (+3%)
  • Ricoverati con sintomi: -34 (-1%)
  • Isolamento domiciliare: -21.005 (-12,7%)
  • Nuovi casi: 26.658 (-9,4%)

Nuovi casi. «Dopo l’aumento della settimana scorsa – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si registra un nuovo calo (-9,4%) dei nuovi casi settimanali, che rimangono comunque ampiamente sottostimati. Da oltre 29 mila nella settimana precedente scendono a oltre 26 mila, con una media mobile a 7 giorni di oltre 3.800 casi al giorno» (figura 3). I nuovi casi aumentano in 4 Regioni: dal +5% del Molise al +63,2% della Valle d’Aosta. In calo le restanti 17 Regioni: dal -0,6% della Sicilia al -22,4% della Provincia Autonoma di Trento (tabella 1). In 31 Province si registra un aumento dei nuovi casi: dal +0,7% di Teramo al +84,8% di Gorizia. Nelle restanti 75 Province si rileva una diminuzione dei nuovi casi (dal -0,7% di Brindisi al -76,7% di Rimini); stabile la Provincia Sud Sardegna con una variazione dello 0%. In nessuna Provincia l’incidenza supera i 500 casi per 100.000 abitanti (tabella 2).

Testing. Si registra un aumento del numero dei tamponi totali (+5,3%): da 506.295 della settimana 17-23 febbraio a 533.212 della settimana 24 febbraio-2 marzo. In particolare i tamponi rapidi sono aumentati del 5,9% (+23.114), mentre quelli molecolari del 3,4% (+3.803) (figura 4). La media mobile a 7 giorni del tasso di positività si riduce dal 4,9% al 4,4% per i tamponi molecolari e dal 6 % al 5,2% per gli antigenici rapidi (figura 5).

Ospedalizzazioni. «Sul fronte degli ospedali – afferma Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – si segnala una sostanziale stabilità dei ricoveri in area medica (-1%), mentre sono in lieve risalita quelli in terapia intensiva (+3%)». In termini assoluti, i posti letto COVID occupati in area critica, raggiunto il minimo di 126 il 24 febbraio, sono saliti a 137 il 2 marzo; in area medica, raggiunto il minimo di 3.177 il 17 febbraio, sono saliti a 3.297 il 2 marzo (figura 6). Al 2 marzo il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti COVID è del 5,2% in area medica (dall’1,7% della Lombardia al 13,4% dell'Umbria) e dell’1,4% in area critica (dallo 0% di Basilicata, Marche, Molise, Provincia Autonoma di Trento e Valle d’Aosta al 4,4% della Sardegna) (figura 7). «In lieve aumento gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Mosti – con una media mobile a 7 giorni di 17 ingressi/die rispetto ai 13 della settimana precedente» (figura 8).

Decessi. Diminuiscono i decessi (-6,6%): 228 negli ultimi 7 giorni, con una media di 33 al giorno rispetto ai 35 della settimana precedente.

MONITORAGGIO CAMPAGNA VACCINALE

Vaccini: persone non vaccinate. Al 2 marzo (aggiornamento ore 07.20) sono 8,63 milioni le persone che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino (figura 9), di cui:

  • 8,28 milioni attualmente vaccinabili, pari al 13,9% della platea (dall’11,2% della Toscana al 26,3% della Provincia Autonoma di Trento);
  • 0,35 milioni temporaneamente protette in quanto guarite da COVID-19 da meno di 180 giorni, pari allo 0,6% della platea (dallo 0,3% della Sicilia al 1,2% del Friuli Venezia Giulia).

Vaccini: terza dose. Al 2 marzo (aggiornamento ore 07.20) sono 8,52 milioni le persone che non hanno ancora ricevuto la dose booster (figura 10), di cui:

  • 7,58 milioni possono riceverla subito, pari al 15,5% della platea (dall’11,3% del Piemonte al 22,4% della Sicilia);
  • 0,94 milioni non possono riceverla nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni, pari all’1,9% della platea (dallo 0,6% della Valle D'Aosta al 3,7% del Veneto).                                                               

Vaccini: quarta dose.  La platea per il secondo richiamo (quarta dose), aggiornata al 17 settembre 2022, è di 19,1 milioni di persone: di queste, 12,1 milioni possono riceverlo subito, un milione di persone non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 6 milioni l’hanno già ricevuto. Al 2 marzo (aggiornamento ore 07.20) sono state somministrate 5.967.572 quarte dosi (figura 11). In base alla platea ufficiale (n. 19.119.772 di cui 13.060.462 over 60, 3.990.080 fragili e immunocompromessi, 1.748.256 di personale sanitario e 320.974 ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è fermo al 31,2% con nette differenze regionali: dal 14% della Calabria al 45% del Piemonte (figura 12).

Vaccini: quinta dose.  La platea per il terzo richiamo (quinta dose), aggiornata al 20 gennaio 2023, è di 3,1 milioni di persone: di queste, 2,4 milioni possono riceverlo subito, 0,2 milioni non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 180 giorni e 0,5 milioni l’hanno già ricevuto. Al 2 marzo (aggiornamento ore 07.20) sono state somministrate 482.887 quinte dosi (figura 13). In base alla platea ufficiale (n. 3.146.516 di cui 2.298.047 over 60, 731.224 fragili e immunocompromessi, 117.245 ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), il tasso di copertura nazionale per le quinte dosi è del 15,3% con nette differenze regionali: dal 5,4% della Campania al 29,1% del Piemonte (figura 14).

Il monitoraggio GIMBE della pandemia COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org


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27 febbraio 2023
Coronavirus: nell’ultima settimana lieve risalita di contagi (+3,8%) e ricoveri ordinari (+4,1%). In calo terapie intensive (-13,6%) e decessi (-18,4%). Quarta dose: scendono ancora le somministrazioni giornaliere (-25,8%), scoperte 12,1 milioni di persone. Copertura quinta dose al palo (15,1%)

MONITORAGGIO PANDEMIA COVID-19

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 17-23 febbraio 2023, rispetto alla precedente, un lieve aumento di nuovi casi (29.438 vs 28.347) (figura 1) e una diminuzione dei decessi (244 vs 299) (figura 2). In calo anche le persone in isolamento domiciliare (165.641 vs 182.174), aumentano i ricoveri con sintomi (3.331 vs 3.200) e mentre continua la discesa nelle terapie intensive (133 vs 154). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: 244 (-18,4%)
  • Terapia intensiva: -21 (-13,6%)
  • Ricoverati con sintomi: +131 (+4,1%)
  • Isolamento domiciliare: -16.533 (-9,1%)
  • Nuovi casi: 29.438 (+3,8%)

Nuovi casi. «Dopo 6 settimane consecutive di calo – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si registra un lieve aumento (+3,8%) dei nuovi casi settimanali, che rimangono comunque ampiamente sottostimati. Da oltre 28 mila nella settimana precedente salgono a oltre 29 mila, con una media mobile a 7 giorni di oltre 4 mila casi al giorno» (figura 3). I nuovi casi aumentano in 14 Regioni: dallo 0,4% della Liguria al 15% del Lazio; mentre calano nelle restanti 7 Regioni: dal -1,9% del Piemonte al -25,3% della Sardegna (tabella 1). In 55 Province si registra un aumento dei nuovi casi: dal +0,5% di Brescia al +74,5% di Vercelli, mentre nelle restanti 51 Province si rileva una diminuzione dei nuovi casi (dal -1,2% di Bari al -51,8% di Sassari); stabile la Provincia di Barletta-Andria-Trani con una variazione dello 0%. In nessuna Provincia l’incidenza supera i 500 casi per 100.000 abitanti (tabella 2).

Testing. Si registra un calo del numero dei tamponi totali (-5,6%): da 536.080 della settimana 10-16 febbraio a 506.295 della settimana 17-23 febbraio. In particolare i tamponi rapidi sono diminuiti dell’1% (-4.076), mentre quelli molecolari sono diminuiti del 18,7% (-25.709) (figura 4). La media mobile a 7 giorni del tasso di positività aumenta dal 4,2% al 4,9% per i tamponi molecolari e dal 5,7% al 6% per gli antigenici rapidi (figura 5).

Ospedalizzazioni. «Sul fronte degli ospedali – afferma Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE torna a salire il numero dei ricoveri sia in area medica (+4,1%) mentre prosegue il calo in terapia intensiva (-13,6%)». In termini assoluti, i posti letto COVID occupati in area critica, raggiunto il massimo di 347 il 12 dicembre, sono scesi a 133 il 23 febbraio; in area medica, raggiunto il minimo di 3.177 il 17 febbraio, sono saliti a 3.331 il 23 febbraio (figura 6). Al 23 febbraio il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti COVID è del 5,2% in area medica (dall’1,7% del Molise al 13,3% dell'Umbria) e dell’1,3% in area critica (dallo 0% di Abruzzo, Basilicata, Molise, Prov. Aut. di Bolzano, Prov. Aut. di Trento e Valle d’Aosta al 3,7% della Calabria) (figura 7). «In lieve diminuzione gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Mosti – con una media mobile a 7 giorni di 13 ingressi/die rispetto ai 14 della settimana precedente» (figura 8).

Decessi. Diminuiscono i decessi (-18,4%): 244 negli ultimi 7 giorni, con una media di 35 al giorno rispetto ai 43 della settimana precedente.

MONITORAGGIO CAMPAGNA VACCINALE

Vaccini: persone non vaccinate. Al 24 febbraio (aggiornamento ore 08.22) sono 6,78 milioni le persone che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino (figura 9), di cui:

  • 6,46 milioni attualmente vaccinabili, pari al 13,9% della platea (dall’11,1% della Toscana al 26,2% della Provincia Autonoma di Trento);
  • 0,32 milioni temporaneamente protette in quanto guarite da COVID-19 da meno di 180 giorni, pari al 0,6% della platea (dallo 0,3% della Sicilia all’1,2% del Friuli Venezia Giulia).

Vaccini: terza dose. Al 24 febbraio (aggiornamento ore 08.22) sono 8,53 milioni le persone che non hanno ancora ricevuto la dose booster (figura 10), di cui:

  • 7,44 milioni possono riceverla subito, pari al 15,2% della platea (dal 10,8% del Piemonte al 22,3% della Sicilia);
  • 1,08 milioni non possono riceverla nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni, pari al 2,2% della platea (dallo 0,8% della Sicilia al 4,2% del Veneto).                                                              

Vaccini: quarta dose.  La platea per il secondo richiamo (quarta dose), aggiornata al 17 settembre 2022, è di 19,1 milioni di persone: di queste, 12,1 milioni possono riceverlo subito, 1,1 non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 6 milioni l’hanno già ricevuto. Al 24 febbraio (aggiornamento ore 08.22) sono state somministrate 5.958.606 quarte dosi, con una media mobile di 1.735 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 2.339 della scorsa settimana (-25,8%) (figura 11). In base alla platea ufficiale (n. 19.119.772 di cui 13.060.462 over 60, 3.990.080 fragili e immunocompromessi, 1.748.256 di personale sanitario e 320.974 ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è del 31,2% con nette differenze regionali: dal 14% della Calabria al 44,8% del Piemonte (figura 12).         

Vaccini: quinta dose.  La platea per il terzo richiamo (quinta dose), aggiornata al 20 gennaio 2023, è di 3,1 milioni di persone: di queste, 2,5 milioni possono riceverlo subito, 0,2 milioni non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 180 giorni e 0,5 milioni l’hanno già ricevuto. Al 24 febbraio (aggiornamento ore 08.22) sono state somministrate 476.013 quinte dosi, con una media mobile di 1.230 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 1.624 della scorsa settimana (-24,3%) (figura 13). In base alla platea ufficiale (n. 3.146.516 di cui 2.298.047 over 60, 731.224 fragili e immunocompromessi, 117.245 ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), il tasso di copertura nazionale per le quinte dosi rimane al palo e si attesta al 15,1% con nette differenze regionali: dal 5,2% della Campania al 28,7% del Piemonte (figura 14).

Il monitoraggio GIMBE della pandemia COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org


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23 febbraio 2023
Cure essenziali, le nuove “pagelle” del Ministero: nel 2020 promosse solo 11 Regioni, al sud solo la Puglia. Con la pandemia peggiorano quasi tutte le Regioni e la prevenzione paga il conto più salato. Analisi GIMBE: Emilia-Romagna in testa e Calabria in coda, enormi diseguaglianze tra nord e sud

Ogni anno il Ministero della Salute valuta l’erogazione delle prestazioni sanitarie - i cosiddetti Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) - che le Regioni devono garantire ai cittadini gratuitamente o attraverso il pagamento di un ticket. «Si tratta di una vera e propria “pagella” per i servizi sanitari regionali – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – che permette di identificare Regioni promosse (adempienti), pertanto meritevoli di accedere alla quota di finanziamento premiale, e bocciate (inadempienti)». Le Regioni inadempienti vengono sottoposte ai Piani di rientro, strumento che prevede uno specifico affiancamento da parte del Ministero della Salute che può arrivare sino al commissariamento della Regione.

Sino al 2019 lo strumento di valutazione era la cosiddetta “Griglia LEA”, che dal 2020 è stata sostituita da 22 indicatori del Nuovo Sistema di Garanzia (NSG), sempre suddivisi in tre aree: prevenzione collettiva e sanità pubblica, assistenza distrettuale ed assistenza ospedaliera. Per ciascuna area viene assegnato un punteggio tra 0 e 100 e le Regioni vengono considerate adempienti se raggiungono un punteggio pari o superiore a 60 in ciascuna delle tre aree; con un punteggio inferiore a 60 anche in una sola area la Regione viene classificata inadempiente. «Considerato che il 2020 è stato caratterizzato dall’emergenza pandemica – precisa il Presidente – il monitoraggio dell’erogazione dei LEA è stato effettuato solo a scopo di valutazione e informazione, senza impatto sulla quota premiale».

A seguito della recente pubblicazione del “Monitoraggio dei LEA attraverso il Nuovo Sistema di Garanzia” da parte del Ministero della Salute, la Fondazione GIMBE, spiega il Presidente «ha effettuato alcune analisi sia per confrontare la resilienza dei servizi sanitari regionali nell’anno dello scoppio della pandemia, sia per valutare le differenze tra le Regioni del Nord, colpite con violenza dalla prima ondata, e quelle del Sud, di fatto risparmiate da tale impatto grazie al prolungato lockdown della primavera 2020».

Adempimenti LEA 2020. Solo 11 Regioni risultano adempienti: Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Provincia Autonoma di Trento, Puglia, Toscana, Umbria, Veneto. Le altre 10 sono inadempienti: Abruzzo, Liguria, Molise e Sicilia con un punteggio insufficiente in una sola area; Basilicata, Campania, Provincia Autonoma di Bolzano, Sardegna, Valle D’Aosta con un punteggio insufficiente in due aree; la Calabria insufficiente in tutte le tre aree (tabella 1). «Nonostante il maggior impatto della prima ondata pandemica nel Nord del Paese – commenta il Presidente – anche la nuova “pagella” conferma sia il gap Nord-Sud, visto che solo la Puglia si trova tra le 10 Regioni adempienti, sia le condizioni estremamente critiche della sanità in Calabria». Interessante notare che se alcune Regioni occupano posizioni simili nelle tre aree, documentando livelli omogenei di adempimento/non adempimento, per altre esiste un’importante variabilità delle performance tra le aree. In particolare, alcune Regioni si collocano in posizioni identiche nelle tre aree (Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio). Viceversa, altre Regioni occupano posizioni molto diverse nelle tre aree. Ad esempio, l’Umbria è in prima posizione per la prevenzione, in dodicesima per l’area distrettuale e in undicesima per quella ospedaliera; la Liguria in settima posizione per l’area distrettuale, in quattordicesima per quella ospedaliera e in diciannovesima per la prevenzione; la Lombardia è in terza posizione per l’area distrettuale, in quinta per quella ospedaliera e in quattordicesima per la prevenzione; la Provincia autonoma di Trento è in prima posizione per l’area ospedaliera, in terza per la prevenzione e in decima per l’area distrettuale.

Considerato che il Ministero della Salute non sintetizza in un punteggio unico la valutazione degli adempimenti LEA, la Fondazione GIMBE ha elaborato una classifica di Regioni e Province autonome sommando i punteggi ottenuti nelle tre aree e riportando i risultati in ordine decrescente suddivisi in quartili (tabella 2 e figura 1). «Rispetto all’essere adempiente/inadempiente – commenta Cartabellotta – il punteggio totale enfatizza ulteriormente il gap Nord-Sud: infatti, nei primi due quartili si trovano 7 Regioni del Nord, 3 del Centro e nessuna del Sud, mentre nell’ultimo quartile, eccetto la Provincia Autonoma di Bolzano, tutte le Regioni sono del Sud».

Gap 2019-2020. Considerato che il NSG è in sperimentazione dal 2016, La Fondazione GIMBE ha analizzato le differenze tra gli adempimenti 2020 e quelli 2019, al fine di valutare l’impatto della pandemia sui punteggi totali delle Regioni, oltre che sui tre macro-livelli assistenziali. Rispetto al 2019, nel 2020 i punteggi totali sono peggiorati in tutte le Regioni – fatta eccezione per la Provincia Autonoma di Trento e la Valle d’Aosta – dimostrando che la pandemia ha rappresentato un forte “stress test” per la sanità italiana. Tuttavia, tra le Regioni che hanno sperimentato una prima ondata molto violenta, il gap 2019-2020 è molto contenuto (<10 punti) per la Provincia Autonoma di Bolzano, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Emilia-Romagna; intermedio (10-25 punti) per Veneto e Piemonte; elevato per Lombardia e Liguria (>35 punti). D’altro canto, 7 delle 11 Regioni con gap superiore a 20 punti si trovano al Sud, di fatto risparmiato dalla prima ondata (tabella 3). «Questi dati – spiega il Presidente – confermano che la resilienza alla pandemia dei servizi sanitari regionali e la capacità di erogare le prestazioni essenziali nel 2020 sono state condizionate (in positivo) più dalle performance 2019 che (in negativo) dall’impatto della prima ondata».

Relativamente all’impatto della pandemia sui tre macro-livelli assistenziali, considerando tutto il territorio nazionale, il gap massimo tra il 2020 e il 2019 si registra nell’area della prevenzione (-263 punti), quindi in quella ospedaliera (-150 punti); al contrario l’area distrettuale nel 2020 fa rilevare un lieve miglioramento (+5 punti) (tabella 4). «Il crollo della prevenzione – spiega il Presidente – è l’inevitabile conseguenza sia degli esigui investimenti in quest’area, sia del fatto che il personale già limitato in forza ai dipartimenti di prevenzione è stato impiegato in prima linea nella gestione dell’emergenza pandemica»

«Il lancio della nuova “pagella” – conclude Cartabellotta – proprio nell’anno della pandemia restituisce risultati inevitabilmente condizionati dalla gestione dell’emergenza COVID-19. Tuttavia, dalle nostre analisi emergono tre elementi fondamentali. Innanzitutto, il gap Nord-Sud non si è ridotto nonostante molte Regioni del Nord siano state colpite in maniera drammatica dalla prima ondata e, al tempo  stesso, quelle del Sud siano state risparmiate grazie al lockdown; in secondo luogo, le Regioni settentrionali più colpite dalla pandemia hanno mostrato una differente resilienza, inevitabilmente condizionata dalla qualità del servizio sanitario regionale pre-pandemia; infine, la “sorella povera” della sanità, ovvero la prevenzione, è stata quella che ha pagato il conto più salato, in termini di erogazione di prestazioni essenziali».


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20 febbraio 2023
Coronavirus: negli ultimi sette giorni continuano a scendere contagi (-8,3%), ricoveri ordinari (-7,5%) e terapie intensive (-5,5%) ma aumentano nuovamente i decessi (+7,2%). Vaccini: crollano le somministrazioni della quarta (-31%) e della quinta dose (-22,4%)

MONITORAGGIO PANDEMIA COVID-19

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 10-16 febbraio 2023, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (28.347 vs 30.901) (figura 1) e un aumento dei decessi (299 vs 279) (figura 2). In calo le persone in isolamento domiciliare (182.174 vs 192.436), i ricoveri con sintomi (3.200 vs 3.459) e le terapie intensive (154 vs 163). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: 299 (+7,2%)
  • Terapia intensiva: -9 (-5,5%)
  • Ricoverati con sintomi: -259 (-7,5%)
  • Isolamento domiciliare: -10.262 (-5,3%)
  • Nuovi casi: 28.347 (-8,3%)

Nuovi casi. «Seppur ampiamente sottostimati – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – i nuovi casi settimanali si confermano in ulteriore calo (-8,3%): da quasi 31 mila nella settimana precedente scendono a oltre 28 mila, con una media mobile a 7 giorni di poco oltre 4 mila casi al giorno» (figura 3). I nuovi casi diminuiscono in tutte le Regioni ad eccezione di Campania (+2,1%), Friuli Venezia Giulia (+2,5%), Lazio (+1,2%) e Molise (+7,7%): dal -3,4% della Basilicata al -31,9% delle Marche (tabella 1). In 25 Province si registra un aumento dei nuovi casi: dal +0,2% di Bari al +57,1% di Sondrio, mentre nelle restanti 78 Province si rileva una diminuzione dei nuovi casi (dal -0,3% di Torino al -53,4% di Macerata); stabili Frosinone e Enna con una variazione dello 0%. In nessuna Provincia l’incidenza supera i 500 casi per 100.000 abitanti (tabella 2).

Testing. Si registra un lieve calo del numero dei tamponi totali (-2%): da 547.026 della settimana 3-9 febbraio a 536.080 della settimana 10-16 febbraio. In particolare i tamponi rapidi sono diminuiti del 6,5% (-27.797), mentre quelli molecolari sono aumentati del 14% (+16.851) (figura 4). La media mobile a 7 giorni del tasso di positività si riduce dal 5% al 4,2% per i tamponi molecolari e dal 5,8% al 5,7% per gli antigenici rapidi (figura 5).

Ospedalizzazioni. «Sul fronte degli ospedali – afferma Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE continua a scendere il numero dei ricoveri sia in area medica (-7,5%) che in terapia intensiva (-5,5%)». In termini assoluti, i posti letto COVID occupati in area critica, raggiunto il massimo di 347 il 12 dicembre, sono scesi a 154 il 16 febbraio; in area medica, raggiunto il massimo di 9.764 il 12 dicembre, sono scesi a 3.200 il 16 febbraio (figura 6). Al 16 febbraio il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti COVID è del 5% in area medica (dall’1,1% del Molise al 15% dell'Umbria) e dell’1,6% in area critica (dallo 0% di Basilicata, Marche, Molise, Provincia Autonoma di Bolzano, Provincia Autonoma di Trento e Valle d'Aosta al 3,6% dell'Emilia Romagna) (figura 7). «In lieve diminuzione gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Mosti – con una media mobile a 7 giorni di 14 ingressi/die rispetto ai 15 della settimana precedente» (figura 8).

Decessi. Tornano a salire i decessi (+7,2%): 279 negli ultimi 7 giorni, con una media di 43 al giorno rispetto ai 40 della settimana precedente.

MONITORAGGIO CAMPAGNA VACCINALE

Vaccini: persone non vaccinate. Al 17 febbraio (aggiornamento ore 07.42) sono 6,77 milioni le persone di età superiore a 5 anni che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino (figura 9), di cui:

  • 6,43 milioni attualmente vaccinabili, pari all’11,2% della platea (dal 7,4% della Provincia Autonoma di Trento al 14,7% della Provincia Autonoma di Bolzano);
  • 0,34 milioni temporaneamente protette in quanto guarite da COVID-19 da meno di 180 giorni, pari allo 0,6% della platea (dallo 0,3% della Basilicata all’1,3% del Friuli Venezia Giulia).

Vaccini: terza dose. Al 17 febbraio (aggiornamento ore 07.42) sono 7,24 milioni le persone che non hanno ancora ricevuto la dose booster (figura 10), di cui:

  • 6,04 milioni possono riceverla subito, pari al 12,7% della platea (dall’8,4% della Lombardia al 20,5% della Sicilia);
  • 1,2 milioni non possono riceverla nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni, pari al 2,5% della platea (dallo 0,9% della Sicilia al 4,8% del Veneto).

Vaccini: quarta dose.  La platea per il secondo richiamo (quarta dose), aggiornata al 17 settembre 2022, è di 19,1 milioni di persone: di queste, 12 milioni possono riceverlo subito, 1,1 non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 5,9 milioni l’hanno già ricevuto. Al 17 febbraio (aggiornamento ore 07.42) sono state somministrate 5.946.113 quarte dosi, con una media mobile di 2.279 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 3.304 della scorsa settimana (-31%) «numeri che documentano un crollo delle somministrazioni – afferma Cartabellotta – che prosegue da oltre un mese» (figura 11). In base alla platea ufficiale (n. 19.119.772 di cui 13.060.462 over 60, 3.990.080 fragili e immunocompromessi, 1.748.256 di personale sanitario e 320.974 ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è del 31,1% con nette differenze regionali: dal 14% della Calabria al 44,6% del Piemonte (figura 12).                                                                                        

Vaccini: quinta dose.  La platea per il terzo richiamo (quinta dose), aggiornata al 20 gennaio 2023, è di 3,1 milioni di persone: di queste, 2,5 milioni possono riceverlo subito, 0,2 milioni non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 180 giorni e 0,5 milioni l’hanno già ricevuto. Al 17 febbraio (aggiornamento ore 07.42) sono state somministrate 466.880 quinte dosi, con una media mobile di 1.576 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 2.032 della scorsa settimana (-22,4%) e un trend in discesa iniziato a fine gennaio (figura 13). In base alla platea ufficiale (n. 3.146.516 di cui 2.298.047 over 60, 731.224 fragili e immunocompromessi, 117.245 ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), il tasso di copertura nazionale per le quinte dosi è del 14,8% con nette differenze regionali: dal 5% della Campania al 28 % del Piemonte (figura 14).

Il monitoraggio GIMBE della pandemia COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org


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13 febbraio 2023
Coronavirus: nell’ultima settimana continua la discesa di contagi (-10,1%), ricoveri ordinari (-6,8%) e terapie intensive (-8,9%). Tornano a scendere i decessi (-36,4%). Quarta dose: scoperte più di 2 persone su 3 e somministrazioni in calo (-29,1%). Quinta dose: copertura al 14,5%

MONITORAGGIO PANDEMIA COVID-19

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 3-9 febbraio 2023, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (30.901 vs 34.377) (figura 1) e una diminuzione dei decessi (279 vs 439) (figura 2). In calo anche i casi attualmente positivi (196.058 vs 227.985), le persone in isolamento domiciliare (192.436 vs 224.094), i ricoveri con sintomi (3.459 vs 3.712) e le terapie intensive (163 vs 179). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: 279 (-36,4%), di cui 21 riferiti a periodi precedenti
  • Terapia intensiva: -16 (-8,9%)
  • Ricoverati con sintomi: -253 (-6,8%)
  • Isolamento domiciliare: -31.658 (-14,1%)
  • Nuovi casi: 30.901 (-10,1%)
  • Casi attualmente positivi: -31.927 (-14%)

Nuovi casi. «Seppur ampiamente sottostimati – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – i nuovi casi settimanali si confermano in ulteriore calo (-10,1%): dai 34 mila della settimana precedente scendono a oltre 31 mila, con una media mobile a 7 giorni di poco oltre 4 mila casi al giorno» (figura 3). I nuovi casi diminuiscono in tutte le Regioni ad eccezione di Marche (+12,2%), Provincia Autonoma di Trento (+0,4%), Sardegna (+25,9%), Toscana (+2,5%) e Valle d’Aosta (+12,5%): dal -0,5% del Veneto al -51,9% del Molise (tabella 1). In 36 Province si registra un aumento dei nuovi casi: dal +0,4% di Trento al +91,5% di Sassari, mentre nelle restanti 69 Province si rileva una diminuzione dei nuovi casi (dal -0,2% di Bologna al -63,6% di Enna); stabili Trento e Cagliari con una variazione dello 0%. In nessuna Provincia l’incidenza supera i 500 casi per 100.000 abitanti (tabella 2).

Testing.Si registra un calo del numero dei tamponi totali (-8,1%): da 595.539 della settimana 27 gennaio-2 febbraio a 547.026 della settimana 3-9 febbraio. In particolare i tamponi rapidi sono diminuiti del 9,9% (-47.013), mentre quelli molecolari sono diminuiti dell’1,2% (-1.500) (figura 4). La media mobile a 7 giorni del tasso di positività si riduce dal 5,3% al 5% per i tamponi molecolari e si riduce dal 5,9% al 5,8% per gli antigenici rapidi (figura 5).

Ospedalizzazioni. «Sul fronte degli ospedali – afferma Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – continua a scendere il numero dei ricoveri sia in area medica (-6,8%) che in terapia intensiva (-8,9%)». In termini assoluti, i posti letto COVID occupati in area critica, raggiunto il massimo di 347 il 12 dicembre, sono scesi a 163 il 09 febbraio; in area medica, raggiunto il massimo di 9.764 il 12 dicembre, sono scesi a 3.459 il 09 febbraio (figura 6). Al 09 febbraio il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti COVID è del 5,4% in area medica (dallo 0,6% del Molise al 17,7% dell'Umbria) e dell’1,6% in area critica (dallo 0% di Basilicata, Molise, Provincia Autonoma di Bolzano, Provincia Autonoma di Trento e Valle d'Aosta al 4% dell'Emilia Romagna) (figura 7). «In lieve diminuzione gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Mosti – con una media mobile a 7 giorni di 15 ingressi/die rispetto ai 18 della settimana precedente» (figura 8).

Decessi. Tornano a scendere i decessi (-36,4%): 279 negli ultimi 7 giorni (di cui 21 riferiti a periodi precedenti), con una media di 40 al giorno rispetto ai 63 della settimana precedente.

MONITORAGGIO CAMPAGNA VACCINALE

Vaccini: persone non vaccinate. Al 10 febbraio (aggiornamento ore 07.57) sono 6,77 milioni le persone di età superiore a 5 anni che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino (figura 9), di cui:

  • 6,4 milioni attualmente vaccinabili, pari all’11,1% della platea (dal 7,3% della Provincia Autonoma di Trento al 14,6% della Provincia Autonoma di Bolzano);
  • 0,37 milioni temporaneamente protette in quanto guarite da COVID-19 da meno di 180 giorni, pari allo 0,6% della platea (dallo 0,3% della Puglia all’1,4% del Friuli Venezia Giulia).

Vaccini: terza dose. Al 10 febbraio (aggiornamento ore 07.57) sono state somministrate 40.462.274 terze dosi, con una media mobile a 7 giorni di 415 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 625 della settimana precedente (-33,6%). In base alla platea ufficiale (n. 47.703.593), aggiornata al 20 maggio, il tasso di copertura nazionale per le terze dosi è dell’84,8%: dal 78,7% della Sicilia all’88,8% della Lombardia. Sono 7,24 milioni le persone che non hanno ancora ricevuto la dose booster (figura 10), di cui:

  • 5,92 milioni possono riceverla subito, pari al 12,4% della platea (dall’8,1% del Piemonte al 20,4% della Sicilia);
  • 1,32 milioni non possono riceverla nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni, pari al 2,8% della platea (dallo 0,9% della Sicilia al 5,2% del Veneto).                                                                              

Vaccini: quarta dose.  La platea per il secondo richiamo (quarta dose), aggiornata al 17 settembre 2022, è di 19,1 milioni di persone: di queste, 12 milioni possono riceverlo subito, 1,2 non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 5,9 milioni l’hanno già ricevuto. Al 10 febbraio (aggiornamento ore 07.57) sono state somministrate 5.928.512 quarte dosi, con una media mobile di 3.223 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 4.549 della scorsa settimana (-29,1%) (figura 11). In base alla platea ufficiale (n. 19.119.772 di cui 13.060.462 over 60, 3.990.080 fragili e immunocompromessi, 1.748.256 di personale sanitario e 320.974 ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), restano scoperte più di 2 persone su 3: il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi, infatti, è del 31% con nette differenze regionali: dal 14% della Calabria al 44,4% del Piemonte (figura 12).                                                                                                            

Vaccini: quinta dose.  La platea per il terzo richiamo (quinta dose), aggiornata al 20 gennaio 2023, è di 3,1 milioni di persone: di queste, 2,5 milioni possono riceverlo subito, 0,2 milioni non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 180 giorni e 0,5 milioni l’hanno già ricevuto. Al 10 febbraio (aggiornamento ore 07.57) sono state somministrate 455.001 quinte dosi, con una media mobile di 1.966 somministrazioni al giorno, in aumento rispetto alle 1.960 della scorsa settimana (+0,3%) (figura 13). In base alla platea ufficiale (n. 3.146.516 di cui 2.298.047 over 60, 731.224 fragili e immunocompromessi, 117.245 ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), il tasso di copertura nazionale per le quinte dosi è del 14,5% con nette differenze regionali: dal 4,8% della Campania al 27,1% del Piemonte (figura 14).

Il monitoraggio GIMBE della pandemia COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org


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6 febbraio 2023
Coronavirus: negli ultimi 7 giorni continuano a scendere contagi (-9,9%), ricoveri ordinari (-9%) e terapie intensive (-12,7%). Netto aumento dei decessi (+27,2%), ma le vaccinazioni per anziani e fragili sono in caduta libera e quasi 12 milioni di persone rimangono senza quarta dose

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 27 gennaio-2 febbraio 2023, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (34.377 vs 38.159) (figura 1) e un aumento dei decessi (439 vs 345) (figura 2). In calo anche i casi attualmente positivi (227.985 vs 251.970), le persone in isolamento domiciliare (224.094 vs 247.684), i ricoveri con sintomi (3.712 vs 4.081) e le terapie intensive (179 vs 205). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: 439 (+27,2%), di cui 33 riferiti a periodi precedenti
  • Terapia intensiva: -26 (-12,7%)
  • Ricoverati con sintomi: -369 (-9%)
  • Isolamento domiciliare: -23.590 (-9,5%)
  • Nuovi casi: 34.377 (-9,9%)
  • Casi attualmente positivi: -23.985 (-9,5%)

Nuovi casi. «I nuovi casi settimanali – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si confermano in ulteriore calo (-9,9%): dai 38 mila della settimana precedente scendono a quota 34 mila, con una media mobile a 7 giorni di poco inferiore ai 5 mila casi al giorno» (figura 3). I nuovi casi diminuiscono in tutte le Regioni ad eccezione di Lazio (+0,5%), Liguria (+5,4%) e Sicilia (+16,8%): dal -0,5% della Provincia Autonoma di Bolzano al -39,2% dell’Abruzzo (tabella 1). In 31 Province si registra un aumento dei nuovi casi: dal +0,1% di Treviso al +101,1% di Trapani, mentre nelle restanti 76 Province si rileva una diminuzione dei nuovi casi (dal -0,5% di Genova al -69,5% di Chieti). In nessuna Provincia l’incidenza supera i 500 casi per 100.000 abitanti (tabella 2).

Testing. Si registra un calo del numero dei tamponi totali (-2,2%): da 608.732 della settimana 20-26 gennaio a 595.539 della settimana 27 gennaio-2 febbraio. In particolare, i tamponi rapidi sono aumentati dell’1% (+4.552), mentre quelli molecolari sono diminuiti del 12,7% (-17.745) (figura 4). La media mobile a 7 giorni del tasso di positività si riduce dal 5,9% al 5,3% per i tamponi molecolari e dal 6,4% al 5,9% per gli antigenici rapidi (figura 5).

Ospedalizzazioni. «Sul fronte degli ospedali – afferma Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – continua a scendere il numero dei ricoveri sia in area medica (-9%) che in terapia intensiva (-12,7%)». In termini assoluti, i posti letto COVID occupati in area critica, raggiunto il massimo di 347 il 12 dicembre, sono scesi a 179 il 2 febbraio; in area medica, raggiunto il massimo di 9.764 il 12 dicembre, sono scesi a quota 3.712 il 2 febbraio (figura 6). Al 2 febbraio il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti COVID è del 5,8% in area medica (dal 2,2% della Lombardia al 17,4% dell’Umbria) e dell’1,8% in area critica (dallo 0% di Basilicata, Molise e Valle D’Aosta al 5,3% della Calabria) (figura 7). «Stabile il numero di ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Mosti – con una media mobile a 7 giorni di 18 ingressi/die, invariata rispetto alla settimana precedente» (figura 8).

Decessi.  Netto aumento dei decessi (+27,2%): 439 negli ultimi 7 giorni (di cui 33 riferiti a periodi precedenti), con una media di 63 al giorno rispetto ai 49 della settimana precedente.

MONITORAGGIO CAMPAGNA VACCINALE

Vaccini: persone non vaccinate. Al 2 febbraio (aggiornamento ore 07.26) sono 6,77 milioni le persone di età superiore a 5 anni che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino (figura 9), di cui:

  • 6,35 milioni attualmente vaccinabili, pari all’11% della platea (dal 7,3% della Provincia Autonoma di Trento al 14,4% della Provincia Autonoma di Bolzano);
  • 0,42 milioni temporaneamente protette in quanto guarite da COVID-19 da meno di 180 giorni, pari allo 0,7% della platea (dallo 0,4% della Puglia all’1,5% del Friuli Venezia-Giulia).

Vaccini: terza dose. Al 2 febbraio (aggiornamento ore 07.26) sono state somministrate 40.457.435 terze dosi. In base alla platea ufficiale (n. 47.703.593), aggiornata al 20 maggio il tasso di copertura nazionale per le terze dosi è dell’84,8%: dal 78,7% della Sicilia all’88,7% della Lombardia. Sono 7,25 milioni le persone che non hanno ancora ricevuto la dose booster (figura 10), di cui:

  • 5,85 milioni possono riceverla subito, pari al 12,3% della platea (dal 7,9% del Piemonte al 20,4% della Sicilia);
  • 1,4 milioni non possono riceverla nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni, pari al 2,9% della platea (dall’1% della Sicilia al 5,6% del Veneto).

Vaccini: quarta dose.  La platea per il secondo richiamo (quarta dose), aggiornata al 17 settembre 2022, è di 19,1 milioni di persone: di queste, 11,9 milioni possono riceverlo subito, 1,3 milioni non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 5,9 milioni l’hanno già ricevuto. Al 2 febbraio (aggiornamento ore 07.26) sono state somministrate 5.898.882 quarte dosi (figura 11). In base alla platea ufficiale (n. 19.119.772 di cui 13.060.462 over 60, 3.990.080 fragili e immunocompromessi, 1.748.256 di personale sanitario e 320.974 ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è del 30,9% con nette differenze regionali: dal 13,9% della Calabria al 44,1% del Piemonte (figura 12).

Vaccini: quinta dose.  La platea per il terzo richiamo (quinta dose), aggiornata al 20 gennaio 2023, è di 3,1 milioni di persone: di queste, 2,5 milioni possono riceverlo subito, 0,2 milioni non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 180 giorni e 0,4 milioni l’hanno già ricevuto. Al 2 febbraio (aggiornamento ore 07.26) sono state somministrate 438.022 quinte dosi (figura 13). In base alla platea ufficiale (n. 3.146.516 di cui 2.298.047 over 60, 731.224 fragili e immunocompromessi, 117.245 ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), il tasso di copertura nazionale per le quinte dosi è del 13,9% con nette differenze regionali: dal 4,6% della Campania al 25,9% del Piemonte (figura 14).

«A fronte di una netta riduzione nell’ultimo mese della circolazione virale – conclude Cartabellotta – tornano a salire i decessi. Pur essendo necessario un consolidamento del dato nelle prossime settimane, potrebbe essere la spia del calo della copertura immunitaria – da infezione pregressa o da vaccinazione – in anziani e fragili con il trascorrere del tempo. Intanto la somministrazione delle quarte dosi (secondo richiamo) è in caduta libera da mesi, ha tassi di copertura molto bassi in particolare nelle Regioni del Sud e lascia scoperte 11,9 milioni di persone».

 

Il monitoraggio GIMBE della pandemia COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org


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2 febbraio 2023
Regionalismo differenziato: colpo di grazia al servizio sanitario nazionale e legittimazione normativa delle diseguaglianze nella tutela della salute. Gimbe chiede al governo di espungere la sanità dalle richieste di autonomia differenziata

Approda oggi in Consiglio dei Ministri la nuova bozza del DdL Calderoli per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario. «Un testo – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – che al momento “blinda” l’autonomia differenziata come un affaire tra Governo e Regioni esautorando il Parlamento, non prevede risorse per finanziare i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e consente il trasferimento delle autonomie alle Regioni prima senza recuperare i divari tra le varie aree del Paese». In dettaglio, secondo la bozza approdata al pre-Consiglio dei Ministri il 30 gennaio 2023:

  • Ambiti di autonomia. Il testo non entra nel merito delle motivazioni che portano le Regioni a richiedere maggiore autonomia sulle 23 materie.
  • Ruolo del Parlamento. Sulle intese definite tra il Ministro degli Affari Regionali e le Regioni al Parlamento è concesso solo di esprimere un parere non vincolante e un voto di ratifica senza possibilità di emendamenti. Le Camere non avranno alcun potere di intervento sulle disposizioni relative al trasferimento di risorse umane e finanziarie alle Regioni, né parteciperanno alla definizione dei LEP. Ovvero il ruolo del Parlamento è assolutamente marginale.
  • Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP). Saranno definiti attraverso DPCM da una apposita Commissione Tecnica e, in quanto atti amministrativi, potranno essere impugnati solo davanti al TAR, ma non davanti alla Corte Costituzionale. Formalmente dovrebbero essere garantiti a tutti i cittadini, ma restano orfani di risorse, fondamentali per allineare la qualità dei servizi delle Regioni del Centro-Sud a quelle del Nord.
  • Trasferimento delle funzioni alle Regioni. Potrà essere effettuato già dopo la definizione dei LEP, senza attenderne l’attuazione, ovvero l’autonomia precede il recupero dei divari tra le varie aree del Paese.

La Fondazione GIMBE ha elaborato il report Il regionalismo differenziato in Sanità, per diffondere la consapevolezza politica e sociale che l’attuazione delle maggiori autonomie nella materia “tutela della salute” «darà il colpo di grazia al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) – precisa Cartabellotta – aumenterà le diseguaglianze regionali e legittimerà normativamente il divario tra Nord e Sud, violando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini nel diritto alla tutela della salute».

Il report GIMBE, ripercorre la “cronistoria” del regionalismo differenziato, analizza le criticità della bozza del DdL, valuta il potenziale impatto sul SSN delle autonomie richieste da Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, “fotografa” l’entità delle diseguaglianze regionali sull’adempimento dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e della mobilità sanitaria, formula alcune considerazioni conclusive e avanzanza precise richieste al Governo.

«Il report analizza esclusivamente le maggiori autonomie richieste dalle Regioni in materia di tutela della salute – spiega il Presidente – anche se, secondo il principio Health in all policies e il recente approccio One Health, numerosi ambiti di maggiori autonomie hanno un potenziale impatto sulla salute pubblica». In particolare, tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, tutela e sicurezza del lavoro, alimentazione, ordinamento sportivo; ma anche governo del territorio, grandi reti di trasporto e di navigazione e previdenza complementare e integrativa.

Dall’analisi delle richieste di maggiore autonomia avanzate da Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto nell’ambito “tutela della salute” emergono alcune considerazioni generali, suffragate da quasi 2.000 stakeholder della sanità in occasione della survey promossa dalla Fondazione GIMBE:

  • L’abolizione dei tetti di spesa per il personale sanitario e l’istituzione di contratti di formazione-lavoro per anticipare l’ingresso nel mondo del lavoro di specialisti e medici di famiglia rappresentano oggi strumenti fondamentali per fronteggiare la grave carenza di personale sanitario che andrebbero estesi a tutte le Regioni.
  • Alcune forme di autonomia rischiano di sovvertire gli strumenti di governance del SSN aumentando le diseguaglianze nell’offerta dei servizi: sistema tariffario, di rimborso, di remunerazione e di compartecipazione, sistema di governance delle aziende e degli enti del Servizio Sanitario Regionale, determinazione del numero di borse di studio per specialisti e medici di famiglia.
  • Altre istanze risultano francamente “eversive”. Una maggiore autonomia in materia di istituzione e gestione di fondi sanitari integrativi darebbe il via a sistemi assicurativo-mutualistici regionali sganciati dalla, seppur frammentata, normativa nazionale. Inoltre, la richiesta del Veneto di contrattazione integrativa regionale per i dipendenti del SSN, oltre all’autonomia in materia di gestione del personale e di regolamentazione dell’attività libero-professionale, rischia di concretizzare una concorrenza tra Regioni con “migrazione” di personale dal Sud al Nord, ponendo una pietra tombale sulla contrattazione collettiva nazionale e sul ruolo dei sindacati.

«La richiesta di maggiori autonomie – continua Cartabellotta – viene proprio dalle Regioni che fanno registrare le migliori performance nazionali in sanità». Infatti, dalla “fotografia” sugli adempimenti al mantenimento dei LEA relative al decennio 2010-2019 emerge che le tre Regioni che hanno richiesto maggiori autonomie si collocano nei primi 5 posti della classifica, rispettivamente Emilia Romagna (1a), Veneto (3a) e Lombardia (5a), mentre nelle prime 10 posizioni non c’è nessuna Regione del Sud e solo 2 del Centro (Umbria e Marche). Inoltre, l’analisi della mobilità sanitaria conferma la forte capacità attrattiva delle Regioni del Nord, cui corrisponde quella estremamente limitata delle Regioni del Centro-Sud, visto che nel decennio 2010-2019, tredici Regioni, quasi tutte del Centro Sud, hanno accumulato un saldo negativo pari a € 14 miliardi. E tra i primi quattro posti per saldo positivo si trovano sempre le tre Regioni che hanno richiesto le maggiori autonomie: Lombardia (+€ 6,18 miliardi), Emilia-Romagna (+€ 3,35 miliardi), Toscana (+€ 1,34 miliardi), Veneto (+€ 1,14 miliardi). Al contrario, le cinque Regioni con saldi negativi superiori a € 1 miliardo sono tutte al Centro-Sud: Campania (-€ 2,94 miliardi), Calabria (-€ 2,71 miliardi), Lazio (-€ 2,19 miliardi), Sicilia (-€ 2 miliardi) e Puglia (-€ 1,84 miliardi).

«Questi dati – continua Cartabellotta – confermano che nonostante la definizione dei LEA dal 2001, il loro monitoraggio annuale e l’utilizzo da parte dello Stato di strumenti quali Piani di rientro e commissariamenti, persistono inaccettabili diseguaglianze tra i 21 sistemi sanitari regionali, in particolare un gap strutturale Nord-Sud che compromette l’equità di accesso ai servizi e alimenta un’imponente mobilità sanitaria in direzione Sud-Nord». Di conseguenza, l’attuazione di maggiori autonomie in sanità, richieste proprio dalle Regioni con le migliori performance sanitarie e maggior capacità di attrazione, non potrà che amplificare le inaccettabili diseguaglianze registrate con la semplice competenza regionale concorrente in tema di tutela della salute. «Il regionalismo differenziato in sanità – spiega il Presidente – finirà per legittimare normativamente il divario tra Nord e Sud, violando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini nel diritto alla tutela della salute. Peraltro in un momento storico in cui il Paese ha sottoscritto con l’Europa il PNRR, il cui obiettivo trasversale è proprio quello di ridurre le diseguaglianze regionali e territoriali».

«Tenendo conto della grave crisi di sostenibilità del SSN e delle imponenti diseguaglianze regionali – conclude Cartabellotta – la Fondazione GIMBE invita il Governo a mettere da parte posizioni sbrigative e propone in prima istanza di espungere la tutela della salute dalle materie su cui le Regioni possono richiedere maggiori autonomie. In subordine, chiede che l’eventuale attuazione del regionalismo differenziato in sanità venga gestita con estremo equilibrio, colmando innanzitutto il gap strutturale tra Nord e Sud del Paese, modificando i criteri di riparto del Fabbisogno Sanitario Nazionale e aumentando le capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni. È indispensabile salvaguardare la capacità di redistribuzione del reddito senza compromettere l’esercizio dei diritti costituzionali fondamentali, in particolare il diritto alla tutela della salute: altrimenti, la sanità rischia di essere un bene pubblico per i residenti nelle Regioni più ricche e un bene di consumo per quelle più povere».

 

Il Report dell’Osservatorio GIMBE “Il Regionalismo differenziato in sanità” è disponibile a: www.salviamo-ssn.it/report-regionalismo-differenziato


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30 gennaio 2023
Coronavirus: ulteriore discesa di contagi (-26,5%), ricoveri ordinari (-18,4%), terapie intensive (-9,7%) e decessi (-30,3%) negli ultimi 7 giorni. Quarta dose: scendono le somministrazioni giornaliere (-30,6%), scoperte 11,9 milioni di persone. Quinta dose: copertura al 13,5%

MONITORAGGIO PANDEMIA COVID-19

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 20-26 gennaio 2023, rispetto alla precedente, una diminuzione dei nuovi casi (38.159 vs 51.888) (figura 1) e dei decessi (345 vs 495) (figura 2). In calo anche i casi attualmente positivi (251.970 vs 300.050), le persone in isolamento domiciliare (247.684 vs 294.820), i ricoveri con sintomi (4.081 vs 5.003) e le terapie intensive (205 vs 227) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: 345 (-30,3%), di cui 28 riferiti a periodi precedenti
  • Terapia intensiva: -22 (-9,7%)
  • Ricoverati con sintomi: -922 (-18,4%)
  • Isolamento domiciliare: -47.136 (-16%)
  • Nuovi casi: 38.159 (-26,5%)
  • Casi attualmente positivi: -48.080 (-16%)

Nuovi casi. «I nuovi casi settimanali – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si confermano in ulteriore calo (-26,5%): dai quasi 52 mila della settimana precedente scendono a quota 38 mila, con una media mobile a 7 giorni sopra i 5 mila casi al giorno» (figura 3). I nuovi casi diminuiscono in tutte le Regioni ad eccezione dell’Abruzzo (+4,4%): dal -9,4% della Provincia Autonoma di Bolzano al -46,9% del Molise (tabella 1). In 7 Province si registra un aumento dei nuovi casi: dal +1,4% di Piacenza al +71,4% di Chieti, mentre nelle restanti 100 Province si rileva una diminuzione dei nuovi casi (dal -2,8% di Lodi al -63,6% di Campobasso). In nessuna Provincia l’incidenza supera i 500 casi per 100.000 abitanti (tabella 2).

Testing. Si registra un calo del numero dei tamponi totali (-11,4%): da 687.233 della settimana 13-19 gennaio 2023 a 608.732 della settimana 20-26 gennaio 2023. In particolare i tamponi rapidi sono diminuiti del 13,3% (-72.079), mentre quelli molecolari del 4,4% (-6.422) (figura 4). La media mobile a 7 giorni del tasso di positività si riduce dal 6,3% al 5,9% per i tamponi molecolari e dal 7,9% al 6,4% per gli antigenici rapidi (figura 5).

Ospedalizzazioni. «Sul fronte degli ospedali – afferma Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – continua a scendere il numero dei ricoveri sia in area medica (-18,4%) che in terapia intensiva (-9,7%)». In termini assoluti, i posti letto COVID occupati in area critica, raggiunto il massimo di 347 il 12 dicembre, sono scesi a 205 il 26 gennaio; in area medica, raggiunto il massimo di 9.764 il 12 dicembre, sono scesi a quota 4.081 il 26 gennaio (figura 6). Al 26 gennaio il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti COVID è del 6,4% in area medica (dal 2,6% del Piemonte al 19,8% dell'Umbria) e del 2,1% in area critica (dallo 0% di Basilicata e Provincia Autonoma di Bolzano al 5,9% della Valle D’Aosta) (figura 7). «In calo il numero di ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Mosti – con una media mobile a 7 giorni di 18 ingressi/die rispetto ai 22 della settimana precedente» (figura 8).

Decessi. Diminuiscono i decessi: 345 negli ultimi 7 giorni (di cui 28 riferiti a periodi precedenti), con una media di 49 al giorno rispetto ai 71 della settimana precedente.

MONITORAGGIO CAMPAGNA VACCINALE

Vaccini: nuovi vaccinati. Nella settimana 20-26 gennaio calano i nuovi vaccinati: 679 rispetto ai 776 della settimana precedente (-12,5%). Di questi il 17,8% è rappresentato dalla fascia 5-11 anni: 121, con una riduzione del 32,8% rispetto alla settimana precedente. Cala tra gli over 50, più a rischio di malattia grave, il numero di nuovi vaccinati che si attesta a quota 196 (-33,8% rispetto alla settimana precedente) (figura 9).

Vaccini: persone non vaccinate. Al 27 gennaio (aggiornamento ore 06.19) sono 6,78 milioni le persone di età superiore a 5 anni che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino (figura 10), di cui:

  • 6,31 milioni attualmente vaccinabili, pari al 10,9% della platea (dal 7,7% della Provincia Autonoma di Trento al 14,3% della Valle D’Aosta);
  • 0,47 milioni temporaneamente protette in quanto guarite da COVID-19 da meno di 180 giorni, pari allo 0,8% della platea (dal 0,5% della Puglia all’1,7% del Friuli Venezia-Giulia).

Vaccini: terza dose. Al 27 gennaio (aggiornamento ore 06.19) sono state somministrate 40.453.874 terze dosi con una media mobile a 7 giorni di 889 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 1.202 della settimana precedente (-26,0%). In base alla platea ufficiale (n. 47.703.593), aggiornata al 20 maggio, il tasso di copertura nazionale per le terze dosi è dell’84,8%: dal 78,7% della Sicilia all’88,7% della Lombardia. Sono 7,25 milioni le persone che non hanno ancora ricevuto la dose booster (figura 11), di cui:

  • 5,8 milioni possono riceverla subito, pari al 12,2% della platea (dal 7,8% del Piemonte al 20,4% della Sicilia);
  • 1,45 milioni non possono riceverla nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni, pari al 3% della platea (dall’1% della Sicilia al 5,7% del Veneto).

Vaccini: quarta dose.  La platea per il secondo richiamo (quarta dose), aggiornata al 17 settembre 2022, è di 19,1 milioni di persone: di queste, 11,9 milioni possono riceverlo subito, 1,4 non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 5,9 milioni l’hanno già ricevuto. Al 27 gennaio (aggiornamento ore 06.19) sono state somministrate 5.870.708 quarte dosi, con una media mobile di 7.201 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 10.372 della scorsa settimana (-30,6%) (figura 12). In base alla platea ufficiale (n. 19.119.772 di cui 13.060.462 over 60, 3.990.080 fragili e immunocompromessi, 1.748.256 di personale sanitario e 320.974 di ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è del 30,7% con nette differenze regionali: dal 13,8% della Calabria al 44% del Piemonte (figura 13).

Vaccini: quinta dose.  La platea per il terzo richiamo (quinta dose), aggiornata al 20 gennaio 2023, è di 3,1 milioni di persone: di queste, 2,5 milioni possono riceverlo subito, 0,2 non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 180 giorni e 0,4 milioni l’hanno già ricevuto. Al 27 gennaio (aggiornamento ore 06.19) sono state somministrate 426.293 quinte dosi, con una media mobile di 2.745 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 3.277 della scorsa settimana (-16,2%) (figura 14). In base alla platea ufficiale (n. 3.146.516 di cui 2.298.047 over 60, 731.224 fragili e immunocompromessi, 117.245 di ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), il tasso di copertura nazionale per le quinte dosi è del 13,5% con nette differenze regionali: dal 4,5% della Campania al 25,8% del Piemonte (figura 15).

Il monitoraggio GIMBE della pandemia COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org


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23 gennaio 2023
Coronavirus: nell’ultima settimana continuano a scendere contagi (-38,3%), ricoveri ordinari (-22,1%), terapie intensive (-26,8%) e decessi (-14,1%). Quinta dose, ecco i primi dati: copertura al 13% su 3,1 milioni di persone. Arranca la quarta dose: 11,8 milioni di fragili e over 60 senza copertura. La Fondazione GIMBE chiede al ministro Schillaci di aggiornare tutti i dati sulla campagna vaccinale

MONITORAGGIO PANDEMIA COVID-19

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 13-19 gennaio 2023, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (51.888 vs 84.060) (figura 1) e decessi (495 vs 576) (figura 2). In calo anche i casi attualmente positivi (300.050 vs 353.643), le persone in isolamento domiciliare (294.820 vs 346.912), i ricoveri con sintomi (5.003 vs 6.421) e le terapie intensive (227 vs 310). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: 495 (-14,1%), di cui 10 riferiti a periodi precedenti
  • Terapia intensiva: -83 (-26,8%)
  • Ricoverati con sintomi: -1.418 (-22,1%)
  • Isolamento domiciliare: -52.092 (-15%)
  • Nuovi casi: 51.888 (-38,3%)
  • Casi attualmente positivi: -53.593 (-15,2%)

Nuovi casi. «Sul fronte dei nuovi casi settimanali – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si registra un’ulteriore diminuzione (-38,3%) pari a quella della settimana precedente: dagli 84 mila della settimana precedente i nuovi casi scendono a quota 52 mila, con una media mobile a 7 giorni sopra i 7 mila casi al giorno» (figura 3). I nuovi casi calano in tutte le Regioni: dal -11,2% della Provincia Autonoma di Bolzano al -46,7% di Basilicata e Valle D’Aosta (tabella 1). In tutte le Province, ad eccezione di Chieti (+1,8%), si rileva una diminuzione dei nuovi casi (dal -11,2% di Bolzano al -62,7% di Ragusa). In nessuna Provincia l’incidenza supera i 500 casi per 100.000 abitanti (tabella 2).

Testing. Si registra un calo del numero dei tamponi totali (-10,5%): da 767.718 della settimana 6-12 gennaio a 687.233 della settimana 13-19 gennaio. In particolare i tamponi rapidi sono diminuiti del 12,2% (-75.486) e quelli molecolari del 3,3% (-4.999) (figura 4). La media mobile a 7 giorni del tasso di positività si riduce dal 7,2% al 6,3% per i tamponi molecolari e dal 12,2% al 7,9% per gli antigenici rapidi (figura 5).

Ospedalizzazioni. «Sul fronte degli ospedali – afferma Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – continua a scendere il numero dei ricoveri in area medica (-22,1%) e in terapia intensiva (-26,8%)». In termini assoluti, i posti letto COVID occupati in area critica, raggiunto il massimo di 347 il 12 novembre, sono scesi a quota 227 il 19 gennaio; in area medica, raggiunto il massimo di 9.764 il 12 dicembre, sono scesi a quota 5.003 il 19 gennaio (figura 6). Al 19 gennaio il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti COVID è del 7,9% in area medica (dal 3,9% del Piemonte al 21,9% dell’Umbria) e del 2,3% in area critica (dallo 0% di Basilicata e Valle d’Aosta al 4,6% della Sicilia) (figura 7). «In calo il numero di ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Mosti – con una media mobile a 7 giorni di 22 ingressi/die rispetto ai 28 della settimana precedente» (figura 8).

Decessi. Diminuiscono i decessi: 495 negli ultimi 7 giorni (di cui 10 riferiti a periodi precedenti), con una media di 71 al giorno rispetto agli 82 della settimana precedente.

MONITORAGGIO CAMPAGNA VACCINALE

Vaccini: nuovi vaccinati. Nella settimana 13-19 gennaio crescono i nuovi vaccinati: 731 rispetto ai 666 della settimana precedente (+9,8%). Di questi il 24,6% è rappresentato dalla fascia 5-11 anni: 180, con un incremento del 46,3% rispetto alla settimana precedente. Cresce tra gli over 50, più a rischio di malattia grave, il numero di nuovi vaccinati che si attesta a quota 280 (18,1% rispetto alla settimana precedente) (figura 9).

Vaccini: persone non vaccinate. Al 20 gennaio (aggiornamento ore 10.30) sono 6,78 milioni le persone di età superiore a 5 anni che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino (figura 10), di cui:

  • 6,25 milioni attualmente vaccinabili, pari al 10,8% della platea (dall’8,3% della Puglia al 14,3% della Valle D’Aosta);
  • 0,53 milioni temporaneamente protette in quanto guarite da COVID-19 da meno di 180 giorni, pari allo 0,9% della platea (dallo 0,6% della Puglia all’1,8% del Friuli Venezia-Giulia).

Vaccini: terza dose. Al 20 gennaio (aggiornamento ore 10.30) sono state somministrate 40.445.509 terze dosi con una media mobile a 7 giorni di 1.167 somministrazioni al giorno, in lieve aumento rispetto alle 1.114 della settimana precedente (+4,7%). In base alla platea ufficiale (n. 47.703.593), aggiornata al 20 maggio 2022, il tasso di copertura nazionale per le terze dosi è dell’84,8%: dal 78,7% della Sicilia all’88,7% della Lombardia. Sono 7,26 milioni le persone che non hanno ancora ricevuto la dose booster (figura 11), di cui:

  • 5,77 milioni possono riceverla subito, pari al 12,1% della platea (dal 7,7% del Piemonte al 20,3% della Sicilia);
  • 1,49 milioni non possono riceverla nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni, pari al 3,1% della platea (dall’1% della Sicilia al 5,8% del Veneto).

Vaccini: quarta dose.  La platea per il secondo richiamo (quarta dose), aggiornata al 17 settembre 2022, è di 19,1 milioni di persone: di queste, 11,8 milioni possono riceverlo subito, 1,5 non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 5,8 milioni l’hanno già ricevuto. Al 20 gennaio (aggiornamento ore 10.30) sono state somministrate 5.816.775 quarte dosi, con una media mobile di 10.078 somministrazioni al giorno, sostanzialmente stabile rispetto alle 9.922 della scorsa settimana (+1,6%) (figura 12). In base alla platea ufficiale (n. 19.119.772 di cui 13.060.462 over 60, 3.990.080 fragili e immunocompromessi, 1.748.256 di personale sanitario e 320.974 di ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è del 30,4% con nette differenze regionali: dal 13,7% della Calabria al 43,9% del Piemonte (figura 13).

Vaccini: quinta dose.  La platea per il terzo richiamo (quinta dose), aggiornata al 20 gennaio 2023, è di 3,1 milioni di persone: di queste, 2,5 milioni possono riceverlo subito, 0,2 milioni non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 180 giorni e 0,4 milioni l’hanno già ricevuto. Al 21 gennaio (aggiornamento ore 06.18) sono state somministrate 410.306 quinte dosi, con una media mobile di 3.222 somministrazioni al giorno, in aumento rispetto alle 2.930 della scorsa settimana (+10%) (figura 14). In base alla platea ufficiale (n. 3.146.516 di cui 2.298.047 over 60, 731.224 fragili e immunocompromessi, 117.245 di ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), il tasso di copertura nazionale per le quinte dosi è del 13% con nette differenze regionali: dal 4,3% della Campania al 25,6% del Piemonte (figura 15).

Le analisi indipendenti della Fondazione GIMBE rilevano alcune criticità sulla completezza dei dati relativi alla campagna vaccinale. Non sono ancora disponibili i dati relativi alla platea vaccinabile e al numero di somministrazioni effettuate nei bambini della fascia 6 mesi-5 anni, per i quali il ciclo vaccinale primario è approvato già dal 9 dicembre. In secondo luogo, per la fascia 5-11 anni, per la quale il 13 gennaio è stata autorizzata la dose booster, non sono noti i dati relativi alla platea di soggetti candidati a riceverla né il numero dei guariti post ciclo primario. Inoltre, l’ultimo aggiornamento della platea per la quarta dose risale al 17 settembre 2022, con conseguente sovrastima dei tassi di copertura: «In 4 mesi – commenta Cartabellotta – il numero di over 60 e fragili per i quali sono trascorsi i 120 giorni dal primo richiamo secondo le nostre stime è aumentato di circa 700 mila persone». Infine, risultano obsolete sia la platea vaccinabile con ciclo primario che quella per la terza dose, ferme al 20 maggio 2022.

La Fondazione GIMBE chiede al Ministro Schillaci di aggiornare tutte le platee, in particolare quella relativa ai destinatari della quarta dose, e di includere nella rendicontazione pubblica sulla campagna vaccinale le somministrazioni nella fascia 6 mesi-5 anni.

«I numeri documentano che la popolazione suscettibile è di oltre 23,82 milioni – conclude Cartabellotta – al netto di chi ha contratto l’infezione da meno di 120 giorni. Oltre ai 6,25 milioni di persone mai vaccinate, ce ne sono ben 5,77 milioni che non hanno effettuato il primo richiamo (terza dose). Ma soprattutto, per ciò che riguarda la prevenzione della malattia grave, 11,8 milioni di anziani e fragili non hanno ricevuto la quarta dose (secondo richiamo) e 2,5 milioni non hanno ricevuto il terzo richiamo (quinta dose), raccomandato ad over 80, ospiti RSA e over 60 con fragilità per patologie concomitanti o preesistenti». La tabella riporta raccomandazioni, indicazioni e timing per la somministrazione dei richiami con i vaccini bivalenti, dopo la pubblicazione della Circolare del 13 gennaio 2023 che ha esteso la possibilità del primo richiamo alla fascia 5-11 anni.

Il monitoraggio GIMBE della pandemia COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org


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20 gennaio 2023
La salute tiene banco: al via il progetto della Fondazione GIMBE con gli studenti bolognesi

DEDICATO AI RAGAZZI DELLE SCUOLE SUPERIORI ITALIANE, PRENDE IL VIA DA BOLOGNA IL PROGETTO CHE MIRA A DIFFONDERE l’APPROCCIO GLOBALE ALLA SALUTE, A MIGLIORARE L’ALFABETIZZAZIONE SANITARIA, A FORNIRE GLI STRUMENTI PER CONTRASTARE LE FAKE NEWS SULLA SALUTE E AD UTILIZZARE IN MANIERA CONSAPEVOLE I SERVIZI SANITARI.

20 gennaio 2023 - Fondazione GIMBE, Bologna

Al via lunedì 23 gennaio presso il Liceo Augusto Righi di Bologna il primo appuntamento del progetto La Salute tiene banco, ideato e curato dalla Fondazione GIMBE: una serie di incontri destinati agli studenti delle scuole secondarie di 2° grado per infondere la consapevolezza che, in qualità di futuri contribuenti, saranno loro i prossimi “azionisti di maggioranza” del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).  

Il progetto della Fondazione GIMBE mira anzitutto a diffondere tra i giovani l’approccio globale alla salute secondo cui, accanto alla salute individuale, è indispensabile tutelare quella dei servizi sanitari e del pianeta. «Sono fiero di inaugurare questo ciclo di incontri con gli studenti – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – ai quali desideriamo trasferire l’importanza cruciale di basare le scelte che riguardano la propria salute sulle migliori evidenze scientifiche, oltre che diffondere la consapevolezza che il Servizio Sanitario Nazionale è un patrimonio comune da tutelare per le generazioni future».

La Salute tiene banco vuole inoltre migliorare il livello di alfabetizzazione sanitaria dei ragazzi, fornendo loro gli strumenti per contrastare le fake news sulla salute. Gli incontri saranno condotti dal Presidente Cartabellotta e dai membri della faculty multiprofessionale della Fondazione, costituita da medici, infermieri, fisioterapisti esperti di sanità pubblica e metodologia della ricerca.

Nei primi due mesi del 2023 il progetto coprirà il territorio bolognese, coinvolgendo oltre 800 studenti del quinto anno: dopo il Liceo Righi, sarà la volta del Liceo Minghetti (30 gennaio), del Liceo Fermi (13 febbraio), del Liceo Sabin (23 febbraio) e delle Scuole Manzoni (27 febbraio). Gli incontri saranno realizzati grazie ad un contributo della Banca di Bologna. «Continua il nostro impegno nell’ambito della formazione verso i giovani – dichiara Alberto Ferrari, Direttore Generale di Banca di Bologna – per sensibilizzarli su temi delicati come la salute e la sostenibilità dei servizi pubblici. È molto importante che i ragazzi siano consapevoli delle scelte che riguardano la salute della persona».

«Entro il 2025 vogliamo portare La Salute tiene banco in oltre 100 scuole su tutto il territorio nazionale. Non un annuncio, ma un obiettivo ambizioso che intendiamo raggiungere attraverso risorse e sostegno da parte dei cittadini e di organizzazioni pubbliche e private» conclude Cartabellotta.

Per informazioni sul progetto “La Salute tiene banco”: www.lasalutetienebanco.it

La Fondazione GIMBE è un’organizzazione no-profit indipendente che da oltre 25 anni realizza attività di formazione, ricerca e sensibilizzazione finalizzate a integrare le migliori evidenze scientifiche in tutte le decisioni che riguardano la salute delle persone. GIMBE si batte per tutelare i diritti delle persone, ridurre diseguaglianze e sprechi e contribuire alla sostenibilità di un servizio sanitario pubblico, equo e universalistico.


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16 gennaio 2023
Coronavirus: in 7 giorni crollano i contagi (-38,2%). Scendono anche ricoveri ordinari (-16,8%), terapie intensive (-2,8%) e decessi (-25,7%). Vaccini: campagna al palo. Solo il 30% di anziani e fragili coperti con la quarta dose

MONITORAGGIO PANDEMIA COVID-19

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 6-12 gennaio 2023, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (84.060 vs 135.977) (figura 1) e decessi (576 vs 775) (figura 2). In calo anche i casi attualmente positivi (353.643 vs 406.182), le persone in isolamento domiciliare (346.912 vs 398.147), i ricoveri con sintomi (6.421 vs 7.716) e le terapie intensive (310 vs 319) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: 576 (-25,7%), di cui 32 riferiti a periodi precedenti
  • Terapia intensiva: -9 (-2,8%)
  • Ricoverati con sintomi: -1.295 (-16,8%)
  • Isolamento domiciliare: -51.235 (-12,9%)
  • Nuovi casi: 84.060 (-38,2%)
  • Casi attualmente positivi: -52.539 (-12,9%)

Nuovi casi. «Sul fronte dei nuovi casi settimanali – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si registra una forte diminuzione (-38,2%): dai 135 mila della settimana precedente crollano a quota 84 mila, con una media mobile a 7 giorni sopra i 12 mila casi al giorno» (figura 3). I nuovi casi calano in tutte le Regioni: dal -10,9% della Provincia Autonoma di Bolzano al -50,3% della Liguria (tabella 1). In tutte le Province si rileva una diminuzione dei nuovi casi (dal -4,8% di Crotone al -60,9% di Sassari). In nessuna Provincia l’incidenza supera i 500 casi per 100.000 abitanti (tabella 2).

Testing. In calo il numero dei tamponi totali (-10,3%): da 855.823 della settimana 30 dicembre 2022-5 gennaio 2023 a 767.718 della settimana 6-12 gennaio 2023. In particolare i tamponi rapidi sono diminuiti del 13,7% (-97.900), mentre quelli molecolari sono aumentati del 6,9% (+9.795) (figura 4). La media mobile a 7 giorni del tasso di positività scende dal 12,3% al 7,2% per i tamponi molecolari e dal 16,5% al 12,2% per gli antigenici rapidi (figura 5).

Ospedalizzazioni. «Sul fronte degli ospedali – afferma Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – calano i ricoveri in area medica (-16,8%) e in terapia intensiva (-2,8%)». In termini assoluti, i posti letto COVID occupati in area critica, raggiunto il massimo di 347 il 12 novembre, sono scesi a quota 310 il 12 gennaio; in area medica, raggiunto il massimo di 9.764 il 12 dicembre, sono scesi a quota 6.421 il 12 gennaio (figura 6). Al 12 gennaio il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti COVID è del 10,1% in area medica (dallo 0% della Valle D’Aosta al 30,8% dell’Umbria) e del 3,1% in area critica (dallo 0% della Valle D’Aosta al 7,9% dell’Umbria) (figura 7). «In diminuzione il numero di ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Mosti – con una media mobile a 7 giorni di 28 ingressi/die rispetto ai 36 della settimana precedente» (figura 8).

Decessi. Scendono i decessi: 576 negli ultimi 7 giorni (di cui 32 riferiti a periodi precedenti), con una media di 82 al giorno rispetto ai 111 della settimana precedente.

MONITORAGGIO CAMPAGNA VACCINALE

Vaccini: nuovi vaccinati. Nella settimana 6-12 gennaio restano sostanzialmente invariati i nuovi vaccinati: 639 rispetto ai 640 della settimana precedente (-0,2%). Di questi il 18,6% è rappresentato dalla fascia 5-11: 119, con una riduzione del -19,6% rispetto alla settimana precedente. Cresce tra gli over 50, più a rischio di malattia grave, il numero di nuovi vaccinati che si attesta a quota 227 (+7,6% rispetto alla settimana precedente) (figura 9).

Vaccini: persone non vaccinate. Al 13 gennaio (aggiornamento ore 06.20) sono 6,78 milioni le persone di età superiore a 5 anni che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino (figura 10), di cui:

  • 6,19 milioni attualmente vaccinabili, pari al 10,7% della platea (dall’8,2% della Puglia al 14,2% della Valle D’Aosta);
  • 0,59 milioni temporaneamente protette in quanto guarite da COVID-19 da meno di 180 giorni, pari all’1,0% della platea (dallo 0,7% della Puglia al 2% del Friuli Venezia-Giulia).

Vaccini: terza dose. Al 13 gennaio (aggiornamento ore 06.20) sono state somministrate 40.439.490 terze dosi con una media mobile a 7 giorni di 1.078 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 1.257 della settimana precedente. In base alla platea ufficiale (n. 47.703.593), aggiornata al 20 maggio, il tasso di copertura nazionale per le terze dosi è dell’84,8%: dal 78,6% della Sicilia all’88,7% della Lombardia. Sono 7,26 milioni le persone che non hanno ancora ricevuto la dose booster (figura 11), di cui:

  • 5,76 milioni possono riceverla subito, pari al 12,1% della platea (dal 7,6% del Piemonte al 20,3% della Sicilia);
  • 1,51 milioni non possono riceverla nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni, pari al 3,2% della platea (dall’1,1% della Sicilia al 5,8% del Veneto).

Vaccini: quarta dose.  La platea per il secondo richiamo (quarta dose), aggiornata al 17 settembre, è di 19,1 milioni di persone: di queste, 11,7 milioni possono riceverlo subito, 1,6 milioni non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 5,7 milioni l’hanno già ricevuto. Al 13 gennaio (aggiornamento ore 06.20) sono state somministrate 5.742.950 quarte dosi, con una media mobile di 9.625 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 9.677 della scorsa settimana (-0,5%) (figura 12). In base alla platea ufficiale (n. 19.119.772 di cui 13.060.462 over 60, 3.990.080 fragili e immunocompromessi, 1.748.256 di personale sanitario e 320.974 di ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti) il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è del 30% con nette differenze regionali: dal 13,6% della Calabria al 43,8% del Piemonte (figura 13).

Vaccini: quinta dose. Non è ancora disponibile nessun dato ufficiale sulle somministrazioni.

«A fronte di una circolazione virale in Italia che, seppur largamente sottostimata, al momento non desta preoccupazioni – conclude il Presidente – le varianti emergenti, il rilevante impatto dell’influenza sui servizi sanitari e l’aggiornamento delle modalità di gestione dei casi e dei contatti stretti di casi COVID-19 richiedono un’adeguata copertura di anziani e fragili con la quarta dose. Purtroppo la campagna vaccinale rimane sostanzialmente al palo, sia per una scarsa incisività della comunicazione istituzionale, sia per le modalità di chiamata utilizzate a livello regionale, sia per la crescente diffidenza dei cittadini nei confronti dei vaccini».

Il monitoraggio GIMBE della pandemia COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org


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9 gennaio 2023
Coronavirus: nell’ultima settimana risalgono i contagi (+11,4%). In aumento anche i decessi (+9,8%): oltre 100 al giorno da quattro settimane. In calo i ricoveri ordinari (-6,9%), stabili le terapie intensive (+1,6%). Nuove varianti: potenziare sequenziamento e aumentare coperture vaccinali. 11,7 milioni di anziani e fragili senza quarta dose. Screening su viaggiatori dalla Cina: dubbia efficacia per arginare la circolazione virale

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 30 dicembre 2022-5 gennaio 2023, rispetto alla precedente, un aumento di nuovi casi (135.977 vs 122.099) (figura 1) e dei decessi (775 vs 706) (figura 2). In calo i casi attualmente positivi (406.182 vs 417.661), le persone in isolamento domiciliare (398.147 vs 409.059), i ricoveri con sintomi (7.716 vs 8.288); stabili le terapie intensive (319 vs 314) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: 775 (+9,8%), di cui 52 riferiti a periodi precedenti
  • Terapia intensiva: +5 (+1,6%)
  • Ricoverati con sintomi: -572 (-6,9%)
  • Isolamento domiciliare: -10.912 (-2,7%)
  • Nuovi casi: 135.977 (+11,4%)
  • Casi attualmente positivi: -11.479 (-2,7%)

Nuovi casi. «Sul fronte dei nuovi casi settimanali – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si registra un aumento (+11,4%): dai 122 mila della settimana precedente salgono a quota 135 mila, con una media mobile a 7 giorni di oltre 19 mila casi al giorno» (figura 3). I nuovi casi crescono in 14 Regioni: dal +1,4% del Veneto al +44,4% della Puglia. 7 Regioni registrano invece un calo: dal -0,4% del Piemonte al -45% della Valle D’Aosta (tabella 1). In 67 Province si rileva un aumento dei nuovi casi (dal +0,5% di Ascoli Piceno al +62,6% di Bari), in 40 una diminuzione (dal -0,1% di Reggio nell’Emilia al -45% di Aosta). In nessuna Provincia l’incidenza supera i 500 casi per 100.000 abitanti (tabella 2).

Testing. Cresce il numero dei tamponi totali (+6%): da 807.118 della settimana 23-29 dicembre 2022 a 855.823 della settimana 30 dicembre 2022-5 gennaio 2023. In particolare i tamponi rapidi sono aumentati del 5,4% (+36.648), mentre quelli molecolari del 9,3% (+12.057) (figura 4). La media mobile a 7 giorni del tasso di positività sale dall’11,9% al 12,3% per i tamponi molecolari e dal 15,4% al 16,5% per gli antigenici rapidi (figura 5).

Ospedalizzazioni. «Sul fronte degli ospedali – afferma Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – calano i ricoveri in area medica (-6,9%), mentre appaiono sostanzialmente stabili quelli in terapia intensiva (+1,6%)». In termini assoluti, i posti letto COVID occupati in area critica, raggiunto il massimo di 347 il 12 novembre, sono scesi a 304 il 30 dicembre per risalire a quota 319 il 5 gennaio; in area medica, raggiunto il massimo di 9.764 il 12 dicembre, sono scesi a quota 7.716 il 5 gennaio (figura 6). Al 5 gennaio il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti COVID è del 12,1% in area medica (dal 4,5% della Valle D’Aosta al 28,5% dell’Umbria) e del 3,2% in area critica (dallo 0% di Molise e Valle D’Aosta al 6,9% della Calabria) (figura 7). «In lieve aumento il numero di ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Mosti – con una media mobile a 7 giorni di 36 ingressi/die rispetto ai 33 della settimana precedente» (figura 8).

Decessi. Tornano a salire i decessi che da quattro settimane superano i 100 al giorno: 775 negli ultimi 7 giorni (di cui 52 riferiti a periodi precedenti), con una media di 111 al giorno rispetto ai 101 della settimana precedente.

MONITORAGGIO CAMPAGNA VACCINALE

Vaccini: nuovi vaccinati. Nella settimana 30 dicembre 2022-5 gennaio 2023 crescono i nuovi vaccinati: 614 rispetto ai 577 della settimana precedente (6,4%). Di questi il 24,1% è rappresentato dalla fascia 5-11: 148, con un incremento del 74,1% rispetto alla settimana precedente. Cresce tra gli over 50, più a rischio di malattia grave, il numero di nuovi vaccinati che si attesta a quota 199 (15,7% rispetto alla settimana precedente) (figura 9).

Vaccini: persone non vaccinate. Al 6 gennaio (aggiornamento ore 06.17) sono 6,78 milioni le persone di età superiore a 5 anni che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino (figura 10), di cui:

  • 6,15 milioni attualmente vaccinabili, pari al 10,7% della platea (dal 8,2% della Puglia al 14,2% della Valle D’Aosta);
  • 0,63 milioni temporaneamente protette in quanto guarite da COVID-19 da meno di 180 giorni, pari all’1,1% della platea (dallo 0,7% della Valle D’Aosta al 2,1% del Friuli Venezia-Giulia).

Vaccini: terza dose. Al 6 gennaio (aggiornamento ore 06.17) sono state somministrate 40.431.781 terze dosi con una media mobile a 7 giorni di 1.238 somministrazioni al giorno, in aumento rispetto alle 920 della settimana precedente. In base alla platea ufficiale (n. 47.703.593), aggiornata al 20 maggio, il tasso di copertura nazionale per le terze dosi è dell’84,8%: dal 78,6% della Sicilia all’88,7% della Lombardia. Sono 7,27 milioni le persone che non hanno ancora ricevuto la dose booster (figura 11), di cui:

  • 5,74 milioni possono riceverla subito, pari al 12% della platea (dal 7,5% del Piemonte al 20,2% della Sicilia);
  • 1,53 milioni non possono riceverla nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni, pari al 3,2% della platea (dall’1,1% della Sicilia al 5,8% del Veneto).

Vaccini: quarta dose. La platea per il secondo richiamo (quarta dose), aggiornata al 17 settembre, è di 19,1 milioni di persone: di queste, 11,7 milioni possono riceverlo subito, 1,7 non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 5,7 milioni l’hanno già ricevuto. Al 6 gennaio (aggiornamento ore 06.17) sono state somministrate 5.675.250 quarte dosi, con una media mobile di 9.550 somministrazioni al giorno, in aumento rispetto alle 6.275 della scorsa settimana (52,2%) (figura 12). In base alla platea ufficiale (n. 19.119.772 di cui 13.060.462 over 60, 3.990.080 fragili e immunocompromessi, 1.748.256 di personale sanitario e 320.974 di ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è del 29,7% con nette differenze regionali: dal 13,4% della Calabria al 43,6% del Piemonte (figura 13).

Vaccini: quinta dose. Non è ancora disponibile nessun dato ufficiale sulle somministrazioni.

 

Nuove varianti

«Le notizie provenienti dalla Cina – spiega Cartabellotta – nelle ultime settimane hanno generato un certo allarmismo, anche se quanto sta accadendo era ampiamente prevedibile. Infatti, è inevitabile che un Paese che ha vaccinato poco, in particolare anziani e fragili, con un vaccino poco efficace sulla malattia grave, con l’improvvisa sospensione ai primi di dicembre della strategia “zero COVID” sperimenti una netta ripresa della circolazione virale e un rilevante impatto su ospedalizzazioni e decessi». Peraltro, se la Commissione Europea ha ribadito che mancano dati affidabili sulla situazione in rapida evoluzione del COVID-19 in Cina, l’OMS sottolinea che l’impatto della nuova ondata è ampiamente sottostimato per una comunicazione dei dati parziale e poco trasparente. Riguardo la possibilità che l’elevata circolazione del virus in Cina possa generare varianti di preoccupazione in grado di determinare una nuova ondata in altri Paesi, al momento non ci sono evidenze in merito.

In particolare, l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) il 5 gennaio ha rilasciato un aggiornamento sulla variante XBB.1.5 “ribattezzata” Kraken che non proviene affatto dalla Cina, ma dagli Stati Uniti ed è stata già definita dall’OMS come “la sotto-variante di Omicron più trasmissibile finora individuata”. L’ECDC stima che abbia un grande vantaggio di crescita rispetto ai lignaggi circolanti in precedenza in Nord America (139%) ed Europa (137%), ma si tratta di stime associate a notevole incertezza e non esistono evidenze che possa determinare una malattia più grave. Secondo l’ECDC potrebbe determinare un aumento dei casi di COVID-19 anche in Europa, ma non entro il prossimo mese perché la circolazione della variante è ancora limitata. Più in generale, l’ECDC classifica Kraken (XBB.1.5), Gryphon (XBB), Cerberus (BQ.1) e Centaurus (BA.2.75) come varianti di interesse e non come varianti di preoccupazione. Il report dell’Istituto Superiore di Sanità del 30 dicembre 2022 conferma la limitata circolazione di tali varianti in Italia.

«Se al momento la circolazione virale in Italia, seppur ampiamente sottostimata, appare sotto controllo – conclude il Presidente – gli scenari epidemiologici internazionali e il rilevante impatto dell’epidemia influenzale sui servizi sanitari, unitamente all’aggiornamento delle modalità di gestione dei casi e dei contatti stretti di casi COVID-19, richiedono il potenziamento di alcune strategie di sanità pubblica per contrastare il SARS-CoV-2. Innanzitutto, è cruciale rafforzare le attività di sequenziamento, sia in termini quantitativi, sia con indagini più ravvicinate nel tempo. In secondo luogo, bisogna aumentare le coperture vaccinali: sia del ciclo primario con tre dosi che vede oggi quasi 12 milioni di persone scoperte (6,15 milioni mai vaccinati e 5,74 milioni senza terza dose), sia soprattutto  di 11,7 milioni di anziani e fragili a rischio di malattia grave che non hanno ricevuto la quarta dose; inoltre occorre somministrare un’ulteriore dose di richiamo ad over 80, ospiti  RSA e over 60 con fragilità per patologie concomitanti/preesistenti, su cui purtroppo non disponiamo di alcun dato per valutare la copertura. Inoltre, rimane sempre valida la raccomandazione di utilizzare le mascherine nei luoghi chiusi e affollati e – come previsto dall’aggiornamento della Circolare del Ministero della Salute del 1° gennaio 2023 – in caso di rilevante incremento della circolazione virale valutare l’adozione temporanea di altre misure, come il lavoro da casa o la limitazione delle dimensioni di eventi che prevedono assembramenti. Di dubbia efficacia per arginare la circolazione virale lo screening dei viaggiatori in arrivo dalla Cina per almeno tre ragioni: innanzitutto, meno del 10%) di passeggeri arriva con voli diretti; in secondo luogo perché l’estrema contagiosità di Omicron riduce l’efficacia già modesta degli screening documentata in letteratura; infine, perché la gestione dei positivi sarebbe comunque affidata all’isolamento fiduciario. L’unica reale utilità di questi screening è quella di identificare precocemente nuove varianti».

Il monitoraggio GIMBE della pandemia COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org


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21 dicembre 2022
Cure ai cittadini: 10 anni di diseguaglianze regionali. Ecco le regioni che hanno garantito l’erogazione delle prestazioni sanitarie: Emilia-Romagna in testa. Tra le prime 10 regioni nessuna del sud, del centro solo Marche e Umbria. Il 24,3% delle risorse assegnate alle regioni tra il 2010 e il 2019 non ha prodotto servizi per i cittadini

Ogni anno il Ministero della Salute pubblica il report “Monitoraggio dei LEA attraverso la cd. Griglia LEA” che, attraverso l’assegnazione di un punteggio, attesta l’erogazione delle prestazioni sanitarie che le Regioni devono garantire ai cittadini gratuitamente o attraverso il pagamento di un ticket. «Si tratta di una vera e propria “pagella” per la sanità – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – che permette di identificare Regioni promosse (adempienti), pertanto meritevoli di accedere alla quota di finanziamento premiale, e bocciate (inadempienti)». Le Regioni inadempienti sono sottoposte ai Piani di rientro, strumento che prevede uno specifico affiancamento da parte del Ministero della Salute che può sfociare sino al commissariamento della Regione. Non sono sottoposte alla verifica degli adempimenti: Friuli Venezia-Giulia, Sardegna, Valle D’Aosta e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Adempimenti LEA 2010-2019 tramite Griglia LEA

Nel report Livelli Essenziali di Assistenza: le diseguaglianze regionali in sanità, la Fondazione GIMBE ha analizzato i risultati dei monitoraggi annuali del Ministero della Salute relativi al decennio 2010-2019. In dettaglio:

  • A partire dai singoli indicatori sono stati computati i punteggi totali, calcolando quelli non disponibili: quelli delle Regioni non sottoposte a verifica degli adempimenti per gli anni 2010-2016 e quelli relativi a tutte le Regioni per gli anni 2010-2011.
  • Le “percentuali di adempimento” sono state calcolate come rapporto tra il punteggio totale ottenuto nel periodo 2010-2019 e il punteggio massimo di 2.250 raggiungibile nel decennio analizzato.
  • La classifica finale è stata elaborata secondo le percentuali cumulative di adempimento 2010-2019 e suddivisa in quartili.

L’analisi degli adempimenti LEA 2010-2019 (tabella 1 e figura) dimostra che:

  • In testa alla classifica per l’erogazione delle prestazioni si posiziona l’Emilia-Romagna con il 93,4% di adempimento, in coda la Sardegna con il 56,3% (Regione esclusa dal monitoraggio LEA). Tra le prime 10 Regioni anche Toscana (91,3%), Veneto (89,1%), Piemonte (87,6%), Lombardia (87,4%), Umbria (85,9%), Marche (84,1%), Liguria (82,8%), Friuli Venezia-Giulia (81,5%) e Provincia autonoma di Trento (78,8%). Agli ultimi 6 posti, oltre alla Sardegna, Provincia autonoma di Bolzano (57,6%), Campania (58,2%), Calabria (59,9%), Valle d’Aosta (63,8%) e Puglia (67,5%). Nella prima metà della classifica si posizionano dunque solo due Regioni del centro (Umbria e Marche) e nessuna Regione del sud, a riprova dell’esistenza di una “questione meridionale” in sanità.
  • Nel decennio 2010-2019 la percentuale cumulativa totale di adempimento delle Regioni è del 75,7% (range tra Regioni 56,3%-93,4%). In altri termini, se a fronte delle risorse ripartite alle Regioni la Griglia LEA è lo strumento utilizzato dal Governo per monitorare l’erogazione delle prestazioni essenziali, il 24,3% delle risorse assegnate nel periodo 2010-2019 non ha prodotto servizi per i cittadini, con un range tra le Regioni che varia dal 6,6% dell’Emilia-Romagna al 43,7% della Sardegna.
  • Le Regioni non sottoposte alla verifica degli adempimenti hanno performance molto variegate. Da un lato Friuli Venezia-Giulia e Provincia autonoma di Trento raggiungono percentuali di adempimento da metà classifica; dall’altro Valle D’Aosta, Provincia autonoma di Bolzano e Sardegna registrano le performance peggiori.
  • La percentuale cumulativa di adempimento LEA annuale è salita dal 64,1% del 2010 all’82,6% del 2019, un miglioramento in parte reale, in parte sovrastimato per il fenomeno di “appiattimento” dovuto alla cristallizzazione dello strumento di valutazione della Griglia LEA che, negli anni, ha mantenuto gli stessi indicatori.

Nuovo Sistema di Garanzia: sperimentazione 2019

Dal 1° gennaio 2020 la Griglia LEA è stata sostituita dal Nuovo Sistema di Garanzia (NSG), in particolare da un subset di 22 indicatori definiti CORE. Considerato che alla data di pubblicazione del report GIMBE non è ancora disponibile il report adempimenti LEA 2020, sono stati analizzati i risultati della sperimentazione 2019. Il NSG considera adempienti le Regioni che raggiungono la sufficienza su tutte e tre le aree di assistenza: prevenzione, distrettuale e ospedaliera. Dalla sperimentazione ben 6 Regioni risultano inadempienti: la Calabria non raggiunge il punteggio minimo in nessuna delle tre aree; la Provincia autonoma di Bolzano in due aree e Valle d’Aosta, Molise, Basilicata e Sicilia in una sola area. 

Anche se il NSG non prevede il calcolo di un punteggio totale per valutare gli adempimenti, sommando i punteggi ottenuti nelle tre aree emerge una classifica simile a quella ottenuta con la Griglia LEA, dove la Regione Emilia-Romagna si conferma in prima posizione (tabella 2).

«Senza una nuova stagione di collaborazione tra Governo e Regioni e un radicale cambio di rotta per monitorare l’erogazione dei LEA – conclude Cartabellotta – diseguaglianze regionali e mobilità sanitaria continueranno a farla da padrone e il CAP di residenza delle persone condizionerà il diritto alla tutela della salute. Una situazione che stride con i princìpi di equità e universalismo del SSN, recentemente ribaditi dal Ministro Schillaci secondo cui è “prioritario il superamento delle diseguaglianze territoriali nell’offerta sanitaria” affinché “tutti i cittadini abbiano le stesse opportunità, indipendentemente da dove sono nati o risiedono e dal loro reddito”».

Il Report dell’Osservatorio GIMBE “Livelli Essenziali di Assistenza: le diseguaglianze regionali in sanità” è disponibile a: www.gimbe.org/LEA_2010-2019


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19 dicembre 2022
Coronavirus: in una settimana scendono i contagi (-21,1%), stabili i ricoveri (+2,4%) e lieve calo delle terapie intensive (-4,2%). In aumento i decessi (+4,8%): oltre cento al giorno. Quarta dose: verso Natale con quasi il 72% di fragili e over 60 scoperti

MONITORAGGIO PANDEMIA COVID-19

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 9-15 dicembre 2022, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (174.630 vs 221.324) (figura 1) e un aumento dei decessi (719 vs 686) (figura 2). In calo i casi attualmente positivi (485.654 vs 523.075) e le persone in isolamento domiciliare (475.894 vs 513.525); sostanzialmente stabili i ricoveri con sintomi (9.439 vs 9.215), in lieve calo le terapie intensive (321 vs 335). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: 719 (+4,8%), di cui 17 riferiti a periodi precedenti
  • Terapia intensiva: -14 (-4,2%)
  • Ricoverati con sintomi: +224 (+2,4%)
  • Isolamento domiciliare: -37.631 (-7,3%)
  • Nuovi casi: 174.630 (-21,1%)
  • Casi attualmente positivi: -37.421 (-7,2%)

Nuovi casi. «Sul fronte dei nuovi casi settimanali – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si registra una flessione (-21,1%): dai 221 mila della settimana precedente scendono a quota 174 mila, con una media mobile a 7 giorni che sfiora i 25 mila casi al giorno» (figura 3). Tutte le Regioni ad eccezione della Sardegna (+14,1%) registrano un calo dei nuovi casi (dal -3,2% della Calabria al -32,7% della Provincia Autonoma di Trento) (tabella 1). In 13 Province si rileva un aumento dei nuovi casi (dal +0,3% di Sud Sardegna al +49,4% di Oristano), in 94 una diminuzione (dal -3,6% di Salerno al -36,9% di Prato). L’incidenza supera i 500 casi per 100.000 abitanti in 7 Province: Rovigo (593), Fermo (559), Massa Carrara (535), Chieti (525), Vicenza (520), Ascoli Piceno (515), Padova (513) (tabella 2).

Testing. Cala il numero dei tamponi totali (-13%): da 1.256.722 della settimana 2-8 dicembre a 1.093.207 della settimana 9-15 dicembre. In particolare i tamponi rapidi sono diminuiti del 14,3% (-151.015), mentre quelli molecolari del 6,2% (-12.500) (figura 4). La media mobile a 7 giorni del tasso di positività scende dal 14% al 12,2% per i tamponi molecolari e dal 18,1% al 17,2% per gli antigenici rapidi (figura 5).

Ospedalizzazioni. «Sul fronte degli ospedali – afferma Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – si stabilizzano i ricoveri in area medica (+2,4%), mentre calano leggermente quelli in terapia intensiva (-4,2%)». In termini assoluti, i posti letto COVID occupati in area critica, raggiunto il massimo di 347 il 12 novembre, sono scesi a 321 il 15 dicembre; in area medica, raggiunto il massimo di 9.764 il 12 dicembre, sono scesi a quota 9.439 il 15 dicembre (figura 6). Al 15 dicembre il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti COVID è del 14,8% in area medica (dal 6,3% di Molise e Sardegna al 35,8% della Valle D’Aosta) e del 3,2% in area critica (dallo 0% di Basilicata e Valle D’Aosta al 6,9% del Friuli-Venezia Giulia) (figura 7). «In lieve calo il numero di ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Mosti – con una media mobile a 7 giorni di 38 ingressi/die rispetto ai 40 della settimana precedente» (figura 8).

Decessi. In ulteriore aumento i decessi: 719 negli ultimi 7 giorni (di cui 17 riferiti a periodi precedenti), con una media di 103 al giorno rispetto ai 98 della settimana precedente.

MONITORAGGIO CAMPAGNA VACCINALE

Vaccini: nuovi vaccinati. Nella settimana 9-15 dicembre si confermano in calo i nuovi vaccinati: 872 rispetto ai 971 della settimana precedente (-10,2%). Di questi il 17,8% è rappresentato dalla fascia 5-11 anni: 155, con un incremento del 55% rispetto alla settimana precedente. Cala tra gli over 50, più a rischio di malattia grave, il numero di nuovi vaccinati che si attesta a quota 360 (-4,5% rispetto alla settimana precedente) (figura 9).

Vaccini: persone non vaccinate. Al 16 dicembre (aggiornamento ore 06.18) sono 6,79 milioni le persone di età superiore a 5 anni che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino (figura 10), di cui:

  • 6,1 milioni attualmente vaccinabili, pari al 10,6% della platea (dall’8,1% della Puglia al 14,1% della Valle D’Aosta)
  •  0,69 milioni temporaneamente protette in quanto guarite da COVID-19 da meno di 180 giorni, pari all’1,2% della platea (dal 0,8% della Valle D’Aosta al 2,3% del Friuli Venezia-Giulia).

Vaccini: terza dose. Al 16 dicembre (aggiornamento ore 06.18) sono state somministrate 40.400.721 terze dosi con una media mobile a 7 giorni di 2.309 somministrazioni al giorno, in aumento rispetto alle 2.207 della settimana precedente. In base alla platea ufficiale (n. 47.703.593), aggiornata al 20 maggio, il tasso di copertura nazionale per le terze dosi è dell’84,7%: dal 78,6% della Sicilia all’88,6% della Lombardia. Sono 7,3 milioni le persone che non hanno ancora ricevuto la dose booster (figura 11), di cui:

  • 5,7 milioni possono riceverla subito, pari al 12% della platea (dal 7,5% del Piemonte al 20% della Sicilia);
  • 1,6 milioni non possono riceverla nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni, pari al 3,4% della platea (dall’1,4% della Sicilia al 5,8% del Veneto).

Vaccini: quarta dose. La platea per il secondo richiamo (quarta dose), aggiornata al 17 settembre, è di 19,1 milioni di persone: di queste, 11,9 milioni possono riceverlo subito, 1,8 non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 5,4 milioni l’hanno già ricevuto. Al 16 dicembre (aggiornamento ore 06.18) sono state somministrate 5.436.818 quarte dosi, con una media mobile di 20.836 somministrazioni al giorno, in aumento rispetto alle 19.890 della scorsa settimana (+4,8%) (figura 12). In base alla platea ufficiale (n. 19.119.772 di cui 13.060.462 over 60, 3.990.080 fragili e immunocompromessi, 1.748.256 di personale sanitario e 320.974 di ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti) il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è del 28,4% con nette differenze regionali: dal 12,8% della Calabria al 42,2% del Piemonte (figura 13). «Considerato che la platea per la quarta dose non viene aggiornata da due mesi – evidenzia Cartabellotta – e la rendicontazione ufficiale comprende tutte le persone che ricevono la quarta dose, sia quelle incluse nella platea, sia quelle che la effettuano “su richiesta”, il tasso di copertura è certamente sovrastimato. In ogni caso ci avviciniamo al Natale con quasi il 72% di over 60 e fragili senza quarta dose».

Vaccini: quinta dose. Non è ancora disponibile nessun dato ufficiale sulle somministrazioni.

 

Il prossimo monitoraggio indipendente GIMBE sarà pubblicato lunedì 9 gennaio 2023.

Il monitoraggio GIMBE della pandemia COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org


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12 dicembre 2022
Coronavirus: in sette giorni crescono decessi (+8%), ricoveri (+9%) e terapie intensive (+4,7%). Contagi ancora stabili (-2,7%). Meno di mille nuovi vaccinati in una settimana: il dato più basso dall’inizio della campagna vaccinale. Scendono ancora le somministrazioni della quarta dose (-23,6%)

MONITORAGGIO PANDEMIA COVID-19

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 2-8 dicembre 2022, rispetto alla precedente, una sostanziale stabilità dei nuovi casi (221.324 vs 227.420) (figura 1) e un aumento dei decessi (686 vs 635) (figura 2). In crescita anche i casi attualmente positivi (523.075 vs 507.169), le persone in isolamento domiciliare (513.525 vs 498.391), i ricoveri con sintomi (9.215 vs 8.458) e le terapie intensive (335 vs 320). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: 686 (+8%), di cui 15 riferiti a periodi precedenti
  • Terapia intensiva: +15 (+4,7%)
  • Ricoverati con sintomi: +757 (+9%)
  • Isolamento domiciliare: +15.134 (+3%)
  • Nuovi casi: 221.324 (-2,7%)
  • Casi attualmente positivi: +15.906 (+3,1%)

Nuovi casi. «Sul fronte dei nuovi casi settimanali – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – non si registrano sostanziali variazioni (-2,7%): dai 227 mila della settimana precedente si attestano a quota 221 mila, con una media mobile a 7 giorni che supera i 31 mila casi al giorno» (figura 3). 13 Regioni registrano un incremento dei nuovi casi (dall’1,3% della Sardegna al 25,7% della Puglia) e 8 un calo (dal -3,2% della Provincia Autonoma di Trento al -18,7% della Lombardia) (tabella 1). In 48 Province si rileva un aumento dei nuovi casi (dal +0,1% di Pordenone e Siena al +43,3% di Matera), in 57 una diminuzione (dal -0,4% di Frosinone al -23,9% di Vercelli); stabili Terni e Vicenza. L’incidenza supera i 500 casi per 100.000 abitanti in 22 Province: Rovigo (819), Vicenza (712), Ferrara (665), Massa Carrara (658), Fermo (655), La Spezia (649), Padova (639), Ascoli Piceno (607), Forlì-Cesena (606), Chieti (598), Treviso (580), Teramo (568), Venezia (555), Verona (549), Pescara (548), Mantova (539), Pordenone (534), Livorno (526), Ancona (518), Ravenna (518), Latina (515) e Reggio nell’Emilia (507) (tabella 2).

Testing. Cala il numero dei tamponi totali (-5,2%): da 1.324.969 della settimana 25 novembre-1° dicembre a 1.256.722 della settimana 2-8 dicembre. In particolare i tamponi rapidi sono diminuiti del 4,7% (-52.551), mentre quelli molecolari del 7,3% (-15.696) (figura 4). La media mobile a 7 giorni del tasso di positività sale dal 13,5% al 14% per i tamponi molecolari e dal 17,8% al 18,1% per gli antigenici rapidi (figura 5).

Ospedalizzazioni. «Sul fronte degli ospedali – afferma Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – salgono i ricoveri sia nelle terapie intensive (+4,7%), sia in area medica (+9%)». In termini assoluti, i posti letto COVID occupati in area critica, dopo aver raggiunto il minimo di 203 il 10 novembre, sono saliti a 335 l’8 dicembre; in area medica, dopo aver raggiunto il minimo di 6.347 l’11 novembre, hanno raggiunto quota 9.215 l’8 dicembre (figura 6). All’8 dicembre il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti COVID è del 14,5% in area medica (dal 5,1% del Molise al 33,2% dell’Umbria) e del 3,4% in area critica (dallo 0% di Molise e Provincia Autonoma di Trento al 7,1% della Liguria) (figura 7). «Stabile rispetto alla settimana precedente il numero di ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Mosti – con una media mobile a 7 giorni di 40 ingressi/die» (figura 8).

Decessi. In ulteriore aumento i decessi: 686 negli ultimi 7 giorni (di cui 15 riferiti a periodi precedenti), con una media di 98 al giorno rispetto ai 91 della settimana precedente.

MONITORAGGIO CAMPAGNA VACCINALE

Vaccini: nuovi vaccinati. Nella settimana 2-8 dicembre continuano a calare i nuovi vaccinati: 900 rispetto ai 1.158 della settimana precedente (-22,3%). «Nell’ultima settimana il numero di nuovi vaccinati è sceso sotto le mille unità – evidenzia Cartabellotta – un dato così basso non si era mai registrato dall’inizio della campagna vaccinale». Di questi il 10,4% è rappresentato dalla fascia 5-11 anni: 94, con una riduzione del 55,9% rispetto alla settimana precedente. Cala tra gli over 50, più a rischio di malattia grave, il numero di nuovi vaccinati che si attesta a quota 343 (-20,4% rispetto alla settimana precedente) (figura 9).

Vaccini: persone non vaccinate. Al 9 dicembre (aggiornamento ore 06.20) sono 6,79 milioni le persone di età superiore a 5 anni che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino (figura 10), di cui:

  • 6,1 milioni attualmente vaccinabili, pari al 10,6% della platea (dall’8,1% della Puglia al 14,1% della Valle D’Aosta)
  • 0,69 milioni temporaneamente protette in quanto guarite da COVID-19 da meno di 180 giorni, pari all’1,2% della platea (dallo 0,8% della Valle D’Aosta al 2,2% del Friuli Venezia-Giulia).

Vaccini: terza dose. Al 9 dicembre (aggiornamento ore 06.20) sono state somministrate 40.383.008 terze dosi con una media mobile a 7 giorni di 2.124 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 2.753 della settimana precedente. In base alla platea ufficiale (n. 47.703.593), aggiornata al 20 maggio, il tasso di copertura nazionale per le terze dosi è dell’84,7%: dal 78,6% della Sicilia all’88,6% della Lombardia. «Considerato che la platea per la terza dose non viene aggiornata dal 20 maggio – evidenzia Cartabellotta – il tasso di copertura è sovrastimato in quanto non include né i circa 60 mila nuovi vaccinati dal 21 maggio né circa 2,4 milioni di persone che hanno superato i 120 giorni dal completamento del ciclo primario al netto delle persone che nel frattempo hanno contratto l’infezione». Sono 7,32 milioni le persone che non hanno ancora ricevuto la dose booster (figura 11), di cui:

  • 5,71 milioni possono riceverla subito, pari al 12% della platea (dal 7,6% del Piemonte al 19,9% della Sicilia);
  • 1,61 milioni non possono riceverla nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni, pari al 3,4% della platea (dall’1,5% della Sicilia al 5,8% del Veneto).

Vaccini: quarta dose.  La platea per il secondo richiamo (quarta dose) è di 19,1 milioni di persone: di queste, 12,1 milioni possono riceverlo subito, 1,7 milioni non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 5,3 milioni l’hanno già ricevuto. Al 9 dicembre (aggiornamento ore 06.20) sono state somministrate 5.283.262 quarte dosi, con una media mobile di 19.225 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 25.171 della scorsa settimana (-23,6%) (figura 12). In base alla platea ufficiale (n. 19.119.772 di cui 13.060.462 over 60, 3.990.080 fragili e immunocompromessi, 1.748.256 di personale sanitario e 320.974 di ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), aggiornata al 17 settembre, il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è del 27,6% con nette differenze regionali: dal 12,4% della Calabria al 41,3% del Piemonte (figura 13).

Vaccini: quinta dose. Non è ancora disponibile nessun dato ufficiale sulle somministrazioni.

 

Il monitoraggio GIMBE della pandemia COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org


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5 dicembre 2022
Coronavirus: in una settimana aumentano ricoveri (+11,1%), terapie intensive (+28%) e decessi (+9,5%) che superano quota 600. Stabili i contagi (-0,7%), ma la circolazione virale è sottostimata almeno del 50%. Quarta dose: oltre 5,1 milioni di somministrazioni, ma la copertura è solo al 26,9%

MONITORAGGIO PANDEMIA COVID-19

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 25 novembre-1° dicembre 2022, rispetto alla precedente, una sostanziale stabilità dei nuovi casi (227.420 vs 229.122) (figura 1) e un aumento dei decessi (635 vs 580) (figura 2). In aumento anche i casi attualmente positivi (507.169 vs 492.457), le persone in isolamento domiciliare (498.391 vs 484.594), i ricoveri con sintomi (8.458 vs 7.613) e le terapie intensive (320 vs 250) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: 635 (+9,5%), di cui 14 riferiti a periodi precedenti
  • Terapia intensiva: +70 (+28%)
  • Ricoverati con sintomi: +845 (+11,1%)
  • Isolamento domiciliare: +13.797 (+2,8%)
  • Nuovi casi: 227.420 (-0,7%)
  • Casi attualmente positivi: +14.712 (+3%)

Nuovi casi. «Sul fronte dei nuovi casi settimanali– dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE –non si registrano sostanziali variazioni (-0,7%): dai229 mila della settimana precedente si attestano a quota 227 mila, con una media mobile a 7 giorni che superai32 mila casi al giorno» (figura 3). 7 Regioni registrano un incremento dei nuovi casi (dal5,7% dellaBasilicata al 14,4% della Liguria) e 14 un calo (dal -0,6% dell’Emilia-Romagna al -21,1% della Provincia Autonoma di Bolzano) (tabella 1). In 41 Province si rileva un aumento dei nuovi casi (dal +0,7% di Bergamo al +48,6% di Reggio Calabria), in 66 una diminuzione (dal -0,3% di Salerno al -25,2% di Sondrio). L’incidenza supera i 500 casi per 100.000 abitanti in 25 Province: Rovigo (911), Vicenza (711), Padova (711), Ferrara (710), Venezia (634), Treviso (618), Forlì-Cesena (609), La Spezia (582), Verona (577), Mantova (575), Teramo (562), Pescara (560), Fermo (542), Genova (541), Ancona (538), Reggio nell’Emilia (538), Lodi (537), Pordenone (534), Massa Carrara (526), Ravenna (524), Pavia (515), Bologna (508), Cremona (505), Torino (502), Gorizia (501) (tabella 2).

Testing. Cresce il numero dei tamponi totali (+3,8%): da 1.276.986 della settimana 18-24 novembre 2022 a 1.324.969 della settimana 25 novembre 2022-1° dicembre 2022. In particolare i tamponi rapidi sono aumentati del 4,3% (+45.858), mentre quelli molecolari dell’1% (+2.125) (figura 4). La media mobile a 7 giorni del tasso di positività rimane stabile al 13,5% per i tamponi molecolari e si riduce dal 18,8% al 17,8% per gli antigenici rapidi (figura 5).

Ospedalizzazioni. «Sul fronte degli ospedali – afferma Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – salgono i ricoveri sia nelle terapie intensive (+28%), sia in area medica(+11,1%)». In termini assoluti, i posti letto COVID occupati in area critica, dopo aver raggiunto il minimo di 203 il 10 novembre, sono saliti a 320il 1°dicembre; in area medica, dopo aver raggiunto il minimodi6.347 l’11 novembre,hanno raggiunto quota 8.458il 1° dicembre (figura 6). Al 1° dicembre il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti COVID è del 13,3% in area medica (dal 5% della Provincia Autonoma di Bolzano al 35,5% dell’Umbria) e del 3,2% in area critica (dall’1% della Provincia Autonoma di Bolzano al 6,5% dell’Emilia-Romagna) (figura 7).«Aumentano gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Mosti – con una media mobile a 7 giorni di 40 ingressi/die rispetto ai 30 della settimana precedente» (figura 8).

Decessi.In ulteriore aumento i decessi: 635negli ultimi 7 giorni (di cui 14riferiti a periodi precedenti), con una media di 91 al giorno rispetto agli83 della settimana precedente.

MONITORAGGIO CAMPAGNA VACCINALE

Vaccini: nuovi vaccinati. Nella settimana 25 novembre-1°dicembrecontinua il calodei nuovi vaccinati: 1.070 rispetto ai 1.084 della settimana precedente (-1,3%). Di questi il 19,9% è rappresentato dalla fascia 5-11 anni: 213, con un incremento del 3,4% rispetto alla settimana precedente. Cala tra gli over 50, più a rischio di malattia grave, il numero di nuovi vaccinati che si attesta a quota 407 (-12,7% rispetto alla settimana precedente) (figura 9).

Vaccini: persone non vaccinate. Al 2 dicembre (aggiornamento ore 06.19) sono 6,79 milioni le persone di età superiore a 5 anni che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino (figura 10), di cui:

  • 6,10 milioni attualmente vaccinabili, pari al 10,6% della platea (dall’8,1% del Lazio al 14,1% della Valle D’Aosta)
  • 0,69 milioni temporaneamente protette in quanto guarite da COVID-19 da meno di 180 giorni, pari all’1,2% della platea (dallo 0,8% della Valle D’Aosta al 2,2% del Friuli Venezia-Giulia).

Vaccini: terza dose. Al 2 dicembre (aggiornamento ore 06.19) sono state somministrate 40.366.730 terze dosi con una media mobile a 7 giorni di 2.643 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 2.784 della settimana precedente. In base alla platea ufficiale (n. 47.703.593), aggiornata al 20 maggio, il tasso di copertura nazionale per le terze dosi è dell’84,6%: dal 78,6% della Sicilia all’88,5% della Lombardia. Sono 7,34 milioni le persone che non hanno ancora ricevuto la dose booster (figura 11), di cui:

  • 5,64 milioni possono riceverla subito, pari all’11,8% della platea (dal 7,5% del Piemonte al 19,7% della Sicilia);
  • 1,7 milioni non possono riceverla nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni, pari al 3,6% della platea (dall’1,8% della Sicilia al 5,9% del Veneto).

Vaccini: quarta dose.  La platea per il secondo richiamo (quarta dose) include 19,1 milioni di persone: di queste, 12,3 milioni possono riceverlo subito, 1,7 non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 5,1 milioni l’hanno già ricevuto. Al 2 dicembre (aggiornamento ore 06.19) sono state somministrate 5.140.534 quarte dosi, con una media mobile di 24.378 somministrazioni al giorno, in lieve calo rispetto alle 24.858 della settimana precedente (-1,9%) (figura 12). In base alla platea ufficiale (n. 19.119.772 di cui 13.060.462 over 60, 3.990.080 fragili e immunocompromessi, 1.748.256 di personale sanitario e 320.974 di ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), aggiornata al 17 settembre, il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è del 26,9% con nette differenze regionali: dal 12,1% della Calabria al 40,3% del Piemonte (figura 13).

Vaccini: quinta dose. Non è ancora disponibile nessun dato ufficiale sulle somministrazioni.

«Il numero dei nuovi casi settimanali – conclude Cartabellotta – non è più un indicatore affidabile della circolazione virale, sottostimata almeno del 50% sia per l’utilizzo diffuso di tamponi “fai da te” sia per il mancato testing di persone asintomatiche o paucisintomatiche. Infatti,a partire da fine settembre, il tasso di ospedalizzazione sul totale dei positivi è raddoppiato sia per l’area medica (da 0,8% a 1,62%)sia per la terapia intensiva (da 0,03% a 0,06%) e il numero dei decessi continua a salire raggiungendo numeri che non si registravano da metà agosto. In questo contesto preoccupa che, a fronte dell’aumentata circolazione virale,continuino a diminuire le somministrazioni delle quarte dosi per anziani e fragili, lasciando scoperte quasi tre persone su quattro».

Il monitoraggio GIMBE della pandemia COVID-19 è disponibile a:https://coronavirus.gimbe.org


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28 novembre 2022
Coronavirus: in 7 giorni aumentano contagi (+10%) e ricoveri ordinari (+9,1%). Tornano a crescere i decessi (+8,8%). Stabili le terapie intensive (+1,2%). Quarta dose: scoperte quasi 3 persone su 4 e somministrazioni ancora in calo (-14,5%). Grave e inspiegabile ritardo del piano di comunicazione sulla campagna vaccinale

MONITORAGGIO PANDEMIA COVID-19

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 18-24 novembre 2022, rispetto alla precedente, un incremento di nuovi casi (229.122 vs 208.346) (figura 1) e decessi (580 vs 533) (figura 2). In aumento anche i casi attualmente positivi (492.457 vs 452.895), le persone in isolamento domiciliare (484.594 vs 445.667), i ricoveri con sintomi (7.613 vs 6.981) e le terapie intensive (250 vs 247) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: 580 (+8,8%), di cui 18 riferiti a periodi precedenti
  • Terapia intensiva: +3 (+1,2%)
  • Ricoverati con sintomi: +632 (+9,1%)
  • Isolamento domiciliare: +38.927 (+8,7%)
  • Nuovi casi: 229.122 (+10%)
  • Casi attualmente positivi: +39.562 (+8,7%)

Nuovi casi. «Sul fronte dei nuovi casi settimanali – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si registra un aumento del 10%: da 208 mila della settimana precedente salgono a quota 229 mila, con una media mobile a 7 giorni che raggiunge quasi i 33 mila casi al giorno» (figura 3). 17 Regioni registrano un incremento dei nuovi casi (dal 2,2% del Lazio al 39,3% della Valle d’Aosta) e 4 un calo (dal -1,6% della Provincia autonoma di Trento al -13,4% della Sardegna) (tabella 1). In 84 Province si rileva un aumento dei nuovi casi (dal +0,5% di Prato al +66,6% di Modena), in 23 una diminuzione (dal -0,2% di Terni al -27,9% di Oristano). L’incidenza supera i 500 casi per 100.000 abitanti in 22 Province: Rovigo (1.032), Padova (785), Ferrara (723), Vicenza (689), Venezia (676), Treviso (649), Mantova (612), Verona (573), Ravenna (557), Lodi (553), Pordenone (541), Pavia (535), Bologna (535), Ancona (521), Belluno (517), La Spezia (515), Lucca (515), Reggio nell'Emilia (514), Cremona (514), Livorno (504), Monza e della Brianza (503), Forlì-Cesena (502) (tabella 2).

Testing. Cresce il numero dei tamponi totali (+7%): da 1.193.523 della settimana 11-17 novembre 2022 a 1.276.986 della settimana 18-24 novembre 2022. In particolare i tamponi rapidi sono aumentati dell’8,1% (+79.278), mentre quelli molecolari del 2% (+4.185) (figura 4). La media mobile a 7 giorni del tasso di positività sale dal 12,3% al 13,5% per i tamponi molecolari e dal 18,4% al 18,8% per gli antigenici rapidi (figura 5).

Ospedalizzazioni>. «Sul fronte degli ospedali – afferma Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – restano sostanzialmente stabili sia le terapie intensive (+1,2%), mentre salgono i ricoveri in area medica (+9,1%)». In termini assoluti, i posti letto COVID occupati in area critica, dopo aver raggiunto il minimo di 203 il 10 novembre, sono saliti a 250 il 24 novembre; in area medica, dopo aver raggiunto il minimo di 6.347 l’11 novembre, hanno raggiunto quota 7.613 il 24 novembre (figura 6). Al 24 novembre il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti COVID è del 12% in area medica (dal 6% della Sardegna al 31,3% dell’Umbria) e del 2,5% in area critica (dallo 0% della Provincia autonoma Bolzano e della Valle d’Aosta al 4,3% dell’Emilia-Romagna) (figura 7). «Restano stabili gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Mosti – con una media mobile a 7 giorni di 30 ingressi/die rispetto ai 31 della settimana precedente» (figura 8).

Decessi. Tornano a crescere i decessi: 580 negli ultimi 7 giorni (di cui 18 riferiti a periodi precedenti), con una media di 83 al giorno rispetto ai 76 della settimana precedente.

 

MONITORAGGIO CAMPAGNA VACCINALE

Vaccini: nuovi vaccinati. Nella settimana 18-24 novembre calano i nuovi vaccinati: 1.040 rispetto ai 1.301 della settimana precedente (-20,1%). Di questi il 19,3% è rappresentato dalla fascia 5-11 anni: 201, con una riduzione del 12,2% rispetto alla settimana precedente. Cala tra gli over 50, più a rischio di malattia grave, il numero di nuovi vaccinati che si attesta a quota 438 (-15,4% rispetto alla settimana precedente) (figura 9).

Vaccini: persone non vaccinate. Al 25 novembre (aggiornamento ore 06.17) sono 6,8 milioni le persone di età superiore a 5 anni che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino (figura 10), di cui:

  • 6,09 milioni attualmente vaccinabili, pari al 10,6% della platea (dall’8,1% del Lazio al 14,1% della Valle D’Aosta);
  •  0,71 milioni temporaneamente protette in quanto guarite da COVID-19 da meno di 180 giorni, pari all’1,2% della platea (dallo 0,8% della Valle D’Aosta al 2,2% del Friuli-Venezia Giulia).

Vaccini: terza dose. Al 25 novembre (aggiornamento ore 06.17) sono state somministrate 40.346.430 terze dosi con una media mobile a 7 giorni di 2.639 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 3.056 della settimana precedente. In base alla platea ufficiale (n. 47.703.593), aggiornata al 20 maggio, il tasso di copertura nazionale per le terze dosi è dell’84,6%: dal 78,5% della Sicilia all’88,5% della Lombardia. Sono 7,36 milioni le persone che non hanno ancora ricevuto la dose booster (figura 11), di cui:

  • 5,48 milioni possono riceverla subito, pari all’11,5% della platea (dal 7,3% del Piemonte al 19,3% della Sicilia);
  • 1,88 milioni non possono riceverla nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni, pari al 3,9% della platea (dal 2,2% della Sicilia al 6,3% del Veneto).

Vaccini: quarta dose.  La platea per il secondo richiamo (quarta dose) include 19,1 milioni di persone: di queste, 12,5 milioni possono riceverlo subito, 1,7 non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e quasi 5 milioni l’hanno già ricevuto. Al 25 novembre (aggiornamento ore 06.17) sono state somministrate 4.959.123 quarte dosi, con una media mobile di 23.666 somministrazioni al giorno, ancora in calo rispetto alle 27.671 della scorsa settimana (-14,5%) (figura 12). In base alla platea ufficiale (n. 19.119.772 di cui 13.060.462 over 60, 3.990.080 fragili e immunocompromessi, 1.748.256 di personale sanitario e 320.974 di ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), aggiornata al 17 settembre, restano ancora scoperte quasi tre persone su quattro: il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi, infatti, è del 25,9% con nette differenze regionali (dall’11,8% della Calabria al 39,1% del Piemonte) (figura 13).

Vaccini: quinta dose. Non è ancora disponibile nessun dato ufficiale sulle somministrazioni.

«I dati confermano la diffusa ripresa della circolazione virale – conclude Cartabellotta – che rimane nettamente sottostimata per il largo utilizzo diffuso di tamponi “fai da te” e che comincia a ripercuotersi in particolare sui ricoveri in area medica. A fronte di un virus che rialza la testa, continuano a scendere le somministrazioni delle quarte dosi per anziani e fragili, lasciando scoperte quasi tre persone su quattro: in questo contesto risulta inspiegabile la scelta del Ministero della Salute di attendere sino al 1°dicembre per avviare il piano comunicativo sulla campagna vaccinale».

Il monitoraggio GIMBE della pandemia COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org


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24 novembre 2022
Legge di bilancio: niente investimenti per la salute delle persone. In Italia spesa sanitaria pubblica sotto di € 12,7 miliardi rispetto alla media europea, ma oltre alle risorse servono visione di sistema e coraggiose riforme

Il Presidente Nino Cartabellotta è intervenuto ieri, con altri autorevoli esperti, al convegno “La sanità di oggi e di domani: idee proposte di riforma del Sistema Sanitario”, organizzato nell’ambito del 17° Forum Risk Management di Arezzo. «La sanità pubblica continua a rimanere fuori dalle priorità del Paese – ha dichiarato Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – nonostante le enormi criticità esplose con la pandemia. Infatti, se nei momenti più bui tutte le forze politiche convergevano sulla necessità di rilanciare il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), con la fine dell’emergenza la sanità è “rientrata nei ranghi”, come dimostrato prima dalla scarsa attenzione nei programmi elettorali, poi dall’assenza di un piano di Governo per la sanità pubblica e, da ultimo, dal mancato incremento del finanziamento nella Legge di Bilancio 2023 presentata dall’Esecutivo: ovvero, nessun ulteriore investimento per la salute delle persone».

 

Salvo sorprese al fotofinish, la Legge di Bilancio 2023 confermerebbe infatti solo l’aumento di € 2 miliardi previsti dalla precedente manovra. «Una cifra che oltre ad essere erosa dall’inflazione – ha commentato il Presidente – non permetterà di coprire i costi straordinari dovuti alla pandemia e alla crisi energetica, né tantomeno di avviare alcun rilancio del SSN. Con il risultato di mandare “in rosso” anche le Regioni più virtuose, con inevitabili conseguenze sull’erogazione sulla qualità dell’assistenza». Peraltro, se uno degli obiettivi “ventilati” in campagna elettorale era di allineare il finanziamento alla media europea, il Presidente Cartabellotta ha ricordato che «nel 2020 la spesa sanitaria pubblica italiana era inferiore di $ 215 pro-capite rispetto alla media europea: esiste dunque un gap di circa € 12,7 miliardi che può essere colmato solo con una programmazione pluriennale di rilancio del finanziamento pubblico» (figura).

 

 

Il Presidente ha illustrato le criticità che compromettono sempre più il diritto costituzionale alla tutela della salute, determinando rinunce alle cure e inaccettabili diseguaglianze, non solo regionali, nell’accesso alle prestazioni e alle innovazioni. Dalla grave carenza di personale sanitario, che in alcuni settori è diventata una vera e propria emergenza, alla necessità di rendere accessibili a tutti i cittadini le prestazioni sanitarie dei “nuovi LEA”, ancora ostaggio di un “decreto tariffe” mai pubblicato per carenza di risorse; dall’incapacità di mantenere aggiornate le prestazioni ai progressi della ricerca, all’allungamento delle liste d’attesa che le Regioni non riescono a recuperare. Cartabellotta ha poi puntato il dito sul regionalismo differenziato perché «senza adeguate contromisure, l’attuazione delle maggiori autonomie in sanità non farà che aumentare le diseguaglianze, legittimando normativamente il divario tra Nord e Sud e violando il principio di uguaglianza dei cittadini sul diritto costituzionale alla tutela della salute».

 

 

«Per un adeguato rilancio del SSN – ha concluso Cartabellotta – servono risorse per allineare la spesa sanitaria pubblica alla media dei paesi europei, coraggiose riforme di sistema e soprattutto la visione del servizio sanitario che la politica intende consegnare alle future generazioni. Altrimenti, il SSN è condannato ad una stentata sopravvivenza che finirà per sgretolare, lentamente ma inesorabilmente, il modello di una sanità pubblica, equa e universalistica, pilastro della nostra democrazia».

 


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21 novembre 2022
Coronavirus: nell’ultima settimana aumentano i contagi (+15%). Crescono ricoveri ordinari (+9,8%) e terapie intensive (+21,7%). Decessi in lieve calo (-2,9%). Quarta dose: in 7 giorni le somministrazioni calano dell’11,9%. Con circolazione virale in aumento ci si attende dal governo un piano per la stagione invernale

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 11-17 novembre 2022, rispetto alla precedente, un aumento di nuovi casi (208.346 vs 181.181) (figura 1) e una diminuzione dei decessi (533 vs 549) (figura 2). In aumento anche i casi attualmente positivi (452.895 vs 418.554), le persone in isolamento domiciliare (445.667 vs 411.995), i ricoveri con sintomi (6.981 vs 6.356) e le terapie intensive (247 vs 203). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: 533 (-2,9%), di cui 23 riferiti a periodi precedenti
  • Terapia intensiva: +44 (+21,7%)
  • Ricoverati con sintomi: +625 (+9,8%)
  • Isolamento domiciliare: +33.672 (+8,2%)
  • Nuovi casi: 208.346 (+15%)
  • Casi attualmente positivi: +34.341 (+8,2%)

Nuovi casi. «Sul fronte dei nuovi casi settimanali – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si registra un aumento del 15%: da 181 mila della settimana precedente salgono a quota 208 mila, con una media mobile a 7 giorni che sfiora i 30 mila casi al giorno» (figura 3). In 15 Regioni si registra un aumento dei nuovi casi (dall’1,5% del Friuli Venezia-Giulia al 26,3% del Veneto) e in 6 un calo (dal -1% dell’Umbria al -10,4% della Basilicata) (tabella 1). In 82 Province si registra un aumento dei nuovi casi (dal +0,1% di Messina al +55,3% di Lodi), in 25 una diminuzione (dal -0,8% di Catania e Perugia al -25,3% di Sondrio). L’incidenza supera i 500 casi per 100.000 abitanti in 9 Province: Rovigo (899), Padova (724), Venezia (661), Treviso (613), Vicenza (588), Ferrara (580), Mantova (530), Lodi (529) e Verona (504) (tabella 2).

Testing. Si registra un aumento del numero dei tamponi totali (+2,9%): da 1.159.602 della settimana 4-10 novembre a 1.193.523 della settimana 11-17 novembre. In particolare i tamponi rapidi sono aumentati del 4,3% (+40.386), mentre quelli molecolari sono diminuiti del 3% (-6.465) (figura 4). La media mobile a 7 giorni del tasso di positività sale dal 10,2% al 12,3% per i tamponi molecolari e dal 17% al 18,4% per gli antigenici rapidi (figura 5).

Ospedalizzazioni.«Sul fronte degli ospedali – afferma Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – tornano a salire sia le terapie intensive (+21,7%) che i ricoveri in area medica (+9,8%)». In termini assoluti, i posti letto COVID occupati in area critica, dopo aver raggiunto il minimo di 203 il 10 novembre, sono saliti a 247 il 17 novembre; in area medica, dopo aver raggiunto il minimo di 6.347 l’11 novembre, sono saliti a quota 6.981 il 17 novembre (figura 6). Al 17 novembre il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti COVID è dell’11% in area medica (dal 6,1% della Sardegna al 30,4% dell’Umbria) e del 2,5% in area critica (dallo 0% di Basilicata, Molise e Valle D’Aosta al 4,6% dell’Emilia-Romagna) (figura 7). «Salgono anche gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Mosti – con una media mobile a 7 giorni di 31 ingressi/die rispetto ai 25 della settimana precedente» (figura 8).

Decessi. In calo il numero dei decessi: 533 negli ultimi 7 giorni (di cui 23 riferiti a periodi precedenti), con una media di 76 al giorno rispetto ai 78 della settimana precedente.

 

MONITORAGGIO CAMPAGNA VACCINALE

Vaccini: nuovi vaccinati. Nella settimana 11-17 novembre restano sostanzialmente stabili i nuovi vaccinati: 1.239 rispetto ai 1.258 della settimana precedente (-1,5%). Di questi il 18,5% è rappresentato dalla fascia 5-11 anni: 229, con un incremento del 10,1% rispetto alla settimana precedente. Cala tra gli over 50, più a rischio di malattia grave, il numero di nuovi vaccinati che si attesta a quota 474 (-10,6% rispetto alla settimana precedente) (figura 9).

Vaccini: persone non vaccinate. Al 18 novembre (aggiornamento ore 07.11) sono 6,8 milioni le persone di età superiore a 5 anni che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino (figura 10), di cui:

  • 6,08 milioni attualmente vaccinabili, pari al 10,5% della platea (dall’8,1% del Lazio al 14,1% della Valle D’Aosta);
  • 0,72 milioni temporaneamente protette in quanto guarite da COVID-19 da meno di 180 giorni, pari all’1,3% della platea (dallo 0,8% della Valle D’Aosta al 2,2% del Friuli Venezia-Giulia).

Vaccini: terza dose. Al 18 novembre (aggiornamento ore 07.11) sono state somministrate 40.326.299 terze dosi con una media mobile a 7 giorni di 2.945 somministrazioni al giorno. In base alla platea ufficiale (n. 47.703.593), aggiornata al 20 maggio, il tasso di copertura nazionale per le terze dosi è dell’84,5%: dal 78,5% della Sicilia all’88,4% della Lombardia. Sono 7,38 milioni le persone che non hanno ancora ricevuto la dose booster (figura 11), di cui:

  • 5,31 milioni possono riceverla subito, pari all’11,1% della platea (dal 7,1% del Piemonte al 18,9% della Sicilia);
  • 2,07 milioni non possono riceverla nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni, pari al 4,3% della platea (dal 2,5% della Valle D’Aosta al 6,7% del Veneto).

Vaccini: quarta dose.  Secondo quanto disposto dalla Circolare del Ministero della Salute del 23 settembre 2022, la platea per il secondo richiamo (quarta dose) è di 19,1 milioni di persone: di queste, 12,6 milioni possono riceverlo subito, 1,7 non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 4,8 milioni l’hanno già ricevuto. Al 18 novembre (aggiornamento ore 07.11) sono state somministrate 4.783.386 quarte dosi, con una media mobile di 26.704 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 30.319 della scorsa settimana (-11,9%) (figura 12). In base alla platea ufficiale (n. 19.119.772 di cui 13.060.462 over 60, 3.990.080 fragili e immunocompromessi, 1.748.256 di personale sanitario e 320.974 di ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), aggiornata al 17 settembre, il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è del 25% con nette differenze regionali: dall’11,4% della Calabria al 37,7% del Piemonte (figura 13).

Vaccini: quinta dose. Non è ancora disponibile nessun dato ufficiale sulle somministrazioni.

«Anche se al momento è impossibile fare previsioni sugli scenari futuri – conclude Cartabellotta – i dati confermano una diffusa ripresa della circolazione virale, peraltro sottostimata per il largo utilizzo diffuso di tamponi “fai da te”, di cui s’intravede già un impatto iniziale sui ricoveri in area medica e in terapia intensiva; al tempo stesso assistiamo ad un calo delle somministrazioni delle quarte dosi per anziani e fragili. Con l’arrivo dei mesi freddi e la permanenza al chiuso, anche senza considerare l’eventuale emergenza di varianti in grado di “scalzare” Omicron 5, la circolazione virale è destinata ad aumentare. E al momento – nonostante le recenti rassicurazioni del Ministro Schillaci alla Camera – ad oggi tutte le azioni di “discontinuità” del Governo Meloni sono andate nella direzione opposta a quella suggerita dalle autorità internazionali di salute pubblica: ovvero essere preparati e pronti per affrontare eventuali nuove ondate. Si attende pertanto al più presto dall’Esecutivo il piano di preparedeness per la stagione invernale».

 

Il monitoraggio GIMBE della pandemia COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org


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10 novembre 2022
Coronavirus (26 ottobre-1° novembre): scendono contagi (-23,5%), ricoveri (-6,3%) e decessi (-4,1%). Stabili le terapie intensive (0%). Quarta dose: 12,8 milioni di persone ancora scoperte. Pubblicazione settimanale dei dati: tassello di una strategia oscurantista nella gestione della pandemia

Venerdì 4 novembre alle ore 14.42 il Ministero della Salute ha reso disponibili sul repository ufficiale i dati giornalieri relativi al periodo 30 ottobre-3 novembre. Un compromesso al ribasso, rispetto alle richieste pervenute dal mondo scientifico, che segna un passo indietro del tutto immotivato in termini di trasparenza: il flusso quotidiano dei dati dalle Regioni verso il Ministero, infatti, così faticosamente garantito anche nei momenti più bui della pandemia, viene regolarmente mantenuto e pagato con il denaro dei contribuenti, che tuttavia vengono privati della possibilità di accedervi tempestivamente.

«Eppure il Presidente Meloni in Parlamento – ricorda Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE – aveva dichiarato che “Il tema del COVID non si affronta con un approccio ideologico, ma con un approccio serio che tenga conto delle evidenze scientifiche”. Come si spiega dunque la decisione sui dati della pandemia, che va esattamente in direzione opposta? Le evidenze scientifiche si costruiscono con dati di qualità, aperti, accessibili e aggiornati tempestivamente. Inoltre, la decisione di pubblicare i dati a cadenza settimanale è in netto contrasto con la dichiarata volontà del Presidente del Consiglio di fornire “un’informazione molto più chiara di quella fatta in passato [...] e anche lavorando sulla responsabilizzazione dei cittadini che è proprio figlia di un’informazione chiara”. Proprio quell’informazione “azzoppata” dalla mancata pubblicazione giornaliera dei dati».

In assenza di risposta dal Ministro Schillaci alla richiesta ufficiale di ripristino della pubblicazione quotidiana dei dati sul repository ufficiale, la Fondazione GIMBE riprende il monitoraggio indipendente sulla pandemia COVID-19 con i dati relativi alla settimana 26 ottobre – 1° novembre.

 

MONITORAGGIO PANDEMIA COVID-19: settimana 26 ottobre - 1° novembre

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 26 ottobre - 1° novembre 2022, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (180.517 vs 236.023) (figura 1) e dei decessi (536 vs 559) (figura 2). In calo anche i casi attualmente positivi (441.425 vs 499.999), le persone in isolamento domiciliare (434.535 vs 492.661), i ricoveri con sintomi (6.658 vs 7.106); restano stabili le terapie intensive (232 vs 232) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: 536 (-4,1%), di cui 10 riferiti a periodi precedenti
  • Terapia intensiva: 0 (0%)
  • Ricoverati con sintomi: -448 (-6,3%)
  • Isolamento domiciliare: -58.126 (-11,8%)
  • Nuovi casi: 180.517 (-23,5%)
  • Casi attualmente positivi: -58.574 (-11,7%)

Nuovi casi. «Per la terza settimana consecutiva – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si registra un calo dei nuovi casi settimanali (-23,5%): da 236 mila della settimana precedente scendono a quota 180 mila, con una media mobile a 7 giorni di quasi 26 mila casi al giorno» (figura 4). Il calo dei nuovi casi riguarda tutte le Regioni (dal -10,2% della Basilicata al -46,8% del Piemonte) (tabella 1). Ad esclusione della provincia di Prato (+2,1%), in tutte le Province si registra una diminuzione dei nuovi casi (dal -4,9% di Brindisi al -53,6% di Biella). L’incidenza supera i 500 casi per 100.000 abitanti in 4 Province: Rovigo (591), Padova (584), Venezia (557), Belluno (509) (tabella 2).

Reinfezioni. Secondo l’ultimo report dell’Istituto Superiore di Sanità, nel periodo 24 agosto 2021-2 novembre 2022 in Italia sono state registrate oltre 1,35 milioni di reinfezioni, pari al 6,9% del totale dei casi. La loro incidenza nella settimana 26 ottobre-2 novembre è del 16,6% (n. 28.913 reinfezioni), stabile rispetto alla settimana precedente (16,7%).

Testing. Si registra un calo del numero dei tamponi totali (-15,7%): da 1.410.261 della settimana 19-25 ottobre 2022 a 1.189.544 della settimana 26 ottobre 2022-1° novembre 2022. In particolare i tamponi rapidi sono diminuiti del 17% (-200.323), e quelli molecolari dell’8,9% (-20.394) (figura 5). La media mobile a 7 giorni del tasso di positività si riduce dall’11,1% al 10,2% per i tamponi molecolari e dal 17,6% al 16% per gli antigenici rapidi (figura 6).

Ospedalizzazioni. «Sul fronte degli ospedali – afferma Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE - dopo tre settimane consecutive di aumento si stabilizzano le terapie intensive (0%), mentre calano i ricoveri in area medica (-6,3%)». In termini assoluti, i posti letto COVID occupati in area critica, dopo aver raggiunto il massimo di 254 il 17 ottobre, sono scesi a 232 il 1° novembre; in area medica, dopo aver raggiunto il massimo di 7.124 il 24 ottobre, sono scesi a quota 6.658 il 1° novembre (figura 7).

Considerato che il 29 ottobre Agenas ha interrotto la pubblicazione dei dati sui tassi di occupazione dei posti letto da parte di pazienti COVID-19, a partire da questa settimana il monitoraggio GIMBE utilizza il dato settimanale della Cabina di Regia ai sensi del DM Salute 30 aprile 2020 (Ministero della Salute, ISS). Al 3 novembre il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti COVID è del 10,4% in area medica (dal 3,4% del Molise al 33,5% dell’Umbria) e del 2,4% in area critica (dallo 0% della Valle D’Aosta al 7,1% dell’Umbria) (figura 8). «Tornano a scendere gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Mosti – con una media mobile a 7 giorni di 24 ingressi/die rispetto ai 29 della settimana precedente» (figura 9).

Decessi. In calo il numero dei decessi: 536 negli ultimi 7 giorni (di cui 10 riferiti a periodi precedenti), con una media di 77 al giorno rispetto agli 80 della settimana precedente.

MONITORAGGIO CAMPAGNA VACCINALE: settimana 2-8 novembre 2022

Vaccini: nuovi vaccinati. Nella settimana 2-8 novembre calano i nuovi vaccinati: 1.127 rispetto ai 1.382 della settimana precedente (-18,5%). Di questi il 20,8% è rappresentato dalla fascia 5-11: 234, con una riduzione del 10,7% rispetto alla settimana precedente. Cala tra gli over 50, più a rischio di malattia grave, il numero di nuovi vaccinati che si attesta a quota 467 (-12,7% rispetto alla settimana precedente) (figura 10).

Vaccini: persone non vaccinate. Al 9 novembre (aggiornamento ore 06.16) sono 6,8 milioni le persone di età superiore a 5 anni che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino (figure 11), di cui:

  • 6,04 milioni attualmente vaccinabili, pari al 10,5% della platea (dall’8% del Lazio al 14% della Valle D’Aosta);
  • 0,76 milioni temporaneamente protette in quanto guarite da COVID-19 da meno di 180 giorni, pari all’1,3% della platea (dallo 0,9% della Valle D’Aosta al 2,3% del Friuli Venezia Giulia).

Vaccini: fascia 5-11 anni. Al 9 novembre (aggiornamento ore 06.16) nella fascia 5-11 anni sono state somministrate 2.605.778 dosi: 1.408.411 hanno ricevuto almeno 1 dose di vaccino (di cui 1.289.072 hanno completato il ciclo vaccinale), con un tasso di copertura nazionale al 38,5% con nette differenze regionali (dal 21,1% della Provincia Autonoma di Bolzano al 53,9% della Puglia) (figura 12).

Vaccini: terza dose. Al 9 novembre (aggiornamento ore 06.16) sono state somministrate 40.294.500 terze dosi con una media mobile a 7 giorni di 3.187 somministrazioni al giorno. In base alla platea ufficiale (n. 47.703.593), aggiornata al 20 maggio, il tasso di copertura nazionale per le terze dosi è dell’84,5%: dal 78,5% della Sicilia all’88,4% della Lombardia. Sono 7,41 milioni le persone che non hanno ancora ricevuto la dose booster (figura 13), di cui:

  • 5,15 milioni possono riceverla subito, pari al 10,8% della platea (dal 6,9% del Piemonte al 18,4% della Sicilia);
  • 2,26 milioni non possono riceverla nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni, pari al 4,7% della platea (dal 2,6% della Valle D’Aosta al 7,1% del Veneto).

Vaccini: quarta dose.  Secondo quanto disposto dalla Circolare del Ministero della Salute del 23 settembre 2022, la platea per il secondo richiamo (quarta dose) è di 19,1 milioni di persone: di queste, 12,8 milioni possono riceverlo subito, 1,8 non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 4,5 milioni l’hanno già ricevuto. Al 9 novembre (aggiornamento ore 06.16) sono state somministrate 4.504.806 quarte dosi, con una media mobile di 28.883 somministrazioni al giorno, in lieve aumento rispetto alle 28.310 della scorsa settimana (+2%) (figura 14). In base alla platea ufficiale (n. 19.119.772 di cui 13.060.462 over 60, 3.990.080 fragili e immunocompromessi, 1.748.256 di personale sanitario e 320.974 di ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), aggiornata al 17 settembre, il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è del 23,6% con nette differenze regionali: dal 10,9% della Calabria al 35,7% del Piemonte (figura 15).

Vaccini: quinta dose. Non è ancora disponibile nessun dato ufficiale sulle somministrazioni.

«La pubblicazione dei dati a cadenza settimanale – conclude Cartabellotta – rappresenta un ulteriore tassello della strategia oscurantista del Governo nella gestione della pandemia: dal reintegro anticipato dei sanitari non vaccinati al “ritiro” della circolare del Ministero della Salute (prot. 45253 del 03/11/2022-DGPRE_DGPRE) sul piano di preparazione per la stagione autunno-inverno, al silenzio assordante sulla campagna vaccinale, in particolare sulla somministrazione dei richiami per i più fragili. Una strategia all’insegna della discontinuità politica che risulta in netto contrasto con le raccomandazioni delle autorità internazionali di sanità pubblica (OMS, ECDC) che invitano tutti i Paesi ad essere preparati e pronti a nuove ondate pandemiche».

Il monitoraggio GIMBE della pandemia COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org


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3 novembre 2022
Coronavirus: passo indietro sulla trasparenza, i dati della pandemia devono restare patrimonio comune. La fondazione GIMBE chiede al ministro Schillaci di ripristinare la pubblicazione giornaliera dei dati. Prosegue il monitoraggio GIMBE della campagna vaccinale

Il Ministero della Salute con il comunicato stampa del 28 ottobre ha disposto la sospensione della pubblicazione giornaliera del bollettino della pandemia di COVID-19 che sarà reso pubblico a cadenza settimanale. Tuttavia, dal 30 ottobre risulta interrotta anche la pubblicazione quotidiana dei dati grezzi sul repository ufficiale che hanno finora alimentato un virtuoso processo di collaborazione tra ricercatori, società civile e Istituzioni. Al momento, pertanto, la Fondazione GIMBE è impossibilitata a garantire il monitoraggio indipendente condotto negli ultimi due anni e mezzo a beneficio della cittadinanza, delle Istituzioni e degli organi di informazione.

«È inaccettabile – dichiara Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE – che il pubblico accesso al patrimonio comune dei dati quotidiani sulla pandemia venga interdetto dal Ministero della Salute, con un anacronistico passo indietro sulla trasparenza. Per questo la Fondazione GIMBE ha inviato al Ministro Schillaci una richiesta di ripristino immediato della pubblicazione giornaliera dei dati che devono essere disponibili non solo “alle autorità competenti” ma anche alla comunità scientifica e alla popolazione intera».

Il monitoraggio della Fondazione GIMBE per la settimana 26 ottobre-1° novembre riguarda esclusivamente l’andamento della campagna vaccinale, i cui dati al momento risultano ancora aggiornati quotidianamente.

Vaccini: nuovi vaccinati. Nella settimana 26 ottobre-1° novembre calano i nuovi vaccinati: 1.339 rispetto ai 1.470 della settimana precedente (-8,9%). Di questi il 19,6% è rappresentato dalla fascia 5-11: 262, con una riduzione del 36,4% rispetto alla settimana precedente. Cala tra gli over 50, più a rischio di malattia grave, il numero di nuovi vaccinati che si attesta a quota 518 (-3,7% rispetto alla settimana precedente) (figura 1).

Vaccini: persone non vaccinate. Al 2 novembre (aggiornamento ore 06.17) sono 6,8 milioni le persone di età superiore a 5 anni che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino (figura 2), di cui:

  • 6 milioni attualmente vaccinabili, pari al 10,4% della platea (dal 7,9% del Lazio al 13,9% della Valle D’Aosta);
  • 0,8 milioni temporaneamente protette in quanto guarite da COVID-19 da meno di 180 giorni, pari all’1,4% della platea (dal 1,0% della Valle D’Aosta al 2,3% del Friuli Venezia-Giulia).

Vaccini: fascia 5-11 anni. Al 2 novembre (aggiornamento ore 06.17) nella fascia 5-11 anni sono state somministrate 2.605.242 dosi: 1.408.172 hanno ricevuto almeno 1 dose di vaccino (di cui 1.288.633 hanno completato il ciclo vaccinale), con un tasso di copertura nazionale al 38,5% con nette differenze regionali: dal 21,1% della Provincia Autonoma di Bolzano al 53,9% della Puglia (figura 3).

Vaccini: terza dose. Al 2 novembre (aggiornamento ore 06.17) sono state somministrate 40.270.858 terze dosi, con una media mobile a 7 giorni di 3.119 somministrazioni al giorno. In base alla platea ufficiale (n. 47.703.593), aggiornata al 20 maggio, il tasso di copertura nazionale per le terze dosi è dell’84,4%: dal 78,5% della Sicilia all’88,3% della Lombardia. Sono 7,43 milioni le persone che non hanno ancora ricevuto la dose booster (figura 4), di cui:

  • 5,09 milioni possono riceverla subito, pari al 10,7% della platea (dal 7% del Piemonte al 18,2% della Sicilia);
  • 2,34 milioni non possono riceverla nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni, pari al 4,9% della platea (dal 2,6% della Valle D’Aosta al 7,4% del Veneto).

Vaccini: quarta dose.  Secondo quanto disposto dalla Circolare del Ministero della Salute del 23 settembre 2022, la platea per il secondo richiamo (quarta dose) è di 19,1 milioni di persone: di queste, oltre 13 milioni possono riceverlo subito, quasi 1,8 milioni non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 4,3 milioni l’hanno già ricevuto. Al 2 novembre (aggiornamento ore 06.17) sono state somministrate 4.295.324 quarte dosi, con una media mobile di 27.680 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 37.031 della scorsa settimana (-25,3%) (figura 5). In base alla platea ufficiale (n. 19.119.772 di cui 13.060.462 over 60, 3.990.080 fragili e immunocompromessi, 1.748.256 personale sanitario e 320.974 ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), aggiornata al 17 settembre, il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è del 22,5% con nette differenze regionali: dal 10,5% della Sicilia al 34,2% del Piemonte (figura 6).

Vaccini: quinta dose. Non è ancora disponibile nessun dato ufficiale sulle somministrazioni.

Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org


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31 ottobre 2022
Coronavirus: ok allo stop bollettino quotidiano, ma garantire l’accesso ai dati. Obbligo mascherine in ospedali e rsa non va abolito, ma reso permanente. Reintegro sanitari e “sanatorie” no-vax: un’amnistia anti-scientifica e diseducativa

All’ordine del giorno del Consiglio dei Ministri di oggi alcune misure sulla gestione della pandemia COVID-19 che, se da un lato mirano a segnare una discontinuità politica, dall’altro devono essere adeguatamente ponderate, tenendo conto sia dell’impatto sulla salute pubblica, sia delle raccomandazioni degli organismi internazionali. «Indubbiamente – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – con l’evoluzione delle varianti e la protezione conferita dalla vaccinazione sulle forme gravi, la malattia COVID-19 oggi non è più quella del 2020-2021. Tuttavia, la pandemia è ancora in corso e sia l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), sia il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC) invitano tutti i Paesi ad essere preparati (preparedness) e pronti (readiness), visto l’imminente arrivo della variante Cerberus e l’imprevedibilità degli scenari a medio-lungo termine».

Sulle proposte circolate in questi giorni sugli organi di stampa la Fondazione GIMBE esprime le seguenti valutazioni basate su evidenze scientifiche e sul buon senso.

Bollettino COVID. La proposta di una pubblicazione settimanale appare ragionevole, anche tenendo conto della notevole variabilità giornaliera nella trasmissione e pubblicazione dei dati. Non è chiaro se anche la trasmissione obbligatoria agli organismi internazionali (OMS, ECDC) avverrà con cadenza settimanale. «In ogni caso – sottolinea Cartabellotta – è fondamentale mantenere l’aggiornamento quotidiano dei dati COVID e della campagna vaccinale e garantirne accesso trasparente ai ricercatori per analisi e studi indipendenti».

Abolizione dell’obbligo di mascherine negli ospedali e nelle RSA. L’utilizzo delle mascherine nelle strutture sanitarie è fondamentale sia per proteggere professionisti e operatori sanitari - evitando di decimare ulteriormente il personale con assenze per malattia - sia soprattutto per tutelare la salute dei pazienti, in particolare quelli anziani e fragili. Peraltro, l’idea di abolire l’obbligo nazionale per poi reintrodurlo legittimamente a livello regionale o dei singoli ospedali e RSA genererebbe disorientamento dei cittadini, contestazioni rispetto alle disposizioni adottate nelle singole strutture sanitarie e aumento delle tensioni con il personale sanitario. «Al contrario l’obbligo delle mascherine in ospedale e nelle RSA – sottolinea Cartabellotta – dovrebbe essere reso permanente, indipendentemente dalla pandemia in corso, al fine di proteggere al meglio le persone più vulnerabili da infezioni respiratorie di qualsiasi natura. E l’utilizzo di questo dispositivo, come indicato dalle autorità internazionali di sanità pubblica, è raccomandato in tutti gli ambienti al chiuso affollati e/o poco aerati».

Stop obbligo vaccinale per il personale sanitario e reintegro sanitari no-vax sospesi dal 1° novembre. Il potenziale impatto in termini di sanità pubblica sarebbe modesto, sia perché la misura viene anticipata di soli due mesi rispetto alla scadenza fissata, sia perché riguarda un numero esiguo di professionisti. «Ben diverso – rileva il Presidente – l’impatto in termini di percezione pubblica di questa “sanatoria” e delle relazioni con la stragrande maggioranza dei colleghi che si sono vaccinati per tutelare la salute dei pazienti e la propria, anche al fine di garantire la continuità di servizio. Peraltro, al di là di una scelta individuale incompatibile con l’esercizio di una professione sanitaria, si tratta di persone che hanno spesso seminato disinformazione pubblica sui vaccini, elevandosi a “paladini” del popolo no-vax, a volte con evidenti obiettivi di affermazione politica individuale». Se da un lato il loro reintegro lancia un messaggio profondamente antiscientifico, va ricordato che a livello locale possono essere stabilite disposizioni per affidare ai professionisti no-vax reintegrati attività diverse da quelle clinico-assistenziali, senza configurare demansionamento.

Stop alle multe per i no-vax over 50 che non hanno ottemperato all’obbligo vaccinale. La proposta - non all’ordine del giorno del CdM di oggi, ma comunque circolata nei giorni scorsi - è di una sospensione fino al 30 giugno 2023 delle multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale. «Proposta irrilevante dal punto di vista sanitario - commenta Cartabellotta - ma antiscientifica e fortemente diseducativa, visto che estende la “cultura della sanatoria” anche alle disposizioni che hanno l’obiettivo di tutelare la salute pubblica».

«La parola d’ordine “discontinuità” è assolutamente legittima in una repubblica democratica – conclude Cartabellotta - ma deve essere utilizzata anche per migliorare tutto quello che il Governo precedente non è riuscito a fare. Dalla raccolta più analitica dei dati sui pazienti ricoverati agli investimenti sugli impianti di aerazione e ventilazione dei locali chiusi; dall’accelerazione della copertura con i richiami vaccinali, all’implementazione di rigorosi protocolli terapeutici per le persone al rischio. Al momento, invece, la discontinuità sembra ridursi ad uno un mero smantellamento delle misure in atto e ad una vera e propria “amnistia” nell’illusorio tentativo di consegnare la pandemia all’oblio, ignorando le raccomandazioni delle autorità internazionali di sanità pubblica».


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27 ottobre 2022
Coronavirus: continua la discesa dei contagi (-14,4%). Tornano a scendere le terapie intensive (-8,7%), stabili i ricoveri (+1,6%) e decessi in lieve aumento (+2,8%). Quarta dose: scoperte 13,2 milioni di persone. Variante Cerberus: proseguire nuove vaccinazioni e richiami, rafforzare il sequenziamento e monitorare tutti gli indicatori della pandemia

IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE RILEVA, NELLA SETTIMANA 19-25 OTTOBRE, UN CALO DEI NUOVI CASI (236.023 vs 275.628) CHE RIGUARDA TUTTE LE REGIONI AD ECCEZIONE DELLA SICILIA. 27 PROVINCE CON OLTRE 500 CASI PER 100.000 ABITANTI. SOSTANZIALMENTE STABILE L’OCCUPAZIONE DEI POSTI LETTO IN AREA MEDICA (+113) E, DOPO 3 SETTIMANE, TORNANO A SCENDERE LE TERAPIE INTENSIVE (-22). LIEVE AUMENTO DEI DECESSI (559 vs 544) CON UNA MEDIA DI 80 AL GIORNO. SONO 6,8 MILIONI I NON VACCINATI, DI CUI 830 MILA GUARITI PROTETTI SOLO TEMPORANEAMENTE. 7,46 MILIONI DI PERSONE NON HANNO ANCORA RICEVUTO LA TERZA DOSE, DI CUI 2,36 MILIONI DI GUARITI CHE NON POSSONO RICEVERLA NELL’IMMEDIATO. QUARTE DOSI: TASSO DI COPERTURA NAZIONALE AL 21,4% CON NETTE DIFFERENZE REGIONALI: DAL 10% DELLA SICILIA AL 33% DEL PIEMONTE. NESSUN DATO UFFICIALE SULLA SOMMINISTRAZIONE DELLE QUINTE DOSI. ALLERTA ECDC SU VARIANTE CERBERUS: DIVENTERÀ DOMINANTE TRA METÀ NOVEMBRE E INIZIO DICEMBRE 2022, CON VEROSIMILE AUMENTO DEI CASI.

27 ottobre 2022 - Fondazione GIMBE, Bologna

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 19-25 ottobre 2022, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (236.023 vs 275.628) (figura 1) e un lieve aumento dei decessi (559 vs 544) (figura 2). Calano i casi attualmente positivi (499.999 vs 543.207) e le persone in isolamento domiciliare (492.661 vs 535.960); sostanzialmente stabili i ricoveri con sintomi (7.106 vs 6.993), in lieve calo le terapie intensive (232 vs 254) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: 559 (+2,8%), di cui 14 riferiti a periodi precedenti
  • Terapia intensiva: -22 (-8,7%)
  • Ricoverati con sintomi: +113 (+1,6%)
  • Isolamento domiciliare: -43.299 (-8,1%)
  • Nuovi casi: 236.023 (-14,4%)
  • Casi attualmente positivi: -43.208 (-8%)

Nuovi casi. «Per la seconda settimana consecutiva – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si registra un calo dei nuovi casi settimanali (-14,4%): da oltre 275 mila della scorsa settimana scendono a quota 236 mila, con una media mobile a 7 giorni di quasi 34 mila casi al giorno» (figura 4). Ad esclusione della Sicilia (+3,3%), il calo dei nuovi casi riguarda tutte le Regioni (dal -3,8% del Lazio al -34,5% della Provincia Autonoma di Bolzano) (tabella 1). In 99 Province si registra una diminuzione dei nuovi casi (dal -0,6% di Palermo al -37,2% di Biella), mentre in 8 Province si rileva un aumento dei casi: dal +1,2% di Cagliari al +38,7% di Trapani. L’incidenza supera i 500 casi per 100.000 abitanti in 27 Province: Venezia (680), Rovigo (665), Biella (660), Belluno (656), Padova (650), Treviso (630), Vicenza (614), Bolzano (589), Terni (581), Udine (571), Ferrara (552), Como (551), Gorizia (551), Alessandria (550), Torino (547), Perugia (544), Trento (538), Pordenone (537), Sondrio (536), Varese (528), Reggio nell'Emilia (524), Verona (519), Ravenna (515), Verbano-Cusio-Ossola (511), Pavia (508), Trieste (508) e Piacenza (507) (tabella 2).

Nuove varianti. Lo scorso 21 ottobre l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) ha pubblicato un report sulla nuova sub-variante Omicron BQ.1, ribattezzata “Cerberus”, segnalando:

  • Un’aumentata circolazione di questa variante in vari paesi europei: Francia (19%), Belgio (9%), Irlanda (7%), Paesi Bassi (6%) e Italia (5%).
  • Secondo le previsioni BQ1 e il suo sotto-lignaggio BQ1.1 diventeranno la variante dominante tra metà novembre e inizio dicembre 2022, con verosimile aumento dei casi nelle prossime settimane o mesi.
  • In base agli studi disponibili BQ.1 ha una rilevante capacità di sfuggire alla risposta immunitaria, indotta sia da vaccinazione che da infezione naturale. Al momento non ci sono evidenze che questa variante sia associata ad una maggiore gravità dell’infezione rispetto ad Omicron BA.4/BA.5.

«L’ECDC - sottolinea Cartabellotta - raccomanda a tutti i Governi di proseguire con la campagna di vaccinazione primaria e con tutti i richiami previsti, di rafforzare il sequenziamento, in termini di campionamento, frequenza e tempestività e di continuare il monitoraggio di tutti gli indicatori (contagi, ospedalizzazioni, ricoveri in terapia intensiva, decessi), specialmente negli over 65».

Reinfezioni. Secondo l’ultimo report dell’Istituto Superiore di Sanità, nel periodo 24 agosto 2021-19 ottobre 2022 in Italia sono state registrate oltre 1,28 milioni di reinfezioni, pari al 6,8% del totale dei casi. La loro incidenza nella settimana 12-19 ottobre è del 15% (n. 42.575 reinfezioni), in calo rispetto alla settimana precedente (16,4%).

Testing. Si registra una diminuzione del numero dei tamponi totali (-6,3%): da 1.504.956 della settimana 12-18 ottobre a 1.410.261 della settimana 19-25 ottobre. In particolare i tamponi rapidi sono calati del 7% (-88.351) e quelli molecolari del 2,7% (-6.344) (figura 5). La media mobile a 7 giorni del tasso di positività si riduce dal 12,3% all’11,1% per i tamponi molecolari e dal 19,4% al 17,6% per gli antigenici rapidi (figura 6).

Ospedalizzazioni. «Sul fronte degli ospedali – afferma Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – tornano a scendere le terapie intensive (-8,7%) dopo tre settimane consecutive di aumento, mentre si stabilizzano i ricoveri in area medica (+1,6%)». In termini assoluti, i posti letto COVID occupati in area critica, dopo aver raggiunto il massimo di 254 il 17 ottobre sono scesi a 232 il 25 ottobre; in area medica, dopo aver raggiunto il minimo di 3.293 il 24 settembre, hanno raggiunto quota 7.106 il 25 ottobre (figura 7). Al 25 ottobre il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti COVID è dell’11,2% in area medica (dal 5,1% del Molise al 35,8% di Umbria e Valle D’Aosta) e del 2,5% in area critica (dallo 0% di Molise e Valle D’Aosta al 5% dell’Abruzzo) (figura 8). «Tornano a scendere gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Mosti – con una media mobile a 7 giorni di 29 ingressi/die rispetto ai 34 della settimana precedente» (figura 9).

Decessi. In ulteriore lieve aumento il numero dei decessi: 559 negli ultimi 7 giorni (di cui 14 riferiti a periodi precedenti), con una media di 80 al giorno rispetto ai 78 della settimana precedente.

Vaccini: nuovi vaccinati. Nella settimana 19-25 ottobre calano i nuovi vaccinati: 1.411 rispetto ai 1.576 della settimana precedente (-10,5%) (figura 10).

Vaccini: persone non vaccinate. Al 26 ottobre (aggiornamento ore 06.27) sono 6,8 milioni le persone di età superiore a 5 anni che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino (figura 11), di cui:

  • 5,97 milioni attualmente vaccinabili, pari al 10,4% della platea (dal 7,9% del Lazio al 13,9% della Valle D’Aosta);
  • 0,83 milioni temporaneamente protette in quanto guarite da COVID-19 da meno di 180 giorni, pari all’1,4% della platea (dall’1% della Valle D’Aosta al 2,4% del Friuli Venezia-Giulia).

Vaccini: fascia 5-11 anni. Al 26 ottobre (aggiornamento ore 06.16) nella fascia 5-11 anni sono state somministrate 2.604.758 dosi: 1.407.900 hanno ricevuto almeno 1 dose di vaccino (di cui 1.288.257 hanno completato il ciclo vaccinale), con un tasso di copertura nazionale al 38,5% con nette differenze regionali: dal 21,1% della Provincia Autonoma di Bolzano al 53,9% della Puglia (figura 12).

Vaccini: terza dose. Al 26 ottobre (aggiornamento ore 06.16) sono state somministrate 40.247.068 terze dosi con una media mobile a 7 giorni di 3.971 somministrazioni al giorno. In base alla platea ufficiale (n. 47.703.593), aggiornata al 20 maggio, il tasso di copertura nazionale per le terze dosi è dell’84,4%: dal 78,4% della Sicilia all’88,3% della Lombardia. Sono 7,46 milioni le persone che non hanno ancora ricevuto la dose booster (figura 13), di cui:

  • 5,1 milioni possono riceverla subito, pari al 10,7% della platea (dal 7,2% del Piemonte al 18% della Sicilia);
  • 2,36 milioni non possono riceverla nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni, pari al 4,9% della platea (dal 2,5% della Valle D’Aosta al 7,3% del Veneto).

Vaccini: quarta dose. Secondo quanto disposto dalla Circolare del Ministero della Salute del 23 settembre 2022, la platea per il secondo richiamo (quarta dose) è di 19,1 milioni di persone: di queste, 13,2 milioni possono riceverlo subito, 1,8 milioni non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 4,1 milioni l’hanno già ricevuto. Al 26 ottobre (aggiornamento ore 06.16) sono state somministrate 4.092.138 quarte dosi, con una media mobile di 35.944 somministrazioni al giorno, in aumento rispetto alle 35.486 della scorsa settimana (+1,3%) (figura 14). In base alla platea ufficiale (n. 19.119.772 di cui 13.060.462 over 60, 3.990.080 fragili e immunocompromessi, 1.748.256 personale sanitario e 320.974 ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), aggiornata al 17 settembre, il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è del 21,4% con nette differenze regionali: dal 10% della Sicilia al 33% del Piemonte (figura 15).

Vaccini: quinta dose. Non è ancora disponibile nessun dato ufficiale sulle somministrazioni.

 

Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org


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20 ottobre 2022
Coronavirus: nell’ultima settimana i contagi tornano a scendere (-6,2%). Crescono ricoveri ordinari (+11,7%), terapie intensive (+13,4%) e decessi (+38,4%). Si allarga la platea della quinta dose. Quarta dose: scoperte 4 persone su 5

IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE RILEVA, NELLA SETTIMANA 12-18 OTTOBRE, UN CALO DEI NUOVI CASI (275.628 vs 293.902) CHE RIGUARDA TUTTE LE REGIONI AD ECCEZIONE DI PUGLIA, SARDEGNA E SICILIA. 50 PROVINCE CON OLTRE 500 CASI PER 100.000 ABITANTI. IN AUMENTO L’OCCUPAZIONE DEI POSTI LETTO IN AREA MEDICA (+734) CHE, DOPO AVER RAGGIUNTO IL MINIMO DI 3.293 IL 24 SETTEMBRE, ARRIVANO A QUOTA 6.993 IL 18 OTTOBRE. IN AUMENTO ANCHE LE TERAPIE INTENSIVE (+30). CRESCONO I DECESSI (544 VS 393) CON UNA MEDIA DI 78 AL GIORNO. SONO 6,8 MILIONI I NON VACCINATI, DI CUI 870 MILA GUARITI PROTETTI SOLO TEMPORANEAMENTE. 7,49 MILIONI DI PERSONE NON HANNO ANCORA RICEVUTO LA TERZA DOSE, DI CUI 2,31 MILIONI DI GUARITI CHE NON POSSONO RICEVERLA NELL’IMMEDIATO. QUARTE DOSI: COPERTURA NAZIONALE SOLO AL 20% E QUASI 34,3 MILA SOMMINISTRAZIONI GIORNALIERE, IN CRESCITA RISPETTO ALLE 28,5 MILA DELLA SCORSA SETTIMANA. RICHIAMI CON I VACCINI BIVALENTI: NUOVA CIRCOLARE DEL MINISTERO DELLA SALUTE AGGIORNA LE INDICAZIONI.

20 ottobre 2022 - Fondazione GIMBE, Bologna

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 12-18 ottobre 2022, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (275.628 vs 293.902) (figura 1) e un aumento dei decessi (544 vs 393) (figura 2). In aumento anche i casi attualmente positivi (543.207 vs 520.919), le persone in isolamento domiciliare (535.960 vs 514.436), i ricoveri con sintomi (6.993 vs 6.259) e le terapie intensive (254 vs 224) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: 544 (+38,4%), di cui 56 riferiti a periodi precedenti
  • Terapia intensiva: +30 (+13,4%)
  • Ricoverati con sintomi: +734 (+11,7%)
  • Isolamento domiciliare: +21.524 (+4,2%)
  • Nuovi casi: 275.628 (-6,2%)
  • Casi attualmente positivi: +22.288 (+4,3%)

Nuovi casi. «Per la prima volta dopo quattro settimane consecutive – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si registra un calo del numero dei nuovi casi settimanali (-6,2%): da quasi 294 mila della scorsa settimana scendono a quota 275 mila, con una media mobile a 7 giorni di oltre 39 mila casi al giorno» (figura 4). Ad esclusione di Puglia (+6,9%), Sardegna (+6,7%) e Sicilia (+7,8%), il calo dei nuovi casi riguarda tutte le Regioni (dal -0,2% della Basilicata al -13% dell’Abruzzo e della Provincia Autonoma di Trento) (tabella 1). In 75 Province si registra un calo dei nuovi casi (dal -0,1% di Asti al -20,2% di Frosinone; stabile la Provincia di Bari, mentre in 31 Province si registra un aumento dei casi: dal +0,2% di Catania al +24,4% di Enna. L’incidenza supera i 500 casi per 100.000 abitanti in 50 Province: Biella (1.050), Bolzano (894), Belluno (860), Sondrio (834), Verbano-Cusio-Ossola (804), Udine (790), Trento (787), Vicenza (774), Venezia (735), Padova (735), Treviso (726), Como (707), Rovigo (702), Terni (691), Torino (681), Trieste (680), Alessandria (667), Perugia (649), Asti (648), Lecco (644), Pordenone (635), Gorizia (621), Verona (617), Novara (612), Aosta (607), Piacenza (604), Ravenna (603), Vercelli (602), Varese (599), Cuneo (595), Ferrara (591), Pescara (584), Reggio nell'Emilia (575), Forlì-Cesena (572), Monza e della Brianza (558), Mantova (549), Rimini (536), Lodi (534), Pavia (532), Brescia (531), Ancona (527), Ascoli Piceno (527), Lucca (522), Macerata (521), La Spezia (519), L'Aquila (514), Fermo (511), Cremona (510), Chieti (506), Savona (503) (tabella 2).

Reinfezioni. Secondo l’ultimo report dell’Istituto Superiore di Sanità, nel periodo 24 agosto 2021-12 ottobre 2022 in Italia sono state registrate oltre 1,23 milioni di reinfezioni, pari al 6,7% del totale dei casi. La loro incidenza nella settimana 5-12 ottobre è del 16,2% (n. 51.884 reinfezioni), in aumento rispetto alla settimana precedente (15,5%).

Testing. Si registra un aumento del numero dei tamponi totali (+3,4%): da 1.455.353 della settimana 5-11 ottobre a 1.504.956 della settimana 12-18 ottobre. In particolare i tamponi rapidi sono aumentati del 3,7% (+45.129), mentre quelli molecolari dell’1,9% (+4.463) (figura 5). La media mobile a 7 giorni del tasso di positività si riduce dal 17,8% al 12,3% per i tamponi molecolari e dal 21,7% al 19,4% per gli antigenici rapidi (figura 6).

Ospedalizzazioni. «Sul fronte degli ospedali – afferma Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – le terapie intensive si confermano in aumento per la terza settimana consecutiva (+13,4%), e si registra un ulteriore aumento dei ricoveri in area medica (+11,7%)». In termini assoluti, i posti letto COVID occupati in area critica, dopo aver raggiunto il minimo di 125 il 25 settembre, sono risaliti a quota a 254 il 18 ottobre; in area medica, dopo aver raggiunto il minimo di 3.293 il 24 settembre, hanno raggiunto quota 6.993 il 18 ottobre (figura 7). Al 18 ottobre il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti COVID è dell’11% in area medica (dal 5,1% del Molise e della Puglia al 50,7% della Valle D’Aosta) e del 2,8% in area critica (dallo 0% della Basilicata e del Molise al 7,7% della Valle D’Aosta) (figura 8). «Prosegue l’aumento degli ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Mosti – con una media mobile a 7 giorni di 34 ingressi/die rispetto ai 29 della settimana precedente» (figura 9).

Decessi. Si conferma l’aumento dei decessi dopo l’inversione di tendenza della settimana precedente: 544 negli ultimi 7 giorni (di cui 56 riferiti a periodi precedenti), con una media di 78 al giorno rispetto ai 56 della settimana precedente.

Vaccini: nuovi vaccinati. Nella settimana 12-18 ottobre crescono i nuovi vaccinati: 1.484 rispetto ai 1.340 della settimana precedente (+10,7%) (figura 10).

Vaccini: persone non vaccinate. Al 19 ottobre (aggiornamento ore 06.27) sono 6,8 milioni le persone di età superiore a 5 anni che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino (figura 11), di cui:

  • 5,93 milioni attualmente vaccinabili, pari al 10,3% della platea (dal 7,8% del Lazio al 13,8% della Valle D’Aosta);
  • 0,87 milioni temporaneamente protette in quanto guarite da COVID-19 da meno di 180 giorni, pari al 1,5% della platea (dal 1,0% della Valle D’Aosta al 2,4% del Friuli Venezia-Giulia).

Vaccini: fascia 5-11 anni. Al 19 ottobre (aggiornamento ore 06.27) nella fascia 5-11 anni sono state somministrate 2.603.991 dosi: 1.407.463 hanno ricevuto almeno 1 dose di vaccino (di cui 1.287.782 hanno completato il ciclo vaccinale), con un tasso di copertura nazionale al 38,5% con nette differenze regionali: dal 21,1% della Provincia Autonoma di Bolzano al 53,9% della Puglia (figura 12).

Vaccini: terza dose. Al 19 ottobre (aggiornamento ore 06.27) sono state somministrate 40.214.903 terze dosi con una media mobile a 7 giorni di 3.580 somministrazioni al giorno. In base alla platea ufficiale (n. 47.703.593), aggiornata al 20 maggio il tasso di copertura nazionale per le terze dosi è dell’84,3%: dal 78,4% della Sicilia all’88,2% della Lombardia. Sono 7,49 milioni le persone che non hanno ancora ricevuto la dose booster (figura 13), di cui:

  • 5,18 milioni possono riceverla subito, pari al 10,8% della platea (dal 7,6% del Piemonte al 17,9% della Sicilia);
  • 2,31 milioni non possono riceverla nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni, pari al 4,8% della platea (dal 2,4% della Valle D’Aosta al 7% del Veneto).

Vaccini: quarta dose. Secondo quanto disposto dalla Circolare del Ministero della Salute del 23 settembre 2022, la platea per il secondo richiamo (quarta dose) è di 19,1 milioni di persone: di queste, 13,5 milioni possono riceverlo subito, 1,8 milioni non sono eleggibili nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni e 3,8 milioni l’hanno già ricevuto. Al 19 ottobre (aggiornamento ore 06.27) sono state somministrate 3.830.568 quarte dosi, con una media mobile di 34.264 somministrazioni al giorno, in aumento rispetto alle 28.469 della scorsa settimana (+20,4%) (figura 14). In base alla platea ufficiale (n. 19.119.772 di cui 13.060.462 over 60, 3.990.080 fragili e immunocompromessi, 1.748.256 personale sanitario e 320.974 ospiti delle RSA che non ricadono nelle categorie precedenti), aggiornata al 17 settembre, il tasso di copertura nazionale per le quarte dosi è del 20% rispetto al 18,7% della settimana precedente (dal 9,4% della Sicilia al 31,4% del Piemonte), ovvero 4 persone su 5 rimangono ancora scoperte (figura 15). ««Il tasso di copertura potrebbe risultare sovrastimato – sottolinea Mosti – perché la rendicontazione ufficiale include tutte le persone che ricevono la quarta dose: sia quelle incluse nella platea, sia quelle che la effettuano “su richiesta”».

Richiami anti-COVID-19 con i vaccini bivalenti. Vista l’aumentata circolazione del SARS-CoV-2 il Ministero della Salute - al fine di consolidare ulteriormente la protezione vaccinale vs le forme gravi di COVID-19 - il 17 ottobre 2022 ha pubblicato una nuova Circolare che aggiorna le indicazioni sui richiami con i vaccini bivalenti (tabella). In dettaglio, allarga la platea raccomandando un’ulteriore dose di richiamo (5a dose) per le persone di età ≥80 anni, gli ospiti delle strutture residenziali per anziani e le persone di età ≥60 anni con fragilità per patologie concomitanti/preesistenti, dopo almeno 120 giorni dalla dose precedente o dall’ultima infezione. La Circolare aggiunge che “su richiesta dell’interessato” tutti gli over 60 potranno effettuare un’ulteriore dose di vaccino bivalente. «La circolare – precisa Cartabellotta – ribadisce altresì la possibilità di somministrare il vaccino antinfluenzale e quello anti-SARS-CoV-2 nella stessa seduta vaccinale».

Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org


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14 ottobre 2022
5° rapporto GIMBE sul servizio sanitario nazionale. In 3 anni + € 11,2 miliardi alla sanità, ma erosi dalla pandemia. Spesa sanitaria pubblica pro-capite: Italia al 16° posto in Europa e ultima tra i paesi del G7. Nuovi LEA: esigibilità ed aggiornamento rimangono solo sulla carta. Regionalismo differenziato in sanità rischia di amplificare le diseguaglianze e il divario tra nord e sud. Rimettere la sanità al centro dell’agenda politica: da GIMBE il piano per il rilancio del SSN

IL DIRITTO COSTITUZIONALE ALLA TUTELA DELLA SALUTE SI STA TRASFORMANDO IN UN PRIVILEGIO PER POCHI, LASCIANDO INDIETRO LE PERSONE PIÙ FRAGILI E SVANTAGGIATE. IL 5° RAPPORTO GIMBE DIMOSTRA CHE “PATOLOGIE” E “FATTORI AMBIENTALI” CHE CONDIZIONAVANO LO STATO DI SALUTE DEL SSN IN ERA PRE-COVID SONO RIMASTI IRRISOLTI, FATTA ECCEZIONE PER IL NETTO RILANCIO DEL FINANZIAMENTO PUBBLICO, CHE L’EMERGENZA SANITARIA HA IMPOSTO ED EROSO AL TEMPO STESSO. NEL FRATTEMPO LA PANDEMIA PRESENTA IL CONTO DEI SUOI EFFETTI A MEDIO-LUNGO TERMINE: RITARDO NELL’EROGAZIONE DI PRESTAZIONI, IMPATTO DI NUOVI BISOGNI DI SALUTE E, SOPRATTUTTO, ULTERIORE INDEBOLIMENTO DEL PERSONALE SANITARIO. TENENDO ANCHE CONTO che dal programma della coalizione di centro-destra emergono solo proposte frammentate, LA FONDAZIONE GIMBE PROPONE UN PIANO PER IL RILANCIO DEFINITIVO DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE.

11 ottobre 2022 - Fondazione GIMBE, Roma

La Fondazione GIMBE ha presentato oggi presso la Sala Capitolare del Senato della Repubblica il 5° Rapporto sul Servizio Sanitario Nazionale (SSN): «All’alba della nuova Legislatura – esordisce il Presidente Nino Cartabellotta – la Fondazione GIMBE ribadisce con fermezza l’urgente necessità di rimettere la sanità al centro dall’agenda politica, perché il diritto costituzionale alla tutela della salute non può essere ostaggio dell’avvicendamento dei Governi. In una fase di grave crisi internazionale, che impone alla politica sfide estremamente ardue, occorre tenere i riflettori accesi sul rischio concreto di perdere, lentamente ma inesorabilmente, un modello di servizio sanitario pubblico, equo e universalistico, conquista sociale irrinunciabile per l’eguaglianza e la dignità di tutte le persone; e, senza una chiara visione sul futuro della sanità pubblica, di mancare la straordinaria opportunità offerta dal PNRR per rilanciare il SSN».

LO STATO DI SALUTE DEL SSN

Le analisi indipendenti condotte nell’ambito della campagna #SalviamoSSN da quasi dieci anni documentano costantemente la grave crisi di sostenibilità del SSN. «Ben prima dello scoppio della pandemia – ricorda il Presidente – la Fondazione GIMBE aveva rappresentato il SSN come un paziente cronico affetto da varie patologie che ne compromettevano lo stato di salute»: l’imponente definanziamento pubblico di circa € 37 miliardi nel decennio 2010-2019; l’incompiuta del DPCM sui nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) che aveva ampliato prestazioni e servizi a carico del SSN senza la necessaria copertura finanziaria; gli sprechi e le inefficienze a livello politico, organizzativo, professionale; l’espansione incontrollata dell’intermediazione assicurativo-finanziaria. «Un grave stato di salute – aggiunge Cartabellotta – ulteriormente compromesso da due “fattori ambientali” che rendevano poco salubre l’habitat del SSN: da un lato la non sempre leale collaborazione Stato-Regioni, dall’altro le aspettative spesso irrealistiche di cittadini e pazienti».

In questo contesto la pandemia COVID-19 ha confermato il cagionevole stato di salute del SSN, facendo emergere soprattutto l’imponente depauperamento del personale sanitario e la fragilità dell’assistenza territoriale, oltre che l’incapacità di attuare un’unica catena di comando. «Tuttavia se nel pieno dell’emergenza tutte le forze politiche convergevano sulla necessità di potenziare e rilanciare il SSN – chiosa il Presidente – progressivamente la sanità è stata nuovamente messa all’angolo, come emerge anche dalla recente analisi GIMBE sui programmi elettorali».

Il 5° Rapporto GIMBE dimostra che, di fatto, patologie e fattori ambientali che condizionavano lo stato di salute del SSN nell’era pre-COVID sono rimasti sostanzialmente irrisolti, fatta eccezione per il netto rilancio del finanziamento pubblico, che l’emergenza sanitaria ha al tempo stesso imposto ed eroso. «Peraltro, se oggi la pandemia non ha ancora mollato la presa – precisa Cartabellotta – presenta già il conto dei suoi effetti a medio-lungo termine»: dal ritardo nell’erogazione di prestazioni chirurgiche, ambulatoriali e di screening che hanno ulteriormente allungato le liste di attesa, all’impatto sul SSN di nuovi bisogni di salute, in particolare long-COVID e salute mentale. Ma soprattutto l’ulteriore indebolimento del personale sanitario: pensionamenti anticipati, burnout e demotivazione, licenziamenti volontari e fuga verso il privato lasciano sempre più scoperti settori chiave del SSN, in particolare i Pronto Soccorso, e deserti i numerosi concorsi. Per far fronte alla domanda di personale si ricorre così ad insolite modalità: cooperative di servizi, reclutamento di medici in pensione e chiamate di medici dall’estero. «Considerato che i consistenti investimenti per nuovi specialisti e medici di famiglia daranno i loro frutti non prima rispettivamente di 5 e 3 anni – spiega il Presidente – il nodo del personale sanitario è entrato nella sua fase più critica che richiede soluzioni straordinarie in tempi brevi».

LE PRIORITÀ POLITICHE PER IL NUOVO ESECUTIVO

A fronte delle rilevanti criticità del SSN, il Rapporto punta i riflettori sull’irripetibile occasione di svolta: oggi infatti le sfide della transizione digitale e dell’approccio One Health incrociano la fine della stagione dei tagli e, soprattutto, le grandi opportunità offerte dal PNRR, un “prezioso organo da trapiantare in un paziente con malattie multiple”. «Al fine di centrare i due obiettivi chiave della Missione 6 – spiega il Presidente – ovvero ridurre le diseguaglianze regionali ed ottenere il massimo ritorno di salute dalle risorse investite, è necessario predisporre le adeguate contromisure per fronteggiare le criticità che ostacolano l’attuazione del PNRR». Criticità di implementazione che riguardano vari ambiti:  differenze regionali (modelli organizzativi e performance dell’assistenza territoriale, attuazione del fascicolo sanitario elettronico), carenza di personale, eterogeneità delle modalità contrattuali vigenti sul territorio, scarsa attitudine alla collaborazione inter-professionale, offerta del privato accreditato, analfabetismo digitale di professionisti sanitari e cittadini, tempi di attuazione della legge delega sugli appalti pubblici, carico amministrativo di Regioni e Aziende sanitarie, aumento dei costi delle materie prime e, soprattutto, dell’energia.

«Considerato che dal programma della coalizione di centro-destra, dove convivono anime nazionaliste e spinte regionaliste, emergono solo proposte frammentate senza alcun piano di rilancio del SSN – precisa Cartabellotta – il Rapporto si concentra sulle tematiche politiche il cui indirizzo è fondamentale per determinare il destino del SSN».

  • Finanziamento pubblico. Rispetto agli € 8,2 miliardi del decennio 2010-2019, dal 2020 ad oggi è passato da € 113.810 miliardi a € 124.960 miliardi, un aumento di ben € 11,2 miliardi di cui € 5,3 miliardi assegnati con decreti COVID-19 (figura 1). «Se formalmente la stagione dei tagli alla sanità può ritenersi conclusa – precisa Cartabellotta – è evidente che il netto rilancio del finanziamento pubblico è stato imposto dall’emergenza pandemica e non dalla volontà politica di rafforzare in maniera strutturale il SSN». Una mancata intenzione confermata dalle previsioni del DEF 2022 e della NaDEF 2022 che nel triennio 2023-2025 prevedono una riduzione della spesa sanitaria media del’1,13% per anno e un rapporto spesa sanitaria/PIL che nel 2025 precipita al 6,1%, ben al di sotto dei livelli pre-pandemia. Nonostante le maggiori risorse investite, il confronto internazionale restituisce risultati simili a quelli dell’era pre-COVID: nel 2021 la spesa sanitaria totale in Italia è sostanzialmente pari alla media OCSE in termini di percentuale di PIL (9,5% vs 9,6%), ma inferiore come spesa pro-capite ($4.038 vs $ 4.435). Soprattutto, la spesa pubblica pro-capite nel nostro Paese è ben al di sotto della media OCSE ($ 3.052 vs $ 3.488) e in Europa ci collochiamo al 16° posto: ben 15 Paesi investono di più in sanità, con un gap dai $ 285 della Repubblica Ceca ai $ 3.299 della Germania (figura 2). «Francamente impietoso – commenta il Presidente – il confronto con i paesi del G7 sulla spesa pubblica: dal 2008 siamo fanalino di coda con gap sempre più ampi e oggi divenuti incolmabili (figura 3)».
  • Livelli Essenziali di Assistenza. Il Rapporto affronta le criticità relative ad aggiornamento, esigibilità e monitoraggio dei LEA. Innanzitutto non si è mai concretizzato il loro aggiornamento continuo per mantenere allineate le prestazioni all’evoluzione delle conoscenze scientifiche; in secondo luogo, le nuove prestazioni di specialistica ambulatoriale e protesica non sono esigibili su tutto il territorio nazionale perché il cd. “Decreto Tariffe” non è mai stato approvato per carenza di risorse economiche; infine il Nuovo Sistema di Garanzia, la nuova “pagella” con cui lo Stato darà i “voti” alle Regioni, non è affatto uno specchio fedele per valutare la qualità dell’assistenza. «A quasi sei anni dal DPCM che ha istituito i “nuovi LEA” – precisa Cartabellotta – le diseguaglianze regionali, in termini di esigibilità di prestazioni e servizi a carico del SSN, non dipendono solo dalle capacità di erogazione delle Regioni, ma affondano nell’impianto istituzionale di aggiornamento e verifica dei LEA. Un impianto che richiede una profonda revisione di responsabilità, metodi e strumenti, perché l’esigibilità di servizi e prestazioni sanitarie in tutto il territorio nazionale non rimanga solo sulla carta».
  • Regionalismo differenziato. Il Rapporto analizza in dettaglio le maggiori autonomie richieste in sanità da Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. Se alcune oggi rappresenterebbero uno strumento per fronteggiare la grave carenza di personale sanitario da estendere in tutto il Paese, altre rischiano di sovvertire totalmente gli strumenti di governance nazionale, altre ancora risultano francamente “eversive”. «La Fondazione GIMBE invita il nuovo Esecutivo a maneggiare con cura il regionalismo differenziato in sanità – puntualizza Cartabellotta – perché l’attuazione tout court delle maggiori autonomie richieste non potrà che esasperare le diseguaglianze regionali, ampliando il divario tra Nord e Sud del Paese».

 

 

 

 

IL PIANO DI RILANCIO DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

La Fondazione GIMBE ha da sempre ribadito che, se da un lato non esiste un piano occulto di smantellamento e privatizzazione del SSN, dall’altro manca un esplicito programma politico per il suo salvataggio. Al fine di orientare le decisioni politiche nella nuova Legislatura, il Rapporto contiene «un piano – spiega Cartabellotta – finalizzato non a una manutenzione ordinaria per una stentata sopravvivenza del SSN, ma all’attuazione di riforme e innovazioni di rottura per il rilancio definitivo di un pilastro fondante della nostra democrazia».

  • LA SALUTE IN TUTTE LE POLITICHE.  Mettere la salute al centro di tutte le decisioni politiche non solo sanitarie, ma anche ambientali, industriali, sociali, economiche e fiscali (health in all).
  • APPROCCIO ONE HEALTH. Attuare un approccio integrato alla gestione della salute, perché la salute dell’uomo, degli animali, delle piante e dell’ambiente, ecosistemi inclusi, sono strettamente interdipendenti.
  • GOVERNANCE STATO-REGIONI. Rafforzare le capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni, nel rispetto delle loro autonomie, per ridurre diseguaglianze, iniquità e sprechi.
  • FINANZIAMENTO PUBBLICO. Rilanciare il finanziamento pubblico per la sanità in maniera consistente e stabile, al fine di allinearlo alla media dei paesi europei.
  • LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA. Garantire l’uniforme esigibilità dei LEA in tutto il territorio nazionale, il loro aggiornamento continuo e rigoroso monitoraggio, al fine di ridurre le diseguaglianze e rendere rapidamente accessibili le innovazioni.
  • PROGRAMMAZIONE, ORGANIZZAZIONE E INTEGRAZIONE DEI SERVIZI SANITARI E SOCIO-SANITARI. Programmare l’offerta di servizi sanitari in relazione ai bisogni di salute della popolazione e renderla disponibile tramite reti integrate che condividono percorsi assistenziali, tecnologie e risorse umane, al fine di superare la dicotomia ospedale-territorio e quella tra assistenza sanitaria e sociale.
  • PERSONALE SANITARIO. Rilanciare le politiche sul capitale umano in sanità: investire sul personale sanitario, programmare adeguatamente il fabbisogno di medici, specialisti e altri professionisti sanitari, riformare i processi di formazione e valutazione delle competenze, al fine di valorizzare e motivare la colonna portante del SSN.
  • SPRECHI E INEFFICIENZE. Ridurre gli sprechi e le inefficienze che si annidano a livello politico, organizzativo e professionale, al fine di reinvestire le risorse recuperate in servizi essenziali e vere innovazioni, aumentando il value della spesa sanitaria.
  • RAPPORTO PUBBLICO-PRIVATO. Disciplinare l’integrazione pubblico-privato secondo i reali bisogni di salute della popolazione e regolamentare la libera professione per evitare diseguaglianze e iniquità di accesso. 
  • SANITÀ INTEGRATIVA. Avviare un riordino legislativo della sanità integrativa al fine di arginare fenomeni di privatizzazione, aumento delle diseguaglianze, derive consumistiche ed erosione di risorse pubbliche.
  • TICKET E DETRAZIONI FISCALI. Rimodulare ticket e detrazioni fiscali per le spese sanitarie, secondo princìpi di equità sociale e prove di efficacia di farmaci e prestazioni, al fine di evitare sprechi di denaro pubblico e ridurre il consumismo sanitario.
  • TRANSIZIONE DIGITALE. Diffondere la cultura digitale e promuovere le competenze tecniche tra professionisti sanitari e cittadini, al fine di massimizzare le potenzialità delle tecnologie digitali e di migliorare accessibilità ed efficienza in sanità e minimizzare le diseguaglianze.
  • INFORMAZIONE AI CITTADINI. Potenziare l’informazione istituzionale basata sulle migliori evidenze scientifiche, al fine di promuovere sani stili di vita, ridurre il consumismo sanitario, aumentare l’alfabetizzazione sanitaria della popolazione, contrastare le fake news e favorire decisioni informate sulla salute.
  • RICERCA SANITARIA. Destinare alla ricerca clinica indipendente e alla ricerca sui servizi sanitari un importo pari ad almeno il 2% del fabbisogno sanitario nazionale standard, al fine di produrre evidenze scientifiche per informare scelte e investimenti del SSN.

 

«A fronte di criticità globali quali crisi economica ed energetica, cambiamenti climatici e pandemia – conclude Cartabellotta – la politica deve saper cogliere le grandi opportunità per rilanciare il SSN: fine della stagione dei tagli alla sanità, PNRR, transizione digitale, approccio One Health. Un rilancio che il nostro Paese merita e che, con la collaborazione di tutti gli stakeholder, è in grado di realizzare per garantire il diritto costituzionale alla tutela della salute a tutte le persone. Un diritto fondamentale che, silenziosamente, si sta trasformando in un privilegio per pochi, lasciando indietro le persone più fragili e svantaggiate. Perché se la Costituzione tutela la salute di tutti, la sanità deve essere per tutti».

La versione integrale del 5° Rapporto GIMBE è disponibile a: www.salviamo-ssn.it/5-rapporto  


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Pagina aggiornata il 22/06/2022