Comunicati stampa
16 dicembre 2021
Coronavirus, l’epidemia non rallenta: nuovi casi (+17,8%), ricoveri (+17,9%), terapie intensive (+11,2%) e decessi (+18,8%). Oltre 250 casi per 100 mila abitanti in 26 province. In 7 giorni +236 mila nuovi vaccinati 22,9 milioni di terze dosi. Con attuale sistema a colori e variante Omicron si va verso una silenziosa e pericolosa congestione degli ospedali
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE RILEVA, NELLA SETTIMANA 8-14 DICEMBRE, UN AUMENTO DEI NUOVI CASI IN TUTTE LE REGIONI TRANNE FRIULI-VENEZIA GIULIA, MOLISE E PROVINCIA DI BOLZANO. AUMENTANO I RICOVERI IN AREA MEDICA (+1.085), IN TERAPIA INTENSIVA (+87) E I DECESSI (663 VS 558). VACCINAZIONI: L’80,5% DELLA POPOLAZIONE HA RICEVUTO ALMENO UNA DOSE, MA LE PERSONE NON VACCINATE SONO QUASI 6,4 MILIONI. NEL PERIODO 8-14 DICEMBRE SUPERATO IL TARGET DELLA STRUTTURA COMMISSARIALE (+383 MILA SOMMINISTRAZIONI); AUMENTANO I NUOVI VACCINATI (+5,8%) E I RICHIAMI (+8,8%). PANDEMIA IN FASE CRITICA PER LA CONVERGENZA DI VARI FATTORI: STAGIONE INVERNALE, RITARDO INIZIALE NELLA SOMMINISTRAZIONE DELLE TERZE DOSI, ZOCCOLO DURO DI NON VACCINATI, FESTIVITÀ NATALIZIE E SOPRATTUTTO LA VARIANTE OMICRON, DESTINATA SECONDO L’ECDC A DIVENTARE PREVALENTE IN EUROPA NEI PRIMI MESI DEL 2022.
16 dicembre 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 8-14 dicembre 2021, rispetto alla precedente, un aumento di nuovi casi (124.568 vs 105.771) (figura 1) e decessi (663 vs 558) (figura 2). In aumento anche i casi attualmente positivi (297.394 vs 240.894), le persone in isolamento domiciliare (289.368 vs 234.040), i ricoverati con sintomi (7.163 vs 6.078) e le terapie intensive (863 vs 776) (figura 3).
In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 663 (+18,8%), di cui 21 riferiti a periodi precedenti
- Terapia intensiva: +87 (+11,2%)
- Ricoverati con sintomi: +1.085 (+17,9%)
- Isolamento domiciliare: +55.328 (+23,6%)
- Nuovi casi: 124.568 (+17,8%)
- Casi attualmente positivi: +56.500 (+23,5%)
«Da due mesi – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – continuano ad aumentare i nuovi casi con una media mobile a 7 giorni che passa da 2.456 il 15 ottobre a 17.795 il 14 dicembre» (figura 4). Incrementano nettamente i rapporti positivi/persone testate (da 3,6% a 23,9%) (figura 1), positivi/tamponi molecolari (da 2,4% a 9,5%) e positivi/tamponi antigenici rapidi (da 0,07% a 0,81%) (figura 5).
In tutte le Regioni ad eccezione di Friuli-Venezia Giulia, Molise e Provincia Autonoma di Bolzano si rileva un incremento percentuale dei nuovi casi: dal 4,4% dell’Abruzzo al 94,8% della Basilicata (tabella 1). In 26 Province l’incidenza supera i 250 casi per 100.000 abitanti: Trieste (601), Treviso (573), Bolzano (568), Padova (552), Vicenza (541), Imperia (450), Venezia (434), Rimini 411), Verbano-Cusio-Ossola (361), Pordenone (346), Gorizia (332), Forlì-Cesena (330), Ravenna (321), Verona (320), Rovigo (298), Aosta (290), Savona (288), Ferrara (287), Belluno (286), Reggio nell'Emilia (285), Bologna (268), Varese (267), Trento (265), Monza e della Brianza (260), Mantova (253) e Biella (252) (tabella 2).
In aumento anche i decessi: 663 negli ultimi 7 giorni (di cui 21 riferiti a periodi precedenti), con una media di 95 al giorno rispetto agli 80 della settimana precedente.
«Sul fronte ospedaliero – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – aumentano ancora i posti letto occupati da pazienti COVID: +17,9% in area medica e +11,2% in terapia intensiva rispetto alla settimana precedente». A livello nazionale, al 14 dicembre, il tasso di occupazione da parte di pazienti COVID è dell’11,9% in area medica e del 9,5% in area critica, con notevoli differenze regionali: la Provincia Autonoma di Bolzano supera la soglia del 15% in area medica (17,2%) e del 20% in area critica (22%); le soglie del 15% per l’area medica e del 10% per l’area critica risultano entrambe superate in Calabria (19,4% area medica e 11,0% area critica), Friuli-Venezia Giulia (24,5% area medica e 16,0% area critica), Liguria (17,0% area medica e 12,2% area critica) e Provincia Autonoma di Trento (19,7% area medica e 20,0% area critica). Inoltre, per l’area medica si colloca sopra la soglia del 15% la Valle D’Aosta (21,2%), mentre per l’area critica superano la soglia del 10% Emilia-Romagna (10,3%), Lazio (12,0%), Marche (14,4%), Molise (10,3%) e Veneto (13,3%) (figura 6).
Nonostante l’aumentata pressione sugli ospedali, nelle ultime settimane si è progressivamente ridotta la percentuale dei pazienti ricoverati in area medica e in terapia intensiva sul totale degli attualmente positivi. In particolare, per l’area medica la media mobile a 7 giorni è scesa dal 3,47% del 7 novembre al 2,41% del 14 dicembre e per le terapie intensive dallo 0,47% del 21 ottobre allo 0,30% del 14 dicembre (figura 7). «A fronte di un numero di tamponi sostanzialmente stabile – spiega Cartabellotta – questo dato è verosimilmente da imputare all’incremento delle terze dosi, che riportano l’efficacia a valori più elevati».
«Sul fronte delle terapie intensive – puntualizza Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – preoccupa tuttavia l’aumento degli ingressi giornalieri: la media mobile a 7 giorni sale a 70 ingressi/die rispetto ai 59 della settimana precedente» (figura 8).
Vaccini: forniture. Al 15 dicembre (aggiornamento ore 06.18) risultano consegnate 106.054.901 dosi. «Con solo 874 mila dosi consegnate negli ultimi 7 giorni – commenta Mosti – e l’attuale ritmo delle somministrazioni, calano le scorte di vaccini a mRNA». Sul repository ufficiale risultano disponibili 1,2 milioni di dosi di Pfizer e 2 milioni di dosi di Moderna, ma la rendicontazione di queste ultime non tiene conto che per i richiami viene utilizzata solo mezza dose: pertanto le dosi disponibili potrebbero essere molte di più. «In tal senso – aggiunge Mosti – è indispensabile conteggiare le dosi effettive impiegate del vaccino Moderna e modificare le modalità di rendicontazione».
Vaccini: somministrazioni. Al 15 dicembre (aggiornamento ore 06.18) l’80,5% della popolazione (n. 47.696.102) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+218.456 rispetto alla settimana precedente) e il 77,6% (n. 45.975.355) ha completato il ciclo vaccinale (+144.773 rispetto alla settimana precedente) (figura 9). In aumento nella settimana 6-12 dicembre il numero di somministrazioni (n. 3.272.324), con una media mobile a 7 giorni di oltre 460 mila somministrazioni/die: crescono dell’8,8% le terze dosi (n. 2.903.412) e del 5,8% i nuovi vaccinati (n. 236.606) (figura 10).
I target definiti dalla struttura commissariale nel periodo 8-14 dicembre sono stati sempre superati, fatta eccezione per l’8 dicembre: complessivamente sono state somministrate 383.359 dosi in più rispetto alle 2.850.000 previste.
Vaccini: nuovi vaccinati. Nella settimana 6-12 dicembre il numero dei nuovi vaccinati è salito a 236.606 (+5,8%) rispetto ai 223.116 della settimana precedente (figura 11). Sono tuttavia ancora quasi 6,4 milioni le persone senza nemmeno una dose, tra cui preoccupano da un lato 2,45 milioni di over 50 ad elevato rischio di malattia grave e ospedalizzazione, dall’altro 1,02 milioni nella fascia 12-19 anni che aumentano la circolazione del virus nelle scuole (figura 12).
Vaccini: coperture. Le coperture con almeno una dose di vaccino sono molto variabili nelle diverse fasce d’età (dal 97,6% degli over 80 al 79,6% della fascia 12-19), così come sul fronte dei richiami, che negli over 80 hanno raggiunto il 64,6%, nella fascia 70-79 il 40,7% e in quella 60-69 anni il 32,7% (figura 13).
Vaccini: efficacia. La necessità della dose booster è ben documentata dai dati dell’Istituto Superiore di Sanità che dimostrano la riduzione dell’efficacia vaccinale dopo 5 mesi dal completamento del ciclo vaccinale primario. In particolare:
- l’efficacia sulla diagnosi scende in media dal 74,3% per i vaccinati entro 5 mesi al 39,6% per i vaccinati da più di 5 mesi, per poi risalire al 76,7% dopo il richiamo;
- l’efficacia sulla malattia severa scende in media dal 92,6% per i vaccinati entro 5 mesi all’83,7% per i vaccinati da più di 5 mesi, per poi risalire al 93,3% dopo il richiamo.
Complessivamente nelle persone vaccinate con ciclo completo (più eventuale dose di richiamo), rispetto a quelle non vaccinate, nelle varie fasce d’età si riduce l’incidenza di diagnosi (del 65,5-76,1%) e soprattutto di malattia grave (dell’82,9-93,3% per ricoveri ordinari; dell’89,9-97,1% per le terapie intensive) e decesso (del 78,9-96,7%) (figura 14).
Vaccini: terza dose. Al 15 dicembre (aggiornamento ore 06.18) sono state somministrate 12.563.534 terze dosi con una media mobile a 7 giorni che si è stabilizzata intorno alle 400 mila somministrazioni al giorno (figura 15). In base alla platea ufficiale (n. 20.447.664) il tasso di copertura nazionale per le terze dosi è del 61,4% con nette differenze regionali, dal 45,7% della Sicilia al 71,2% della Toscana (figura 16). Il dato è tuttavia sovrastimato per il mancato inserimento nella platea delle persone che a partire dal 1° dicembre hanno progressivamente raggiunto il quinto mese dal completamento del ciclo vaccinale.
Variante omicron. Lo scorso 26 novembre la variante omicron (B.1.1.529) è stata definita variante di preoccupazione (Variant of Concern - VoC) dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Secondo lo European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) la variante omicron è stata rilevata in 69 Paesi e, considerata la sua elevata trasmissibilità, è verosimilmente già presente in molti altri. In Italia, secondo i dati ECDC, i casi riportati sono 27 e a livello europeo è in aumento l’incidenza dei contagi locali rispetto a quelli “importati” da altri Paesi. Sebbene i dati sull’impatto della variante omicron siano ancora limitati, l’OMS il 10 dicembre ha sintetizzato le evidenze preliminari nel report “Enhancing Readiness for Omicron (B.1.1.529): Technical Brief and Priority Actions for Member States” e l’ECDC il 14 dicembre ha pubblicato il report “Assessment of the further emergence and potential impact of the SARS-CoV-2 Omicron variant of concern in the context of ongoing transmission of the Delta variant of concern in the EU/EEA”. In sintesi:
- Trasmissibilità: i dati epidemiologici provenienti dal Sudafrica e da alcuni Paesi europei (in particolare Danimarca e Inghilterra) mostrano che la variante omicron è più contagiosa della delta con un tempo di raddoppio dei casi attualmente stimato intorno a 2-3 giorni. Non è ancora chiaro se la rapida crescita nei Paesi con elevati tassi di copertura vaccinale dipenda dalla capacità del virus di sfuggire alla risposta immunitaria, dall’aumento di trasmissibilità o dalla combinazione di entrambi i fattori.
- Evasione immunitaria: sembra emergere una maggiore incidenza di reinfezioni in persone guarite e una ridotta efficacia dei vaccini. A tal proposito, i dati del Public Health England mostrano che l’efficacia di due dosi di vaccino sulla malattia sintomatica si riduce nettamente, ma risale dopo la somministrazione della terza dose (circa 70-75%). Non ci sono ancora, tuttavia, dati robusti e conclusivi sull’efficacia dei vaccini nei confronti delle forme severe di malattia da variante omicron.
- Severità della malattia: anche se i dati sudafricani suggeriscono che questa variante possa causare un quadro clinico meno severo e quasi tutti i casi riportati in Europa sono lievi o asintomatici, le evidenze in tal senso non sono ancora robuste. Peraltro, anche se la malattia fosse più lieve, l’aumento consistente dei casi potrebbe comunque determinare un incremento in termini assoluti delle forme severe, con conseguente sovraccarico ospedaliero.
In questo scenario OMS ed ECDC hanno classificato il rischio della diffusione della variante omicron come molto alto, raccomandando di rafforzare sorveglianza e sequenziamento, di accelerare la somministrazione di vaccini e richiami (l’ECDC raccomanda di accorciare il tempo del richiamo a 3 mesi invece di 5) e di potenziare le misure non farmacologiche per il contenimento dell’epidemia: mascherine, distanziamento sociale ed evitare assembramenti, igiene delle mani, ventilazione degli ambienti chiusi, smartworking.
«Il nostro Paese – conclude Cartabellotta – è entrato in una fase critica della pandemia per la convergenza di vari fattori: la stagione invernale, gli oltre 6 milioni di non vaccinati, il netto ritardo iniziale nella somministrazione delle terze dosi, le imminenti festività natalizie che aumenteranno contatti sociali e contagi e, soprattutto, la progressiva diffusione della variante omicron che secondo l’ECDC diventerà prevalente in Europa entro i primi due mesi del 2022. In questo contesto, le ultime misure del Governo, che mirano ad innalzare la protezione nei confronti del virus, non hanno modificato i criteri per assegnare i colori alle Regioni, definiti quando non erano noti il declino dell’efficacia vaccinale e la necessità delle terze dosi e non incombeva la minaccia di una variante così preoccupante. Criteri che lasciano alle Regioni la massima autonomia nell’aumentare la disponibilità di posti letto per ridurre i tassi di occupazione, con il rischio di congestionare silenziosamente gli ospedali e limitare l’accesso alle cure ai pazienti non COVID».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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9 dicembre 2021
Coronavirus: aumentano nuovi casi (+22,4%), ricoveri (+16,3%), terapie intensive (+13,6%) e decessi (+12%). Oltre 150 casi per 100 mila abitanti in 52 province. Accelera la campagna vaccinale: in una settimana +223 mila nuovi vaccinati e oltre 2,6 milioni di richiami
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE RILEVA, NELLA SETTIMANA 1-7 DICEMBRE, UN AUMENTO DEI NUOVI CASI CHE INTERESSA TUTTE LE REGIONI AD ECCEZIONE DI MOLISE E VALLE D’AOSTA. CRESCONO I RICOVERI IN AREA MEDICA (+851), IN TERAPIA INTENSIVA (+93) E I DECESSI (558), MA GRAZIE AI RICHIAMI SI RIDUCE LA PERCENTUALE DEI POSITIVI CHE RICHIEDE OSPEDALIZZAZIONE. VACCINAZIONI: L’80,1% DELLA POPOLAZIONE HA RICEVUTO ALMENO UNA DOSE DI VACCINO, MA RIMANGONO SCOPERTI 2,5 MILIONI DI OVER 50 AD ELEVATO RISCHIO DI OSPEDALIZZAZIONE. TARGET SOMMINISTRAZIONI DELLA STRUTTURA COMMISSARIALE SUPERATO NEL PERIODO 1-7 DICEMBRE. AUMENTANO ANCORA I NUOVI VACCINATI (+31,7%) ED È BOOM DI TERZE DOSI (+52,6%). LE IMMINENTI FESTIVITÀ IMPONGONO LA MASSIMA PRUDENZA NEI COMPORTAMENTI INDIVIDUALI E RICHIEDONO DI MANTENERE ALTO IL RITMO DELLE VACCINAZIONI.
9 dicembre 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 1-7 dicembre 2021, rispetto alla precedente, un aumento di nuovi casi (105.771 vs 86.412) (figura 1) e decessi (558 vs 498) (figura 2). Crescono anche i casi attualmente positivi (240.894 vs 194.270), le persone in isolamento domiciliare (234.040 vs 188.360), i ricoveri con sintomi (6.078 vs 5.227) e le terapie intensive (776 vs 683) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 558 (+12%), di cui 17 riferiti a periodi precedenti
- Terapia intensiva: +93 (+13,6%)
- Ricoverati con sintomi: +851 (+16,3%)
- Isolamento domiciliare: +45.680 (+24,3%)
- Nuovi casi: 105.771 (+22,4%)
- Casi attualmente positivi: +46.624 (+24%)
«Da 7 settimane – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – continuano ad aumentare i nuovi casi con una media mobile a 7 giorni più che sestuplicata: da 2.456 il 15 ottobre a 15.110 il 7 dicembre» (figura 4). Il netto aumento della circolazione virale è documentato dall’incremento sia del rapporto positivi/persone testate (da 3,6% a 19,6%) (figura 1), sia del rapporto positivi/tamponi molecolari (da 2,4% a 8%) e positivi/tamponi antigenici rapidi (da 0,07% a 0,54%) (figura 5).
In tutte le Regioni tranne Molise e Valle D’Aosta si rileva un incremento percentuale dei nuovi casi: dall’1,8% delle Marche al 50,3% dell’Umbria (tabella 1). In 52 Province l’incidenza è pari o superiore a 150 casi per 100.000 abitanti: Trieste (694), Bolzano (651), Treviso (467), Padova (405), Vicenza (391), Venezia (390), Rimini (379), Gorizia (377), Imperia (367), Pordenone (365), Forlì-Cesena (356), Ravenna (299), Aosta (276), Belluno (276), Rovigo (273), Verbano-Cusio-Ossola (267), Ferrara (253), Savona (244), Bologna (244), Udine (244), Ascoli Piceno (239), Verona (235), Trento (233), Viterbo (226), Varese (224), Teramo (216), Roma (200), Ancona (197), Mantova (197), Monza e Brianza (197), Fermo (190), Modena (185), Genova (182), Reggio di Calabria (177), Asti (176), Torino (176), Milano (175), Massa Carrara (175), Brescia 175), La Spezia (174), Cuneo (174), Napoli (168), Grosseto (165), Como (164), Biella (164), Pesaro e Urbino 163), Messina (162), Cremona (160), Novara (155), Caltanissetta (154), Pistoia (152), e Reggio nell’Emilia (151) (tabella 2).
Aumentano anche i decessi: 558 negli ultimi 7 giorni (di cui 17 riferiti a periodi precedenti), con una media di 80 al giorno rispetto ai 71 della settimana precedente.
«Sul fronte ospedaliero – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – si rileva un ulteriore incremento dei posti letto occupati da pazienti COVID: rispetto alla settimana precedente +16,3% in area medica e +13,6% in terapia intensiva». A livello nazionale, al 7 dicembre il tasso di occupazione è del 10% in area medica e del 9% in area critica, con notevoli differenze regionali: le soglie del 15% per l’area medica e del 10% per l’area critica risultano entrambe superate in Calabria (16% area medica e 11% area critica), Friuli-Venezia Giulia (24% area medica e 16% area critica) e Provincia Autonoma di Bolzano (20% area medica e 17% area critica). Inoltre, per l’area medica si colloca sopra soglia la Valle D’Aosta (20%), mentre per l’area critica superano la soglia Lazio (11%), Liguria (12%), Marche (12%), Provincia Autonoma di Trento (13%) e Veneto (12%) (figura 6).
Nonostante l’aumento della pressione sugli ospedali, nelle ultime settimane si è progressivamente ridotta la percentuale dei pazienti ricoverati in area medica e in terapia intensiva sul totale degli attualmente positivi. In particolare, per l’area medica la media mobile a 7 giorni è scesa dal 3,47% del 7 novembre al 2,50% del 6 dicembre e per le terapie intensive dallo 0,47% del 21 ottobre allo 0,33% del 6 dicembre.
«Rispetto allo scorso autunno – spiega Cartabellotta – la percentuale di pazienti che necessita di ricovero ospedaliero sul totale dei positivi si è dimezzata grazie alla protezione del ciclo vaccinale primario nei confronti delle forme severe di malattia. Inoltre, a fronte di un numero di tamponi pressoché costante, è verosimile che la riduzione della percentuale dei pazienti ospedalizzati nelle ultime settimane sia correlata al progressivo incremento delle terze dosi somministrate, che riportano l’efficacia a valori più elevati».
«Rallenta – puntualizza Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – l’incremento degli ingressi giornalieri in terapia intensiva: la media mobile a 7 giorni cresce da 56 ingressi/die della settimana precedente a 59» (figura 7).
Vaccini: forniture. All’8 dicembre (aggiornamento ore 06.32) risultano consegnate 105.174.747 dosi. «Le forniture degli ultimi 7 giorni – commenta Mosti – ammontano a 3,1 milioni di dosi, ma con l’attuale ritmo delle somministrazioni calano le scorte di vaccini a mRNA, che si attestano a quota 5,7 milioni». Sul fronte delle forniture, il Commissario all’emergenza ha annunciato inoltre l’imminente distribuzione di 1,5 milioni di dosi pediatriche di vaccino a mRNA Pfizer per consentire alle Regioni e Province Autonome di avviare dal 16 dicembre la vaccinazione della fascia 5-11 anni .
Vaccini: somministrazioni. All’8 dicembre (aggiornamento ore 06.32) l’80,1% della popolazione (n. 47.477.646) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+251.527 rispetto alla settimana precedente) e il 77,3% (n. 45.830.582) ha completato il ciclo vaccinale (+147.509 rispetto alla settimana precedente) (figura 8). Nell’ultima settimana il numero di somministrazioni (n. 3.000.485) è aumentato del 46,8%, con una media mobile a 7 giorni di 461.452 somministrazioni/die: crescono del 52,6% le terze dosi (n. 2.644.894) e del 31,7% i nuovi vaccinati (n. 223.116) (figura 9).
I target definiti dalla struttura commissariale per il periodo 1-7 dicembre sono stati superati in tutte le giornate, ad eccezione di domenica 5 dicembre; complessivamente sono state somministrate 480.162 dosi in più rispetto alle 2.750.000 previste.
Vaccini: nuovi vaccinati. Nella settimana 29 novembre-5 dicembre il numero dei nuovi vaccinati è salito a 223.116 (+31,7%) rispetto ai 169.397 della settimana precedente (figura 10). Sono tuttavia ancora 6,6 milioni le persone senza nemmeno una dose, di cui preoccupano da un lato 2,51 milioni di over 50 ad elevato rischio di malattia grave e ospedalizzazione, dall’altro 1,09 milioni nella fascia 12-19 anni che aumentano la circolazione del virus nelle scuole (figura 11).
Vaccini: coperture. Le coperture con almeno una dose di vaccino sono molto variabili nelle diverse fasce d’età (dal 97,5% degli over 80 al 78,2% della fascia 12-19), così come accade sul fronte dei richiami, che negli over 80 hanno raggiunto il 59,3%, nella fascia 70-79 il 30,5% e in quella 60-69 anni il 24,2% (figura 12).
Vaccini: efficacia. La necessità della dose booster è ben documentata dai dati dell’Istituto Superiore di Sanità che dimostrano la riduzione dell’efficacia vaccinale dopo 5 mesi dal completamento del ciclo primario. In dettaglio:
- l’efficacia sulla diagnosi scende in media dal 75,3% per i vaccinati entro 5 mesi al 43,9% per i vaccinati da più di 5 mesi;
- l’efficacia sulla malattia severa scende in media dal 92,5% per i vaccinati entro 5 mesi all’84,8% per i vaccinati da più di 5 mesi.
Complessivamente nelle persone vaccinate con ciclo completo (più eventuale dose di richiamo), rispetto a quelle non vaccinate, nelle varie fasce d’età si riduce l’incidenza di diagnosi (del 65,7-74,9%) e soprattutto di malattia grave (dell’82,9-93,5% per ricoveri ordinari; dell’89,1-100% per le terapie intensive) e decesso (del 77,8-97%) (figura 13).
Vaccini: terza dose. All’8 dicembre (aggiornamento ore 06.32) sono state somministrate 9.609.029 terze dosi con una media mobile a 7 giorni che ha superato le 400 mila somministrazioni al giorno (figura 14). In base alla platea ufficiale (n. 20.548.124) – aggiornata al 1 dicembre – il tasso di copertura vaccinale per le terze dosi è del 46,8% con nette differenze regionali, dal 33,2% della Valle D’Aosta al 57,4% della Toscana (figura 15).
«Per il periodo delle imminenti festività natalizie – conclude Cartabellotta – se da un lato è impossibile fare previsioni affidabili, dall’altro esistono alcune ragionevoli certezze. Innanzitutto, con il trend attuale di crescita dei nuovi casi - anche se l’impatto sugli ospedali è “ammortizzato” dai vaccini - nelle prossime 4 settimane diverse Regioni cambieranno colore. In secondo luogo, per contenere la circolazione del virus e, soprattutto, la pressione sugli ospedali, è cruciale convincere gli indecisi a vaccinarsi e accelerare con i richiami. Infine, le aumentate occasioni di contatti sociali durante le feste impongono massima cautela nei comportamenti individuali: utilizzare la mascherina negli ambienti chiusi, possibilmente FFP2 se affollati, rispettare il distanziamento sociale e ventilare frequentemente i locali, anche a casa in occasione di riunioni con parenti e amici».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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2 dicembre 2021
Coronavirus: crescono ancora nuovi casi (+25,1%), ricoveri (+13,7%), terapie intensive (+22%) e decessi (+14%). 32 Province sopra 150 casi per 100 mila abitanti. Aumentano (+35%) i nuovi vaccinati e decollano terze dosi (+52,5%), ma nuovi target poco realistici nei giorni festivi. Variante Omicron: l’incertezza impone massima precauzione
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE RILEVA, NELLA SETTIMANA 24-30 NOVEMBRE, UN AUMENTO DEI NUOVI CASI CHE INTERESSA TUTTE LE REGIONI. CRESCE LA PRESSIONE SUGLI OSPEDALI (+630 RICOVERI IN AREA MEDICA, +123 IN TERAPIA INTENSIVA) E AUMENTANO I DECESSI (498). VACCINAZIONI: QUASI L’80% DELLA POPOLAZIONE HA RICEVUTO ALMENO UNA DOSE DI VACCINO E NEGLI ULTIMI 7 GIORNI AUMENTANO I NUOVI VACCINATI MA ANCORA 6,8 MLN DI PERSONE E 2,6 MLN DI OVER 50 SONO SENZA ALCUNA COPERTURA. VARIANTE OMICRON: IN ASSENZA DI EVIDENZE INDISPENSABILE POTENZIARE SEQUENZIAMENTO, TRACCIAMENTO E MONITORAGGIO FOCOLAI, ACCELERARE CON VACCINAZIONI E TERZE DOSI, IN PARTICOLARE PER ANZIANI E FRAGILI, UTILIZZARE MASCHERINE E DISTANZIAMENTO.
2 dicembre 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 24-30 novembre 2021, rispetto alla precedente, un aumento di nuovi casi (86.412 vs 69.060) (figura 1) e un aumento dei decessi (498 vs 437) (figura 2). Crescono anche i casi attualmente positivi (194.270 vs 154.510), le persone in isolamento domiciliare (188.360 vs 149.353), i ricoveri con sintomi (5.227 vs 4.597) e le terapie intensive (683 vs 560) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 498 (+14%), di cui 14 riferiti a periodi precedenti
- Terapia intensiva: +123 (+22%)
- Ricoverati con sintomi: +630 (+13,7%)
- Isolamento domiciliare: +39.007 (+26,1%)
- Nuovi casi: 86.412 (+25,1%)
- Casi attualmente positivi: +39.760 (+25,7%)
«Da sei settimane consecutive – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – continuano ad aumentare a livello nazionale i nuovi casi settimanali (+25,1%) con una media mobile a 7 giorni più che quintuplicata: da 2.456 il 15 ottobre a 12.345 il 30 novembre» (figura 4). L’aumentata circolazione virale è documentata dall’incremento sia del rapporto positivi/persone testate (da 3,6% a 17,1%) (figura 1), sia del rapporto positivi/tamponi molecolari (da 2,4% a 7,2%) e positivi/tamponi antigenici rapidi (da 0,07% a 0,38%) (figura 5).
In tutte le Regioni si rileva un incremento percentuale dei nuovi casi: dal 3,2% di Abruzzo e Umbria al 39% delle Marche (tabella 1). In 98 Province l’incidenza è pari o superiore a 50 casi per 100.000 abitanti e in 16 Regioni tutte le Province superano tale soglia: Abruzzo, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto. In 32 Province si registrano oltre 150 casi per 100.000 abitanti: Trieste (635), Bolzano (552), Gorizia (496), Rimini (362), Treviso (342), Forlì-Cesena (321), Padova (321), Venezia (300), Vicenza (298), Aosta (286), Pordenone (252), Ravenna (245), Ascoli Piceno (234), Imperia (233), Udine (219), Bologna (213), Rovigo (213), Belluno (209), Pesaro e Urbino (203), Fermo (200), Ferrara (192), Trento (188), Verona (184), Viterbo (177), Varese (176), Verbano-Cusio-Ossola (164), Cremona (164), Roma (161), Genova (160), Monza e Brianza (157), Ancona (155) e Como (151) (tabella 2).
In aumento i decessi: 498 negli ultimi 7 giorni (di cui 14 riferiti a periodi precedenti), con una media di 71 al giorno rispetto ai 62 della settimana precedente.
«Sul fronte ospedaliero – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – si registra un ulteriore incremento dei posti letto occupati da pazienti COVID: rispetto alla settimana precedente +13,7% in area medica e +22% in terapia intensiva». A livello nazionale, al 30 novembre, il tasso di occupazione è del 9% in area medica e dell’8% in area critica, con notevoli differenze regionali: la soglia del 15% per l’area medica e del 10% per l’area critica risultano entrambe superate nella Provincia Autonoma di Bolzano (rispettivamente 20% per l’area medica e 11% per l’area critica) e in Friuli-Venezia Giulia (rispettivamente 23% per l’area medica e 14% per l’area critica); inoltre, in area medica si colloca sopra soglia la Valle D’Aosta (21%), mentre per l’area critica superano la soglia Lazio (10,3%) e Umbria (13%) (figura 6). «Gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – continuano ad aumentare: la media mobile a 7 giorni è passata da 48 ingressi/die della settimana precedente a 56» (figura 7).
Vaccini: forniture. Al 1° dicembre (aggiornamento ore 06.15) risultano consegnate 102.127.530 dosi. «Considerato che le forniture degli ultimi 7 giorni ammontano solo a 433mila dosi – commenta Mosti – l’attuale ritmo delle somministrazioni di terze dosi ha ridotto le scorte di vaccini a mRNA a quota 6,1 milioni».
Vaccini: somministrazioni. Al 1° dicembre (aggiornamento ore 06.15) il 79,7% della popolazione (n. 47.226.119) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+297.415 rispetto alla settimana precedente) e il 77,1% (n. 45.683.073) ha completato il ciclo vaccinale (+247.367 rispetto alla settimana precedente) (figura 8). Cresce nell’ultima settimana il numero di somministrazioni (n. 1.984.561) con una media mobile a 7 giorni di 306.445 somministrazioni/die: decollano finalmente le terze dosi (+52,5% rispetto alla settimana precedente), affiancate da prime dosi di nuovo in crescita (+34,7% rispetto alla settimana precedente).
Rispetto ai target definiti dalla struttura commissariale per il periodo 1-12 dicembre, l’obiettivo per i giorni feriali (400-450 mila dosi dal lunedì al venerdì e 350 mila il sabato) appare realistico considerato che dal 24 novembre le somministrazioni giornaliere feriali si attestano stabilmente oltre quota 300.000. Meno probabile raggiungere 300.000 somministrazioni nei giorni festivi: durante l’ultimo mese, infatti, la domenica le somministrazioni non hanno mai raggiunto quota 100 mila, eccetto il 28 novembre in cui le somministrazioni sono state poco più di 150 mila.
Vaccini: nuovi vaccinati. Dopo due settimane di stabilizzazione intorno a quota 127 mila, nell’ultima settimana il numero dei nuovi vaccinati è salito a 168.377 (+31,5%) (figura 9). Tuttavia, dei 6,8 milioni di persone non vaccinate crescono troppo lentamente due fasce che preoccupano: da un lato 2,57 milioni di over50 ad elevato rischio di malattia grave e ospedalizzazione, dall’altro 1,16 milioni nella fascia 12-19 che influiscono negativamente sulla sicurezza delle scuole (figura 10).
Vaccini: coperture. Le coperture con almeno una dose di vaccino sono molto variabili nelle diverse fasce d’età (dal 97,4% degli over 80 al 76,6% della fascia 12-19). Lo stesso si registra sul fronte delle coperture con terza dose, che negli over 80 hanno raggiunto il 52,1%, mentre si attestano ancora al 20,2% nella fascia 70-79 e al 16% in quella 60-69 anni (figura 11).
Vaccini: efficacia. I dati dell’Istituto Superiore di Sanità confermano la riduzione dell’efficacia vaccinale dopo 6 mesi dal completamento del ciclo primario, confermando la necessità del richiamo. In dettaglio:
- l’efficacia sulla diagnosi scende in media dal 72,5% per i vaccinati entro 6 mesi al 40,1% per i vaccinati da più di 6 mesi;
- l’efficacia sulla malattia severa scende in media dal 91,6% per i vaccinati entro 6 mesi all’80,9% per i vaccinati da più di 6 mesi.
Vaccini: terza dose. Al 1° dicembre (aggiornamento ore 06.15) sono state somministrate 6.543.004 terze dosi con una media mobile a 7 giorni che supera le 250 mila somministrazioni al giorno (figura 12).
Sul repository ufficiale del Commissario Straordinario il 1° dicembre la platea per la terza dose (n. 20.548.124) è stata aggiornata sommando tutte le persone vaccinabili (con dose aggiuntiva o booster) secondo le indicazioni delle Circolari ministeriali dell’8 ottobre, 3 novembre, 11 novembre e 25 novembre. Il tasso nazionale di copertura vaccinale per le terze dosi calcolato sulla platea ufficiale è del 31,8% con nette differenze regionali: dal 21,6% del Friuli-Venezia Giulia al 44,5% del Molise (figura 13).
Variante Omicron. Alla variante B.1.1.529 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha assegnato con il nome di Omicron, classificandola come variante di preoccupazione, per le numerose mutazioni presenti. Tuttavia, ad oggi i dati disponibili non permettono di sapere se, rispetto alla Delta, la variante Omicron è più trasmissibile, causa una malattia più severa, se è più probabile reinfettarsi e se può ridurre la risposta immunitaria ai vaccini.
«In questa fase d’incertezza – conclude Cartabellotta – bisogna potenziare tutti gli interventi, seguendo il principio della massima precauzione. In particolare, incrementare le attività di sequenziamento condividendo i risultati nel database GISAID, potenziare il tracciamento dei casi e monitorare attentamente le aree con rapido aumento di incidenza. Per la popolazione rimangono fondamentali i comportamenti già noti: vaccinarsi e sottoporsi alla terza dose quando indicata - con massima priorità per anziani e fragili, utilizzare la mascherina negli ambienti chiusi, possibilmente FFP2 se affollati, rispettare il distanziamento sociale e ventilare frequentemente i locali».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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30 novembre 2021
Vaccinazione antinfluenzale: report GIMBE. Disponibili 17,7 milioni di dosi, migliorano le tempistiche delle forniture, 5 Regioni sotto la soglia del 75% per coprire le categorie a rischio
LA PIENA RIPRESA DELLE ATTIVITÀ LAVORATIVE, SOCIALI E RICREATIVE IMPONE DI TENERE ALTA LA GUARDIA IN QUANTO, DOPO LA “PAUSA” DELLO SCORSO ANNO, NON È POSSIBILE PREVEDERE L’IMPATTO DELL’INFLUENZA NELLA STAGIONE 2021-2022. L’ANALISI DELLA FONDAZIONE GIMBE DIMOSTRA CHE LA DISPONIBILITÀ NAZIONALE DI VACCINO ANTINFLUENZALE RIMANE IN LINEA CON QUELLA DELLO SCORSO ANNO E RILEVA UN NETTO MIGLIORAMENTO NELLA GESTIONE DEI TIMING DEI BANDI DI GARA PER LE FORNITURE. NON MANCANO LE VARIABILITÀ REGIONALI: 15 REGIONI E UNA PROVINCIA AUTONOMA RAGGIUNGONO COPERTURE PARI O SUPERIORI AL 75% DELLA POPOLAZIONE TARGET PER ETÀ, MENTRE IN 5 REGIONI E UNA PROVINCIA AUTONOMA NON SONO DISPONIBILI ULTERIORI DOSI PER LA POPOLAZIONE NON A RISCHIO.
30 novembre 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
L’ampia gamma di misure restrittive per contenere la diffusione del SARS-CoV-2 e il contestuale aumento delle coperture vaccinali antinfluenzali hanno limitato nettamente l’impatto dell’influenza stagionale, la cui incidenza nella stagione 2020/2021, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, è sempre rimasto sotto la soglia basale. Tuttavia, con la piena ripresa delle attività lavorative, sociali e ricreative è necessario tenere alta la guardia: infatti, se da un lato mancano fattori prognostici affidabili per prevedere l’impatto dell’influenza nella stagione 2021-2022, dall’altro i dati attuali rilevano un’incidenza delle sindromi simil-influenzali superiore a quella degli anni precedenti.
La circolare del Ministero della Salute dell’8 aprile 2021 raccomanda, come per la stagione 2020-2021, la vaccinazione antinfluenzale “per tutti i soggetti a partire dai 6 mesi di età che non hanno controindicazioni”, con offerta attiva e gratuita per alcune categorie di popolazione a rischio. «Durante la scorsa stagione influenzale – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – sono stati guadagnati oltre dieci punti percentuali (da 54,6% a 65,3%) nelle coperture vaccinali antinfluenzali della popolazione over 65 anni: un risultato di salute pubblica che ha permesso, insieme alle restrizioni in atto per la pandemia COVID-19, di ridurre la circolazione del virus influenzale e le complicanze, in un periodo di imponente sovraccarico dei servizi sanitari territoriali e ospedalieri».
Anche le coperture della popolazione generale sono aumentate nella stagione 2020-2021 rispetto all’anno precedente, passando dal 16,8% al 23,7%: valori che, tuttavia, lasciano enormi margini di miglioramento.
«La Fondazione GIMBE – spiega Renata Gili, Responsabile della Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – ha condotto anche quest’anno un’analisi indipendente con l’obiettivo di mappare le scorte regionali di vaccino antinfluenzale, valutare la potenziale copertura per le categorie a rischio e stimare la disponibilità di dosi per la popolazione generale». In particolare, la disponibilità nazionale di vaccini antinfluenzali per la stagione 2021/2022 è di 17.702.476 dosi, in linea con lo scorso anno, in un quadro di notevoli variabilità regionali:
- 4 Regioni e 1 Provincia Autonoma, con le scorte disponibili, non raggiungono coperture pari o superiori al 75% della popolazione target per età: Piemonte (61%), Molise (60%), Campania (56%), Provincia Autonoma di Bolzano (52%) e Valle d’Aosta (48%). Questo dato è in miglioramento rispetto alla scorsa stagione, quando a non poter raggiungere coperture vaccinali sufficienti erano 7 Regioni e 2 Province Autonome.
- 15 Regioni e 1 Provincia Autonoma si sono aggiudicate un quantitativo adeguato di dosi per raggiungere la copertura del 75% della popolazione target per età. Tuttavia la disponibilità di dosi residue per la popolazione non a rischio è molto variabile: Puglia (n. 582.917), Veneto (n. 406.445), Emilia-Romagna (n. 330.946), Lazio (n. 287.451), Sicilia (n. 281.163), Liguria (n. 229.876), Lombardia (178.698), Friuli-Venezia Giulia (n. 152.715), Calabria (n. 75.286), Toscana (n. 52.992), Umbria (n. 35.099), Marche (n. 32.749), Provincia Autonoma di Trento (n. 22.553), Basilicata (n. 22.539), Sardegna (n. 17.739), Abruzzo (n. 0). Anche in questo caso il dato è in miglioramento rispetto alla scorsa stagione, quando ad ottenere il numero di dosi sufficienti a raggiungere l’obiettivo di copertura sono state solo 12 Regioni (tabella).
«La nostra analisi – conclude Cartabellotta – se da un lato quantifica ancora difficoltà di accesso per la popolazione generale al vaccino antinfluenzale, dall’altro rileva un netto miglioramento nella gestione delle forniture dei vaccini: dai timing di pubblicazione della Circolare Ministeriale, quest’anno anticipata di un mese, alle tempistiche dei bandi di gara per la fornitura dei vaccini antinfluenzali da parte delle Regioni, nel rispetto dei tempi utili per la produzione dei vaccini da parte delle aziende farmaceutiche. Se, tuttavia, da un lato si evidenziano miglioramenti organizzativi che senz’altro favoriscono il raggiungimento di coperture vaccinali più elevate, dall’altro non è possibile conoscere l’impatto delle misure anti-COVID-19 ancora in vigore sull’andamento dell’influenza nella stagione 2021-2022. Per questo, è di fondamentale importanza continuare a incrementare il numero di persone che si sottoporranno a vaccinazione antinfluenzale, con particolare attenzione verso le categorie a maggior rischio».
Il report “La vaccinazione antinfluenzale in Italia” è disponibile a: www.gimbe.org/vaccinazione-antinfluenzale
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25 novembre 2021
Coronavirus: aumentano nuovi casi (+27%), ricoveri (+15,8%) e terapie intensive (+16,4%). Stabile il numero di nuovi vaccinati, in netto ritardo i richiami che entro fine anno riguardano 22,6 mln di persone
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE RILEVA, NELLA SETTIMANA 17-23 NOVEMBRE, UN AUMENTO DEI NUOVI CASI CHE INTERESSA TUTTE LE REGIONI AD ECCEZIONE DELLA BASILICATA. SALGONO ANCHE LE CURVE SUL FRONTE OSPEDALIERO (+627 RICOVERI IN AREA MEDICA, +79 IN TERAPIA INTENSIVA) E I DECESSI (+8,7%). STABILI A QUOTA 127 MILA LE PRIME DOSI SOMMINISTRATE NELL’ULTIMA SETTIMANA. RIPRENDONO LE FORNITURE DEI VACCINI CHE ARRIVANO A QUOTA 101,7 MLN. IN LIEVE AUMENTO LE SOMMINISTRAZIONI QUOTIDIANE DEI RICHIAMI MA, PER COPRIRE LE PERSONE CHIAMATE ALLA TERZA DOSE ENTRO IL 31 DICEMBRE, IL RITMO DOVREBBE SALIRE A OLTRE 600 MILA SOMMINISTRAZIONI AL GIORNO.
25 novembre 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 17-23 novembre 2021, rispetto alla precedente, un aumento di nuovi casi (69.060 vs 54.370) (figura 1) e decessi (437 vs 402) (figura 2). In aumento anche i casi attualmente positivi (154.510 vs 123.396), le persone in isolamento domiciliare (149.353 vs 118.945), i ricoveri con sintomi (4.597 vs 3.970) e le terapie intensive (560 vs 481) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 437 (+8,7%), di cui 25 riferiti a periodi precedenti
- Terapia intensiva: +79 (+16,4%)
- Ricoverati con sintomi: +627 (+15,8%)
- Isolamento domiciliare: +30.408 (+25,6%)
- Nuovi casi: 69.060 (+27%)
- Casi attualmente positivi: +31.114 (+25,2%)
«Per la quinta settimana consecutiva – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – aumentano a livello nazionale i nuovi casi settimanali (+27%) con una media mobile a 7 giorni più che quadruplicata:da 2.456 il 15 ottobre a 9.866 il 23 novembre» (figura 4).L’aumento della circolazione virale è ben documentato dall’incremento sia del rapporto positivi/persone testate (da 3,6% a 14,7%) (figura 1), sia del rapporto positivi/tamponi molecolari (da 2,4% a 6,3%) e positivi/tamponi antigenici rapidi (da 0,07% a 0,27%) (figura 5).
In tutte le Regioni tranne la Basilicata si rileva un incremento percentuale dei nuovi casi, con variazioni che vanno dal 1,3% della Regione Toscana al 124,3% della Valle D’Aosta(tabella 1).In 92 Province si registra un’incidenza pari o superiore a 50 casi per 100.000 abitanti: in Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte e Veneto tutte le Province superano tale soglia. In 18 Province si contano oltre 150 casi per 100.000 abitanti: Trieste (674), Gorizia (492), Bolzano (442), Forlì-Cesena (311), Padova (274), Rimini (249), Aosta (248), Ravenna (214), Treviso (213), Venezia (213), Vicenza (200), Pordenone (186), Udine (183), Fermo (172), Ascoli Piceno (166), Belluno (162), La Spezia (162) e Imperia (160) (tabella 2).«Quando l’incidenza supera i 150 casi per 100 mila abitanti – commenta il Presidente – gli amministratori locali devono verificare tempestivamente l’esistenza di focolai e decidere eventuali restrizioni mirate per arginare la diffusione del contagio,come già fatto dalla Provincia Autonoma di Bolzano».
In aumento anche i decessi: 437 negli ultimi 7 giorni (di cui 25 riferiti a periodi precedenti), con una media di 62 al giorno rispetto ai 57 della settimana precedente.
«Sul fronte ospedaliero – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – si registra un ulteriore incremento dei posti letto occupati da pazienti COVID: rispetto alla settimana precedente +15,8% in area medica e +16,4% in terapia intensiva». In termini assoluti, il numero di pazienti COVID in area medica è passato da 2.371 del 16 ottobre a 4.597 del 23 novembre 2021 (+93,9%) e quello nelle terapie intensive da 338 del 25 ottobre a 560 del 23 novembre 2021 (+65,7%). A livello nazionale, al 23 novembre, il tasso di occupazione è dell’8% in area medica e del 6% in area critica, con notevoli differenze regionali: per l’area medica superano la soglia del 15% Provincia Autonoma di Bolzano (16%) e Friuli-Venezia Giulia (18%) che con il 14% supera anche quella del 10% per l’area critica (figura 6).«Gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – continuano ad aumentare: la media mobile a 7 giorni è passata da 38 ingressi/die della settimana precedente a 48» (figura 7).
Vaccini: forniture. Al 24 novembre (aggiornamento ore 06.11) risultano consegnate 101.693.473 dosi e le scorte di vaccini a mRNA si attestano a quota 8milioni. Dopo 5 settimane di stop, sono riprese le consegne con 1,6 milioni di dosi di vaccino Moderna: secondo quanto dichiarato il 19 novembre dal Commissario Figliuolo si attendono entro la fine dell’anno ulteriori 7 milioni di dosi di vaccini a mRNA (4 milioni di Pfizer e 3 di Moderna), “a cui si potranno aggiungere altri 2,5 milioni di dosi della riserva centralizzata”.
Vaccini: somministrazioni. Al 24 novembre (aggiornamento ore 06.11) il 79,2% della popolazione (n. 46.928.704) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+34.657 rispetto alla settimana precedente) e il 76,7% (n. 45.435.706) ha completato il ciclo vaccinale (figura 8). In lieve aumento nell’ultima settimana il numero di somministrazioni (n. 1.380.796), con una media mobile a 7 giorni di 207.593 somministrazioni/die.
Vaccini: nuovi vaccinati. Nelle ultime 2 settimane il numero dei nuovi vaccinati si è stabilizzato intorno a 127 mila, un numero che, seppure esiguo, dimostra che esiste ancora la possibilità di convincere gli indecisi (figura 9). Degli oltre 7 milioni di persone non vaccinate, tuttavia, si “muovono” troppo lentamente due fasce che preoccupano:da un lato 2,62 milioni di over 50 ad elevato rischio di malattia grave e ospedalizzazione, dall’altro 1,2 milioni nella fascia 12-19 che influiscono negativamente sulla sicurezza delle scuole(figura 10).
Vaccini: efficacia. Gli ultimi dati dell’Istituto Superiore di Sanità evidenziano la riduzione dell’efficacia vaccinale dopo 6 mesi dal completamento del ciclo, confermando la necessità della dose di richiamo. In dettaglio:
- l’efficacia sulla diagnosi scende in media dal 74,6% per i vaccinati entro 6 mesi al 46,8% per i vaccinati da più di 6 mesi;
- l’efficacia sulla malattia severa scende in media dal 91,8% per i vaccinati entro 6 mesi all’82,1% per i vaccinati da più di 6 mesi.
Vaccini: coperture. Le coperture con almeno una dose di vaccino sono molto variabili nelle diverse fasce d’età (dal 96,9% degli over 80 al 75,2% della fascia 12-19) così come le coperture con le terze dosi, che negli over 80 hanno raggiunto il 44,9%, mentre sono ancora al 13,3% nella fascia 70-79 e al 10,1% in quella 60-69 anni.
Vaccini: terza dose. Al24novembresono state somministrate 4.673.047 terze dosi di cui 763.960 dosi aggiuntive e 3.909.087 di dosi booster, con una media mobile a 7 giorni che sfiora 170 mila somministrazioni al giorno(figura 11).
Al 24 novembre (aggiornamento ore 06.11) sul repository ufficiale del Commissario Straordinario la platea per la dose booster(n. 13.435.287) è stata aggiornata secondo le indicazioni delle circolari ministeriali del 3 novembree11 novembre. Non risulta ancora recepita la determina AIFA che permette di somministrare la dose booster a partire dal 5° mese dal completamento del ciclo primario. Aggiungendo gli 895.460 pazienti immuno compromessi, la platea complessiva per la terza dose include14.330.747persone (figura 12).
Il tasso nazionale di copertura vaccinale per le dosi aggiuntive è del 85,3% con nette differenze regionali: dal 6,7% della Valle D’Aosta al 100% di Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Liguria, Molise, Prov. Aut. Bolzano, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria (figura 13). La copertura nazionale con dose booster è del 29,1%, anche qui con notevoli differenze tra Regioni: dal 14,9% della Sicilia al 46,8% del Molise (figura 14).
La Fondazione GIMBE ha stimato che, secondo le indicazioni ministeriali, le persone che possono ricevere entro la fine del 2021 la dose booster sono in totale 27,3 milioni:
- 15,19 milioni di over 60 che hanno completato il ciclo con qualsiasi vaccino entro il 3 agosto;
- 822 mila di under 60 che hanno ricevuto il vaccino Johnson&Johnson entro il 3 agosto;
- 11,28 milioni di persone con età compresa fra 40 e 59 anni che hanno completato il ciclo vaccinale con Pfizer, Moderna o AstraZeneca entro il 3 agosto.
Per indisponibilità di alcuni dati, questi numeri potrebbero essere da un lato sottostimati (non è incluso il personale sanitario e gli ospiti di RSA under 60), dall’altro sovrastimati(sono incluse le persone guarite da meno di 6 mesi e i deceduti appartenenti alle categorie sopra menzionate). Considerato che ad oggi sono già state somministrate 3,91 milioni di dosi booster e 764 mila dosi aggiuntive, entro il 31 dicembre dovrebbero essere somministrate sino a22,62 milioni di terze dosi,pari a una media di oltre 610mila somministrazioni al giorno. «Su questo fronte – commenta Cartabellotta – preoccupano particolarmente 2,1 milioni di over 80, 4,4 milioni di 70-79enni, 5,1 milioni di 60-69enni e i 6,2 milioni di 50-59enni che, visti i dati sull’efficacia vaccinale a 6 mesi e a fronte delle imminenti festività natalizie che implicheranno certamente un aumento dei contatti sociali in luoghi chiusi, risultano ancora scoperti dalla dose booster».
«Per contenere la quarta ondata nel nostro Paese – conclude Cartabellotta – sul fronte vaccini è indiscutibile la necessità di raggiungere il maggior numero possibile di persone non ancora vaccinate, sia accelerare con la somministrazione delle terze dosi, in particolare negli over 60 e nei fragili. Senza entrare nel merito della “composizione” del pacchetto delle nuove misure, è bene tenere a mente le lezioni imparate in 20 mesi di pandemia. Innanzitutto, così come l’allentamento delle misure restrittive deve essere graduale, la loro re-introduzione deve essere tempestiva, per neutralizzare il vantaggio temporale, di almeno 15 giorni, di cui gode il virus. In secondo luogo, è opportuno che le misure entrino in vigore in tutte le Regioni perché le soglie di occupazione in area medica e in terapia intensiva per arrivare in zona arancione, o addirittura rossa, sono talmente elevate che rischiano di paralizzare l’assistenza ospedaliera per i malati non COVID e di aumentare la mortalità per quelli COVID».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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18 novembre 2021
Coronavirus: in 7 giorni oltre 54 mila nuovi casi (+32,3%), aumentano ricoveri (+15,5%) e terapie intensive (+14,3). Vaccini: entro l’anno terza dose per quasi 16 mln di persone. Per evitare restrizioni, ridurre a 6 mesi validità green pass e introdurre obbligo vaccinale. No al “super green pass”
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE RILEVA, NELLA SETTIMANA 10-16 NOVEMBRE, UN NETTO INCREMENTO DELLA CIRCOLAZIONE VIRALE CON IMPATTO OSPEDALIERO AL MOMENTO CONTENUTO GRAZIE ALLA PROTEZIONE VACCINALE: +534 RICOVERI IN AREA MEDICA +60 IN TERAPIA INTENSIVA. MA PER FRIULI-VENEZIA GIULIA E PROVINCIA DI BOLZANO SI AVVICINA LA ZONA GIALLA. CAMPAGNA VACCINALE: SOLO 127 MILA NUOVI VACCINATI NELL’ULTIMA SETTIMANA. FORNITURE AL PALO DA 5 SETTIMANE: LE SCORTE DI VACCINI A MRNA SCENDONO A QUOTA A 7,6 MLN DI DOSI. TERZE DOSI: SERVONO OLTRE 350 MILA SOMMINISTRAZIONI AL GIORNO SINO AL 31 DICEMBRE. PER RIDURRE IL RISCHIO DI MISURE RESTRITTIVE NECESSARIO RIDURRE LA VALIDITÀ DEL GREEN PASS A 6 MESI E INTRODURRE L’OBBLIGO VACCINALE, ALMENO PER TUTTE LE CATEGORIE DI LAVORATORI A CONTATTO CON IL PUBBLICO. IL “SUPER GREEN PASS”, SENZA L’OPZIONE TAMPONE, RISCHIA SOLO DI ALIMENTARE LE TENSIONI SOCIALI SENZA GARANZIA DI AUMENTARE COPERTURE VACCINALI E ADESIONE ALLA TERZA DOSE.
18 novembre 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 10-16 novembre 2021, rispetto alla precedente, un aumento di nuovi casi (54.370 vs 41.091) (figura 1) e decessi (402 vs 330) (figura 2). Continuano a salire anche i casi attualmente positivi (123.396 vs 100.205), le persone in isolamento domiciliare (118.945 vs 96.348), i ricoveri con sintomi (3.970 vs 3.436) e le terapie intensive (481 vs 421) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 402 (+21,8%), di cui 28 riferiti a periodi precedenti
- Terapia intensiva: +60 (+14,3%)
- Ricoverati con sintomi: +534 (+15,5%)
- Isolamento domiciliare: +22.597 (+23,5%)
- Nuovi casi: 54.370 (+32,3%)
- Casi attualmente positivi: +23.191 (+23,1%)
«Per la quarta settimana consecutiva – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si conferma a livello nazionale un incremento dei nuovi casi settimanali (+32,3%) come documenta anche la media mobile a 7 giorni, che in un mese è triplicata: da 2.456 il 15 ottobre a 7.767 il 16 novembre» (figura 4). Nelle ultime 4 settimane l’aumento della circolazione virale è ben documentato dall’incremento sia del rapporto positivi/persone testate (da 3,6% a 12,7%) (figura 1), sia del rapporto positivi/tamponi molecolari (da 2,4% a 5,8%) e positivi/tamponi antigenici rapidi (da 0,07% a 0,21%) (figura 5).
In tutte le Regioni tranne Calabria e Umbria si rileva un incremento percentuale dei nuovi casi, con variazioni che vanno dal 0,7% della Regione Puglia al 180% della Valle D’Aosta (tabella 1). In 84 Province si registra un’incidenza pari o superiore a 50 casi per 100.000 abitanti: in Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Umbria e Veneto tutte le Province raggiungono o superano tale soglia. In 7 Province si contano oltre 150 casi per 100.000 abitanti: Trieste (638), Bolzano (402), Gorizia (369), La Spezia (248), Forlì-Cesena (219), Padova (179) e Vicenza (152) (tabella 2). «Di fronte a questi numeri – commenta il Presidente – è inaccettabile che gli amministratori non abbiano introdotto restrizioni locali, seppur impopolari, accettando il rischio che la diffusione del contagio trascini l’intera Regione in zona gialla».
Sul fronte ospedaliero – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – si registra un ulteriore incremento dei posti letto occupati da pazienti COVID: rispetto alla settimana precedente +15,5% in area medica e +14,3% in terapia intensiva». In termini assoluti, il numero di pazienti COVID in area medica è aumentato da 2.371 del 16 ottobre a 3.970 del 16 novembre (+67,4%) e quello nelle terapie intensive da 338 del 25 ottobre a 481 del 16 novembre (+42,3%). A livello nazionale il tasso di occupazione è del 7% in area medica e del 5% in area critica, con notevoli differenze regionali: nessuna Regione supera la soglia del 15% per l’area medica, mentre Friuli-Venezia Giulia (14%) e Marche (10,1%) superano quella del 10% per l’area critica (figura 6). «Gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – continuano ad aumentare: la media mobile a 7 giorni è passata da 34 ingressi/die della settimana precedente a 38» (figura 7).
Solo il Friuli-Venezia Giulia e la Provincia Autonoma di Bolzano sono molto vicini alla zona gialla visto che, oltre all’incidenza settimanale >50 casi per 100.000 abitanti, presentano entrambi i tassi di occupazione ospedaliera superiori o prossimi alle soglie del 15% in area medica e del 10% in terapia intensiva. «Bisogna tenere conto – sottolinea Cartabellotta – che l’attuale sistema per l’assegnazione dei colori alle Regioni è stato elaborato quando non esistevano dati sul declino della copertura vaccinale, né sulla necessità della terza dose. Con queste regole, durante i mesi invernali di aumentata circolazione virale, nelle Regioni con coperture vaccinali più basse e/o in ritardo sulla somministrazione della terza dose c’è il rischio di sovraccaricare gli ospedali senza cambiare colore; anche perché le Regioni hanno la possibilità di aumentare i posti letto disponibili, sottraendoli ad altri malati, o dimettere pazienti COVID in strutture private».
Vaccini: forniture. Al 17 novembre (aggiornamento ore 6.14) risultano consegnate 99.903.390 dosi: in assenza di nuove forniture per la quinta settimana consecutiva le scorte di vaccini a mRNA scendono a quota 7,6 milioni di dosi.
Vaccini: somministrazioni. Al 17 novembre (aggiornamento ore 6.14) il 79,1% della popolazione (n. 46.894.047) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+109.996 rispetto alla settimana precedente) e il 76,8% (n. 45.521.038) ha completato il ciclo vaccinale (+277.306 rispetto alla settimana precedente) (figura 8). In aumento nell’ultima settimana il numero di somministrazioni (n. 1.257.024) (figura 9), con una media mobile a 7 giorni di 179.740 somministrazioni/die.
Vaccini: nuovi vaccinati. Dopo aver sfiorato quota 440 mila nella settimana 11-17 ottobre, in quattro settimane il numero dei nuovi vaccinati è crollato a quota 127.361 (-71,1%) (figura 10). Degli oltre 7,15 milioni di persone non ancora vaccinate preoccupano sia i quasi 2,66 milioni di over 50 ad elevato rischio di malattia grave e ospedalizzazione, sia gli oltre 1,23 milioni nella fascia 12-19 che influiscono negativamente sulla sicurezza delle scuole (figura 11).
Vaccini: coperture. Le coperture vaccinali con almeno una dose di vaccino sono molto variabili nelle diverse fasce di età: dal 97,1% degli over 80 al 74,6% della fascia 12-19 (figura 12) e, rispetto alla settimana precedente, si registrano incrementi sempre più modesti.
Vaccini: terza dose. Su una platea di 895.460 persone per la dose aggiuntiva e di 5.131.130 persone per la dose booster (figura 13), al 17 novembre sono state somministrate 3.269.468 terze dosi di cui 534.029 dosi aggiuntive e 2.735.439 di dosi booster, con una media mobile a 7 giorni che sfiora 120 mila somministrazioni (figura 14). Il tasso nazionale di copertura vaccinale per le dosi aggiuntive è del 59,6% con nette differenze regionali: dal 3,5% della Valle D’Aosta al 100% di Campania, Liguria, Molise, Piemonte, Provincia Autonoma di Bolzano, Sardegna, Sicilia, Toscana e Umbria (figura 15). La copertura nazionale con dose booster è del 53,3%, anche qui con notevoli differenze tra Regioni: dal 31,8% della Calabria al 91,9% del Molise (figura 16). «Queste percentuali – puntualizza Marco Mosti – sono tuttavia sovrastimate dal mancato aggiornamento della platea ufficiale per la dose booster, ferma al 2 novembre». Infatti, secondo le indicazioni ministeriali le persone chiamate a ricevere entro la fine del 2021 la dose booster sono:
- 11,96 milioni over 60 che hanno completato il ciclo con qualsiasi vaccino entro il 4 luglio;
- 757 mila under 60 che hanno ricevuto il vaccino J&J entro il 4 luglio;
- 6,14 milioni dal 1° dicembre persone con età compresa fra 40 e 59 anni che hanno completato il ciclo vaccinale con Pfizer, Moderna o AstraZeneca entro il 4 luglio.
Considerato che ad oggi sono già state somministrate 2,74 milioni di dosi booster e 291 mila dosi aggiuntive agli over 60, entro il 31 dicembre dovrebbero essere somministrate 15,83 milioni di terze dosi, in media oltre 350 mila somministrazioni al giorno. Per indisponibilità dei dati, questi numeri potrebbero essere da un lato sottostimati perché non includono personale sanitario e ospiti di RSA under 60, dall’altro sovrastimati perché includono le persone guarite da meno di 6 mesi e i deceduti appartenenti alle categorie sopra menzionate. «Oltre all’adesione della popolazione alla somministrazione delle terze dosi – commenta Cartabellotta – e alle sfide organizzative e comunicative che le Regioni sono chiamate ad affrontare, preoccupano le scorte di vaccini a mRNA, oggi pari a meno del 50% delle dosi da somministrare entro fine anno, insieme al fatto che rimane sconosciuto il piano delle prossime forniture, ormai al palo da 5 settimane».
«Nello scenario attuale – conclude Cartabellotta – caratterizzato dal progressivo aumento della circolazione virale e dalla riduzione dell’efficacia vaccinale che impone la dose di richiamo, sono due le decisioni politiche che possono minimizzare il rischio di misure restrittive. La prima è ridurre a 6 mesi la validità del green pass rilasciato a seguito di vaccinazione, in linea con le evidenze scientifiche sulla durata della protezione vaccinale e con le indicazioni per la dose di richiamo. La seconda è introdurre l’obbligo vaccinale sia per il ciclo primario, sia per la dose booster, almeno per tutte le categorie di lavoratori a contatto con il pubblico. Invece, non convince affatto il “super green pass” sul modello austriaco, di fatto un “surrogato” dell’obbligo vaccinale: escludere il tampone dalle modalità per il rilascio della certificazione verde – pur identificando le attività essenziali per le quali tale opzione rimarrebbe valida – rischia solo di aumentare le tensioni sociali senza alcuna garanzia di aumentare coperture vaccinali e adesione alla terza dose».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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11 novembre 2021
Coronavirus: continuano a salire i nuovi casi (+37,7%), i positivi superano quota 100 mila. Aumentano ricoveri (+14,8%) e terapie intensive (+9,4%), ma per ora nessuna Regione rischia la zona gialla. Vaccini: con prime dosi che crollano del 75% in 3 settimane, 2,7 mln di over 50 da vaccinare e terze dosi che non decollano serve un cambio di marcia per contenere la quarta ondata
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE RILEVA, NELLA SETTIMANA 3-9 NOVEMBRE, UN ULTERIORE AUMENTO DELLA CIRCOLAZIONE VIRALE: I NUOVI CASI SETTIMANALI PASSANO DA 29.841 A 41.091, CRESCONO I RICOVERI IN AREA MEDICA (+444) E IN TERAPIA INTENSIVA (+36). CAMPAGNA VACCINALE: PER LA QUARTA SETTIMANA CONSECUTIVA AL PALO LE FORNITURE DI VACCINI. LE SOMMINISTRAZIONI GIORNALIERE SCENDONO A 170 MILA E I NUOVI VACCINATI CROLLANO A QUOTA 108 MILA. TERZA DOSE, REGIONI IN ORDINE SPARSO E VARIE CRITICITÀ PER UN’ADEGUATA PROGRAMMAZIONE: NON DISPONIBILI IL PIANO FORNITURE DEI VACCINI, UN AGGIORNAMENTO CONTINUO DELLA PLATEA VACCINABILE E IL DETTAGLIO DELLE CATEGORIE DEI VACCINATI CON DOSE BOOSTER.
11 novembre 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 3-9 novembre, rispetto alla precedente, un aumento di nuovi casi (41.091 vs 29.841) (figura 1) e decessi (330 vs 257) (figura 2). Continuano a salire anche i casi attualmente positivi (100.205 vs 84.447), le persone in isolamento domiciliare (96.348 vs 81.070), i ricoveri con sintomi (3.436 vs 2.992) e le terapie intensive (421 vs 385) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 330 (+28,4%), di cui 40 riferiti a periodi precedenti
- Terapia intensiva: +36 (+9,4%)
- Ricoverati con sintomi: +444 (+14,8%)
- Isolamento domiciliare: +15.278 (+18,8%)
- Nuovi casi: 41.091 (+37,7%)
- Casi attualmente positivi: +15.758 (+18,7%)
«Per la terza settimana consecutiva – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si conferma a livello nazionale un incremento dei nuovi casi settimanali (+37,7%) come documenta anche la media mobile a 7 giorni, più che raddoppiata in meno di un mese passando da 2.456 il 15 ottobre a 5.870 il 9 novembre» (figura 4). Nelle ultime tre settimane l’aumento della circolazione virale è ben documentata dall’incremento sia del rapporto positivi/persone testate (da 3,6% a 9,9%) (figura 1), sia del rapporto positivi/tamponi molecolari (da 2,4% a 4,7%) (figura 5). In tutte le Regioni si rileva un incremento percentuale dei nuovi casi, con variazioni che vanno dal 12,7% della Regione Toscana al 75,3% della Provincia Autonoma di Bolzano (tabella 1). 66 Province hanno un’incidenza pari o superiore a 50 casi per 100.000 abitanti: in Friuli-Venezia Giulia, Lazio e Veneto tutte le Province superano tale soglia. In 3 Province si contano oltre 150 casi per 100.000 abitanti: Trieste (479), Bolzano (260) e Gorizia (221) (tabella 2). «Numeri – commenta il Presidente – che dovrebbero indurre gli amministratori locali a considerare restrizioni su base comunale o provinciale, per evitare che la diffusione del contagio trascini l’intera Regione in zona gialla».
«Sul fronte ospedaliero – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – si registra un ulteriore incremento dei posti letto occupati da pazienti COVID: rispetto alla settimana precedente +14,8% in area medica e +9,4% in terapia intensiva». In termini assoluti, il numero di pazienti COVID in area medica è passato da 2.371 del 16 ottobre a 3.436 del 9 novembre 2021 e quello nelle terapie intensive da 338 del 25 ottobre a 421 del 9 novembre 2021. A livello nazionale il tasso di occupazione rimane molto basso (6% in area medica e 5% in terapia intensiva), ma con notevoli differenze regionali. In particolare, nessuna Regione supera la soglia del 15% per l’area medica, mentre Friuli-Venezia Giulia (11%) e Marche (11%) superano quella del 10% per l’area critica (figura 6). Tali valori, a breve termine, non comportano il rischio di passare in zona gialla che, oltre all’incidenza settimanale superiore ai 50 casi per 100.000 abitanti, richiede contestualmente il superamento della soglia di occupazione del 15% in area medica e del 10% in terapia intensiva. «Aumentano – puntualizza Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – gli ingressi giornalieri in terapia intensiva: la media mobile a 7 giorni passa da 26 ingressi/die della settimana precedente a 34» (figura 7).
Vaccini: forniture. Al 10 novembre (aggiornamento ore 6.11) risultano consegnate 99.901.969 dosi: in assenza di nuove forniture per la quarta settimana consecutiva si riducono le scorte di vaccini a mRNA, che si attestano a quota 8,8 milioni di dosi.
Vaccini: somministrazioni. Al 10 novembre (aggiornamento ore 6.11) il 79% della popolazione (n. 46.784.051) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+127.761 rispetto alla settimana precedente) e il 76,4% (n. 45.243.732) ha completato il ciclo vaccinale (+379.124 rispetto alla settimana precedente) (figura 8). In lieve calo (-4,8%) nell’ultima settimana il numero totale di somministrazioni (n. 1.025.882) (figura 9), con una media mobile a 7 giorni di 169.844 somministrazioni/die.
Vaccini: nuovi vaccinati. Dopo aver sfiorato quota 440 mila nella settimana 11-17 ottobre, in tre settimane il numero dei nuovi vaccinati è crollato del 75,4% (figura 10): dei 108.497 nuovi vaccinati nella settimana 1-7 novembre il 72,2% appartiene a fasce anagrafiche che includono persone in età lavorativa (figura 11). Rispetto alle persone ancora da vaccinare preoccupano sia i quasi 2,7 milioni di over 50 ad elevato rischio di malattia grave e ospedalizzazione, sia gli oltre 1,2 milioni nella fascia 12-19 che influiscono negativamente sulla sicurezza negli ambienti scolastici (figura 12).
Vaccini: coperture. Le coperture vaccinali con almeno una dose di vaccino sono molto variabili nelle diverse fasce di età: dal 97,1% degli over 80 al 74% della fascia 12-19 (figura 13) e, rispetto alla settimana precedente, gli incrementi sono sempre più modesti.
Vaccini: efficacia. L’efficacia del vaccino sulla malattia grave si conferma molto elevata e l’incidenza di diagnosi, ospedalizzazioni, ricoveri in terapia intensiva e decessi è nettamente inferiore nelle persone vaccinate con ciclo completo, in tutte le fasce di età, rispetto ai non vaccinati (figura 14). Tuttavia, in particolare negli over 60, l’efficacia nei confronti della malattia grave è in lieve ma progressiva diminuzione, soprattutto da quando la variante delta è diventata prevalente. Secondo l’ultimo report della Sorveglianza integrata COVID-19 dell’Istituto Superiore di Sanità, per il ricovero in terapia intensiva l’efficacia nel periodo 5 luglio-31 ottobre si attesta al 90% negli over 80 e al 94,8% nella fascia 60-79 anni, mentre per i ricoveri in area medica all’88,8% negli over 80 e al 91,5% nella fascia 60-79 anni. «Nel ribadire l’inutilità di dosare gli anticorpi circolanti per il processo decisionale vaccinale – commenta Cartabellotta – questi dati confermano le indicazioni alla dose booster per le categorie a rischio identificate dal Ministero della Salute e la necessità di accelerarne la somministrazione».
Vaccini: terza dose. Su una platea costituita da 890.460 persone per la dose aggiuntiva e da 5.131.130 persone per la dose booster (figura 15), al 10 novembre sono state somministrate 2.409.596 terze dosi di cui 383.769 dosi aggiuntive e 2.025.827 di dosi booster, con una media mobile a 7 giorni che ha superato quota 100 mila (figura 16). Il tasso nazionale di copertura vaccinale per le dosi aggiuntive è del 40% con nette differenze regionali: dal 2,3% della Valle D’Aosta al 100% di Umbria e Piemonte (figura 17). La copertura nazionale con dose booster è del 39,5%, anche qui con notevoli differenze tra le Regioni: dal 18,3% della Calabria al 81,2% del Molise (figura 18).
Della platea relativa alla dose booster, ferma all’aggiornamento del 2 novembre, rimangono ancora da vaccinare oltre 3,1 milioni di persone, alle quali ogni settimana si aggiungono circa 800mila over 60 che hanno completato il ciclo vaccinale nei mesi di maggio e giugno. Ovvero, entro fine anno si aggiungeranno a questa platea ben 7,4 milioni di persone, oltre a circa 750 mila under 60 vaccinati con Johnson&Johnson entro fine giugno. Complessivamente, si tratta di oltre 11 milioni di dosi booster che impongono alle Regioni un deciso cambio di passo sia in termini di comunicazione e persuasione, sia di organizzazione, visto che entro fine dicembre bisognerebbe somministrare circa 1,4 milioni di dosi settimanali.
«Con l’aumento della circolazione virale che si riflette sulle ospedalizzazioni, il progressivo calo dell’efficacia vaccinale e l’esiguo aumento dei nuovi vaccinati – conclude Cartabellotta – l’accelerazione sul fronte delle terze dosi è una strategia fondamentale per contenere la quarta ondata. Da questo punto di vista iniziano a preoccupare sia le mancate consegne di vaccini da 4 settimane senza informazioni ufficiali sul piano delle forniture, sia alcune criticità che ostacolano il monitoraggio delle performance delle Regioni, che di fatto vanno in ordine sparso. Innanzitutto, la platea vaccinabile con la terza dose non è stata ancora ufficialmente estesa agli under 60 che hanno ricevuto il vaccino Johnson&Johnson. In secondo luogo la platea per la dose booster non viene costantemente aggiornata con il numero di persone che progressivamente raggiungono i 6 mesi dal completamento del ciclo vaccinale, con conseguente sovrastima delle performance regionali. Infine, non è disponibile alcun dettaglio delle categorie dei vaccinati con dose booster (operatori sanitari, ospiti RSA, over 60 e persone fragili), rendendo di fatto impossibile identificare eventuali criticità regionali».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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4 novembre 2021
Coronavirus: aumentano ancora nuovi casi (+16,6%) e ricoveri (14,9%) e s’inverte la tendenza delle terapie intensive (+12,9%). Scendono ancora i nuovi casi vaccinati (-39,6%), negli over 60 si riduce efficacia vaccino sulla malattia grave: entro fine anno terza dose per quasi 12 milioni di persone
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE RILEVA, NELLA SETTIMANA 27 OTTOBRE-2 NOVEMBRE, UN ULTERIORE AUMENTO DEI NUOVI CASI SETTIMANALI: DA 25.585 A 29.841. L’AUMENTO DELLA CIRCOLAZIONE VIRALE SI RIFLETTE ANCHE SUGLI OSPEDALI: AUMENTANO I RICOVERI IN AREA MEDICA (+388) E IN TERAPIA INTENSIVA (+44). DIMINUISCONO LE SOMMINISTRAZIONI (-5,1%) E I NUOVI VACCINATI SCENDONO A CIRCA 20MILA AL GIORNO. IL LIEVE MA PROGRESSIVO CALO DELL’EFFICACIA VACCINALE IMPONE DI ACCELERARE SULLA TERZA DOSE: 3,7 MILIONI DI PERSONE GIÀ NELLA PLATEA A CUI ENTRO FINE ANNO SI AGGIUNGERANNO 7,4 MILIONI DI OVER 60 E CIRCA 748 MILA UNDER 60 VACCINATI CON JOHNSON&JOHNSON.
4 novembre 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 27 ottobre-2 novembre 2021, rispetto alla precedente, un aumento di nuovi casi (29.841 vs 25.585) (figura 1) e una sostanziale stabilità dei decessi (257 vs 249) (figura 2). In aumento i casi attualmente positivi (84.447 vs 75.046), le persone in isolamento domiciliare (81.070 vs 72.101), i ricoveri con sintomi (2.992 vs 2.604) e le terapie intensive (385 vs 341) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 257 (+3,2%), di cui 15 riferiti a periodi precedenti
- Terapia intensiva: +44 (+12,9%)
- Ricoverati con sintomi: +388 (+14,9%)
- Isolamento domiciliare: +8.969 (+12,4%)
- Nuovi casi: 29.841 (+16,6%)
- Casi attualmente positivi: +9.401 (+12,5%)
«Nell’ultima settimana – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si conferma a livello nazionale un incremento dei nuovi casi settimanali, seppure più contenuto rispetto alla precedente (+16,6%)». L’aumento della circolazione virale è ben documentato dall’incremento registrato nelle ultime due settimane sia del rapporto positivi/persone testate (da 3,6% a 8,2%) (figura 1), sia del rapporto positivi/tamponi molecolari (da 2,4% a 4,3%) (figura 4). In tutte le Regioni tranne Marche, Molise, Piemonte, Sicilia e Umbria si rileva un incremento percentuale dei nuovi casi (tabella 1). 43 Province hanno un’incidenza pari o superiore a 50 casi per 100.000 abitanti: in Veneto tutte le Province superano tale soglia. Solo la Provincia di Trieste, con 376 casi per 100.000 abitanti, supera la soglia dei 150 (tabella 2).
«Sul fronte ospedaliero – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – si registra un incremento dei posti letto occupati da pazienti COVID: rispetto alla settimana precedente +14,9% in area medica e +12,9% in terapia intensiva». In termini assoluti, il numero di pazienti COVID in area medica è passato da 2.371 del 16 ottobre a 2.992 del 2 novembre (+26%) e quello nelle terapie intensive da 338 del 25 ottobre a 385 del 2 novembre (+14%). A livello nazionale il tasso di occupazione rimane molto basso (5% in area medica e 4% in terapia intensiva) e nessuna Regione supera le soglie del 15% per l’area medica e del 10% per l’area critica (figura 5). «Si registra un lieve aumento degli ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – con una media mobile a 7 giorni di 26 ingressi/die rispetto ai 23 della settimana precedente» (figura 6).
Vaccini: forniture. Al 3 novembre (aggiornamento ore 06.13) risultano consegnate 99.784.168 dosi: in assenza di nuove forniture per la terza settimana consecutiva (figura 7) si riducono le scorte di vaccini a mRNA, che si attestano a quota 9,9 milioni di dosi. «La necessità di accelerare la somministrazione delle terze dosi e la progressiva estensione della platea dei candidati alla dose booster – spiega Mosti – richiedono un numero consistente di dosi: per questo è fondamentale conoscere il piano delle forniture per i prossimi mesi, di cui al momento non esistono dati ufficiali».
Vaccini: somministrazioni. Al 3 novembre (aggiornamento ore 06.13) il 78,7% della popolazione (n. 46.656.290) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+130.795 rispetto alla settimana precedente) e il 75,7% (n. 44.864.608) ha completato il ciclo vaccinale (+357.441) (figura 8). In calo del 5,1% nell’ultima settimana il numero di somministrazioni (n. 1.066.374) (figura 9), con una media mobile a 7 giorni di 134.604 dosi/die.
Vaccini: nuovi vaccinati. Dopo aver sfiorato quota 440mila nella settimana 11-17 ottobre, il numero dei nuovi vaccinati nelle ultime due settimane è crollato prima a 239mila (-45,7%) e poi poco sopra 144mila (-39,6%) (figura 10). Dei 144.258 nuovi vaccinati nella settimana 25-31 ottobre il 76,2% appartengono a fasce anagrafiche che includono persone in età lavorativa (figura 11). Rispetto alle persone ancora da vaccinare preoccupano in particolare gli oltre 2,7 milioni di over 50 ad elevato rischio di malattia grave e ospedalizzazione e gli oltre 1,3 milioni nella fascia 12-19 che riducono la sicurezza nelle scuole (figura 12).
Vaccini: coperture. Le coperture vaccinali con almeno una dose di vaccino sono molto variabili nelle diverse fasce di età: dal 97,1% degli over 80 al 73,5% della fascia 12-19 (figura 13). In generale, rispetto alla settimana precedente, gli incrementi sono sempre più modesti: il numero di vaccinati con almeno una dose cresce dello 0,6% nella fascia anagrafica 12-19, dello 0,4% nelle fasce anagrafiche 20-29 e 30-39, dello 0,3% nella fascia 40-49, dello 0,2% nella fascia 50-59, mentre negli over 60 l’incremento non supera lo 0,1%.
Vaccini: terza dose. Negli over60 l’efficacia del vaccino sulla malattia grave si conferma molto elevata, ma in lieve e progressiva diminuzione:
«Indipendentemente dal livello degli anticorpi circolanti – commenta Cartabellotta – questi dati confermano le indicazioni alla dose booster alle categorie a rischio identificate dal Ministero della Salute e la necessità di accelerarne la somministrazione». In particolare, la platea vaccinabile con la terza dose (figura 14) ad oggi è costituita da 883.460 persone per la dose aggiuntiva e da 5.131.130 persone per la dose booster, escluse quelle under 60 anni che hanno ricevuto il vaccino Johnson&Johnson, non ancora incluse negli Open Data sui vaccini anti-COVID-19).
Al 3 novembre sono state somministrate 1.691.819 terze dosi di cui 277.975 dosi aggiuntive e 1.413.844 dosi booster, con una media giornaliera di 39 mila somministrazioni (figura 15). Il tasso nazionale di copertura vaccinale per le dosi aggiuntive è del 31,5% con nette differenze regionali: dall’1,8% della Valle D’Aosta al 99,1% della Toscana (figura 16). La copertura nazionale con dose booster è invece del 27,6% anche qui con notevoli differenze tra le Regioni: dal 10,2% della Calabria al 67,1% del Molise (figura 17).
Sulla base della platea vaccinabile con dose booster restano ancora da somministrare, ad oggi, oltre 3,71 milioni di dosi alle quali si aggiungeranno progressivamente gli over 60 che hanno completato il ciclo vaccinale nei mesi di maggio e giugno: in particolare entro fine anno saranno 7,4 milioni i candidati alla terza dose, pari a circa 800.000 somministrazioni settimanali (figura 18). A questi vanno aggiunti circa 748 mila under 60 vaccinati con Johnson&Johnson entro fine giugno, per un totale di oltre 12 milioni di persone da coprire con la dose di richiamo. «Anche se questi numeri potrebbero essere leggermente sovrastimati – conclude Cartabellotta – in quanto includono anche i vaccinati che nel frattempo hanno contratto l’infezione o sono deceduti, è indispensabile accelerare la somministrazione delle terze dosi, che implica una grande sforzo organizzativo. Infatti, per mantenere questo ritmo, con la chiusura di numerosi grandi hub vaccinali, accanto alla prenotazione volontaria, è fondamentale implementare strategie di chiamata attiva con il coinvolgimento di medici di famiglia e farmacie».
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28 ottobre 2021
Coronavirus: si inverte la curva dei contagi (+43% nuovi casi) e aumentano i ricoveri (+7,5%). Effetto green pass: in 7 giorni -52,9% di nuovi vaccinati. Vaccini: 1,2 milioni di terze dosi, ma bisogna accelerare
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE, NELLA SETTIMANA 20-26 OTTOBRE, RILEVA UN NETTO AUMENTO DEI NUOVI CASI SETTIMANALI: DA 17.870 A 25.585. ANCHE SE LA CRESCITA POTREBBE IN PARTE ESSERE LEGATA ALL’INCREMENTO DEI TAMPONI TOTALI, L’AUMENTO DEL TASSO DI POSITIVITÀ DI QUELLI MOLECOLARI E DEI RICOVERI (+181) INDICANO UNA MAGGIOR CIRCOLAZIONE DEL VIRUS. CAMPAGNA VACCINALE: CALANO LE SOMMINISTRAZIONI (152 MILA AL GIORNO) E RIMANGONO 11 MILIONI DI DOSI “IN FRIGO”. TERZE DOSI: COPERTURE NAZIONALI PER DOSE BOOSTER AL 32,3% E PER DOSI AGGIUNTIVE AL 25,5% MA CON NOTEVOLI DIFFERENZE REGIONALI. EFFETTO GREEN PASS: CON QUASI 7,5 MLN DI PERSONE SENZA NEMMENO UNA DOSE DI VACCINO E POCO PIÙ DI 193 MILA NUOVI VACCINATI IN UNA SETTIMANA SI ALLONTANA L’OBIETTIVO 90% DI COPERTURA VACCINALE DEGLI OVER 12.
28 ottobre 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 20-26 ottobre 2021, rispetto alla precedente, un aumento del 43,2% dei nuovi casi (25.585 vs 17.870) (figura 1) e una diminuzione dei decessi (249 vs 271) (figura 2). In lieve aumento i casi attualmente positivi (75.046 vs 74.546), le persone in isolamento domiciliare (72.101 vs 71.768) e i ricoveri con sintomi (2.604 vs 2.423), mentre calano le terapie intensive (341 vs 355) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 249 (-8,1%)
- Terapia intensiva: -14 (-3,9%)
- Ricoverati con sintomi: +181 (+7,5%)
- Isolamento domiciliare: +333 (+0,5%)
- Nuovi casi: 25.585 (+43,2%)
- Casi attualmente positivi: +500 (+0,7%)
«A livello nazionale – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – dopo 7 settimane si registra un’inversione di tendenza dei nuovi casi settimanali che nell’ultima settimana aumentano del 43,2%, con una media mobile a 7 giorni che passa da 2.553 del 19 ottobre a 3.655 il 26 ottobre» (figura 4). La crescita dei casi, che potrebbe essere in parte influenzata dall’aumento del 21,1% dei tamponi totali rispetto alla settimana precedente (2.604.550 vs 2.151.081), sicuramente consegue ad un aumento della circolazione virale per due ragioni: innanzitutto, per l’inversione di tendenza sui ricoveri in area medica, in secondo luogo perché a fronte di un rapporto positivi/tamponi antigenici in lieve calo, per l’enorme aumento del denominatore, si registra un incremento del rapporto positivi/tamponi molecolari (dal 2,4% del 19 ottobre al 3,5% del 26 ottobre) (figura 5).
Nella settimana 20-26 ottobre 2021, tutte le Regioni tranne Sardegna e Valle D’Aosta, registrano un incremento percentuale dei nuovi casi e in 15 Regioni crescono i casi attualmente positivi (tabella 1). Sono 33 le Province con un’incidenza ≥50 casi per 100.000 abitanti: tra queste la Provincia di Trieste registra oltre 150 casi per 100.000 abitanti. Diminuiscono i decessi: 249 negli ultimi 7 giorni (di cui 29 riferiti a periodi precedenti), con una media di 36 al giorno rispetto ai 39 della settimana precedente.
«Sul fronte ospedaliero – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – si registra un incremento del 7,5% dei posti letto occupati dai pazienti COVID-19 in area medica e una riduzione del 3,9% di quelli in terapia intensiva». A livello nazionale il tasso di occupazione rimane molto basso (5% in area medica e 4% in area critica) e nessuna Regione supera le soglie del 15% per l’area medica e del 10% per l’area critica (figura 6). «Si registra un lieve aumento degli ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – con una media mobile a 7 giorni di 23 ingressi/die rispetto ai 20 della settimana precedente» (figura 7).
Vaccini: forniture. Al 27 ottobre (aggiornamento ore 06.16) risultano consegnate 99.780.625 dosi: pur in assenza di nuove forniture per la seconda settimana consecutiva (figura 8), le scorte di vaccini a mRNA si attestano a quota 11 milioni.
Vaccini: somministrazioni. Al 27 ottobre (aggiornamento ore 06.16) il 78,5% della popolazione (n. 46.525.495) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+204.896 rispetto alla settimana precedente) e il 75,1% (n. 44.507.167) ha completato il ciclo vaccinale (+459.731) (figura 9). In calo nell’ultima settimana il numero di somministrazioni (n. 1.118.114), con una media mobile a 7 giorni di 152.345 dosi/die.
Vaccini: coperture. Le coperture vaccinali con almeno una dose di vaccino sono molto variabili nelle diverse fasce di età: dal 97% degli over 80 al 72,9% della fascia 12-19 (figura 10). In generale, rispetto alla settimana precedente, si registrano incrementi sempre più modesti: il numero di vaccinati con almeno una dose cresce dello 0,7% nelle fasce anagrafiche 12-19, 20-29 e 30-39, dello 0,5% nella fascia 40-49, dello 0,4% nella fascia 50-59, mentre negli over 60 l’incremento non supera lo 0,2%.
Vaccini: terza dose. La platea vaccinabile con la terza dose (figura 11) è così costituita:
- Dose aggiuntiva (n. 877.999): una dose di vaccino Pfizer o Moderna ad almeno 28 giorni di distanza dal completamento del ciclo vaccinale per pazienti immunocompromessi;
- Dose booster (n. 2.988.562): una dose di vaccino Pfizer ad almeno 6 mesi dal completamento del ciclo vaccinale per over 60 anni, ospiti delle RSA, operatori sanitari e sociosanitari e persone di età ≥18 anni con elevata fragilità motivata da patologie concomitanti/preesistenti. Il 25 ottobre 2021 la European Medicines Agency (EMA) ha autorizzato anche il vaccino Moderna come dose booster per gli over 18: mezza dose di vaccino a una distanza di 6-8 mesi dalla seconda dose. In Italia si attende il via libera dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per avviare le somministrazioni. Per quanto riguarda le 1.490.285 persone che hanno ricevuto il vaccino Johnson&Johnson si attende in settimana la valutazione da parte di EMA e di AIFA, dopo l’autorizzazione della Food and Drug Administration (FDA) statunitense a una dose di richiamo a due mesi dalla prima.
Al 27 ottobre sono state somministrate 1.191.327 terze dosi di cui 224.597 dosi aggiuntive e 966.730 dosi booster, con una media giornaliera di 29 mila somministrazioni (figura 12). Il tasso nazionale di copertura vaccinale per le dosi aggiuntive è del 25,6% con nette differenze regionali: dallo 0,9% della Valle D’Aosta al 98,8% dell’Umbria (figura 13). La copertura nazionale con dose booster è invece del 32,3% anche qui con notevoli differenze tra le Regioni: dal 10% della Calabria al 73,8% del Molise (figura 14).
Effetto green pass. La media mobile a 7 giorni del numero dei tamponi antigenici rapidi, dopo l’impennata da 173.235 del 13 ottobre a 371.960 il 21 ottobre (+114,7%), si è stabilizzata: nell’ultima settimana sono stati effettuati 2.604.550 tamponi antigenici rapidi. La media mobile a 7 giorni dei nuovi vaccinati si è ridotta da 58.620 del 19 ottobre a 27.601 del 26 ottobre; nell’ultima settimana sono solo 193.205 i nuovi vaccinati (-52,9% rispetto alla settimana precedente) (figura 15). E con quasi 7,5 milioni senza nessuna dose di vaccino si allontana l’obiettivo di raggiungere il 90% di copertura vaccinale negli over 12.
Dei 193.205 nuovi vaccinati nella settimana 20-27 ottobre il 79,1%% appartengono a fasce anagrafiche che includono persone in età lavorativa: 34.526 nella fascia 20-29 anni, 39.771 nella fascia 30-39 anni, 35.217 nella fascia 40-49 anni, 29.075 nella fascia 50-59 anni e 14.300 nella fascia 60-69.
Variante delta plus. La variante AY.4.2 (cosiddetta “delta plus”) è in lenta crescita nel Regno Unito dove rappresenta circa il 6% dei casi sequenziati, con 15.120 casi isolati al 21 ottobre 2021. Indicata come “variante di interesse” lo scorso 20 ottobre, sarà strettamente monitorata nei prossimi mesi. Rispetto alla variante delta, al momento non ci sono evidenze che la delta plus possa determinare un quadro clinico più severo e/o ridurre l’efficacia dei vaccini; potrebbe essere più contagiosa del 10-15%, ma i dati sono ancora preliminari.
«Con l’inverno alle porte – conclude Cartabellotta – il repentino aumento dei nuovi casi e dei ricoveri e il progressivo calo dell’efficacia dei vaccini sull’infezione impongono sia di accelerare la somministrazione della terza dose a tutte le categorie individuate dalla Circolare Ministeriale, sia di convincere oltre 2,7 milioni di over 50 non ancora vaccinati, ad elevato rischio di ospedalizzazione e decesso».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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27 ottobre 2021
Scuole: nemmeno una dose di vaccino per oltre 1,2 milioni di ragazzi, prime dosi in frenata. Per ora nessuno “effetto scuole”, ma i focolai segnalati invitano a tenere alta la guardia: aumentare coperture vaccinali, non abbandonare la mascherina, potenziare screening e investire su areazione e ventilazione
LA FONDAZIONE GIMBE PUBBLICA IL REPORT “SICUREZZA COVID-19 NELLE SCUOLE: DALLE EVIDENZE SCIENTIFICHE AL REAL WORLD” DA CUI EMERGONO DIVERSE CRITICITÀ: OLTRE IL 27% DELLA POPOLAZIONE 12-19 ANNI NON HA RICEVUTO NEMMENO UNA DOSE DI VACCINO E IL 5,5% HA EFFETTUATO SOLO LA PRIMA DOSE; LO ZOCCOLO DURO DI PERSONALE SCOLASTICO NON VACCINATO SFIORA QUOTA 6%; NON È PREVISTO UNO SCREENING PERIODICO SISTEMATICO SE NON NELLE SCUOLE SENTINELLA, DI CUI MANCANO I DATI PUBBLICI; IL DISTANZIAMENTO INTERPERSONALE DI UN METRO È REGOLAMENTATO DA UN “OBBLIGO FLESSIBILE” CHE LO RENDE INAPPLICABILE NELLE “CLASSI POLLAIO”; TROPPE RISORSE PER LA DISINFEZIONE DELLE SUPERFICI E POCHISSIME PER SISTEMI DI AERAZIONE E VENTILAZIONE. IN QUESTO CONTESTO, CON LA STAGIONE INVERNALE ALLE PORTE E L’AUMENTO DEI NUOVI CASI NON CI SONO LE CONDIZIONI DI SICUREZZA PER ABBANDONARE LA MASCHERINA IN AULA.
27 ottobre 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
La Fondazione GIMBE pubblica un report che fornisce una sintesi delle evidenze scientifiche sull’efficacia degli interventi atti a migliorare la sicurezza COVID-19 nelle scuole e rileva le criticità normative, strutturali e organizzative per implementare tali evidenze nei contesti scolastici nazionali. «Le evidenze scientifiche – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – da un lato dimostrano che nelle scuole non esiste il rischio zero di contagio, dall’altro suggeriscono che è possibile minimizzarlo tramite un approccio multifattoriale integrando differenti interventi di prevenzione individuale e ambientale».
Secondo i dati del report settimanale dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), nel periodo 4-17 ottobre 2021, sono stati diagnosticati nella fascia d’età 0-19 anni 8.857 casi, di cui 99 ospedalizzati, 3 ricoveri in terapia intensiva e nessun decesso, con una progressiva riduzione – nelle ultime 4 settimane considerate dal report ISS –dell’incidenza dei casi di COVID-19 e delle ospedalizzazioni.
«Questi dati – afferma Renata Gili, responsabile GIMBE della Ricerca sui Servizi Sanitari – dimostrano che sinora non si è verificato il temuto “effetto scuole”, sia grazie alla vaccinazione di studenti e personale scolastico, sia per la progressiva copertura vaccinale della popolazione generale: la conseguente riduzione della circolazione virale si riflette in ambito scolastico, anche negli alunni under 12 per i quali non ci sono ancora vaccini autorizzati. Un motivo in più per raggiungere il maggior numero possibile di persone non vaccinate e accelerare la somministrazione delle terze dosi».
Il report della Fondazione GIMBE “Sicurezza COVID-19 nelle scuole: dalle evidenze scientifiche al real world” sintetizza dati ed evidenze, rilevando le criticità attuali:
- Vaccinazione studenti. Al 25 ottobre 2021 il 67,2% della popolazione 12-19 anni (3.064.055) ha completato il ciclo vaccinale e il 5,5% (249.401) ha effettuato la prima dose (figura 1). I ragazzi che non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino sono 1.243.466 (27,3%), con percentuali di non vaccinati che vanno dal 19,6% della Regione Sardegna al 43,8% della Provincia autonoma di Bolzano (figura 2). Peraltro, il trend della copertura vaccinale con almeno una dose nella fascia 12-19 anni, dopo il netto aumento a inizio giugno, ha progressivamente rallentato a partire dal mese di settembre, quando il valore era ancora inferiore al 70% (figura 3).
- Vaccinazione personale. Il 91,2% del personale scolastico ha completato il ciclo vaccinale e il 3% (45.945) ha ricevuto la prima dose di vaccino; sono in 90.002 (5,8%) a non aver ancora ricevuto nemmeno una dose (figura 4), con rilevanti differenze regionali: dal 3% del Veneto al 21,1% della Provincia autonoma di Bolzano. (figura 5). Da rilevare che il dato non viene aggiornato dal 1 ottobre 2021.
- Utilizzo delle mascherine. Un rigoroso studio di simulazione dei Centers for Disease Control and Prevention ha dimostrato che a scuola, anche in condizioni di elevata immunità, l’uso della mascherina chirurgica riduce il rischio di trasmissione (figura 6). «Fino a quando il tasso di copertura vaccinale fra studenti, personale scolastico e popolazione generale non avrà raggiunto percentuali più elevate – spiega Cartabellotta – anche considerando che nelle ultime due settimane il 60% dei casi diagnosticati nella fascia d’età 0-19 anni si è verificato negli under 12, l’ipotesi di abbandonare le mascherine nelle classi con tutti gli studenti immunizzati è troppo rischiosa, oltre a porre problemi di privacy sul controllo dello status vaccinale e generare, potenzialmente, il rischio di discriminazioni».
- Screening periodico. Il Piano di monitoraggio della circolazione di SARS-CoV-2 nelle scuole dell’Istituto Superiore di Sanità non prevede uno screening periodico e sistematico, ma solo una campagna di testing a campione che coinvolge circa 110mila studenti delle cosiddette “scuole sentinella” primarie e secondarie di primo grado, utilizzando test molecolare su campione salivare. Un test di facile utilizzo e non invasivo, ma – come rilevato dal report dell’European Centre for Disease Control and Prevention – con una bassa sensibilità (53-73%) in età pediatrica, peraltro condizionata dal metodo di raccolta del campione, a seconda che sia effettuata da operatori sanitari o tramite auto-raccolta. «Al fine di monitorare e valutare l’efficacia delle strategie attuate – sottolinea Gili – è indispensabile che vengano resi pubblici i dati provenienti da questi test di screening, oltre che il numero di studenti e classi progressivamente messi in quarantena».
- Distanziamento sociale. Il Protocollo di Intesa del Ministero dell’Istruzione prevede una “distanza interpersonale di almeno un metro, sia in posizione statica che dinamica, qualora logisticamente possibile”, ovvero definisce un obbligo flessibile, derogabile in presenza di limiti strutturali. Questo si verifica, in particolare, nelle classi molto numerose (cd. “classi pollaio”) dove mantenere il distanziamento sociale può risultare sostanzialmente impossibile.
- Aerazione e ventilazione dei locali chiusi. Nonostante le evidenze dimostrino che la trasmissione del SARS-CoV-2 avviene prevalentemente per aerosol, si continuano a investire troppe risorse nelle procedure di disinfezione delle superfici e pochissime nei sistemi di aerazione e ventilazione. Il Decreto Ripartizione che ha assegnato 350 milioni di euro alle scuole prevedeva l’acquisto di “strumenti per l’aerazione”, ma tale destinazione d’uso non è specificata nel DL 73/2021 che fa riferimento solo a interventi di piccola manutenzione. Di conseguenza, areazione e ventilazione sono affidate al mantenimento delle finestre aperte, la cui efficacia dipende dalla sensibilizzazione del personale scolastico e dalla ventilazione continuativa degli ambienti durante le attività, che non può non essere condizionata dalle condizioni metereologiche.
- Trasporti pubblici. La gestione dei mezzi pubblici non è stata inclusa nell’analisi sia perché non di competenza delle scuole, sia perché interessa quasi esclusivamente gli studenti della scuola secondaria di secondo grado.
Il report GIMBE ribadisce che i vari interventi per minimizzare la circolazione del virus non possono essere applicati in tutti i gradi di scuola, ciascuno dei quali richiede un piano di prevenzione su misura, considerando soprattutto la maggiore contagiosità della variante delta.
«Con la stagione invernale alle porte e l’evidente risalita dei nuovi casi nell’ultima settimana – conclude il Presidente – è indispensabile mantenere alta l’attenzione sulle scuole dove, per le numerose criticità rilevate, i focolai segnalati dimostrano che l’equilibrio è instabile. Oltre a puntare alle massime coperture vaccinali sia di personale scolastico e studenti di età >12 anni, sia di popolazione generale, occorre parallelamente potenziare gli screening periodici sistematici e implementare interventi di sistema che garantiscano un’adeguata aerazione e ventilazione dei locali scolastici: in particolare nella fascia under 12 dove non sono disponibili i vaccini e in quella under 6 dove non sono utilizzabili nemmeno le mascherine e il distanziamento è sostanzialmente inapplicabile».
Il Report “Sicurezza COVID-19 nelle scuole: dalle evidenze scientifiche al real world” è disponibile a: www.gimbe.org/sicurezza-covid19-scuole
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21 ottobre 2021
Coronavirus: frena la discesa dei nuovi casi (-1,9%), ma effettuati 930 mila tamponi in più. Scendono ancora i ricoveri in area medica (-9,1%) e in terapia intensiva (-4,1%). Effetto green pass: in 7 giorni oltre 2,1 milioni di test rapidi e oltre 407 mila nuovi vaccinati, di cui l’86,4% tra 20 e 69 anni
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE, NELLA SETTIMANA 13-19 OTTOBRE, RILEVA TUTTI I NUMERI IN CALO, TRANNE I DECESSI CHE RIMANGONO STABILI. CAMPAGNA VACCINALE: RISALGONO LE SOMMINISTRAZIONI CHE SFIORANO LE 179 MILA AL GIORNO MA, NONOSTANTE 12 MILIONI DI DOSI “IN FRIGO”, LE TERZE DOSI A RILENTO: SOLO 9,3% DI COPERTURA CON NETTE DIFFERENZE REGIONALI. EFFETTO GREEN PASS: IN 7 GIORNI +78,5% DI TAMPONI RAPIDI E +4,7% DI NUOVI VACCINATI. PER TUTELARE LA SALUTE DELLE PERSONE, GARANTIRE L’IRREVERSIBILITÀ DELLE RIAPERTURE GIMBE PROPONE STRATEGIA MULTIFATTORIALE: INCREMENTARE VACCINAZIONI OVER 12, ACCELERARE SOMMINISTRAZIONE TERZE DOSI, ALLARGARE PLATEA DOSI BOOSTER E INTRODURRE OBBLIGO TERZA DOSE PER OPERATORI SANITARI.
21 ottobre 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 13-19 ottobre 2021, rispetto alla precedente, una lieve diminuzione dei nuovi casi (17.870 vs 18.209) (figura 1) e una sostanziale stabilità dei decessi (271 vs 266) (figura 2). In calo gli attualmente positivi (74.546 vs 82.546), le persone in isolamento domiciliare (71.768 vs 79.511), i ricoveri con sintomi (2.423 vs 2.665) e le terapie intensive (355 vs 370) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 271 (+1,9%), di cui 28 riferiti a periodi precedenti
- Terapia intensiva: -15 (-4,1%)
- Ricoverati con sintomi: -242 (-9,1%)
- Isolamento domiciliare: -7.743 (-9,7%)
- Nuovi casi: 17.870 (-1,9%)
- Casi attualmente positivi: -8.000 (-9,7%)
«A livello nazionale – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – scendono da 7 settimane i nuovi casi settimanali. Nell’ultima settimana tuttavia il calo è solo dell’1,9% anche in ragione di un aumento dei tamponi totali che sfiora il 50%: ben +930 mila rispetto alla settimana precedente».In 7 Regioni si rileva un aumento percentuale dei contagi, anche se in termini assoluti gli incrementi sono modesti: Liguria (+14), Umbria (+19) Friuli Venezia Giulia (+114), Campania (+120), Lombardia (+129), Piemonte (+131), Lazio (+156). Scendono a 9 le Province con incidenza pari o superiore a 50 casi per 100.000 abitanti e nessuna conta oltre 150 casi per 100.000 abitanti. Sostanzialmente stabili i decessi: 271 negli ultimi 7 giorni (di cui 28 riferiti a periodi precedenti), con una media di 39 al giorno rispetto ai 38 della settimana precedente.
«Sul fronte ospedaliero – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – si registra un ulteriore calo dei posti letto occupati dai pazienti COVID-19: rispetto alla settimana precedente scendono del 9,1% in area medica e del 4,1% in terapia intensiva». A livello nazionale il tasso di occupazione rimane molto basso (4% in area medica e 4% in area critica) e nessuna Regione supera le soglie del 15% per l’area medica e del 10% per l’area critica (figura 4). «Stabili gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – con una media mobile a 7 giorni di 20 ingressi/die rispetto ai 19della settimana precedente».
Vaccini: forniture. Al 20 ottobre (aggiornamento ore 6.13) risultano consegnate 99.716.407 dosi: pur in assenza di nuove forniture nell’ultima settimana (figura 5), le scorte di vaccini a mRNA si attestano a quota 12 milioni.
Vaccini: somministrazioni. Al 20 ottobre (aggiornamento ore 6.13) il 78,2% della popolazione (n. 46.320.599) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+424.517 rispetto alla settimana precedente) e il 74,3% (n. 44.047.436) ha completato il ciclo vaccinale (+591.512 rispetto alla settimana precedente) (figura 6). In aumento nell’ultima settimana il numero di somministrazioni (n. 1.260.748), con una media mobile a 7 giorni di 178.907 somministrazioni/die.
Vaccini: coperture. Le coperture vaccinali con almeno una dose di vaccino sono molto variabili nelle diverse fasce di età: dal 97% degli over 80 al 72,3% della fascia 12-19 (figura 7). In generale, rispetto alla settimana precedente, si registrano incrementi modesti: il numero di vaccinati con almeno una dose cresce dell’1,5% nella fascia 30-39, dell’1,4% nella fascia 20-29, dell’1,1% nella fascia 40-49, dello 0,9% nella fascia 12-19, dello 0,8% nella fascia 50-59, mentre negli over 60 l’incremento non supera lo 0,4%.
Efficacia vaccini. L’efficacia del vaccino sulla diagnosi di SARS-CoV-2 si è ridotta dall’88,5% del periodo 4 aprile-11 luglio al 77,2% del periodo 4 aprile-26 settembre per poi risalire al 77,8% nel periodo 4 aprile-10 ottobre; sul dato ha molto influito la fascia di età 12-39 anni in cui l’efficacia è scesa sino al 67,2% nel periodo 4 aprile-29 agosto, per poi risalire al 75,3% nel periodo 4 aprile-10 ottobre (figura 8). L’efficacia vaccinale si conferma molto elevata nel ridurre i decessi (94,3%) e le forme severe di malattia che necessitano di ricovero in area medica (92,4%) e in terapia intensiva (94,8%). Tuttavia, a partire da metà agosto, pur rimanendo superiore al 90%, il trend è in lieve riduzione per ospedalizzazioni (-2,5%), ricoveri in terapia intensiva (-2,2%) e decessi (-2,9%) (figura 9). Complessivamente nelle persone vaccinate con ciclo completo, rispetto a quelle non vaccinate, nelle varie fasce d’età si riduce nettamente l’incidenza di diagnosi (del 77,6%-84,8%) e soprattutto di malattia grave (dell’87,1-95,5% per ricoveri ordinari; del 89,4-98,9% per le terapie intensive) e decesso (dell’80,7-96,8%) (figura 10).
Vaccini: terza dose. La platea vaccinabile con la terza dose non risulta tuttora aggiornata negli Open Data sui vaccini anti-COVID-19 rispetto all’estensione della Circolare del Ministero della Salute dell’8 ottobre 2021, rimanendo ferma a quota 7,6 milioni di persone secondo le categorie previste dalla circolare precedente. A fronte dell’ampia disponibilità di vaccini dal 16 settembre sono state somministrate solo 700.623 dosi, con un tasso di copertura del 9,3% e notevoli differenze regionali: dal 28,1% del Molise all’1,2% della Valle D’Aosta (figura 11).
Effetti green pass. Il numero dei tamponi antigenici rapidi ha registrato una netta impennata, aumentando del 78,5% in una settimana: la media mobile a 7 giorni è salita da 173.235 del 13 ottobre a 309.297 il 19 ottobre; complessivamente, nell’ultima settimana sono stati effettuati 2.151.081 tamponi antigenici rapidi. La media mobile a 7 giorni dei nuovi vaccinati rimane, invece, sostanzialmente stabile: da 57.275 del 13 ottobre a 58.201 del 19 ottobre; complessivamente nell’ultima settimana sono state vaccinate 407.404 nuove persone (+4,7%). «Nell’interpretare gli effetti del green pass su tamponi e nuovi vaccinati – spiega Cartabellotta – bisogna tenere conto che ogni persona non vaccinata può arrivare a sottoporsi sino a 3 tamponi a settimana, mentre per aumentare la copertura vaccinale è sufficiente che il numero di nuovi vaccinati non tenda allo zero».
Delle 407.404 nuove persone vaccinate nella settimana 13-19 ottobre l’86,4% appartiene a fasce anagrafiche che includono persone in età lavorativa: 78.387 nella fascia 20-29 anni, 90.960 nella fascia 30-39 anni, 85.745 nella fascia 40-49 anni, 68.812 nella fascia 50-59 anni e 27.934 nella fascia 60-69.
Analizzando il numero di nuovi vaccinati della settimana 13-19 ottobre standardizzato per 100.000 soggetti che non hanno ricevuto nemmeno una dose vaccino al 12 ottobre, si rilevano notevoli differenze regionali: dai 6.437 della P.A. di Trento ai 3.516 del Molise (figura 12).
«Osservando scenari poco rassicuranti di altri Paesi – conclude Cartabellotta – e nell’attuale impossibilità sia di definire percentuali “magiche” per conquistare l’immunità di popolazione sia di prevedere i tempi per raggiungere un preciso target vaccinale, con la stagione invernale alle porte e l’efficacia vaccinale che a 6 mesi dal completamento del ciclo inizia lentamente a declinare, la Fondazione GIMBE invita a perseguire una strategia multifattoriale per tutelare la salute delle persone e garantire l’irreversibilità delle riaperture». In dettaglio:
- Vaccinare il numero più elevato possibile di over 12 che non presentano specifiche controindicazioni, sia per la protezione individuale da malattia grave o decesso, in particolare per gli over 50, sia per ridurre al minimo la circolazione virale.
- Accelerare la somministrazione della terza dose, idealmente con meccanismi di chiamata attiva, con priorità massima per over 80, ospiti e personale delle RSA e operatori sanitari, procedendo in parallelo con over 60 e over 18 con comorbidità.
- Introdurre l’obbligo della terza dose per gli operatori sanitari.
- Estendere progressivamente la platea vaccinabile con dose booster alla fascia 50-59 e successivamente, se necessario, alle altre fasce anagrafiche.
- Mantenere l’obbligo di utilizzo delle mascherine nei luoghi chiusi e aderire alle norme sul distanziamento sociale.
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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14 ottobre 2021
Coronavirus: scendono ancora nuovi casi (-13,5%), ricoveri in area medica (-10,2%), terapie intensive (-14,5%). Ulteriore crollo delle prime dosi (-23,2% in 7 giorni): con 3,8 mln di lavoratori non vaccinati rischio caos tamponi. Spinta gentile del green pass non sufficiente, ora considerare l’obbligo vaccinale
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE, NELLA SETTIMANA 6-12 OTTOBRE, CONFERMA TUTTI I NUMERI IN CALO. CAMPAGNA VACCINALE: SCENDONO ANCORA LE SOMMINISTRAZIONI (-14,8%), MA RIMANGONO QUASI 2,5 MILIONI DI OVER 50 TOTALMENTE SCOPERTI. TERZA DOSE: COPERTURA ATTUALE AL 5,1% CON NOTEVOLI DIFFERENZE TRA REGIONI. GREEN PASS: OLTRE 175 MILA TAMPONI RAPIDI AL GIORNO E IL CROLLO DEI NUOVI VACCINATI INDICANO DA SETTIMANE UNO ZOCCOLO DURO DI POPOLAZIONE NON INTENZIONATA A VACCINARSI, TRA CUI 3,8 MILIONI DI LAVORATORI. I MODESTI RISULTATI OTTENUTI CON LA PROGRESSIVA ESPANSIONE DEL GREEN PASS E IL RISCHIO CAOS TAMPONI INVITANO A VALUTARE L’INTRODUZIONE DELL’OBBLIGO VACCINALE
14 ottobre 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 6-12 ottobre, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (18.209 vs 21.060) (figura 1) e dei decessi (266 vs 311) (figura 2). In calo anche i casi attualmente positivi (82.546 vs 90.299), le persone in isolamento domiciliare (79.511 vs 86.898), i ricoveri con sintomi (2.665 vs 2.968) e le terapie intensive (370 vs 433) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 266 (-14,5%), di cui 25 riferiti a periodi precedenti
- Terapia intensiva: -63 (-14,5%)
- Ricoverati con sintomi: -303 (-10,2%)
- Isolamento domiciliare: -7.387 (-8,5%)
- Nuovi casi: 18.209 (-13,5%)
- Casi attualmente positivi: -7.753 (-8,6%)
«Ormai da 6 settimane consecutive – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – a livello nazionale si registra una discesa dei nuovi casi settimanali. Solo in tre Regioni (Calabria, Molise, Piemonte) si rileva un incremento percentuale dei contagi, ma con numeri assoluti molto bassi (tabella 1)». Scendono a 12 le Province con incidenza pari o superiore a 50 casi per 100.000 abitanti e nessuna conta oltre 150 casi per 100.000 abitanti. In calo anche i decessi: 266 negli ultimi 7 giorni (di cui 25 riferiti a periodi precedenti), con una media di 38 al giorno rispetto ai 44 della settimana precedente.
«A livello ospedaliero – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – si registra un ulteriore calo dei posti letto occupati dai pazienti COVID-19: rispetto alla settimana precedente scendono del 10,2% in area medica e del 14,5% in terapia intensiva». A livello nazionale il tasso di occupazione rimane molto basso (5% in area medica e 4% in area critica) e nessuna Regione supera le soglie del 15% per l’area medica e del 10% per l’area critica (figura 4). «Continuano a scendere anche gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – con una media mobile a 7 giorni di 19 ingressi/die rispetto ai 22 della settimana precedente».
Vaccini: forniture. Al 13 ottobre (aggiornamento ore 10.33) risultano consegnate 99.713.127 dosi: pur avendo ricevuto solo 950mila dosi nell’ultima settimana (figura 5), le scorte di vaccini a mRNA restano stabili a quota 13,3 milioni.
Vaccini: somministrazioni. Al 13 ottobre (aggiornamento ore 10.33) il 77,5% della popolazione (n. 45.896.082) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+402.786 rispetto alla settimana precedente) e il 73,3% (n. 43.455.924) ha completato il ciclo vaccinale (+534.900 rispetto alla settimana precedente) (figura 6). Nell’ultima settimana scende ancora il numero di somministrazioni (n. 1.040.938) (figura 7), con una media mobile a 7 giorni che sfiora 152mila somministrazioni/die. Per la seconda settimana consecutiva cala il numero di nuovi vaccinati: da 493mila a 378mila (-23,2%) (figura 8).
Vaccini: coperture. Le coperture vaccinali per fascia di età con almeno una dose di vaccino sono molto variabili: dal 96,8% degli over 80 al 71,3% della fascia 12-19 (figura 9). In generale, rispetto alla settimana precedente, si registrano incrementi modesti: il numero di vaccinati con almeno una dose cresce dell’1,2% nelle fasce 20-29 e 30-39, dello 0,9% nelle fasce 12-19 e 40-49, dello 0,7% nella fascia 50-59, mentre negli over 60 l’incremento non supera lo 0,3%. In particolare, per le categorie a maggiore rischio di malattia severa, sono ancora 3,2 milioni (11,8%) gli over 50 che non hanno completato il ciclo vaccinale (figura 10), di cui 2,48 milioni non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino, con rilevanti differenze regionali (dal 14,7% della Calabria al 5,3% della Puglia) (figura 11).
Efficacia vaccini. L’efficacia del vaccino sulla diagnosi di SARS-CoV-2 si è ridotta dall’88,5% (periodo 4 aprile-11 luglio) al 77,2% (periodo 4 aprile-26 settembre) per poi risalire al 77,6% (periodo 4 aprile-3 ottobre); in particolare nella fascia di età 12-39 anni è scesa sino al 67,2% (periodo 4 aprile-29 agosto), verosimilmente per l’aumentata socialità e una minore attenzione ai comportamenti durante il periodo estivo, per poi risalire fino al 74,1% (periodo 4 aprile-3 ottobre) (figura 12). L’efficacia vaccinale si conferma, invece, molto elevata nel ridurre i decessi (94,6%) e le forme severe di malattia che necessitano di ricovero in area medica (92,5%) e in terapia intensiva (94,8%). Tuttavia, a partire da metà agosto, pur rimanendo superiore al 90%, il trend è in lieve riduzione per ospedalizzazioni (-2,4%), ricoveri in terapia intensiva (-2,2%) e decessi (-2,6%) (figura 13). Complessivamente nelle persone vaccinate con ciclo completo, rispetto a quelle non vaccinate, nelle varie fasce d’età si riduce nettamente l’incidenza di diagnosi (del 78,8%-84,6%) e soprattutto di malattia grave (dell’87,7-96% per ricoveri ordinari; del 90,4-98% per le terapie intensive) e decesso (dell’81,5-97,1%) (figura 14).
Vaccini: terza dose. Dopo l’approvazione della European Medicines Agency (EMA) della somministrazione di una dose di richiamo (booster) di vaccino Pfizer nella popolazione di età ≥18 anni, la Circolare del Ministero della Salute del 27 settembre 2021 ha individuato, oltre ai pazienti immunocompromessi ai quali somministrare la dose addizionale di vaccino Pfizer o Moderna, le categorie di popolazione per la dose booster: in una prima fase over 80 e ospiti e personale sanitario e socio-sanitario delle RSA; successivamente gli operatori sanitari, con priorità per gli over 60 o vulnerabili a forme di COVID-19 severa per patologie concomitanti o con elevato livello di esposizione all’infezione. La platea vaccinabile con terza dose è stata, poi, ulteriormente espansa dalla Circolare del Ministero della Salute dell’8 ottobre 2021, che ha esteso l’indicazione del richiamo a tutti gli over 60 e ai maggiorenni fragili con specifiche patologie.
Ad oggi la platea vaccinabile con la terza dose non è ancora stata aggiornata negli Open Data sui vaccini anti-COVID-19 rispetto all’ultima estensione, restando dunque ferma a quota 7,6 milioni di persone secondo le categorie previste dalla precedente circolare ministeriale. Al 12 ottobre 2021 sono state somministrate 389.764 dosi con un tasso di copertura del 5,1%, e notevoli differenze regionali: dal 18,3% del Molise allo 0% della Valle D’Aosta (figura 15).
Green pass. Con la progressiva estensione del green pass il numero dei tamponi antigenici rapidi è aumentato del 57,7% in un mese: la media mobile a 7 giorni è passata da 113 mila del 6 agosto a 178 mila il 7 settembre per poi stabilizzarsi tra 175mila e 185mila, documentando indirettamente l’esistenza di una fascia di popolazione non intenzionata a vaccinarsi. Viceversa, la media mobile a 7 giorni dei nuovi vaccinati, dai quasi 172 mila del 12 agosto è progressivamente calata fino a quota 54 mila il 10 ottobre. «La “spinta gentile” del green pass – commenta Cartabellotta – ha dunque avuto un’efficacia modesta nel contrastare l’esitazione vaccinale. Considerato che la certificazione verde viene rilasciata a 15 giorni dalla prima dose e vista l’imminente decorrenza dell’obbligo di green pass per i lavoratori, già da fine settembre doveva essere visibile una netta risalita dei nuovi vaccinati, ma così non è stato».
«In assenza di dati ufficiali – spiega il Presidente – è possibile effettuare solo stime indirette del numero di lavoratori non ancora vaccinati, utilizzando differenti fonti di dati e accettando i limiti che possono influenzare le stime stesse». Secondo gli Open Data sui vaccini anti-COVID-19, 8,1 milioni di over 12 non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino. Di questi, poco più di 6 milioni sono persone in età lavorativa: 863 mila nella fascia d’età 20-29, 1,32 milioni nella fascia 30-39, 1,65 milioni nella fascia 40-49, 1,39 milioni nella fascia 50-59 e 821 mila nella fascia 60-69.
Considerato che secondo i dati ISTAT relativi al 4° trimestre 2020 il tasso di occupazione in Italia nella fascia 20-64 anni è del 62,9%, si stimano circa 3,8 milioni di lavoratori non vaccinati, ma la precisione di questa stima è influenzata da diverse variabili: lavoratori under 20 e over 64, numero di occupati guariti negli ultimi 6 mesi, numero di lavoratori esentati per patologia, distribuzione non omogenea tra le differenti fasce di età sia del tasso di occupazione, sia del numero dei non vaccinati tra lavoratori e non lavoratori.
Pertanto, dal 15 ottobre il fabbisogno settimanale stimato di tamponi antigenici rapidi è compreso tra 7,5 e 11,5 milioni: un numero molto lontano dai 1,2 milioni effettuati nella settimana 6-12 ottobre. Secondo Federfarma, circa due terzi dei tamponi antigenici rapidi vengono eseguiti nelle farmacie private, ma di queste meno della metà (8.331 su circa 19 mila), oltre a 327 centri privati, hanno aderito all’accordo che garantisce i test a prezzo calmierato. «Per far fronte all’aumento del fabbisogno di test – spiega il Presidente – è urgente sia ampliare il numero di farmacie e altre strutture autorizzate che aderiscono all’accordo, sia potenziare l’attività per aumentare il numero di tamponi».
«Alla vigilia del 15 ottobre – conclude Cartabellotta – la politica e il mondo del lavoro devono fare i conti con alcune ragionevoli certezze. Innanzitutto l’attuale sistema che punta su farmacie e centri autorizzati non potrà garantire, almeno nel breve termine, un’adeguata offerta di tamponi antigenici rapidi a prezzo calmierato; in secondo luogo le proposte avanzate negli ultimi giorni (estendere validità dei tamponi a 72 ore, tamponi “fai da te”), oltre a non avere basi scientifiche presentano rischi di tipo sia sanitario, sia medico-legale e assicurativo; infine, il numero dei nuovi vaccinati già da alcune settimane lasciava presagire un consistente “zoccolo duro” di lavoratori che, nonostante l’approssimarsi del 15 ottobre, non intende vaccinarsi volontariamente. Considerato che la “spinta gentile” del green pass non ha prodotto i risultati auspicati e che da domani si rischia il caos, con centinaia di migliaia di lavoratori sprovvisti della certificazione verde di fatto impossibilitati ad effettuare un tampone, il Governo deve prendere in considerazione l’obbligo vaccinale, consentendo l’uso del tampone per ottenere il green pass solo dopo la prenotazione del vaccino e fino a due settimane dopo la somministrazione della prima dose».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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7 ottobre 2021
Coronavirus: continua la discesa di nuovi casi (-9,1%), ricoveri in area medica (-13,2%) e terapie intensive (-5,7%). Calano anche i decessi (-19,4%). Vaccini: nonostante 13,4 mln di dosi in frigo scende ancora il numero di nuovi vaccinati (-17,1%), a rilento le terze dosi (2,4% su una platea di 7,6 mln). Terza dose: necessario estendere l’obbligo agli operatori sanitari e aprire progressivamente alle fasce under 80
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE, NELLA SETTIMANA 29 SETTEMBRE-5 OTTOBRE, CONFERMA TUTTI I NUMERI IN CALO, ANCHE SE IN 5 REGIONI SI REGISTRA UN LIEVE INCREMENTO DI NUOVI CASI. CAMPAGNA VACCINALE: DIMINUISCONO LE SOMMINISTRAZIONI (-22,2%) E QUASI 2,6 MILIONI DI OVER 50 RIMANGONO SENZA ALCUNA COPERTURA. 7,6 MILIONI LE PERSONE CANDIDATE A RICEVERE LA TERZA DOSE: COPERTURA ATTUALE AL 2,4%, MA CON NOTEVOLI DIFFERENZE TRA REGIONI. L’EFFICACIA VACCINALE SI MANTIENE MOLTO ELEVATA CON RIDUZIONE DECESSI E TERAPIE INTENSIVE QUASI AL 95% E RICOVERI IN AREA MEDICA AL 92,6%. MA I PRIMI LIEVI SEGNALI DI RIDUZIONE IMPONGONO DI UNA PROGRAMMAZIONE STRATEGICA PER SOMMINISTRARE LA TERZA DOSE ALLA POPOLAZIONE GENERALE, ANCHE PER EVITARE IMPROPRIE FUGHE IN AVANTI DELLE REGIONI.
7 ottobre 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 29 settembre-5 ottobre 2021, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (21.060 vs 23.159) (figura 1) e decessi (311 vs 386) (figura 2). In calo anche i casi attualmente positivi (90.299 vs 98.872), le persone in isolamento domiciliare (86.898 vs 94.995), i ricoveri con sintomi (2.968 vs 3.418) e le terapie intensive (433 vs 459) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 311 (-19,4%), di cui 22 riferiti a periodi precedenti
- Terapia intensiva: -26 (-5,7%)
- Ricoverati con sintomi: -450 (-13,2%)
- Isolamento domiciliare: -8.097 (-8,5%)
- Nuovi casi: 21.060 (-9,1%)
- Casi attualmente positivi: -8.573 (-8,7%)
«Ormai da 5 settimane consecutive – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – il dato nazionale mostra una discesa dei nuovi casi settimanali, anche se nell’ultima settimana, rispetto alla precedente, 5 Regioni registrano un incremento percentuale dei contagi». Gli aumenti, che riguardano Basilicata (+73,6%), Prov. Aut. Bolzano (+8,7%), Prov. Aut. Trento (+20,9%), Sardegna (+5%), Valle D'Aosta (+64,5%) (tabella 1), rimangono tuttavia contenuti in termini assoluti. Scendono a 17 le Province con incidenza pari o superiore a 50 casi per 100.000 abitanti e nessuna conta oltre 150 casi per 100.000 abitanti. In calo anche i decessi: 311 negli ultimi 7 giorni (di cui 22 riferiti a periodi precedenti), con una media di 44 al giorno rispetto ai 55 della settimana precedente.
«Sul fronte ospedaliero – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – si registra un ulteriore calo dei posti letto occupati da pazienti COVID-19: rispetto alla settimana precedente scendono del 13,2% in area medica e del 5,7% in terapia intensiva». A livello nazionale il tasso di occupazione rimane basso (5% in area medica e 5% in area critica) e nessuna Regione supera le soglie del 15% per l’area medica e del 10% per l’area critica (figura 4). «Continuano a scendere anche gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – con una media mobile a 7 giorni di 22 ingressi/die rispetto ai 29 della settimana precedente».
Vaccini: forniture. Al 6 ottobre (aggiornamento ore 6.13) risultano consegnate 98.883.319 dosi: con la consegna di 3,97 milioni di dosi nell’ultima settimana (figura 5) salgono ancora le scorte di vaccini a mRNA, che raggiungono quota 13,4 milioni.
Vaccini: somministrazioni. Al 6 ottobre (aggiornamento ore 6.13) il 76,8% della popolazione (n. 45.493.296) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+452.187 rispetto alla settimana precedente) e il 72,4% (n. 42.921.024) ha completato il ciclo vaccinale (+661.771 rispetto alla settimana precedente) (figura 6). Nell’ultima settimana scende ancora il numero di somministrazioni (n. 1.209.952) (figura 7), con una media mobile a 7 giorni di quasi 160mila somministrazioni/die. Il numero di nuovi vaccinati settimanali, dopo la risalita a 589mila della settimana precedente, è sceso a quota 488mila (-17,1%) nell’ultima settimana (figura 8), confermando per ora i modesti effetti del green pass sulla curva dei nuovi vaccinati, al netto dell’incognita relativa al numero degli esoneri.
Vaccini: coperture. Le coperture vaccinali per fascia di età con almeno una dose di vaccino sono molto variabili: dal 96,7% degli over 80 al 70,4% della fascia 12-19 (figura 9). In generale, rispetto alla settimana precedente, si registrano incrementi modesti: il numero di vaccinati con almeno una dose cresce dell’1,6% nella fascia 30-39, dell’1,5% nella fascia 20-29, dell’1,2% nella fascia 40-49, dell’1,1% nella fascia 12-19, dello 0,9% nella fascia 50-59, mentre negli over 60 l’incremento non raggiunge lo 0,5%. In particolare, per le categorie a maggiore rischio di malattia severa, sono ancora 3,4 milioni (12,3%) gli over 50 che non hanno completato il ciclo vaccinale (figura 10), di cui 2,59 milioni non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino, con rilevanti differenze regionali (dal 15,1% della Calabria al 5,6% della Puglia) (figura 11).
Efficacia vaccini. L’efficacia del vaccino sulla diagnosi di SARS-CoV-2 si è ridotta dall’88,5% (periodo 4 aprile-11 luglio) al 77,2% (periodo 4 aprile-26 settembre), in particolare nella fascia di età 12-39 anni dove è scesa sino al 67,2% (periodo 4 aprile-29 agosto) - verosimilmente per l’effetto “estate” - per poi risalire fino al 72,6% (periodo 4 aprile-26 settembre) (figura 12). L’efficacia vaccinale si conferma, invece, molto elevata nel ridurre i decessi (94,8%) e le forme severe di malattia che necessitano di ricovero in area medica (92,6%) e in terapia intensiva (94,9%). Tuttavia, a partire da metà agosto, pur rimanendo superiore al 90% si rileva un trend in lieve ma costante riduzione per ospedalizzazioni (-2,3%), ricoveri in terapia intensiva (-2,1%) e decessi (-2,4%).
Questo dato è in linea sia con gli studi condotti in altri paesi che documentano una riduzione dell’efficacia vaccinale a partire da 6 mesi dal completamento del ciclo, in particolare nei confronti della variante delta, sia con il report “Impact of COVID-19 vaccination on the risk of SARS-CoV-2 infection and hospitalization and death in Italy” pubblicato ieri dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero della Salute. Confrontando i dati relativi a gennaio-giugno 2021 (variante alfa predominante), con quelli di luglio-agosto 2021 (variante delta predominante), si evidenzia una riduzione dell’efficacia che è minima sulle forme severe di malattia (91,7% vs 88,7%) e più netta nei confronti dell’infezione (84,8% vs 67,1%). Inoltre, nelle persone con comorbidità, l’efficacia nel prevenire l’infezione scende dal 75% dopo 28 giorni dalla seconda dose al 52% dopo circa sette mesi.
In ogni caso, nelle persone vaccinate con ciclo completo rispetto a quelle non vaccinate, si riduce nettamente l’incidenza di diagnosi e soprattutto di malattia grave e decesso: nelle varie fasce di età, le diagnosi di SARS-CoV-2 si riducono infatti del 79-84%, i ricoveri ordinari dell’88,6-95,6%, quelli in terapia intensiva del 90,7-100% e i decessi del 91,5-100% (figura 13).
Vaccini: terza dose. Il 4 ottobre la European Medicines Agency (EMA) ha concluso la valutazione relativa alla dose aggiuntiva di vaccino (Pfizer o Moderna) per i pazienti immunocompromessi raccomandandone la somministrazione entro 28 giorni dal completamento del ciclo vaccinale, come già disposto in Italia dalla Circolare del Ministero della Salute del 14 settembre 2021. L’EMA suggerisce inoltre di considerare la somministrazione di una dose di richiamo (booster) con il vaccino Pfizer in tutte le persone di età ≥18 anni, dopo almeno 6 mesi dalla seconda dose, lasciando ai singoli Paesi piena autonomia decisionale su fasce di età e categorie prioritarie.
Ad oggi la Circolare del Ministero della Salute del 27 settembre 2021 prevede di utilizzare per le dosi booster sia Pfizer che Moderna in specifiche categorie di popolazione. In una prima fase over 80 e ospiti e personale sanitario e socio-sanitario delle RSA; successivamente gli operatori sanitari con priorità per gli over 60, o con patologie concomitanti e vulnerabili a forme di COVID-19 severa, o con elevato livello di esposizione all’infezione. Complessivamente, la platea vaccinabile con la terza dose è di quasi 7,6 milioni di persone (figura 14) alle quali dal 14 settembre sono state somministrate quasi 185mila dosi con un tasso di copertura del 2,4%, e notevoli differenze regionali: dal 9% del Molise allo 0% della Valle D’Aosta (figura 15).
«La priorità assoluta – conclude Cartabellotta – rimane quella di somministrare il ciclo completo a tutta la popolazione vaccinabile, in particolare agli over 50. Tuttavia, a fronte dei primi segnali di un lieve (ma costante) calo dell’efficacia vaccinale su ospedalizzazioni, terapie intensive e decessi, è necessaria una programmazione strategica per somministrare la dose di richiamo alla popolazione generale. Anche per evitare, dopo il via libera dell’EMA agli over 18, che le Regioni procedano in ordine sparso, senza seguire le priorità basate sul rischio individuale». Ecco perché la Fondazione GIMBE propone quattro azioni integrate:
- accelerare la somministrazione della terza dose alle categorie prioritarie vista l’ampia disponibilità di dosi (13,4 milioni) e la stagione invernale alle porte;
- ampliare progressivamente la platea vaccinabile con dose booster alle fasce anagrafiche a rischio di malattia grave e decesso, iniziando con la fascia 70-79 anni e successivamente quella 60-69 e 50-59, e dando priorità in ciascuna fascia ai pazienti con patologie concomitanti;
- programmare per tutti gli over 50 la chiamata attiva a sei mesi dal completamento del ciclo;
- estendere l’obbligo della dose booster per gli operatori sanitari, al fine di garantire la sicurezza per i pazienti e ridurre il rischio di limitare l’erogazione di prestazioni sanitarie per patologie non COVID-19, visto che l’efficacia vaccinale sull’infezione da variante delta si attesta intorno al 67%.
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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30 settembre 2021
Coronavirus: giù i nuovi casi (-19,2%), ricoveri ordinari (-13,2%) e terapie intensive (-11%). Vaccini: 8,3 milioni di persone non ancora vaccinate, ma il numero delle esenzioni resta un’incognita. Effetto green pass: volano i tamponi rapidi, ma nessuna impennata dei nuovi vaccinati
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE, NELLA SETTIMANA 22-28 SETTEMBRE, CONFERMA TUTTI I NUMERI IN CALO. SUL FRONTE DELLA CAMPAGNA VACCINALE IN LIEVE AUMENTO LE SOMMINISTRAZIONI (+4,1%) E CRESCONO I NUOVI VACCINATI (+19,8%). PARTITA LA SOMMINISTRAZIONE DELLA TERZA DOSE AGLI IMMUNODEPRESSI: COPERTURA NAZIONALE AL 5,7%, MA CON NOTEVOLI DIFFERENZE TRA REGIONI. SI MANTIENE MOLTO ELEVATA L’EFFICACIA VACCINALE: RIDUZIONE DECESSI E TERAPIE INTENSIVE OLTRE IL 95% E RICOVERI IN AREA MEDICA AL 92,7%. ESTENSIONE OBBLIGO DI GREEN PASS: BOOM DI TAMPONI ANTIGENICI (+57,7% IN UN MESE), MENTRE SUL FRONTE DEI NUOVI VACCINATI OCCORRE ATTENDERE IL 15 OTTOBRE PER LA PROVA DEL NOVE.
30 settembre 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 22-28 settembre 2021, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (23.159 vs 28.676) (figura 1) e dei decessi (386 vs 394) (figura 2). In calo anche i casi attualmente positivi (98.872 vs 109.513), le persone in isolamento domiciliare (94.995 vs 105.060), i ricoveri con sintomi (3.418 vs 3.937) e le terapie intensive (459 vs 516) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 386 (-2%), di cui 46 riferiti a periodi precedenti
- Terapia intensiva: -57 (-11%)
- Ricoverati con sintomi: -519 (-13,2%)
- Isolamento domiciliare: -10.065 (-9,6%)
- Nuovi casi: 23.159 (-19,2%)
- Casi attualmente positivi: -10.641 (-9,7%)
«Ormai da 4 settimane consecutive – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – continuano a scendere i nuovi casi settimanali: anche sul fronte dei contagi iniziano a intravedersi i risultati della campagna vaccinale, con oltre il 71% della popolazione che ha completato il ciclo». Nella settimana 22-28 settembre 2021, rispetto alla precedente, solo in Emilia-Romagna e Valle d’Aosta crescono i casi attualmente positivi, e solo in quest’ultima si registra un incremento percentuale dei nuovi casi (tabella 1). Scendono a 22 le Province con incidenza pari o superiore a 50 casi per 100.000 abitanti e nessuna conta oltre 150 casi per 100.000 abitanti. Lieve calo dei decessi: 386 negli ultimi 7 giorni (di cui 46 riferiti a periodi precedenti), con una media di 55 al giorno rispetto ai 56 della settimana precedente.
«Sul fronte ospedaliero – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – si conferma il calo dei posti letto occupati da pazienti COVID-19: rispetto alla settimana precedente scendono del 13,2% in area medica e dell’11% in terapia intensiva». A livello nazionale il tasso di occupazione rimane basso (6% in area medica e 5% in area critica), seppur con notevoli differenze regionali (figura 4): per l’area medica si colloca sopra la soglia del 15% solo la Calabria (17%); per l’area critica nessuna Regione supera la soglia del 10%. «Continuano a ridursi anche gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – con una media mobile a 7 giorni di 29 ingressi/die rispetto ai 32 della settimana precedente».
Vaccini: forniture. Al 29 settembre (aggiornamento ore 6.14) risultano consegnate 94.912.798 dosi: nonostante nell’ultima settimana siano state ricevute solo 1,65 milioni di dosi (figura 5), salgono le scorte di vaccini a mRNA, ora a quota 10,5 milioni.
Vaccini: somministrazioni. Al 29 settembre (aggiornamento ore 6.14) il 76% della popolazione (n. 45.041.109) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+590.166 rispetto alla settimana precedente) e il 71,3% (n. 42.259.253) ha completato il ciclo vaccinale (+913.805) (figura 6). In aumento del 4,1% il numero di somministrazioni nell’ultima settimana (n. 1.546.235) (figura 7), con una media mobile a 7 giorni di 204.606 somministrazioni/die. Il numero di nuovi vaccinati settimanali, dopo aver raggiunto il minimo di 488mila due settimane fa, è risalito del 19,8% attestandosi a quota 585mila nell’ultima settimana (figura 8). «A fronte di oltre 8,3 milioni di persone non hanno ricevuto nemmeno una dose – commenta Cartabellotta – in questa fase è molto difficile giudicare l’entità dei progressi della campagna vaccinale, per l’ingiustificata indisponibilità pubblica sia dei dati delle prenotazioni, sia del numero di persone esonerate dalla vaccinazione».
Vaccini: terza dose. Le Regioni hanno dato il via alla terza dose nelle persone con immunocompromissione clinicamente rilevante: dal 14 settembre sono state somministrate 61.494 dosi su una platea di 931.678 soggetti. Il tasso di copertura a livello nazionale è del 6,6%, con rilevanti differenze regionali: dal 26,7% del Piemonte allo 0% della Valle D’Aosta (figura 9).
Vaccini: copertura degli over 50. Il 90,1% della popolazione over 50 ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino, con un irrisorio incremento settimanale nazionale (+0,6%) e nette differenze regionali: dal 94,1% della Puglia al 84,3% della Calabria. In dettaglio:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 4.233.405 (94,5%) hanno completato il ciclo vaccinale e 90.501 (2%) hanno ricevuto solo la prima dose.
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 5.406.700 (90,6%) hanno completato il ciclo vaccinale e 113.705 (1,9%) hanno ricevuto solo la prima dose.
- Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 6.481.513 (87,1%) hanno completato il ciclo vaccinale e 193.786 (2,6%) hanno ricevuto solo la prima dose.
- Fascia 50-59 anni: degli oltre 9,4 milioni, 7.723.795 (81,6%) hanno completato il ciclo vaccinale e 395.098 (4,2%) hanno ricevuto solo la prima dose.
Complessivamente, 3,5 milioni di over 50 (12,8%) non hanno ancora completato il ciclo vaccinale con la doppia dose (figura 10) con rilevanti differenze regionali (dal 15,7% della Calabria al 5,9% della Puglia) (figura 11): di questi, 2,71 milioni non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose.
Le coperture vaccinali per fascia di età con almeno una dose di vaccino sono molto variabili: dal 96,5% degli over 80 al 69,3% della fascia 12-19 (figura 12). In generale, rispetto alla settimana precedente, si registrano incrementi modesti: la percentuale di vaccinati con almeno una dose cresce del 2,5% nella fascia 30-39, del 2,1% nelle fasce 12-19 e 20-29, dell’1,8% nella fascia 40-49 e dell’1,3% nella fascia 50-59, mentre negli over 60 l’incremento non raggiunge l’1%.
Efficacia vaccini. L’efficacia del vaccino da aprile ad oggi si conferma molto elevata nel ridurre i decessi (95,2%) e le forme severe di malattia che necessitano di ricovero in area medica (92,7%) e in terapia intensiva (95,1%) (figura 13). Relativamente alle diagnosi di SARS-CoV-2, invece, l’efficacia è scesa dall’88,5% (periodo 4 aprile-11 luglio) al 76,8% (periodo 4 aprile-19 settembre), in particolare nella fascia di età 12-39 anni dove si è ridotta sino al 67,2% (periodo 4 aprile-29 agosto) - verosimilmente per l’effetto “estate” - per poi risalire fino al 70,9% (periodo 4 aprile-19 settembre). Nelle persone vaccinate con ciclo completo, rispetto a quelle non vaccinate, si registra un netto calo dell’incidenza di diagnosi e soprattutto di malattia severa che porta ad ospedalizzazione, ricovero in terapia intensiva o decesso: nelle varie fasce di età, le diagnosi di SARS-CoV-2 si riducono infatti del 78,7-83,1%, i ricoveri ordinari dell’87,5-95,8%, quelli in terapia intensiva del 91,2-98% e i decessi del 79,9-95,5% (figura 14).
Effetti della progressiva estensione del green pass. A partire dalla fine di luglio, con una serie di provvedimenti normativi, il Governo ha progressivamente ampliato gli ambiti in cui vige l’obbligo della certificazione verde, al fine di aumentare l’adesione della popolazione alla campagna vaccinale e garantire maggiore sicurezza negli ambienti chiusi.
- 6 agosto 2021: decorrenza dell’obbligo di possedere il green pass per frequentare la maggior parte delle attività ludiche, culturali e sportive oltre che per fruire di servizi di ristorazione al chiuso, eccetto quelli riservati ad ospiti di hotel (DL 105/2021).
- 1 settembre 2021: estensione dell’obbligo al personale scolastico, agli studenti universitari e ai passeggeri di bus interregionali, aerei, treni Intercity, Intercity Notte e Alta Velocità, traghetti e navi interregionali, eccetto lo stretto di Messina (DL 111/2021).
- 11 settembre 2021: estensione dell’obbligo a chiunque acceda alle strutture delle istituzioni scolastiche, educative e formative con esclusione di bambini, alunni e studenti e di altre eccezioni previste (DL 122/2021).
- 15 ottobre 2021: estensione dell’obbligo a tutti i lavoratori pubblici e privati (DL 127/2021).
Sin dal 6 agosto l’impatto dell’estensione del green pass è molto evidente sui tamponi rapidi, la cui media mobile a 7 giorni è aumentata in un mese del 57,7% passando da 113 mila (6 agosto) a 178 mila (7 settembre) per poi stabilizzarsi. Sui nuovi vaccinati l’effetto green pass è ancora modesto: dopo un lieve rialzo dopo il 6 agosto, le prime dosi giornaliere sono crollate sino al minimo del 17 settembre (media mobile 66,7 mila), registrando poi una timida risalita e stabilizzandosi intorno a quota 84mila
«La progressiva estensione del green pass – conclude Cartabellotta – ha ottenuto un effetto molto netto in termini di testing della popolazione, contribuendo a ridurre la circolazione del virus, ma sinora non ha prodotto nessuna impennata nella curva dei nuovi vaccinati. Considerato che almeno 5 milioni di persone non vaccinate sono in età lavorativa, la prova del nove per valutare l’efficacia della “spinta gentile” arriverà intorno al 15 ottobre, data di decorrenza dell’obbligo del green pass per dipendenti pubblici e privati».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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24 settembre 2021
Introduzione alla Metodologia della ricerca clinica, webinar della Fondazione GIMBE per gli specializzandi UNIMI
INTRODUZIONE ALLA METODOLOGIA DELLA RICERCA CLINICA, WEBINAR DELLA FONDAZIONE GIMBE PER GLI SPECIALIZZANDI UNIMI
24 settembre 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Gli investimenti destinati alla ricerca devono tradursi nel massimo beneficio per la salute delle popolazioni: questo spesso non accade perché oggi numerose problematiche ne condizionano la qualità metodologica, l’etica, l’integrità e il valore sociale.
Per questo la Fondazione GIMBE, nell’ambito del programma GIMBE4young, il programma istituzionale destinato a studenti, specializzandi, ricercatori e professionisti sanitari under 32 organizza in collaborazione con la Consulta degli Specializzandi dell’Università degli Studi di Milano un webinar gratuito dal titolo “Introduzione alla metodologia della ricerca clinica”. L’evento, a cui parteciperanno oltre 500 specializzandi dell’Università degli Studi di Milano, si svolgerà oggi dalle ore 17.00.
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23 settembre 2021
Coronavirus: scendono ancora nuovi casi (-14,9%), ricoveri ordinari (-5,5%) e terapie intensive (-6,9%), stabili i decessi. Vaccini: scorte per oltre 10 milioni di dosi, ma i nuovi vaccinati crollano del 41% in due settimane. Scuole: con variante delta misure insufficienti per limitare i contagi
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE, NELLA SETTIMANA 15-21 SETTEMBRE, CONFERMA UN ULTERIORE CALO DI TUTTE LE CURVE, AD ECCEZIONE DEI DECESSI CHE SI CONFERMANO STABILI. SUL FRONTE DELLA CAMPAGNA VACCINALE CALANO LE SOMMINISTRAZIONI (1,48 MLN): QUESTA SETTIMANA SOLO 486 MILA NUOVI VACCINATI. L’ESITAZIONE VACCINALE PERSISTE NEGLI OVER 50 E FRENA LA FASCIA 12-19, DOVE QUASI 1,5 MILIONI DI RAGAZZI NON HANNO ANCORA RICEVUTO NEMMENO UNA DOSE DI VACCINO. SI MANTIENE MOLTO ELEVATA L’EFFICACIA VACCINALE: RIDUZIONE DECESSI E TERAPIE INTENSIVE OLTRE IL 95% E RICOVERI IN AREA MEDICA DEL 93%. SCUOLE: CON UNA VARIANTE DELTA PIÙ CONTAGIOSA TRA BAMBINI E ADOLESCENTI SERVE UN APPROCCIO MULTIFATTORIALE COMPOSTO DA DIFFERENTI INTERVENTI DI PREVENZIONE INDIVIDUALE E AMBIENTALE.
23 settembre 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 15-21 settembre 2021, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (28.676 vs 33.712) (figura 1) e una sostanziale stabilità dei decessi (394 vs 389) (figura 2). In calo anche i casi attualmente positivi (109.513 vs 122.340), le persone in isolamento domiciliare (105.060 vs 117.621), i ricoveri con sintomi (3.937 vs 4.165) e le terapie intensive (516 vs 554) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 394 (+1,3%), di cui 33 riferiti a periodi precedenti
- Terapia intensiva: -38 (-6,9%)
- Ricoverati con sintomi: -228 (-5,5%)
- Isolamento domiciliare: -12.561 (-10,7%)
- Nuovi casi: 28.676 (-14,9%)
- Casi attualmente positivi: -12.827 (-10,5%)
«Continuano a diminuire i nuovi casi settimanali – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – sia come numeri assoluti che come media mobile dei casi giornalieri che si attesta a 4.097» (figura 4). Nella settimana 15-21 settembre 2021, rispetto alla precedente, solo 4 Regioni registrano un incremento percentuale dei nuovi casi, mentre in 3 Regioni crescono i casi attualmente positivi (tabella 1). Scendono a 35 le Province con incidenza pari o superiore a 50 casi per 100.000 abitanti, ma in nessuna si superano i 150 casi per 100.000 abitanti (tabella 2). Sostanzialmente stabili i decessi: 394 negli ultimi 7 giorni (di cui 33 riferiti a periodi precedenti), con una media di 56 al giorno, pari a quella della settimana precedente.
«Sul fronte ospedaliero – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – si conferma il calo dei posti letto occupati da pazienti COVID-19: rispetto alla settimana precedente scendono del 5,5% in area medica e del 6,9% in terapia intensiva». A livello nazionale il tasso di occupazione rimane basso (7% in area medica e 6% in area critica), seppur con notevoli differenze regionali (figura 5): per l’area medica si collocano sopra la soglia del 15% Calabria (18%) e Sicilia (17%); per l’area critica nessuna Regione supera la soglia del 10%. «Continuano a diminuire anche gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – con una media mobile a 7 giorni di 32 ingressi/die rispetto ai 36 della settimana precedente» (figura 6).
Vaccini: forniture. Al 22 settembre (aggiornamento ore 6.16) risultano consegnate 93.563.560 dosi: nonostante nell’ultima settimana siano state ricevute solo 1,4 milioni di dosi (figura 7), le scorte di vaccini a mRNA restano stabilmente sopra quota 10 milioni.
Vaccini: somministrazioni. Al 22 settembre (aggiornamento ore 6.16) il 75% della popolazione (n. 44.450.943) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+526.912 rispetto alla settimana precedente) e il 69,8% (n. 41.345.448) ha completato il ciclo vaccinale (+1.049.468) (figura 8). Continua a scendere il numero di somministrazioni settimanali (n. 1.480.800) (figura 9), con una media mobile a 7 giorni di 212.789 somministrazioni/die (figura 10). «Nonostante la considerevole disponibilità di dosi – commenta Cartabellotta – il numero di nuovi vaccinati settimanali, dopo la timida risalita di fine agosto (831mila), nell’ultima settimana è crollato intorno a quota 487mila (figura 11). Stante l’attuale e ingiustificata indisponibilità pubblica di dati sulle prenotazioni non è possibile sapere in che misura questi numeri saliranno nelle prossime settimane per effetto dell’estensione dell’obbligo di green pass sui luoghi di lavoro». Nel frattempo, le Regioni hanno dato il via alla terza dose nelle persone con immunocompromissione clinicamente rilevante: dal 14 settembre sono state somministrate 12.612 dosi.
Vaccini: copertura degli over 50. L’89,5% della popolazione over 50 ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino, con un irrisorio incremento settimanale nazionale (+0,6%) e nette differenze regionali: dal 93,7% della Puglia al 83,7% della Calabria. In dettaglio:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 4.218.163 (94,1%) hanno completato il ciclo vaccinale e 97.875 (2,2%) hanno ricevuto solo la prima dose.
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 5.379.699 (90,2%) hanno completato il ciclo vaccinale e 123.721 (2,1%) hanno ricevuto solo la prima dose.
- Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 6.430.347 (86,4%) hanno completato il ciclo vaccinale e 203.388 (2,7%) hanno ricevuto solo la prima dose.
- Fascia 50-59 anni: degli oltre 9,4 milioni, 7.614.133 (80,4%) hanno completato il ciclo vaccinale e 402.738 (4,3%) hanno ricevuto solo la prima dose.
Complessivamente 3,7 milioni di over 50 (13,5%) non hanno ancora completato il ciclo vaccinale (figura 12), con rilevanti differenze regionali (dal 16,3% della Calabria al 6,3% della Puglia) (figura 13): di questi, 2,88 milioni non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose. A fronte di un sostanziale appiattimento dei trend di vaccinazione in questa fascia di età, le fasce 20-29 e 30-39 anni continuano a salire, seppure ad un ritmo meno sostenuto, mentre la fascia 12-19 mostra segni di frenata (figura 14). La figura 15 illustra le coperture vaccinali per fascia di età mentre la figura 16 riporta, sempre per fascia d’età, il numero delle persone che non hanno ricevuto nemmeno una dose.
Efficacia vaccini. L’efficacia del vaccino da aprile ad oggi si conferma molto elevata nel ridurre i decessi (95,7%) e le forme severe di malattia che necessitano di ricovero in area medica (93,1%) e in terapia intensiva (95,4%). Relativamente alle diagnosi di SARS-CoV-2, invece, l’efficacia si è ridotta dall’88,5% (periodo 4 aprile-11 luglio) al 76,9% (periodo 4 aprile-12 settembre), in misura inversamente proporzionale all’età: infatti, nella fascia 12-39 anni l’efficacia è scesa sino al 67,2% a inizio agosto, anche se nelle ultime due settimane è risalita al 69,3% (figure 17 e 18). «Tra i più giovani – spiega Cartabellotta – si sta verosimilmente esaurendo “l’effetto estate”, dove l’incremento dei contatti sociali e la minore attenzione ai comportamenti individuali, fondamentali per prevenire il contagio anche nei vaccinati, avevano ridotto l’efficacia vaccinale». Nelle persone vaccinate con ciclo completo, rispetto a quelle non vaccinate, si registra un netto calo dell’incidenza di diagnosi e soprattutto di malattia severa che porta ad ospedalizzazione, ricovero in terapia intensiva o decesso: nelle varie fasce di età, le diagnosi di SARS-CoV-2 si riducono infatti del 78,5-82,6%, i ricoveri ordinari dell’87,2-95,8%, quelli in terapia intensiva del 92,2-98,1% e i decessi del 80,3-95,6% (figura 19).
Anteprima report GIMBE “Sicurezza COVID-19 nelle scuole”. In occasione della presentazione dell’Osservatorio Civico sulla sicurezza nelle scuole promosso ieri da Cittadinanzattiva «abbiamo ribadito – spiega il Presidente – che le evidenze scientifiche da un lato dimostrano che nelle scuole non esiste il rischio zero di contagio, dall’altro suggeriscono che è possibile minimizzarlo tramite un approccio multifattoriale combinando differenti interventi di prevenzione individuale e ambientale». Di seguito una sintesi delle attuali criticità:
- Vaccinazione studenti. Oltre 2,42 milioni (53,1%) hanno completato il ciclo vaccinale e più di 675mila hanno effettuato la prima dose. Oltre 1,46 milioni di ragazzi (32,1%) non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose di vaccino, con rilevanti differenze regionali (figura 20).
- Vaccinazione personale scolastico. Oltre 1,39 milioni (89,9%) hanno completato il ciclo vaccinale e poco più di 64mila sono in attesa della seconda dose; i rimanenti 90.976 (5,9%) non hanno ricevuto ancora nessuna dose di vaccino, con rilevati differenze regionali (figura 21).
- Mascherine. Un rigoroso studio di simulazione dei Centers for Disease Control and Prevention ha dimostrato che a scuola, in condizioni di elevata immunità, l’uso della mascherina chirurgica riduce il rischio di trasmissione del 24%, percentuale che sale al 35% in condizioni di immunità intermedia e al 50% in presenza di bassa immunità. In altri termini l’ipotesi di abbandonare le mascherine nelle classi con tutti gli studenti vaccinati non è basata su evidenze scientifiche, oltre a porre problemi di privacy sul controllo dello status vaccinale e generare il rischio di discriminazioni.
- Distanziamento. Il Protocollo di Intesa del Ministero dell’Istruzione per l’avvio in sicurezza dell’anno scolastico prevede una “distanza interpersonale di almeno un metro, sia in posizione statica che dinamica, qualora logisticamente possibile”, ovvero definisce un obbligo flessibile, derogabile in presenza di limiti strutturali.
- Screening periodico. Il Piano di monitoraggio della circolazione di SARS-CoV-2 nelle scuole dell’Istituto Superiore di Sanità non prevede lo screening periodico e sistematico, ma solo una campagna di testing a campione che coinvolgerà circa 110mila studenti delle “scuole sentinella” primarie e secondarie di primo grado, utilizzando test molecolare su campione salivare. Un test di facile utilizzo e non invasivo, ma – come rilevato dal report dell’European Centre for Disease Control and Prevention – con una sensibilità limitata (53-73%) e condizionata dal metodo di raccolta del campione, a seconda se effettuata da operatori sanitari o tramite auto-raccolta.
- Aerazione e ventilazione. Il Decreto Ripartizione che ha assegnato 350 milioni di euro alle scuole prevedeva l’acquisto di “strumenti per l’aerazione”, ma tale destinazione d’uso non è specificata nel DL 73/2021 che fa riferimento solo a interventi di piccola manutenzione. Di conseguenza, areazione e ventilazione sono affidate al “Protocollo finestre aperte”, la cui efficacia dipende dalla sensibilizzazione del personale scolastico e dalla ventilazione continuativa degli ambienti durante le attività scolastiche, condizionata dalle condizioni metereologiche.
- Trasporti. Ambito non incluso nel report GIMBE.
«Si parla tanto di scuola – spiega Cartabellotta – ma lo si fa in modo generico, senza considerare che i vari interventi per minimizzare la circolazione del virus non possono essere applicati indiscriminatamente in tutte le tipologie di scuole, ciascuna delle quali richiederebbe un piano di prevenzione su misura, considerando soprattutto la maggiore contagiosità della variante delta tra bambini e adolescenti. In particolare non disponiamo di vaccini autorizzati sotto i 12 anni, l’obbligo di mascherine vige solo a partire dalla scuola primaria e il distanziamento non è realisticamente applicabile nei nidi e nella scuola dell’infanzia» (tabella).
«A fronte delle evidenze scientifiche – conclude il Presidente – il mondo reale della scuola si ritrova all’inizio del nuovo anno scolastico senza una strategia di screening sistematico di personale e studenti, con regole sul distanziamento derogabili in presenza di limiti logistici e senza interventi sistematici su aerazione e ventilazione delle aule, né sulla gestione dei trasporti. E la vaccinazione di personale e studenti, seppur indispensabile, non è sufficiente per arginare la diffusione del virus e scongiurare la DAD, in particolare nelle scuole primarie».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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16 settembre 2021
Coronavirus: scendono nuovi casi (-14,7%), ricoveri ordinari (-3,3%) e terapie intensive (-1,6%); in ospedale quasi esclusivamente persone non vaccinate. Vaccini: 10 milioni di dosi in frigo e ancora oltre 3 milioni di over 50 senza alcuna copertura. “Cure domiciliari”: la disinformazione pubblica confonde le persone e danneggia la salute
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE, NELLA SETTIMANA 8-14 SETTEMBRE, RILEVA TUTTI I NUMERI IN CALO, COMPRESI QUELLI DI RICOVERI E TERAPIE INTENSIVE. CAMPAGNA VACCINALE: FRENATA DELLE PRIME SOMMINISTRAZIONI (-200 MILA RISPETTO ALLA SETTIMANA PRECEDENTE), L’ESITAZIONE VACCINALE PERSISTE SOPRATTUTTO NEGLI OVER 50. I NUMERI CONFERMANO L’EFFICACIA DEI VACCINI NEL RIDURRE DECESSI (96,3%), RICOVERI ORDINARI (93,4%) E IN TERAPIA INTENSIVA (95,7%). MA CON L’ARRIVO DELL’AUTUNNO E LA RIAPERTURA DELLE SCUOLE GLI OLTRE 9 MILIONI DI NON VACCINATI ALIMENTERANNO LA CIRCOLAZIONE DEL VIRUS E L’AUMENTO DELLE OSPEDALIZZAZIONI. INACCETTABILE PRESA DI POSIZIONE SULLE “CURE DOMICILIARI” DI PERSONAGGI PUBBLICI TRA CUI MEDICI E POLITICI CHE, SOVVERTENDO IL METODO SCIENTIFICO, INDUCONO LE PERSONE A RIFIUTARE VACCINI EFFICACI E SICURI E A FIDARSI DI PROTOCOLLI TERAPEUTICI NON AUTORIZZATI O DI FARMACI DANNOSI E CONTROINDICATI.
16 settembre 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 8-14 settembre 2021, rispetto alla precedente, tutti i numeri in calo. Scendono i nuovi casi (33.712 vs 39.511) (figura 1), i decessi (389 vs 417) (figura 2), i casi attualmente positivi (122.340 vs 133.787), le persone in isolamento domiciliare (117.621 vs 128.917), i ricoveri con sintomi (4.165 vs 4.307) e le terapie intensive (554 vs 563) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 389 (-6,7%), di cui 52 riferiti a periodi precedenti
- Terapia intensiva: -9 (-1,6%)
- Ricoverati con sintomi: -142 (-3,3%)
- Isolamento domiciliare: -11.296 (-8,8%)
- Nuovi casi: 33.712 (-14,7%)
- Casi attualmente positivi: -11.447 (-8,6%)
«Continuano a diminuire i nuovi casi settimanali – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – sia come numeri assoluti che come media mobile dei casi giornalieri che si attesta a 4.816» (figura 4). Nella settimana 8-14 settembre 2021, rispetto alla precedente, 4 Regioni registrano un incremento percentuale dei nuovi casi e in sole 2 Regioni crescono i casi attualmente positivi (tabella 1). Scendono a 56 le Province con incidenza pari o superiore a 50 casi per 100.000 abitanti: in Sicilia e Umbria tutte le Province raggiungono o superano tale soglia. Solo in 2 Province si contano oltre 150 casi per 100.000 abitanti: Siracusa (178) e Messina (168) (tabella 2). In calo anche i decessi: 389 negli ultimi 7 giorni (di cui 52 riferiti a periodi precedenti), con una media giornaliera di 56 rispetto ai 60 della settimana precedente.
«Sul fronte ospedaliero – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – dopo 8 settimane di aumento si registra una lieve riduzione dei posti letto occupati da pazienti COVID-19, che scendono del 3,3% in area medica e dell’1,6% in terapia intensiva».
A livello nazionale il tasso di occupazione rimane basso (7% in area medica e 6% in area critica), anche se persistono notevoli differenze regionali (figura 5): per l’area medica si collocano sopra la soglia del 15% Sicilia (21%) e Calabria (17%); per l’area critica sopra la soglia del 10% Marche (13%), Sicilia (11%) e Sardegna (11%). «Iniziano a scendere anche gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – con una media mobile a 7 giorni di 36 ingressi/die rispetto ai 42 della settimana precedente» (figura 6).
Vaccini: forniture. Al 15 settembre (aggiornamento ore 6.09) risultano consegnate 91.849.241 dosi: con 3,7 milioni di dosi dell’ultima settimana (figura 7) le scorte di vaccini a mRNA superano quota 10 milioni.
Vaccini: somministrazioni. Al 15 settembre (aggiornamento ore 06:09) il 74,1% della popolazione (n. 43.924.031) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+552.102 rispetto alla settimana precedente) e il 68% (n. 40.295.980) ha completato il ciclo vaccinale (+1.223.873) (figura 8). In calo nell’ultima settimana il numero di somministrazioni (n. 1.720.055) (figura 9), con una media mobile a 7 giorni di 234.183 somministrazioni/die (figura 10). «Nonostante la considerevole disponibilità di dosi – commenta Cartabellotta – il numero di prime somministrazioni, dopo tre settimane di stabilità intorno a quota 720-750mila, nell’ultima settimana è sceso a 525mila. In attesa di conoscere gli effetti dell’estensione dell’obbligo del green pass, è evidente che le attuali strategie della campagna non riescono a contrastare l’esitazione della popolazione ancora non vaccinata».
Vaccini: copertura degli over 50. L’88,9% della popolazione over 50 ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino, (+0,5% rispetto alla settimana precedente) con nette differenze regionali: dal 93,3% della Puglia all’83% della Calabria. In dettaglio:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 4.205.980 (93,9%) hanno completato il ciclo vaccinale e 102.620 (2,3%) hanno ricevuto solo la prima dose.
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 5.353.137 (89,7%) hanno completato il ciclo vaccinale e 133.144 (2,2%) hanno ricevuto solo la prima dose.
- Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 6.376.274 (85,7%) hanno completato il ciclo vaccinale e 219.502 (2,9%) hanno ricevuto solo la prima dose.
- Fascia 50-59 anni: degli oltre 9,4 milioni, 7.491.811 (79,1%) hanno completato il ciclo vaccinale e 440.596 (4,7%) hanno ricevuto solo la prima dose.
Complessivamente 3,9 milioni di over 50 (14,4%) non hanno ancora completato il ciclo vaccinale (figura 11), con rilevanti differenze regionali (dal 17% della Calabria al 6,7% della Puglia) (figura 12): di questi, 3,03 milioni non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose. A fronte di un sostanziale appiattimento dei trend di vaccinazione in questa fascia di età, continuano a salire le curve degli under 50, in particolare delle fasce 12-19 e 20-29 anni che hanno superato le fasce 30-39 e 40-49 anni (figura 13). La figura 14 illustra le coperture vaccinali per fascia di età mentre la figura 15 riporta, sempre per fascia d’età, il numero delle persone che non hanno ricevuto nemmeno una dose. In particolare, con le scuole già ripartite, preoccupa che nella fascia 12-19 anni, nonostante il costante incremento delle coperture, ancora 1,53 milioni di ragazzi (33,7%) non abbiano ricevuto nemmeno una dose di vaccino, con rilevanti differenze regionali (figura 16).
Efficacia vaccini. L’efficacia del vaccino da aprile ad oggi si conferma stabile e molto elevata nel ridurre i decessi (96,3%) e le forme severe di malattia che necessitano di ricovero in area medica (93,4%) e in terapia intensiva (95,7%). Relativamente alle diagnosi di SARS-CoV-2, invece, l’efficacia si è ridotta dall’88,5% (periodo 4 aprile-11 luglio) al 77,3% (periodo 4 aprile-5 settembre), in misura inversamente proporzionale all’età: infatti, nella fascia 12-39 anni l’efficacia è scesa sino al 67,2% nelle scorse settimane, ed ora dopo una stabilizzazione sembra risalire (figure 17 e 18). «Questo conferma – spiega Cartabellotta – che durante il periodo estivo tra i più giovani deve aver influito l’incremento dei contatti sociali e la minore attenzione ai comportamenti individuali, fondamentali per prevenire il contagio anche nelle persone vaccinate». Nei soggetti vaccinati con ciclo completo, rispetto ai non vaccinati, si registra un netto calo dell’incidenza di diagnosi e soprattutto di malattia severa che porta ad ospedalizzazione, ricovero in terapia intensiva o decesso: nelle varie fasce di età, le diagnosi di SARS-CoV-2 si riducono infatti del 77,8-80,7%, i ricoveri ordinari dell’88,8-95,6%, quelli in terapia intensiva del 92,5-97,4% e i decessi del 93,4-100% (figura 19).
«Il progressivo aumento delle coperture vaccinali e l’adesione ai comportamenti individuali – conclude Cartabellotta – hanno permesso di contenere la quarta ondata e i nuovi casi e i ricoveri hanno finalmente iniziato a scendere. Tuttavia con l’autunno alle porte, la riapertura delle scuole e i 9,4 milioni di persone, oltre agli under 12, che non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose di vaccino, si rischia una ripresa della circolazione del virus e un aumento delle ospedalizzazioni con conseguenti limitazioni nell’assistenza ai pazienti non COVID-19. In questo contesto, è inaccettabile la presa di posizione di personaggi pubblici, tra cui medici e politici, che, sovvertendo la metodologia della ricerca scientifica, alimentano la disinformazione mettendo a rischio la salute delle persone. Soprattutto di quelle indecise, che rifiutano vaccini efficaci e sicuri confidando in protocolli di terapia domiciliare non autorizzati o addirittura in farmaci dannosi e controindicati».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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9 settembre 2021
Coronavirus: contagi in calo (-12,5%), ulteriore frenata sul fronte ospedaliero. Vaccini: prime dosi stabili da tre settimane, mentre aumentano le scorte (9,6 mln). L’immunità di gregge è una chimera, obbligo vaccinale è una scelta politica
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE, NELLA SETTIMANA 1-7 SETTEMBRE, RILEVA UNA DIMINUZIONE DEI NUOVI CASI (-12,5%) DOPO 9 SETTIMANE DI AUMENTO E UN’ULTERIORE FRENATA NEGLI OSPEDALI: SOLO +1,3% DI RICOVERI IN AREA MEDICA E +3,5% IN TERAPIA INTENSIVA. CAMPAGNA VACCINALE: STABILE IL NUMERO DI PRIME SOMMINISTRAZIONI (730 MILA), AUMENTANO LE DOSI DI VACCINO “IN FRIGO” E ANCORA 3,16 MILIONI DI OVER 50 SONO SENZA COPERTURA. TERZA DOSE: SI ATTENDE VIA LIBERA DELL’AIFA PER FRAGILI E ANZIANI. STOP ALLA STERILE RINCORSA DI PERCENTUALI DI COPERTURA: È NECESSARIO VACCINARE IL NUMERO PIÙ ELEVATO POSSIBILE DI PERSONE SENZA CONTROINDICAZIONI ASSOLUTE. COME RAGGIUNGERE L'OBIETTIVO RESTA UNA SCELTA POLITICA.
9 settembre 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 1-7 settembre 2021, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (39.511 vs 45.134) (figura 1) a fronte di un incremento dei decessi (417 vs 366), influenzato tuttavia da ricalcoli (figura 2). Scendono anche i casi attualmente positivi (133.787 vs 137.925) e le persone in isolamento domiciliare (128.917 vs 133.129), mentre si rileva un lieve aumento di ricoveri con sintomi (4.307 vs 4.252) e terapie intensive (563 vs 544) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 417 (+13,9%), di cui 82 riferiti a periodi precedenti
- Terapia intensiva: +19 (+3,5%)
- Ricoverati con sintomi: +55 (+1,3%)
- Isolamento domiciliare: -4.212 (-3,2%)
- Nuovi casi: 39.511 (-12,5%)
- Casi attualmente positivi: -4.138 (-3%)
«Per la prima volta da fine giugno diminuiscono i nuovi casi settimanali – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – sia come numeri assoluti che come media mobile dei casi giornalieri che si attesta a 5.644» (figura 4). Nella settimana 1-7 settembre 2021, rispetto alla precedente, solo 3 Regioni registrano un incremento percentuale dei nuovi casi, mentre in 9 Regioni crescono i casi attualmente positivi (tabella 1). 63 Province hanno un’incidenza pari o superiore a 50 casi per 100.000 abitanti: in Emilia-Romagna, Sardegna, Sicilia, Toscana e Umbria tutte le Province raggiungono o superano tale soglia. In 7 Province si contano oltre 150 casi per 100.000 abitanti: Siracusa (231), Messina (189), Ragusa (170), Trapani (170), Catania (165), Prato (164) e Caltanissetta (159) (tabella 2). In aumento i decessi: 417 di cui 82 relativi a periodi precedenti.
«Sul fronte ospedaliero – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – frena ulteriormente l’incremento dei posti letto destinati a pazienti COVID: rispetto alla settimana precedente crescono solo dell’1,3% in area medica e del 3,5% in terapia intensiva». A livello nazionale il tasso di occupazione rimane basso (7% in area medica e 6% in area critica), seppure con notevoli differenze regionali (figura 5): per l’area medica si collocano sopra la soglia del 15% Sicilia (23%) e Calabria (19%); per l’area critica sopra la soglia del 10% Sicilia (13%) e Sardegna (15%). «Stabili gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – con una media mobile a 7 giorni di 42 ingressi/die rispetto ai 43 della settimana precedente» (figura 6).
Vaccini: forniture. All’8 settembre (aggiornamento ore 6.12) risultano consegnate 89.721.203 dosi. Sul fronte delle consegne, dopo il netto cambio di passo registrato ad agosto (quasi 15 milioni di dosi nel periodo 2-29 agosto per una media settimanale di 3,75 milioni), nella settimana 30 agosto-5 settembre sono state ricevute solo 2 milioni di dosi da Pfizer (figura 7). «Nonostante il calo delle forniture dell’ultima settimana – spiega Marco Mosti – continuano ad aumentare le scorte di vaccini a mRNA, che superano ormai le 9,6 milioni di dosi».
Vaccini: somministrazioni. All’8 settembre (aggiornamento ore 6.12) il 73,2% della popolazione (n. 43.371.929) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+762.552 rispetto alla settimana precedente) e il 65,9% (n. 39.072.107) ha completato il ciclo vaccinale (+1.189.855) (figura 8). Aumenta nell’ultima settimana il numero di somministrazioni (n. 1.934.230) (figura 9), ma la media mobile a 7 giorni, dopo il picco di quasi 280mila dosi/die del 3 settembre, è scesa intorno a 256mila il 7 settembre (figura 10). «Nonostante l’accelerazione delle forniture– commenta Cartabellotta – da tre settimane il numero di prime dosi è di fatto stabile intorno a 720-750mila, segno della difficoltà di convincere gli indecisi».
Vaccini: copertura degli over 50. L’88,4% della popolazione over 50 ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino, con un irrisorio incremento settimanale nazionale (+0,6%) e nette differenze regionali: dal 92,9% della Puglia al 82,3% della Sicilia. In dettaglio:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 4.194.928 (93,6%) hanno completato il ciclo vaccinale e 104.950 (2,3%) hanno ricevuto solo la prima dose.
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 5.326.891 (89,3%) hanno completato il ciclo vaccinale e 139.811 (2,3%) hanno ricevuto solo la prima dose.
- Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 6.321.767 (85%) hanno completato il ciclo vaccinale e 237.700 (3,2%) hanno ricevuto solo la prima dose.
- Fascia 50-59 anni: degli oltre 9,4 milioni, 7.361.245 (77,8%) hanno completato il ciclo vaccinale e 501.638 (5,3%) hanno ricevuto solo la prima dose.
Complessivamente 4,1 milioni di over 50 (15,2%) non hanno ancora completato il ciclo vaccinale (figura 11) con rilevanti differenze regionali (dal 17,7% della Sicilia al 7,1% della Puglia, figura 12): di questi, 3,16 milioni non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose. A fronte di un sostanziale appiattimento dei trend di vaccinazione in questa fascia di età, continuano a salire le curve degli under 50, nonostante una flessione di quella 40-49 anni e un iniziale rallentamento di quelle dei 20-29 e 30-39 anni (figura 13). Rimane invece costante la salita della fascia 12-19 anni, segnale incoraggiante vista l’imminente riapertura delle scuole. La figura 14 illustra le coperture vaccinali per fascia di età: in particolare, nella fascia 12-19 anni, il 40,1% ha completato il ciclo, al 23,1% è stata somministrata la prima dose e il 36,8% non ha ancora ricevuto nemmeno una dose di vaccino, con rilevanti differenze regionali (figura 15).
Efficacia vaccini. L’efficacia del vaccino da aprile ad oggi rimane stabile e molto elevata nel ridurre decessi (96,6%) e forme severe di malattia che richiedono ospedalizzazione (93,9%) e ricovero in terapia intensiva (96%). Relativamente alle diagnosi di SARS-CoV-2, invece, l’efficacia si riduce dall’88,5% (periodo 4 aprile-11 luglio) al 78,1% (periodo 4 aprile-29 agosto), in particolar modo nelle fasce più giovani della popolazione, seppure con una stabilizzazione nelle ultime settimane (figure 16 e 17): si rileva dunque una progressiva riduzione dell’efficacia della copertura vaccinale nei confronti di infezioni asintomatiche e forme lievi di malattia che non necessitano di ricovero. «Visto che la riduzione dell’efficacia risulta più evidente negli under 50 – spiega Cartabellotta – è verosimile che, durante l’estate, tra i più giovani abbiano influito l’incremento dei contatti sociali e la minore attenzione ai comportamenti individuali, fondamentali per prevenire il contagio anche nelle persone vaccinate». Nei soggetti vaccinati con ciclo completo, rispetto ai non vaccinati, si registra un netto calo dell’incidenza di diagnosi e soprattutto di malattia severa che richiede ospedalizzazione, ricovero in terapia intensiva o che porta al decesso. Infatti, nelle varie fasce di età, le diagnosi di SARS-CoV-2 si riducono del 76,6-79,9%, le ospedalizzazioni dell’88,8-95,6%, i ricoveri in terapia intensiva del 93,4-96,5% e i decessi del 93,4-100% (figura 18).
Terza dose. L’European Medicines Agency (EMA) in accordo con il report dell’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), ha puntualizzato che, vista l’elevata (e prolungata) efficacia dei vaccini verso forme severe di malattia e decessi da COVID-19, al momento non c’è urgenza di somministrare una dose di richiamo nella popolazione generale vaccinata con ciclo completo, neppure per le categorie professionali più a rischio (es. operatori sanitari). Al tempo stesso l’EMA ha avviato la valutazione dei dati sull’efficacia della terza dose da somministrare dopo 6 mesi dalla conclusione del ciclo vaccinale al fine di potenziare la risposta immunitaria. «Diverso l’approccio per soggetti immunodepressi e anziani fragili, in particolare ospiti di RSA – spiega Gili – che potrebbero non aver raggiunto un adeguato livello di protezione con il primo ciclo completo». In questo caso, la terza dose non si configurerebbe come un richiamo, bensì come parte integrante di un ciclo vaccinale di tre dosi: sia l’EMA che l’ECDC, infatti, stanno valutando la somministrazione di una dose aggiuntiva di vaccino mRNA per questi soggetti. «Nel nostro Paese – spiega Cartabellotta – dopo che il Comitato Tecnico Scientifico si è già espresso positivamente, si attende solo il via libera dell’AIFA per avviare la somministrazione della terza dose nelle persone immunodepresse e negli anziani ad elevata fragilità».
Immunità di gregge e obbligo vaccinale. «A fronte di un dibattito politico e di una comunicazione pubblica che rincorrono percentuali target di copertura vaccinale – dichiara Cartabellotta – è bene ricordare che oggi non esistono i presupposti epidemiologici per conquistare la cosiddetta immunità di gregge, in grado di proteggere i non vaccinati grazie ad un’elevata percentuale di persone non più suscettibili al contagio, perché vaccinate o guarite». Infatti:
- Al momento nessun vaccino è approvato per i soggetti sotto i 12 anni compiuti: oltre 5,8 milioni di persone (9,9% della popolazione) tra cui il virus continua a circolare liberamente.
- I vaccini anti-COVID-19 approvati non sono sterilizzanti, ovvero non conferiscono un’immunità totale contro il virus e anche chi è vaccinato ha una probabilità, seppure molto più bassa, di infettarsi e trasmettere il virus. Al momento in Italia l’efficacia del vaccino nei confronti dell’infezione si attesta intorno al 78%.
- L’efficacia dei vaccini nei confronti dell’infezione inizia a ridursi dopo circa 6 mesi dalla conclusione del ciclo vaccinale, in particolare nelle fasce anagrafiche più giovani.
- Nei Paesi a basso reddito meno del 2% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino: questa disomogeneità nell’accesso ai vaccini contribuisce all’elevata circolazione del virus e all’emergenza di nuove varianti.
«A fronte dell’elevato profilo di efficacia e sicurezza dimostrato dalla somministrazione di oltre 5 miliardi e mezzo di dosi di vaccino in tutto il mondo – conclude Cartabellotta – è inutile inseguire la chimera di una percentuale di popolazione vaccinata in grado di “spegnere” l’interruttore della circolazione virale. L’obiettivo di salute pubblica è quello di vaccinare tutti coloro che non presentano specifiche controindicazioni, al fine sia di una protezione individuale da malattia grave o decesso, in particolare per gli over 50, sia di ridurre al minimo la circolazione virale. Visto che quest’obiettivo è oggi basato su robuste evidenze, spetta alla politica scegliere la strategia con cui raggiungerlo: dal punto di vista scientifico tutte le carte sono in regola per istituire l’obbligo vaccinale».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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2 settembre 2021
Coronavirus: contagi stabili, frenano le ospedalizzazioni. Vaccini: con quasi 8 milioni di dosi in frigo ancora 3,34 milioni di over 50 senza copertura. Efficacia vaccinale stabile sopra il 94% per forme gravi e decessi, ma si riduce all’80% per la diagnosi.
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE, NELLA SETTIMANA 25-31 AGOSTO, RILEVA UNA SOSTANZIALE STABILITÀ DI NUOVI CASI E DECESSI. IN FRENATA L’AUMENTO DEI RICOVERI IN AREA MEDICA (+5,4%) E IN TERAPIA INTENSIVA (+7,9%). SUL FRONTE DELLA CAMPAGNA VACCINALE RISALGONO LE PRIME DOSI (40% DEL TOTALE), MA A FRONTE DI QUASI 8 MILIONI DI DOSI DISPONIBILI RIMANGONO OLTRE 3,3 MILIONI DI OVER 50 SENZA ALCUNA COPERTURA. CONSIDERATA LA “SCADENZA” DEI GREEN PASS PER I PRIMI VACCINATI E IN ATTESA DELLE DECISIONI DELL’AUTORITÀ REGOLATORIA SULLA TERZA DOSE, LA FONDAZIONE GIMBE ANALIZZA I DATI SU EFFICACIA VACCINALE E DURATA DELLA COPERTURA NEL NOSTRO PAESE.
2 settembre 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 25-31 agosto 2021, rispetto alla precedente, una sostanziale stabilità dei nuovi casi (45.134 vs 45.251) (figura 1) e dei decessi (366 vs 345) (figura 2). Lieve aumento di casi attualmente positivi (137.925 vs 135.325), persone in isolamento domiciliare (133.129 vs 130.785), ricoveri con sintomi (4.252 vs 4.036) e terapie intensive (544 vs 504) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 366 (+6,1%), di cui 42 riferiti a periodi precedenti
- Terapia intensiva: +40 (+7,9%)
- Ricoverati con sintomi: +216 (+5,4%)
- Isolamento domiciliare: +2.344 (+1,8%)
- Nuovi casi: 45.134 (-0,3%)
- Casi attualmente positivi: +2.600 (+1,9%)
«Rimangono stabili – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – i nuovi casi settimanali, sia come numeri assoluti che come media mobile dei casi giornalieri che si attesta a 6.448 (figura 4). I casi rimangono tuttavia sottostimati dall’insufficiente attività di testing e dalla limitata attività di tracciamento dei contatti». Nella settimana 25-31 agosto, rispetto alla precedente, in 9 Regioni si rileva un incremento percentuale dei nuovi casi, mentre sono 12 le Regioni in cui crescono gli attualmente positivi (tabella 1). In 67 Province l’incidenza è pari o superiore a 50 casi per 100.000 abitanti: in Basilicata, Emilia-Romagna, Marche, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto tutte le Province raggiungono o superano tale soglia. Sono 11 le Province con oltre 150 casi per 100.000 abitanti: Enna (310), Siracusa (270), Caltanissetta (261), Ragusa (252), Cagliari (210), Catania (191), Palermo (172), Reggio di Calabria (167), Messina (164), Trapani (162), Sud Sardegna (156) (tabella 2). Stabili i decessi: 366 di cui 42 relativi a periodi precedenti.
«Sul fronte ospedaliero – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – frena l’aumento dei posti letto occupati: rispetto alla settimana precedente +5,4% in area medica e +7,9% in terapia intensiva». In termini assoluti, il numero di pazienti COVID in area medica è passato da 1.088 del 16 luglio a 4.252 del 31 agosto (+291%) e quello nelle terapie intensive da 151 del 14 luglio a 544 del 31 agosto (+260%). A livello nazionale il tasso di occupazione rimane basso (7% in area medica e 6% in area critica), ma si rilevano notevoli differenze regionali: per l’area medica si collocano sopra la soglia del 15% Sicilia (23%) e Calabria (17%) (figura 5); per l’area critica sopra la soglia del 10% Sicilia (13%) e Sardegna (13%) (figura 6). «Si registra un lieve aumento degli ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – con una media mobile a 7 giorni di 43 ingressi/die rispetto ai 40 della settimana precedente» (figura 7).
Vaccini: forniture. Al 1° settembre (aggiornamento ore 6.12) risultano consegnate 86.126.058 dosi. Netto il cambio di passo sul fronte delle forniture: nelle ultime 4 settimane sfiorata quota 15 milioni di dosi a fronte di 10,1 milioni delle 4 settimane precedenti (figura 8). «Le scorte attualmente disponibili – spiega Marco Mosti – ammontano ad oltre 7,8 milioni di dosi di vaccini a mRNA, un numero ampiamente sufficiente ad accelerare la campagna vaccinale in questa fase che precede la riapertura delle scuole».
Vaccini: somministrazioni. Al 1° settembre (aggiornamento ore 6.12) il 71,9% della popolazione (n. 42.609.377) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+841.834 rispetto alla settimana precedente) e il 63,9% (n. 37.882.252) ha completato il ciclo vaccinale (+1.195.342) (figura 9). In aumento nell’ultima settimana il numero di somministrazioni (n. 1.832.949) (figura 10), con una media mobile a 7 giorni che, dopo il crollo da oltre 592 mila del 28 luglio a circa 199 mila del 20 agosto, ha ripreso a salire raggiungendo quota 270 mila il 31 agosto (figura 11). «Nonostante la ripresa del ritmo delle somministrazioni – commenta Cartabellotta – il numero di prime dosi sul totale si attesta intorno al 40%: impossibile stimare se e in che misura questo numero sia destinato a salire vista l’indisponibilità di dati pubblici sulle prenotazioni contrariamente a quanto previsto dalla normativa».
Vaccini: copertura degli over 50. L’87,8% della popolazione over 50 ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino, con un incremento settimanale nazionale irrisorio (+0,7%) e nette differenze regionali: dal 92,4% della Puglia al 81,4% della Sicilia. In dettaglio:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 4.183.962 (93,4%) hanno completato il ciclo vaccinale e 106.032 (2,4%) hanno ricevuto solo la prima dose.
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 5.298.860 (88,8%) hanno completato il ciclo vaccinale e 145.165 (2,4%) hanno ricevuto solo la prima dose.
- Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 6.262.871 (84,2%) hanno completato il ciclo vaccinale e 250.541 (3,4%) hanno ricevuto solo la prima dose.
- Fascia 50-59 anni: degli oltre 9,4 milioni, 7.239.376 (76,5%) hanno completato il ciclo vaccinale e 529.748 (5,6%) hanno ricevuto solo la prima dose.
Complessivamente sono 4,4 milioni gli over 50 parzialmente o totalmente privi di copertura vaccinale (figura 12), di cui 3,34 milioni (12,2%) non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose, con rilevanti differenze regionali: dal 18,6% della Sicilia al 7,6% della Puglia (figura 13).
A fronte di un sostanziale appiattimento dei trend di vaccinazione in queste fasce d’età, salgono tutte le curve degli under 50: in particolare s’impenna la fascia 12-19 e quella 20-29 supera le percentuali di copertura delle fasce anagrafiche 30-39 e 40-49 (figura 14.) La figura 15 illustra le coperture vaccinali per fascia di età.
Efficacia vaccini. «Considerato che la “scadenza” del green pass per le persone vaccinate all’inizio dell’anno ha innescato il dibattito sull’opportunità della terza dose – commenta Cartabellotta – la Fondazione GIMBE ha analizzato l’efficacia vaccinale e la durata della copertura sulla base dei dati resi disponibili dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS)».
L’efficacia del vaccino da aprile ad oggi rimane stabile e superiore al 94% nel ridurre i decessi e le forme severe di malattia che richiedono ospedalizzazione e ricovero in terapia intensiva. Per quanto riguarda le diagnosi di SARS-CoV-2, l’efficacia si riduce dall’88,5% (periodo 4 aprile-11 luglio) al 79,7% (periodo 4 aprile-22 agosto). In altri termini si rileva una progressiva riduzione dell’efficacia delle coperture vaccinali nei confronti di infezioni asintomatiche e forme lievi di malattia che non necessitano di ricovero.
Tale riduzione, tuttavia, risulta inversamente proporzionale all’età: al 22 agosto l’efficacia è del 67,4% nella fascia 12-39 anni e del 77,1% in quella 40-59 anni (al 4 luglio erano rispettivamente 79,8% e 80,8%); visto che negli over 60 l’efficacia sulla diagnosi si mantiene superiore all’85% è verosimile che tra i più giovani abbiano influito durante il periodo estivo la maggiore occasione di contatti sociali e una minore attenzione ai comportamenti individuali, che restano fondamentali per prevenire il contagio anche nelle persone vaccinate.
A fronte di un aumento di ospedalizzazioni, ricoveri in terapia intensiva e decessi sia nei vaccinati che nei non vaccinati, rispetto alla precedente rilevazione dell’ISS, il rapporto fra i due gruppi si mantiene pressoché stabile, con del rischio rispettivamente dell’85,3%, 89,3% e 78,9% in chi non ha ricevuto nemmeno una dose di vaccino rispetto a coloro che hanno completato il ciclo vaccinale.
Infine, il numero di operatori sanitari positivi al SARS-CoV-2, dopo un netto calo dall’inizio della campagna vaccinale, nei mesi di luglio e agosto fa registrare una lieve risalita. Tuttavia è ancora presto per affermare con certezza se il fenomeno sia attribuibile ad una perdita di efficacia della copertura vaccinale o rifletta l’aumentata circolazione virale nella popolazione generale.
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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26 agosto 2021
Coronavirus: nuovi casi stabili da tre settimane, ma continuano a salire i ricoveri tra i non vaccinati. Vaccini: crollo di somministrazioni ad agosto (-66,5%), senza copertura ancora oltre 3,5 milioni di over 50. Estensione green pass a 12 mesi non basata su evidenze scientifiche. Non convince il piano scuola.
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE, NELLA SETTIMANA 18-24 AGOSTO, RILEVA UN LIEVE AUMENTO DEI NUOVI CASI (+4,3%). CONTINUANO A SALIRE I PAZIENTI RICOVERATI IN AREA MEDICA (+16,2%) E NELLE TERAPIE INTENSIVE (+19,1%) E AUMENTANO I DECESSI. SUL FRONTE CAMPAGNA VACCINALE IL NUMERO DI SOMMINISTRAZIONI NELL’ULTIMA SETTIMANA SI FERMA A QUOTA 223 MILA DOSI AL GIORNO. SI CONFERMA L’ESITAZIONE VACCINALE DEGLI OVER 50 DI CUI ANCORA 3,5 MILIONI MANCANO ALL’APPELLO DELL’IMMUNIZZAZIONE, MENTRE CRESCONO I TASSI DI COPERTURE DEI PIÙ GIOVANI.
26 agosto 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 18-24 agosto 2021, rispetto alla precedente, un incremento di nuovi casi (45.251 vs 43.365) (figura 1) e decessi (345 vs 237) (figura 2). In aumento anche i casi attualmente positivi (135.325 vs 129.116), le persone in isolamento domiciliare (130.785 vs 125.221), i ricoveri con sintomi (4.036 vs 3.472) e le terapie intensive (504 vs 423) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 345 (+45,6%)
- Terapia intensiva: +81 (+19,1%)
- Ricoverati con sintomi: +564 (+16,2%)
- Isolamento domiciliare: +5.564 (+4,4%)
- Nuovi casi: 45.251 (+4,3%)
- Casi attualmente positivi: +6.209 (+4,8%)
«I nuovi casi settimanali – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – dopo la stabilizzazione della scorsa settimana, fanno registrare un lieve incremento visibile anche nella media mobile dei casi giornalieri (figura 4), pur rimanendo sottostimati dall’insufficiente attività di testing e dalla limitata attività di tracciamento dei contatti». Nella settimana 18-24 agosto, rispetto alla precedente, si rileva un incremento percentuale dei nuovi casi in 8 Regioni e quello dei casi attualmente positivi in 13 Regioni (tabella 1). In 68 Province l’incidenza è pari o superiore a 50 casi per 100.000 abitanti: in Emilia-Romagna, Liguria, Sardegna, Sicilia, Toscana e Umbria tutte le Province raggiungono o superano tale soglia. Sono 13 le Province con oltre 150 casi per 100.000 abitanti: Caltanissetta (318), Ragusa (281), Enna (268), Cagliari (239), Siracusa (234), Trapani (195), Messina (185), Catania (180), Reggio Calabria (169), Sud Sardegna (167), Palermo (163), Prato (163) e Agrigento (156) (tabella 2). Aumentano i decessi: 345 negli ultimi 7 giorni, con una media di 49 al giorno rispetto ai 34 della settimana precedente.
«Seppur in maniera meno netta – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – continua a salire il numero dei posti letto occupati in ospedale: rispetto alla settimana precedente +16,2% in area medica e +19,1% in terapia intensiva». In termini assoluti, il numero di posti letto occupati da parte di pazienti COVID in area medica è passato dai 1.088 del 16 luglio ai 4.036 del 24 agosto (+271%) e quello delle terapie intensive dai 151 del 14 luglio ai 504 del 24 agosto (+234%), anche se il dato nazionale rimane basso: 7% in area medica e 6% in area critica. Rilevanti tuttavia le differenze a livello regionale: per l’area medica si collocano sopra la soglia del 15% Sicilia (19%) e Calabria (15,2%) (figura 5); per l’area critica sopra la soglia del 10% Sardegna (11%) e Sicilia (11%) (figura 6). «Lieve aumento degli ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – con una media mobile a 7 giorni di 40 ingressi/die rispetto ai 37 della settimana precedente» (figura 7).
Vaccini: forniture. Al 25 agosto (aggiornamento ore 6.12) risultano consegnate 82.612.430 dosi. Dopo la stabilizzazione delle consegne settimanali di luglio (range 2,3-2,7 milioni), ad agosto si è registrato un cambio di passo: 3,3 milioni di dosi consegnate nella prima settimana, 2,9 milioni la successiva e 3,9 milioni nell’ultima (figura 8). Secondo le ultime dichiarazioni del Commissario Figliuolo, altre 5,3 milioni di dosi sono previste per questa settimana: 1,6 milioni di dosi di Moderna (di cui 1,4 già consegnate) e 3,7 milioni di dosi di Pfizer. «Contato che le scorte nazionali ammontano già ad oltre 6,2 milioni di dosi di vaccini a mRNA – spiega Marco Mosti – con le nuove forniture in arrivo da Pfizer entro fine settimana potremo contare su quasi 10 milioni di dosi».
Vaccini: somministrazioni. Al 25 agosto (aggiornamento ore 6.12) il 70,5% della popolazione (n. 41.767.543) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+788.108 rispetto alla settimana precedente) e il 61,9% (n. 36.686.910) ha completato il ciclo vaccinale (+839.012) (figura 9). Il numero di somministrazioni, in calo da 4 settimane consecutive, è crollato nell’ultima settimana (n. 1.474.992) (figura 10), con una media mobile a 7 giorni a quota 222.993 dosi/die (figura 11). «Durante il mese di agosto – commenta Cartabellotta – si è assistito ad un crollo del 66,5% delle somministrazioni: la media mobile a 7 giorni è passata dal picco di oltre 592 mila del 28 luglio a poco più di 198 mila il 20 agosto». Oltre all’esitazione vaccinale, varie le motivazioni alla base di questa brusca frenata: mancate prenotazioni durante le vacanze da parte degli utenti, ferie degli operatori sanitari, progressiva riduzione delle seconde dosi da somministrare. «D’altro canto – ribadisce il Presidente Cartabellotta – con la disponibilità di un consistente numero di dosi abbiamo perso l’opportunità di accelerare la campagna in alcune fasce d’età, soprattutto in quella 12-19 anni cruciale per l’imminente inizio delle scuole»
Vaccini: copertura degli over 50. L’87,1% della popolazione over 50 ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino, con un irrisorio incremento settimanale nazionale (+0,5%) e nette differenze regionali: dal 91,8% della Puglia all’80,4% della Sicilia. In dettaglio:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 4.172.652 (93,1%) hanno completato il ciclo vaccinale e 107.588 (2,4%) hanno ricevuto solo la prima dose.
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 5.267.981 (88,3%) hanno completato il ciclo vaccinale e 152.894 (2,6%) hanno ricevuto solo la prima dose.
- Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 6.196.591 (83,3%) hanno completato il ciclo vaccinale e 269.108 (3,6%) hanno ricevuto solo la prima dose.
- Fascia 50-59 anni: degli oltre 9,4 milioni, 7.113.356 (75,1%) hanno completato il ciclo vaccinale e 552.766 (5,8%) hanno ricevuto solo la prima dose.
Complessivamente, sono 4,6 milioni gli over 50 che non hanno ancora completato il ciclo vaccinale (figura 12), di cui 3,52 milioni (12,9%) non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose, con rilevanti differenze regionali (dal 19,6% della Sicilia al 8,2% della Puglia) (figura 13). Visto il sostanziale appiattimento dei trend di vaccinazione in queste fasce d’età, i dati confermano l’esitazione vaccinale degli over 50, mentre salgono tutte le curve degli under 40 (figura 14). Rimangono ancora notevoli differenze di copertura vaccinale tra le diverse classi anagrafiche (figura 15).
Vaccini: efficacia. Secondo gli ultimi dati dell’Istituto Superiore di Sanità, l’efficacia del ciclo completo di vaccinazione, rispetto ai non vaccinati, raggiunge l’82,5% sulle diagnosi, il 94,9% sulle ospedalizzazioni, il 97% sui ricoveri in terapia intensiva e il 97,1% sui decessi. Se guardando i numeri assoluti potrebbe paradossalmente sembrare che ospedalizzazioni e decessi siano più frequenti negli individui vaccinati, rapportando il dato alla popolazione e standardizzandolo per 100.000 abitanti, appare molto netta la minore incidenza di eventi gravi nei vaccinati con doppia dose. «Infatti – commenta Gili – ospedalizzazioni, ricoveri in terapia intensiva e decessi sono ridotti rispettivamente dell’84,4%, 89,5% e 80% nei soggetti che hanno effettuato il ciclo completo rispetto a chi non ha ricevuto nemmeno una dose di vaccino».
Scenari futuri. «Con l’imminente ripresa delle attività lavorative e scolastiche – conclude Cartabellotta – la Fondazione GIMBE propone una revisione delle dinamiche della circolazione del SARS-CoV-2, dell’impatto della COVID-19 sugli ospedali e delle strategie da mettere in campo nei prossimi mesi per mitigare gli effetti della pandemia e scongiurare possibili chiusure». In sintesi:
- Circolazione del SARS-CoV-2. La diffusione della variante delta ha determinato un incremento dei contagi che, pur sottostimati dall’insufficiente attività di testing & tracing, al momento risultano stabili. Inoltre, in una fase epidemica caratterizzata dall’esplosione di focolai, la circolazione virale determina improvvise variazioni che ripropongono la necessità di restrizioni locali finalizzate a circoscrivere il contagio. Infine, considerata la notevole contagiosità della variante delta, con l’inizio della stagione autunnale, la riapertura delle scuole e la ripresa delle attività lavorative è cruciale tenere sempre alta l’attenzione sui comportamenti individuali specialmente in ambiente chiusi.
- Impatto della COVID-19. Il progressivo incremento dei contagi ha determinato in 40 giorni un netto aumento dei ricoveri in area medica (+271%) e in terapia intensiva (+234%), con notevoli differenze regionali condizionate sia dalla circolazione del virus sia dalla copertura vaccinale con ciclo completo della popolazione, in particolare di over 50 e fragili: la vaccinazione di tutte le fasce di età rimane pertanto fondamentale per arginare l’impatto della COVID-19.
- Disponibilità vaccini. Tra dosi attualmente “in frigo” e forniture annunciate entro la fine del mese potremo contare su 10 milioni di dosi di vaccini a mRna, una disponibilità sufficiente a riprendere le somministrazioni al ritmo precedente al crollo di agosto.
- Somministrazione vaccini. Persiste l’esitazione vaccinale degli over 50 e, viste le difficoltà ad attuare una strategia di chiamata attiva, l’obbligo vaccinale rimane l’ultima possibilità. Riguardo la fascia 12-19, non è realistico l’obiettivo di coprire con il ciclo completo il 60-65% prima dell’inizio dell’anno scolastico, visto che il 46,9% (n. 2.137.396) non ha ancora ricevuto nemmeno una dose e il 23,9% (n. 1.091.097) solo la prima, con marcate differenze regionali (figura 16).
- Terza dose. Ad oggi mancano robuste evidenze per definire indicazioni, tempi e modalità di somministrazione, ma esistono tre ragionevoli certezze: innanzitutto, in assenza di test affidabili, i potenziali candidati possono essere individuati solo sulla base del rischio individuale nelle persone più a rischio di malattia severa (over 80, ospiti RSA, immunodepressi, trapiantati e pazienti molto fragili) e negli operatori sanitari, maggiormente esposti al rischio di infezione; l’efficacia del ciclo completo nei confronti di infezione e malattia sintomatica sembra progressivamente ridursi, ma rimane elevata nei confronti di malattia grave e decesso; infine, indipendentemente dal parere del CTS, la somministrazione di una terza dose deve essere approvata dalle autorità regolatorie.
- Green pass. L’eventuale decisione di estenderne la validità a 12 mesi per le persone vaccinate o guarite non è ad oggi sostenuta da evidenze scientifiche, che al contrario iniziano a dimostrare una riduzione degli effetti della copertura vaccinale a partire dal 6° mese, in particolare negli anziani e nei soggetti fragili. Un’eventuale estensione risponderebbe dunque solo all’esigenza di coprire il “buco temporale” in attesa delle decisioni delle autorità regolatorie sulla somministrazione della terza dose.
- Scuole. Se il Governo si è impegnato a riaprire le scuole in presenza al 100%, le misure approvate con il DL 111/2021 non contengono rilevanti cambiamenti, a fronte di una variante del virus molto più contagiosa. Le numerose criticità che lo scorso anno scolastico hanno ostacolato, se non reso impossibile, lo svolgimento delle lezioni in presenza non sono state finora affrontate in modo risolutivo. Non esiste alcuna rendicontazione pubblica su come siano stati impiegati i 150 milioni del decreto Sostegni (es. idonea areazione e ventilazione dei locali, distanziamento fisico, etc.); mentre i 350 milioni del Decreto Sostegni bis destinati a varie misure tra cui dispositivi di protezione individuale e riprogettazione spazi ad oggi sono stati ripartiti tra le scuole solo sulla carta. Sul fronte trasporti, al di là di generiche indicazioni sullo scaglionamento degli orari di ingresso, spunta solo la figura del mobility manager per predisporre gli spostamenti casa-scuola-casa di personale scolastico e alunni. Non è previsto lo screening periodico e sistematico di studenti e personale scolastico. Unica novità è l’obbligo del green pass per il personale scolastico, non esteso agli studenti over 12 per i quali si punta, con un rischio poco “ragionato”, esclusivamente sulla copertura vaccinale.
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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5 agosto 2021
Coronavirus: rallenta l’incremento dei nuovi casi (+20%), ma aumentano ricoveri e terapie intensive. Vaccini: risalgono al 29,5% le prime dosi, ma le consegne limitate rischiano di frenare la campagna.
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE, NELLA SETTIMANA 28 LUGLIO-3 AGOSTO, RILEVA UN RALLENTAMENTO NELLA CRESCITA NUOVI CASI. CONTINUANO A SALIRE I PAZIENTI RICOVERATI IN AREA MEDICA (+36,3%) E NELLE TERAPIE INTENSIVE (+36,5%): I NUMERI ASSOLUTI RIMANGONO BASSI, MA CON RILEVANTI DIFFERENZE REGIONALI DI SATURAZIONE DEI POSTI LETTO. RESTANO STABILI I DECESSI. TORNA A SALIRE LA PERCENTUALE DELLE PRIME DOSI SUL TOTALE DELLE SOMMINISTRAZIONI, MA LA CAMPAGNA VACCINALE, ORMAI DIPENDENTE DAI VACCINI A MRNA, PUÒ CONTARE SU UN NUMERO DI DOSI INSUFFICIENTE PER MANTENERE IL RITMO. ALLA VIGILIA DELLA PAUSA ESTIVA DALLA FONDAZIONE GIMBE UNA REVISIONE DELLE DINAMICHE DELLA CIRCOLAZIONE DEL SARS-COV-2 E DELL’IMPATTO DELLA COVID-19 SUGLI OSPEDALI.
5 agosto 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 28 luglio 2021-3 agosto 2021, rispetto alla precedente, un incremento di nuovi casi (38.328 vs 31.963) (figura 1) e una sostanziale stabilità dei decessi (120 vs 111) (figura 2). In aumento anche i casi attualmente positivi (94.216 vs 70.310), le persone in isolamento domiciliare (91.762 vs 68.510), i ricoveri con sintomi (2.196 vs 1.611) e le terapie intensive (258 vs 189) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 120 (+8,1%)
- Terapia intensiva: +69 (+36,5%)
- Ricoverati con sintomi: +585 (+36,3%)
- Isolamento domiciliare: +23.252 (+33,9%)
- Nuovi casi: 38.328 (+19,9%)
- Casi attualmente positivi: +23.906 (+34%)
«I nuovi casi settimanali – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – continuano a salire, seppur a un ritmo meno sostenuto rispetto alla settimana precedente, ma rimangono indubbiamente sottostimati dall’insufficiente attività di testing e dalla mancata ripresa del tracciamento dei contatti». Infatti, il rapporto positivi/persone testate, dopo l’impennata dall’1,8% al 9,1% in 4 settimane, negli ultimi 7 giorni ha segnato una crescita più contenuta salendo al 10,7% (figura 1) e la media mobile dei nuovi casi si sta progressivamente appiattendo (figura 4).
Nella settimana 28 luglio-3 agosto, rispetto alla precedente, in tutte le Regioni ad eccezione della Provincia Autonoma di Trento e del Lazio (Regione dove l’attacco hacker ha rallentato l’aggiornamento dei dati) si rileva un incremento percentuale dei nuovi casi (tabella 1). In 62 Province l’incidenza è pari o superiore a 50 casi per 100.000 abitanti e in Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Veneto tutte le Province raggiungono o superano tale soglia. In quattro Province si registrano oltre 150 casi per 100.000 abitanti: Cagliari (303), Ragusa (236), Caltanissetta (197) e Lucca (172) (tabella 2). Stabili i decessi: 120 negli ultimi 7 giorni (di cui 12 relativi a periodi pregressi), con una media di 17 al giorno rispetto ai 16 della settimana precedente.
«Dopo i primi segnali di risalita – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – si conferma un netto incremento percentuale dei ricoveri: +36,3% in area medica e +36,5% in terapia intensiva». In termini assoluti, il numero di posti letto occupati da parte di pazienti COVID in area medica è passato dal minimo di 1.088 del 16 luglio ai 2.196 del 3 agosto e quello delle terapie intensive dal minimo di 151 del 14 luglio ai 258 del 3 agosto, ma al momento le percentuali di occupazione a livello nazionale rimangono molto basse: 4% in area medica e 3% nelle terapie intensive. Tuttavia, si osserva una notevole eterogeneità regionale: per l’area medica si collocano sopra la media nazionale Sicilia (11%), Calabria (9%), Campania (6%), Basilicata (6%), Lazio (6%) e Sardegna (5%) (figura 5); per l’area critica sopra media nazionale Sardegna (10%), Liguria (6%), Lazio (5%), Sicilia (4%) e Toscana (4%) (figura 6). «Aumentano gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – con una media mobile a 7 giorni di 21 ingressi/die rispetto ai 14 della settimana precedente» (figura 7).
Vaccini: forniture. Al 4 agosto (aggiornamento ore 6.09) risultano consegnate 72.149.518 dosi, da cui vanno sottratte 255.050 dosi di Johnson & Johnson non utilizzate e restituite dalle Regioni alla struttura commissariale. Dopo il picco di consegne registrato tra il 28 giugno e il 4 luglio (5.669.727 dosi), nelle due settimane successive le forniture settimanali si sono attestate intorno a 2,6 milioni di dosi per scendere a 2,5 milioni nella settimana 19-25 luglio e risalire a quota 2,7 milioni la scorsa settimana (figura 8).
Vaccini: somministrazioni. Al 4 agosto (aggiornamento ore 6.09) il 65,5% della popolazione (n. 38.814.033) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+1.107.982 rispetto alla settimana precedente) e il 56% (n. 33.183.256) ha completato il ciclo vaccinale (+2.181.944) (figura 9). In calo nell’ultima settimana il numero di somministrazioni (n. 3.397.134) (figura 10) e la media mobile a 7 giorni (445.908 dosi/die) (figura 11), entrambi parzialmente influenzati dal mancato aggiornamento dei dati da parte della Regione Lazio a seguito dell’attacco hacker. «Di fatto – precisa Cartabellotta – il numero di somministrazioni giornaliere non riesce a decollare sia per la limitata disponibilità di vaccini a mRNA, sia perché non vengono più utilizzati quelli a vettore adenovirale per le prime dosi». In dettaglio, AstraZeneca viene impiegato quasi esclusivamente per i richiami (98,4% delle somministrazioni nell’ultima settimana); le somministrazioni di Johnson & Johnson sono ormai esigue (poco meno di 35 mila nell’ultima settimana) e le Regioni hanno iniziato a restituire le dosi non utilizzate; la limitata disponibilità di dosi di vaccini a mRNA ostacola, a breve termine, la possibilità di accelerare la vaccinazione negli under 60, oltre che di convincere gli over 60 ancora scoperti che rifiutano i vaccini a vettore adenovirale. «Dopo oltre un mese di decremento – spiega Mosti – nelle ultime due settimane risale la percentuale di prime dosi sul totale delle dosi somministrate: nella settimana 26 luglio-1 agosto poco più di 1 milione, pari al 29,5% del totale» (figura 12).
Vaccini: copertura degli over 60. L’89% ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino, con un incremento settimanale nazionale irrisorio (+0,5%) e nette differenze regionali: se la Puglia ha raggiunto il 93,8% la Sicilia si ferma a quota 81%. In dettaglio:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 4.137.391 (92,3%) hanno completato il ciclo vaccinale e 112.648 (2,5%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 13).
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 5.146.053 (86,3%) hanno completato il ciclo vaccinale e 202.094 (3,4%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 14).
- Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 5.851.619 (78,6%) hanno completato il ciclo vaccinale e 462.036 (6,2%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 15).
A fronte di una variante delta ormai prevalente, oltre 2,7 milioni di over 60 non hanno ancora completato il ciclo vaccinale (figura 16). In dettaglio: 1,98 milioni (11%) non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose con rilevanti differenze regionali (dal 19% della Sicilia al 6,2% della Puglia) (figura 17) e 0,77 milioni (4,3%) devono completare il ciclo con la seconda dose. I dati confermano l’esitazione vaccinale in questa fascia anagrafica, e non solo: il trend di somministrazione delle prime dosi vede una flessione anche in tutte le altre classi d’età superiori ai 30 anni (figura 18), con notevoli differenze di copertura tra le varie fasce anagrafiche (figura 19).
Scenari futuri. «Alla vigilia della pausa di agosto – conclude Cartabellotta – la Fondazione GIMBE effettua una revisione delle dinamiche della circolazione del SARS-CoV-2 e dell’impatto della COVID-19 sugli ospedali, tenendo conto della diffusione della variante delta e delle criticità di fornitura e somministrazione dei vaccini». In sintesi:
- Circolazione del SARS-CoV-2. Analogamente ad altri paesi europei, la diffusione della variante delta ha determinato un incremento dei contagi, la cui entità in Italia è indubbiamente sottostimata dall’insufficiente attività di testing & tracing. Inoltre, in una fase epidemica caratterizzata dalla continua esplosione di focolai locali, la circolazione virale determina improvvise variazioni regionali / provinciali. L’incremento settimanale dei nuovi casi sembra rallentare, ma la notevole contagiosità della variante delta impone di tenere alta l’attenzione sui comportamenti individuali in un periodo come quello estivo caratterizzato dall’aumento di spostamenti, contatti sociali, occasioni di assembramento.
- Impatto della COVID-19. Come previsto l’incremento dei contagi ha determinato in circa 3 settimane un aumento dei ricoveri, in particolare in area medica (+102%) e in misura minore in terapia intensiva (+71%), anche qui con notevoli differenze regionali. Considerato che l’entità di tale incremento è proporzionale alla circolazione virale e inversamente correlato ai tassi di copertura vaccinale completa della popolazione, in particolare di over 60 e fragili, la vaccinazione in tutte le fasce di età rimane fondamentale per arginare l’impatto della COVID-19.
- Disponibilità vaccini. La campagna vaccinale è ormai totalmente dipendente dai vaccini a mRNA, le cui consegne non saranno sufficienti a mantenere il ritmo di 500 mila somministrazioni al giorno una volta completati i cicli “aperti” con i vaccini a vettore adenovirale. In altre parole, in assenza di un deciso cambio di marcia nelle forniture di vaccini a mRNA, è ragionevole aspettarsi un rallentamento della campagna nel mese di agosto.
- Somministrazione vaccini. Persiste l’esitazione vaccinale degli over 50, difficilmente raggiungibili senza una strategia capillare di chiamata attiva; sembra inoltre poco realistica la possibilità di coprire con il ciclo completo il 60-65% della fascia 12-19 prima dell’inizio dell’anno scolastico, visto che il 63,4% non ha ancora effettuato nemmeno una dose, con notevoli differenze regionali (figura 20). Difficile stimare la reale entità della “spinta gentile” del green pass, in assenza di dati pubblici sulle prenotazioni.
- Terza dose. Al momento, per quanto verosimilmente sarà necessaria una terza dose in alcune fasce della popolazione, non ci sono evidenze sufficienti per definire indicazioni, tempi e modalità di somministrazione. Su questo fronte sono tre, in ogni caso, le ragionevoli certezze. Innanzitutto, non esiste alcun test affidabile per identificare i potenziali candidati, i quali al momento vengono individuati nelle persone più a rischio di malattia severa (over 80, ospiti RSA, persone molto fragili) e negli operatori sanitari; in secondo luogo, l’incremento delle diagnosi di COVID-19 e il ricovero di persone vaccinate con doppia dose potrebbero essere un indicatore indiretto di una ridotta protezione immunitaria; infine, la somministrazione della terza dose rimane al momento off label e deve essere autorizzata dalle autorità regolatorie.
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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29 2021
Coronavirus: quarta ondata di contagi (+64,8% nuovi casi), ma l’impatto sugli ospedali è ancora minimo. Vaccini: oltre 2 milioni di over 60 senza copertura, pesano le incertezze su tempi delle forniture. Riaperture scuole: oltre 3 milioni di studenti da immunizzare, ma rischioso puntare tutto sui vaccini.
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE, NELLA SETTIMANA 21-27 LUGLIO, RILEVA UN ULTERIORE AUMENTO DEI NUOVI CASI E DEGLI INDICATORI OSPEDALIERI: +34,9% DI PAZIENTI RICOVERATI IN AREA MEDICA, +14,5% NELLE TERAPIE INTENSIVE, ANCHE SE I NUMERI ASSOLUTI RIMANGONO BASSI. TORNANO A SALIRE ANCHE I DECESSI (+46,1%). LA CAMPAGNA VACCINALE NON RIESCE AD ACCELERARE TRA ESITAZIONE VACCINALE E INCERTEZZE SUI TEMPI DI CONSEGNA. PER LA RIAPERTURA DELLE SCUOLE IN PRESENZA RISCHIOSO PUNTARE SOLO SULLA VACCINAZIONE DI STUDENTI E PERSONALE SCOLASTICO
29 luglio 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 21-27 luglio 2021, rispetto alla precedente, un incremento di nuovi casi (31.963 vs 19.390) (figura 1) e decessi (111 vs 76) (figura 2). In aumento anche i casi attualmente positivi (70.310 vs 49.310), le persone in isolamento domiciliare (68.510 vs 47.951), i ricoveri con sintomi (1.611 vs 1.194) e le terapie intensive (189 vs 165) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 111 (+46,1%)
- Terapia intensiva: +24 (+14,5%)
- Ricoverati con sintomi: +417 (+34,9%)
- Isolamento domiciliare: +20.559 (+42,9%)
- Nuovi casi: 31.963 (+64,8%)
- Casi attualmente positivi: +21.000 (+42,6%)
«Continuano a salire – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – i nuovi casi settimanali, sottostimati dall’insufficiente attività di testing e dalla mancata ripresa del tracciamento dei contatti, reso sempre più difficile dall’aumento dei positivi». Infatti, a fronte ad un’impennata del rapporto positivi/persone testate - dall’1,8% della settimana 30 giugno-6 luglio al 9,1% di quella 21-27 luglio (figura 1) - la media mobile dei nuovi casi ha subito una flessione nell’ultima settimana (figura 4). «In altre parole – continua il Presidente – il virus circola più di quanto documentato dai nuovi casi identificati: di fatto siamo entrati nella quarta ondata».
Nella settimana 21-27 luglio, rispetto alla precedente, in tutte le Regioni eccetto il Molise si rileva un incremento percentuale dei nuovi casi (tabella 1) e in 40 Province l’incidenza supera i 50 casi per 100.000 abitanti. Tre Province fanno registrare oltre 150 casi per 100.000 abitanti: Caltanissetta (272), Cagliari (257) e Ragusa (193) (tabella 2). Dopo 15 settimane di calo, tornano a salire anche i decessi: 111 nell’ultima settimana, con una media di 16 al giorno rispetto agli 11 della settimana precedente.
«Dopo i primi segnali di risalita registrati la scorsa settimana – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – si conferma un lieve incremento dei ricoveri che documentano l’impatto ospedaliero dell’aumentata circolazione virale». Complessivamente, il numero di posti letto occupati da parte di pazienti COVID in area medica è passato dai 1.088 del 16 luglio ai 1.611 del 27 luglio e quello delle terapie intensive dai 151 del 14 luglio ai 189 del 27 luglio, anche se le percentuali rimangono molto basse: a livello nazionale 3% in area medica e 2% nelle terapie intensive, con tutte le Regioni che registrano valori nettamente inferiori al 15% per l’area medica e al 10% per l’area critica. «Gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – continuano lentamente a crescere: la media mobile a 7 giorni è di 14 ingressi/die rispetto ai 10 della settimana precedente» (figura 5).
Vaccini: forniture. Al 28 luglio (aggiornamento ore 6.10) risultano consegnate 69.253.968 dosi: dopo il picco di consegne registrato tra il 28 giugno e il 4 luglio (5.669.727 dosi), nelle due settimane successive le forniture settimanali si sono attestate intorno a 2,6 milioni di dosi per scendere a quota 2,5 milioni la scorsa settimana (figura 6). «Dopo il flop di Curevac ed il progressivo tramonto dei vaccini a vettore virale – commenta Cartabellotta – la campagna vaccinale è ormai dipendente dai vaccini a mRNA, ma rimangono incerti i tempi di consegna di oltre 45 milioni di dosi previste per il terzo trimestre, che come già accaduto nei due trimestri precedenti, potrebbero concentrarsi a fine settembre. E una cadenza non regolare delle consegne rappresenta un grande ostacolo per la programmazione della campagna vaccinale». (figura 7)
Vaccini: somministrazioni. Al 28 luglio (aggiornamento ore 6.10) il 63,6% della popolazione (n. 37.706.051) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+938.395 rispetto alla settimana precedente) e il 52,3% (n. 31.001.312) ha completato il ciclo vaccinale (+2.928.731 rispetto alla settimana precedente) (figura 8). In lieve calo nell’ultima settimana il numero di somministrazioni (n. 3.720.954) (figura 9), con una media mobile a 7 giorni di 528.285 inoculazioni/die (figura 10).
«Il numero di somministrazioni giornaliere – precisa Cartabellotta – stabile ormai da settimane, non riesce a decollare sia per il mancato utilizzo dei vaccini a vettore adenovirale per le prime dosi, sia per la limitata disponibilità di quelli a mRNA». In particolare, AstraZeneca viene impiegato quasi esclusivamente per i richiami (99,3% delle somministrazioni nell’ultima settimana); le somministrazioni di Johnson & Johnson sono ormai esigue (nell’ultima settimana poco meno di 4 mila al giorno a fronte di oltre 944 mila dosi “in frigo”); la scarsa disponibilità di dosi di vaccini a mRNA ostacola, nel breve termine, la possibilità di una massiccia vaccinazione degli under 60. «In questo scenario – spiega Mosti – nell’ultima settimana si registra un lieve incremento della percentuale di prime dosi sul totale delle dosi somministrate, che tuttavia si attestano a 801 mila (21,5% del totale), in picchiata rispetto alle oltre 2,9 milioni di prime dosi della settimana 7-13 giugno (73,8% del totale)» (figura 11).
Vaccini: copertura degli over 60. L’88,5% ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino, con un incremento settimanale nazionale irrisorio (+0,5%) e nette differenze regionali: se la Puglia ha raggiunto il 93,6% la Sicilia si ferma a quota 80,1%. In dettaglio:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 4.119.891 (92%) hanno completato il ciclo vaccinale e 120.582 (2,7%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 12).
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 5.041.760 (84,5%) hanno completato il ciclo vaccinale e 280.691 (4,7%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 13).
- Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 5.554.115 (74,6%) hanno completato il ciclo vaccinale e 705.431 (9,5%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 14).
A fronte della diffusione della variante delta che si avvia a diventare prevalente, quasi 3,2 milioni di over 60 non hanno ancora completato il ciclo vaccinale (figura 15). In dettaglio: 2,06 milioni (11,5%) non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose con rilevanti differenze regionali (dal 19,9% della Sicilia al 6,4% della Puglia) (figura 16) e 1,11 milioni (6,2%) sono in attesa di completare il ciclo con la seconda dose. «Da circa 2 mesi l’incremento delle coperture in questa fascia d’età – puntualizza Gili – è quasi esclusivamente legato al completamento di cicli vaccinali, mentre rimane “congelato” il numero di over 60 che ricevono la prima dose, segno di una persistente esitazione vaccinale proprio dei soggetti più esposti a rischio di malattia grave». Peraltro, il trend di somministrazione delle prime dosi conferma l’appiattimento delle curve degli over 80 e delle fasce 70-79 e 60-69 e una flessione per tutte le classi d’età superiori ai 30 anni (figura 17), con notevoli differenze di copertura tra le varie classi anagrafiche (figura 18).
Riapertura delle scuole. Degli oltre 4,5 milioni di persone di età compresa tra 12 e 19 anni, poco più di 670 mila (14,7%) hanno completato il ciclo vaccinale e quasi 765 mila (16,8%) hanno ricevuto solo la prima dose. Guardando alla parte mezza vuota del bicchiere, in questa fascia di età il 68,5% (n. 3.121.710) risulta ancora totalmente scoperto, peraltro con differenze regionali molto rilevanti (figura 19): dall’85,9% dell’Umbria al 61,4% dell’Abruzzo. Senza contare che tra il personale scolastico (n. 1.460.922), se il 78,2% (n. 1.142.383) ha completato il ciclo vaccinale e il 6,6% (n. 97.185) è in attesa della seconda dose, il 15,2% (n. 221.354) non ha ancora ricevuto nessuna dose.
Se la riapertura delle scuole in presenza al 100% deve essere l’obiettivo prioritario del Paese, come ribadito ieri anche dal Presidente Mattarella, puntare esclusivamente sulle coperture vaccinali è rischioso per tre ragioni. Innanzitutto, nonostante il via libera di AIFA al vaccino Moderna per la fascia 12-17 anni, la quantità di vaccini a mRNA non è sufficiente per ampliare massivamente a breve termine la platea dei vaccinandi; in secondo luogo, vista la limitata disponibilità di dosi, un’adesione rapida e massiva degli under 19 per completare il ciclo vaccinale entro settembre richiede una rimodulazione ufficiale delle priorità della campagna vaccinale; infine, tale adesione rischia di fermarsi ben al di sotto di quel 60-65% stimato dal Commissario Figliuolo e dal Ministro dell’Istruzione anche per l’esitazione vaccinale di maggiorenni e genitori dei minorenni legata alla percezione di un irrisorio rischio individuale della malattia tra i più giovani.
«Pur riconoscendo nella vaccinazione di massa la via maestra per tornare a scuola in sicurezza – conclude Cartabellotta – è assolutamente indifferibile affrontare tutte le criticità emerse durante lo scorso anno scolastico che hanno ostacolato, e spesso reso impossibile, un adeguato svolgimento delle lezioni in presenza. Dall’idonea areazione e ventilazione dei locali, a efficaci strategie di screening periodico e sistematico di studenti e personale scolastico, da nuove regole per i trasporti locali allo scaglionamento degli orari di ingresso. Anche perché, per gli studenti under 12 non è ancora disponibile alcun vaccino».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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22 2021
Coronavirus: raddoppiano i casi settimanali (+115%). Primi segnali di risalita ricoveri e terapie intensive. Vaccini: prime dosi al palo, in 7 giorni solo il 15% del totale. Green Pass e colori Regioni: stop agli scontri politici, le scelte siano guidate dalle evidenze scientifiche e dal buonsenso.
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE, NELLA SETTIMANA 14-20 LUGLIO, RILEVA UN’IMPENNATA DEI NUOVI CASI (+115%) E UN’INVERSIONE DI TENDENZA SUL FRONTE OSPEDALIERO: +6% DI RICOVERI E +5% DI TERAPIE INTENSIVE. ANCORA IN CALO I DECESSI (-27%). LA CAMPAGNA VACCINALE MANTIENE IL RITMO DI 550 MILA SOMMINISTRAZIONI AL GIORNO, MA LE PRIME DOSI CROLLANO AL 15% E I VACCINI A VETTORE ADENOVIRALE SONO ORMAI SUL VIALE DEL TRAMONTO. TRA GLI OVER 60 BEN 2,2 MILIONI NON HANNO RICEVUTO NEMMENO UNA DOSE DI VACCINO E 1,8 MILIONI SONO IN ATTESA DI COMPLETARE IL CICLO. LA FONDAZIONE GIMBE RIBADISCE VANTAGGI E LIMITI DEL GREEN PASS E METTE IN GUARDIA CONTRO I RISCHI DI “COLORARE” LE REGIONI BASANDOSI SOLO SUI DATI OSPEDALIERI.
22 luglio 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 14-20 luglio 2021, rispetto alla precedente, un incremento del 115,7% di nuovi casi (19.390 vs 8.989) (figura 1), mentre si confermano ancora in calo i decessi (76 vs 104) (figura 2). Dopo oltre tre mesi di decremento, si registra invece un’inversione di tendenza dei casi attualmente positivi (49.310 vs 40.649), delle persone in isolamento domiciliare (47.951 vs 39.364), dei ricoveri con sintomi (1.194 vs 1.128) e delle terapie intensive (165 vs 157) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 76 (-26,9%)
- Terapia intensiva: +8 (+5,1%)
- Ricoverati con sintomi: +66 (+5,9%)
- Isolamento domiciliare: +8.587 (+21,8%)
- Nuovi casi: 19.390 (+115,7%)
- Casi attualmente positivi: +8.661 (+21,3%)
«Sul fronte dei nuovi casi – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si registra un netto incremento settimanale, verosimilmente sottostimato da un’attività di testing insufficiente e dalla mancata ripresa del tracciamento dei contatti, reso ora più difficile dall’aumento dei positivi. Nella settimana 14-20 luglio in tutte le Regioni si rileva un incremento percentuale dei nuovi casi rispetto alla precedente (tabella 1) e sono ben 51 le Province in cui negli ultimi 14 giorni si rileva un incremento settimanale dei nuovi casi superiore al 20% e che negli ultimi sette giorni registrano un valore assoluto di almeno 50 nuovi casi (tabella 2). Continuano a scendere i decessi, 76 nell’ultima settimana, con una media di 11 al giorno rispetto ai 15 della settimana precedente.
«Dopo 14 settimane di riduzione degli indicatori ospedalieri – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – si registra un’inversione di tendenza con lieve incremento dei ricoveri in area medica e in terapia intensiva, dove l’occupazione di posti letto da parte dei pazienti COVID rimane per ora molto bassa, intorno al 2%». Tutte le Regioni registrano valori inferiori al 10% per l’area medica e al 5% per le terapie intensive: 7 le Regioni che non contano pazienti COVID in area critica. «Si conferma un ulteriore lieve incremento – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – degli ingressi giornalieri in terapia intensiva: la media mobile a 7 giorni è di 10 ingressi/die rispetto ai 7 della settimana precedente» (figura 4).
Vaccini: forniture. Al 21 luglio (aggiornamento ore 6.10) sono state consegnate 66.462.630 dosi: dopo il picco di consegne della settimana 28 giugno-4 luglio (5.669.727 dosi), nelle due settimane successive le forniture settimanali si sono attestate intorno a 2,6 milioni di dosi (figura 5). Anche senza il mancato aggiornamento delle consegne previste (ultimo update: 23 aprile) è realistico prevedere che nel terzo trimestre arriveranno solo vaccini a mRNA, visto l’imminente tramonto di quelli a vettore adenovirale e il mancato superamento dei test clinici da parte di CureVac (figura 6).
Vaccini: somministrazioni. Al 21 luglio (aggiornamento ore 6.10) il 62,1% della popolazione (n. 36.767.656) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+724.981 rispetto alla settimana precedente) e il 47,4% (n. 28.072.581) ha completato il ciclo vaccinale (+3.270.882 rispetto alla settimana precedente) (figura 7). Stabile nell’ultima settimana anche il numero di somministrazioni (n. 3.857.622) (figura 8), con una media mobile a 7 giorni di 549.282 inoculazioni/die (figura 9).
«Il numero di somministrazioni giornaliere – precisa Cartabellotta – stabile ormai da settimane non decolla nonostante il potenziale organizzativo, per il mancato utilizzo dei vaccini a vettore adenovirale e la limitata disponibilità di quelli a mRNA». In particolare, AstraZeneca non viene più somministrato per le prime dosi, come dimostra il fatto che nell’ultima settimana il 99,3% delle somministrazioni sono stati richiami; le somministrazioni di Johnson & Johnson sono ormai sporadiche (nell’ultima settimana in media 3 mila al giorno); infine, non disponiamo di un numero di dosi di vaccini a mRNA sufficiente ad ampliare la platea dei vaccinandi. «In questo scenario – spiega Mosti – continua a scendere la percentuale di prime dosi sul totale delle dosi somministrate: da oltre 2,9 milioni di prime dosi della settimana 7-13 giugno (74% del totale) sono precipitate a 583 mila della settimana 12-18 luglio (15% del totale), con una riduzione complessiva dell’80,3%» (figura 10).
Vaccini: copertura degli over 60. L’88% ha ricevuto almeno una dose di vaccino, con un incremento settimanale irrisorio a livello nazionale (+0,4%) e nette differenze regionali: mentre Puglia, Umbria, Lazio, Lombardia e Toscana hanno superato il 90%, la Sicilia rimane ferma al 79%. In dettaglio:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 4.098.799 (91,5%) hanno completato il ciclo vaccinale e 132.157 (2,9%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 11).
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 4.781.739 (80,2%) hanno completato il ciclo vaccinale e 513.802 (8,6%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 12).
- Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 5.061.234 (68%) hanno completato il ciclo vaccinale e 1.144.838 (15,4%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 13).
Variante delta. A fronte della diffusione di questa variante che si avvia a diventare prevalente, continuano a preoccupare i quasi 4 milioni di over 60 a rischio di malattia grave non coperti dalla doppia dose di vaccino (figura 14). In dettaglio: 2,15 milioni (12%) non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose con rilevanti differenze regionali (dal 21% della Sicilia al 6,9% della Puglia) (figura 15) e 1,79 milioni (10%) sono in attesa di completare il ciclo con la seconda dose. «L’incremento delle coperture rispetto alla scorsa settimana – puntualizza Gili – è quasi esclusivamente legato al completamento di cicli vaccinali: in altri termini, continua a stagnare il numero di over 60 che ricevono la prima dose, segno di una persistente esitazione vaccinale in questa fascia di età». Peraltro, il trend di somministrazione delle prime dosi per fasce di età conferma l’appiattimento delle curve degli over 80 e delle fasce 70-79 e 60-69 e una flessione per tutte le altre classi d’età (figura 16), con notevoli differenze di copertura tra le varie classi anagrafiche (figura 17).
Green pass. «Nell’infuocato dibattito sui possibili utilizzi del green pass in Italia – afferma Cartabellotta – annebbiato da posizioni politiche estreme, si sono registrate inaccettabili e opportunistiche distorsioni di evidenze scientifiche e dati nazionali sull’efficacia dei vaccini pubblicati dell’Istituto Superiore di Sanità e di sicurezza pubblicati dell’AIFA». La Fondazione GIMBE ribadisce la propria posizione sul green pass, esortando le forze politiche a non polarizzare ulteriormente gli estremi sull’utilizzo di uno strumento che:
- In questa fase della pandemia il green pass può giocare un ruolo cruciale: è efficace nel limitare la circolazione del virus e permette il rilancio in sicurezza di alcuni settori, prevenendo il rischio di un ritorno a eventuali restrizioni.
- Nel breve termine l’utilizzo del green pass si scontra con alcuni ostacoli che devono essere rimossi:
- L’attuale indisponibilità di vaccini discrimina chi è in attesa della vaccinazione, anche per la mancata gratuità dei tamponi in diverse Regioni
- Servono strumenti e risorse per verificare sistematicamente le certificazioni nei luoghi dove sono richieste
- Manca una legge sull’obbligo vaccinale per chi lavora in locali e esercizi dove viene richiesto il green pass
- Può avere un’applicazione immediata per i grandi eventi (sportivi, musicali, fieristici, congressuali) e mezzi di trasporto (aerei, navi e treni a lunga percorrenza), eventualmente anche per cinema e teatri; ma a breve termine il suo utilizzo per ristoranti e soprattutto bar è più complesso. Risulta invece più ardua una sua implementazione per il trasporto locale ed altri servizi essenziali (es. supermercati, farmacie, etc.).
- La ventilata ipotesi di modulare il green pass in relazione allo status vaccinale (prima dose o ciclo completo) e/o ai colori delle Regioni introduce ulteriori elementi di complessità difficili da gestire nella pratica.
Modifica parametri assegnazione colori Regioni. Se da un lato è ragionevolmente certo che, rispetto alle ondate precedenti, l’aumentata circolazione del virus avrà un minore impatto sugli ospedali grazie alla copertura vaccinale di over 60 e fragili, dall’altro affidare un peso eccessivo (o addirittura esclusivo) agli indicatori ospedalieri per “colorare” le Regioni concretizza un “rischio non calcolato” per tre ragioni.
- Fa perdere di vista il monitoraggio della circolazione del virus, la cui entità ha comunque un impatto ospedaliero proporzionale alla sua diffusione.
- È un indicatore meno tempestivo in quanto la curva delle ospedalizzazioni segue con un certo ritardo quella dei nuovi casi.
- L’introduzione di eventuali provvedimenti restrittivi sarebbe tardiva e produrrebbe un miglioramento solo dopo alcune settimane.
«Se Governo e Regioni intendono abbandonare il parametro dei contagi – conclude Cartabellotta – servono soglie molto basse per gli indicatori ospedalieri: non oltre il 5% di occupazione da parte di pazienti COVID-19 per le terapie intensive e il 10% per i ricoveri in area medica per rimanere in zona bianca. Se invece l’intenzione è quella di innalzare tali soglie, oltre ad accettare i rischi sopra descritti, bisogna mantenere tra i parametri di monitoraggio il numero dei casi per 100.000 abitanti, aumentando l’incidenza settimanale sopra i 50 casi per conservare la zona bianca e definendo un numero standard di tamponi per 100.000 abitanti per evitare comportamenti opportunistici».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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15 2021
Coronavirus: +61% di contagi settimanali, ma ancora in discesa ricoveri e decessi. Vaccini: prime dosi a picco, in un mese -73%. Variante Delta: a rischio 2,2 milioni di over 60 senza vaccino e 2,5 milioni con una sola dose. Green Pass: modello francese inapplicabile a breve termine
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE, NELLA SETTIMANA 7-13 LUGLIO, RILEVA UN NETTO INCREMENTO DEI NUOVI CASI (+61,4%) PERALTRO SOTTOSTIMATI PER IL CALO DEI TAMPONI. SCENDONO ANCORA RICOVERI (-11,3%), TERAPIE INTENSIVE (-16%) E DECESSI (-35,8%). GRANDI INCOGNITE SUL FRONTE VACCINALE: CON LA VENTILATA USCITA DI SCENA DEI VACCINI A VETTORE ADENOVIRALE E IL FLOP DI CUREVAC, NEL 3° TRIMESTRE RISCHIAMO DI POTER CONTARE SOLO SU 45,5 MILIONI DI DOSI DI VACCINI A MRNA, LA METÀ DI QUELLE PREVENTIVATE. A FRONTE DELL’AVANZATA DELLA VARIANTE DELTA PREOCCUPANO LA PERSISTENTE ESITAZIONE VACCINALE DI OLTRE 2,2 MILIONI DI OVER 60, LA CARENZA DI DOSI CHE IMPONE ALLE REGIONI A CONTINUI STOP&GO DELLE AGENDE E IL DRASTICO CALO DELLE PRIME SOMMINISTRAZIONI.
15 luglio 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 7-13 luglio 2021, rispetto alla precedente, un incremento del 61,4% di nuovi casi (8.989 vs 5.571) (figura 1); si confermano invece in calo i decessi (104 vs 162) (figura 2), i casi attualmente positivi (40.649 vs 42.579), le persone in isolamento domiciliare (39.364 vs 41.121), i ricoveri con sintomi (1.128 vs 1.271) e le terapie intensive (157 vs 187) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 104 (-35,8%)
- Terapia intensiva: -30 (-16%)
- Ricoverati con sintomi: -143 (-11,3%)
- Isolamento domiciliare: -1.757 (-4,3%)
- Nuovi casi: 8.989 (61,4%)
- Casi attualmente positivi: -1.930 (-4,5%)
«Sul fronte dei nuovi casi – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si registra un netto incremento settimanale, peraltro sottostimato da un’attività di testing in continuo calo, che rende impossibile un tracciamento adeguato dei contatti». Dall’inizio di maggio il numero di persone testate settimanalmente si è infatti progressivamente ridotto del 56,3%, passando da 662.549 a 289.869 (figura 4). Nella settimana 7-13 luglio in tutte le Regioni, ad eccezione di Basilicata e Valle D’Aosta, si rileva un incremento percentuale dei nuovi casi rispetto alla settimana precedente per la progressiva diffusione della variante delta (tabella). I decessi continuano invece a scendere, attestandosi nell’ultima settimana a 104 con una media di 15 al giorno rispetto ai 24 della settimana precedente.
«Il trend dei pazienti ospedalizzati – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – prosegue la sua discesa sia in area medica che in terapia intensiva, dove l’occupazione di posti letto da parte dei pazienti COVID si attesta al 2%». Tutte le Regioni registrano valori inferiori al 10% per l’area medica e al 5% per le terapie intensive nelle quali sono 7 le Regioni che non contano pazienti COVID. «Gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – in calo da oltre 3 mesi, nell’ultima settimana hanno registrato un lieve incremento con la media mobile a 7 giorni che è di 7 ingressi/die rispetto ai 5 della settimana precedente» (figura 5).
Vaccini: forniture. Al 14 luglio (aggiornamento ore 6.12) sono state consegnate 63.659.024 dosi (figura 6). Al momento è impossibile fare previsioni per il 3° trimestre visto che l’ultimo aggiornamento del piano delle forniture risale allo scorso 23 aprile e, in assenza di un consuntivo ufficiale, non è noto se le 15,2 milioni di dosi non consegnate nel 2° trimestre saranno recuperate o meno nei prossimi mesi. Inoltre, le stime di oltre 94 milioni di dosi per il terzo trimestre non sono realistiche in quanto includono 6,64 milioni di dosi del vaccino di CureVac che non ha superato i test clinici e 42 milioni di dosi di vaccini a vettore adenovirale per i quali è stata ventilata la sospensione delle consegne per mancato utilizzo da parte delle Regioni. In altri termini, nel 3° trimestre potremmo disporre solo di 45,5 milioni di dosi di vaccini a mRNA (figura 7).
Vaccini: somministrazioni. Al 14 luglio (aggiornamento ore 6.12), il 60,8% della popolazione (n. 36.042.675) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+719.235 rispetto alla settimana precedente) e il 41,9% (n. 24.801.699) ha completato il ciclo vaccinale (+3.208.392 rispetto alla settimana precedente) (figura 8). Stabile nell’ultima settimana il numero di somministrazioni (n. 3.758.700) (figura 9), con una media mobile a 7 giorni di 543.873 inoculazioni/die (figura 10). Un numero di somministrazioni che, nonostante oltre 4,8 milioni di dosi “in frigo”, rimane stabile sia per la crescente diffidenza degli over 60 verso i vaccini a vettore adenovirale (2,7 milioni di dosi disponibili), sia per la necessità di accantonare oltre 2,16 milioni di dosi di vaccini a mRNA per i richiami, viste le incertezze sulle forniture che impongono alle Regioni continui stop & go delle agende. «In questo scenario – spiega Mosti – la percentuale di prime dosi sul totale delle dosi somministrate è in progressiva riduzione da 4 settimane consecutive: dalle 2.955.191 prime dosi della settimana 7-13 giugno (74% del totale) si è passati alle 809.518 della settimana 5-11 luglio (22% del totale), con un calo del 73% (figura 11).
Vaccini: copertura degli over 60. L’87,6% ha ricevuto almeno una dose di vaccino, con un incremento settimanale irrisorio a livello nazionale (+0,4%) e nette differenze regionali: mentre Puglia, Umbria e Lazio hanno superato il 90%, la Sicilia è ferma al 78,1%. In dettaglio:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 4.073.553 (90,9%) hanno completato il ciclo vaccinale e 149.191 (3,3%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 12).
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 4.468.306 (74,9%) hanno completato il ciclo vaccinale e 805.770 (13,5%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 13).
- Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 4.571.634 (61,4%) hanno completato il ciclo vaccinale e 1.593.861 (21,4%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 14).
Variante delta. Tenendo conto del progressivo aumento dei casi e della diffusione di questa variante che è destinata a diventare prevalente, nel nostro Paese il tallone d’Achille continua ad essere rappresentato dagli oltre 4,77 milioni di over 60 a rischio di malattia grave non coperti dalla doppia dose di vaccino (figura 15): di questi, 2,22 milioni (12,4%) non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose di vaccino con rilevanti differenze regionali (dal 21,8% della Sicilia al 7,2% della Puglia) (figura 16), mentre 2,55 milioni (14,2%) devono completare il ciclo dopo la prima dose (1.856.129 con AstraZeneca, 596.190 con Pfizer-BioNTech, 96.503 con Moderna). «Il balzo in avanti rispetto ai 5,75 milioni di over 60 non adeguatamente protetti della scorsa settimana – puntualizza Gili – è quasi esclusivamente legato al completamento di cicli vaccinali: in altri termini, non cresce il numero di over 60 che ricevono la prima dose, segno di una persistente esitazione vaccinale in questa fascia di età». Peraltro, il trend di somministrazione delle prime dosi per fasce di età conferma l’appiattimento delle curve degli over 80 e delle fasce 70-79 e 60-69 e una flessione per tutte le altre classi d’età (figura 17), con notevoli differenze di copertura tra le varie classi anagrafiche (figura 18).
Scenari futuri. La gestione della pandemia non può prescindere da una revisione delle dinamiche della circolazione del SARS-CoV-2 e dell’impatto della COVID-19 sugli ospedali che tenga conto della diffusione della variante delta e delle criticità di fornitura e somministrazione dei vaccini. In sintesi:
- Circolazione del SARS-CoV-2: la progressiva diffusione della variante delta determinerà, come già avvenuto in altri paesi europei, un incremento del numero dei contagi, la cui entità potrebbe essere sottostimata dall’insufficiente attività di testing & tracing che caratterizza il nostro Paese.
- Impatto della COVID-19: l’incremento dei contagi determinerà un aumento di ospedalizzazioni e decessi, evidenti rispettivamente non prima di 2 e 4 settimane, la cui entità sarà inversamente proporzionale alla copertura vaccinale completa della popolazione, in particolare di over 60 e fragili. In altre parole, anche con una circolazione virale elevata, l’impatto dei contagi sui servizi sanitari sarà inferiore rispetto alle ondate precedenti.
- Disponibilità vaccini: con il progressivo “tramonto” dei vaccini a vettore adenovirale e il flop di CureVac, la campagna vaccinale potrà contare solo sui vaccini a mRNA che, secondo le ultime stime, nel terzo trimestre dovrebbero sfiorare quota 45,5 milioni di dosi.
- Somministrazione vaccini: il crollo del numero di prime dosi consegue sia alla necessità di completare i cicli vaccinali, sia alla riduzione delle consegne e all’uscita di scena dei vaccini a vettore virale, che ha imposto di fatto una frenata alle prenotazioni, sia all’esitazione vaccinale degli over 50, soprattutto nelle fasce 50-59 e 60-69 dove il numero delle prime dosi somministrate settimanalmente è in calo.
«Come già previsto tre settimane fa – conclude Cartabellotta – la strategia attendista per fronteggiare la circolazione della variante delta non ha funzionato e adesso è necessario arginare le conseguenze dell’aumento dei contagi accelerando la copertura vaccinale completa di over 60 e fragili. Se per limitare la circolazione del virus rimangono fondamentali i comportamenti virtuosi, l’utilizzo del green pass sul modello francese per l’accesso a bar, ristoranti e altre attività, seppur auspicabile è poco applicabile a breve termine per vari ostacoli che dovrebbero essere fronteggiati e rimossi. Innanzitutto l’indisponibilità di vaccini per tutti coloro che vorrebbero riceverli e la non gratuità dei tamponi in tutte le Regioni genera un rischio di discriminazione; in secondo luogo, servono strumenti e risorse per controlli serrati e sistematici; infine, manca una legge sull’obbligo vaccinale per chi svolge mansioni a contatto col pubblico. Last, but not least, è indispensabile rimettere al centro dell’agenda politica il tema scuole: in assenza dei mancati adeguamenti strutturali e organizzativi, infatti, per il prossimo anno scolastico c’è il rischio concreto di dovere ricorrere nuovamente alla didattica a distanza, considerato anche che il 75% circa della popolazione 12-19 ed oltre 216 mila persone impiegate nella scuola (14,8%) non hanno ancora ricevuto neppure una dose di vaccino».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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8 2021
Coronavirus: risalgono i contagi, ma ancora nessun impatto su ospedali. Vaccini: tra mancate forniture ed esitazione vaccinale in tre settimane dimezzate le prime somministrazioni. Variante Delta: 5,75 milioni di over 60 a rischio malattia grave
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE, NELLA SETTIMANA 30 GIUGNO-6 LUGLIO, RILEVA UN INCREMENTO DEI NUOVI CASI (+5%), A FRONTE DI UN CALO DEGLI INDICATORI OSPEDALIERI (-24,2% RICOVERI; -30,7% TERAPIE INTENSIVE) E DEI DECESSI (-26,4%). A 6 MESI DALL’INIZIO,LA CAMPAGNA VACCINALE ITALIANA MOSTRA I SUOI LIMITI: FORNITURE INFERIORI AL PREVISTO, CONSEGNE IRREGOLARI, ESITAZIONE VACCINALE E COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE INADEGUATA. CONTRO LA VARIANTE DELTA CORSA CONTRO IL TEMPO PER RAGGIUNGERE GLI OLTRE 5,7 MILIONI DI OVER 60 SENZA ADEGUATA COPERTURA.
8 luglio 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 30 giugno-6 luglio 2021, rispetto alla precedente, un incremento di nuovi casi (5.571 vs 5.306) (figura 1); in calo invece i decessi (162 vs 220) (figura 2), i casi attualmente positivi (42.579 vs 52.824), le persone in isolamento domiciliare (41.121 vs 50.878), i ricoveri con sintomi (1.271 vs 1.676) e le terapie intensive (187 vs 270) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 162 (-26,4%)
- Terapia intensiva: -83 (-30,7%)
- Ricoverati con sintomi: -405 (-24,2%)
- Isolamento domiciliare: -9.757 (-19,2%)
- Nuovi casi: 5.571 (+5%)
- Casi attualmente positivi: -10.245 (-19,4%)
«Sul fronte dei nuovi casi settimanali – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – dopo 15 settimane consecutive di discesa si rileva un incremento del 5% rispetto alla settimana precedente. Anche l’attività di testing, dopo 7 settimane di calo, registra un aumento del 15,5%, continuando tuttavia ad attestarsi su numeri troppo bassi, con conseguente sottostima dei nuovi casi e insufficiente tracciamento dei contatti». Dalla settimana 5-11 maggio il numero di persone testate settimanalmente si è progressivamente ridotto del 60,3%, passando da 662.549 a 263.213, per poi risalire questa settimana a 303.969 (figura 4). In 11 Regioni si registra un’inversione di tendenza con un incremento percentuale dei nuovi casi rispetto alla settimana precedente, mentre le restanti 10 Regioni si confermano in calo (tabella). I decessi, dopo l’apparente stabilizzazione della scorsa settimana verosimilmente imputabile a ricalcoli, hanno ripreso a scendere attestandosi nell’ultima settimana a 162 con una media di 23 al giorno rispetto ai 31 della settimana precedente.
«Il trend dei pazienti ospedalizzati – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – prosegue la sua discesa sia in area medica che in terapia intensiva, dove l’occupazione di posti letto da parte dei pazienti COVID si attesta al 2%. Tutte le Regioni registrano valori inferiori al 10% e sono 8l e Regioni che non contano pazienti COVID ricoverati in area critica». In dettaglio, dal picco del 6 aprile i posti letto occupati in area medica sono scesi da 29.337 a 1.271 (-95,7%) e quelli in terapia intensiva da 3.743 a 187 (-95%). Le persone in isolamento domiciliare, dal picco del 28 marzo, sono passate da 540.855 a 41.121 (-94,2%). «Gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – sono in calo da oltre 3 mesi e la media mobile a 7 giorni è di 5 ingressi/die» (figura 5).
Vaccini: forniture. Al 7 luglio (aggiornamento ore 6.12) sono state consegnate 60.989.653 dosi, pari all’80% di quelle previste per il 1° semestre 2021 (figura 6). In dettaglio:
«Rispetto alle forniture stimate nel Piano vaccinale – spiega il Presidente – nel secondo trimestre sono state consegnate 15.234.673 dosi in meno rispetto al previsto, sia per la mancata autorizzazione di CureVac (48% delle dosi mancanti), sia per le consegne inferiori all’atteso da parte di AstraZeneca (-2.383.205 dosi, 15,6% del totale) e Johnson & Johnson (-5.052.685 dosi, 33,2% del totale)». Per il terzo trimestre, invece,disponiamo “sulla carta” di 45.496.439 dosi di vaccini a mRna (48,3%), 41.950.684 dosi di vaccini a vettore adenovirale (44,5%), oltre a 6.640.000 dosi del vaccino di CureVac che, non avendo superato con successo i test clinici, dovrebbero essere eliminate nel prossimo aggiornamento del piano delle forniture, attualmente fermo al 23 aprile 2021 (figura 7).
Vaccini: somministrazioni. Al 7 luglio (aggiornamento ore 6.12), il 59,6% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino (n. 35.323.440) e il 36,4% ha completato il ciclo vaccinale (n. 21.593.307) (figura 8). Nell’ultima settimana si è registrata una nuova flessione delle somministrazioni che scendono del 4,1% (n. 3.734.039) (figura9), con una media mobile a 7 giorni di 524.202 inoculazioni/die (figura 10). Un rallentamento imputabile all’incertezza relativa alle dosi in arrivo, oltre che alla diffidenza sempre maggiore nei confronti dei vaccini AstraZeneca e Johnson & Johnson. Rimangono tuttavia oltre 6 milioni di dosi già consegnate alle Regioni in attesa di essere inoculate: 2.095.382 di Pfizer/BioNTech, 600.970 di Moderna, 2.365.462 di AstraZeneca, 1.000.007 di Johnson & Johnson. «Va inoltre rilevato come la percentuale di prime dosi sul totale delle dosi somministrate – spiega Mosti – sia in riduzione da 3 settimane consecutive con un valore che dal 74% della settimana 7-13 giugno è sceso al 38% della settimana 28 giugno-4 luglio, con un calo del 49% in 3 settimane» (figura 11).
Vaccini: copertura degli over 60. L’87,2% ha ricevuto almeno una dose di vaccino, con alcune differenze regionali: se Puglia, Umbria e Lazio hanno superato il 90%, la Sicilia è ferma al 77,4%. In dettaglio:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 4.042.314 (90,2%) hanno completato il ciclo vaccinale e 171.852 (3,8%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 12).
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 4.006.932 (67,2%) hanno completato il ciclo vaccinale e 1.246.957 (20,9%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 13).
- Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 4.084.858 (54,9%) hanno completato il ciclo vaccinale e 2.043.083 (27,5%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 14).
Variante delta. L’ultima indagine flash dell’Istituto Superiore di Sanità stima al 22,7% la prevalenza della variante delta con notevoli differenze regionali (range 0-70,6%). «I dati provenienti dall’Inghilterra e quelli, seppur preliminari, di Israele – puntualizza Gili – confermano l’elevata efficacia del ciclo vaccinale completo nel prevenire le forme severe di COVID-19, le ospedalizzazioni e i decessi. Tuttavia nel nostro Paese il tallone d’Achille della campagna vaccinale è attualmente rappresentato dagli oltre 5,75 milioni di over 60 a rischio di malattia grave privi di adeguata copertura contro la variante delta» (figura 15). In dettaglio, 2,29 milioni (12,8%) non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose di vaccino con rilevanti differenze regionali (dal 22,6% della Sicilia al 7,7% della Puglia) (figura 16) e oltre 3,46 milioni (19,4%) devono completare il ciclo dopo la prima dose: 2.495.962 con AstraZeneca, 837.052 con Pfizer-BioNTech, 128.878 con Moderna. Peraltro, il trend di somministrazione delle prime dosi per fasce di età conferma ormai l’appiattimento delle curve degli over 80 e delle fasce 70-79 e 60-69 e registra una flessione da oltre 4 settimane per la fascia 50-59 anni e da circa 2 settimane per la fascia 40-49 (figura 17), seppure con notevoli differenze nelle percentuali di copertura tra le varie classi anagrafiche (figura 18).
Criticità campagna vaccinale. A poco più di 6 mesi dall’inizio della campagna vaccinale la Fondazione GIMBE rileva le seguenti criticità:
- Disponibilità di dosi
- Il numero di dosi consegnate è nettamente inferiore all’atteso: -14.266.090 (-50,5%) nel 1° trimestre e -15.234.673 (-20%) nel 2° trimestre.
- Le consegne delle aziende produttrici, fatta eccezione per Pfizer/BioNTech, sono state discontinue per tempistiche e quantità, rendendo più difficile la programmazione regionale.
- Nonostante una consistente disponibilità residua (oltre 3,36 milioni di dosi al 7 luglio 2021), i vaccini a vettore adenoviralenon riescono ad essere adeguatamente impiegatisia per le modifiche alle indicazioni d’uso per fasce d’età sia per la crescente diffidenza della popolazione, rendendo la campagna sempre più dipendente dai vaccini a mRNA.
- Rallentamento nella somministrazione delle prime dosi
- L’accelerazione impressa alla campagna vaccinale a partire dal mese di aprile determina in questo momento la necessità di somministrare un elevato numero di richiami, riducendo nel breve termine la possibilità di effettuare prime dosi negli under 50,vista anche l’incertezza sulle forniture dei prossimi mesi che induce ad accantonare consistenti quantitativi per la somministrazione delle seconde dosi.
- Negli over 50, soprattutto nella fascia 50-59 e 60-69, è evidente l’esitazione vaccinale, in particolare per i vaccini a vettore adenovirale, frutto di fake news e di una comunicazione istituzionale incapace di trasmettere il profilo rischio-beneficio della vaccinazione che può variare in relazione al contesto epidemiologico. Inoltre, nonostante i proclami, una vera strategia di chiamata attiva non è mai decollata a livello nazionale.
«L’incremento dei casi conseguente alla diffusione della variante delta – conclude Cartabellotta – destinato a continuare nelle prossime settimane non deve generare allarmismi. Certo il dato preoccupa per il suo potenziale impatto sugli ospedali che sarà inversamente proporzionale alla copertura vaccinale completa degli over 60. Ecco perché, oltre a potenziare contact tracing e sequenziamento, occorre sia mettere in campo strategie di chiamata attiva per gli over 60 che non si sono ancora prenotati, sia accelerare la somministrazione delle seconde dosi. Infine, siamo tutti chiamati a contribuire attivamente a rallentare la diffusione della variante delta mantenendo comportamenti responsabili ed evitando gli errori della scorsa estate».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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1 2021
Coronavirus: contagi ancora in calo, si svuotano ospedali. Vaccini: con -20,9 mln di dosi consegnate secondo trimestre chiude in rosso. Variante delta: rimodulare campagna vaccinale per 7 milioni di over 60 a rischio
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE CONFERMA, NELLA SETTIMANA 23-29 GIUGNO, LA RIDUZIONE DI NUOVI CASI (-26,9%), UN ULTERIORE CALO DI RICOVERI (-26,8%) E TERAPIE INTENSIVE (-25,4%) E UNA STABILIZZAZIONE DEI DECESSI. SUL FRONTE VACCINI LE FORNITURE DEL 2° TRIMESTRE CHIUDONO MOLTO SOTTO DELLE PREVISIONI. PER RIDURRE CIRCOLAZIONE E IMPATTO DELLA VARIANTE DELTA, OLTRE A POTENZIARE SEQUENZIAMENTO E CONTACT TRACING, PER GLI OVER 60 ANTICIPARE RICHIAMI E PUNTARE SU VACCINI A MRNA PER LE PRIME SOMMINISTRAZIONI.
1 luglio 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 23-29 giugno 2021, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (5.306 vs 7.262) (figura 1) e una stabilizzazione dei decessi (220 vs 221) (figura 2). In calo anche i casi attualmente positivi (52.824 vs 72.964), le persone in isolamento domiciliare (50.878 vs 70.313), i ricoveri con sintomi (1.676 vs 2.289) e le terapie intensive (270 vs 362) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 220 (-0,5%)
- Terapia intensiva: -92 (-25,4%)
- Ricoverati con sintomi: -613 (-26,8%)
- Isolamento domiciliare: -19.435 (-27,6%)
- Nuovi casi: 5.306 (-26,9%)
- Casi attualmente positivi: -20.140 (-27,6%)
«Da 15 settimane consecutive – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si registra una discesa dei nuovi casi settimanali. Tuttavia si continua a rilevare una progressiva diminuzione dell’attività di testing che, ribadiamo, sottostima il numero dei nuovi casi e documenta l’insufficiente tracciamento dei contatti, cruciale in questa fase della pandemia». Dalla settimana 5-11 maggio il numero di persone testate settimanalmente si è progressivamente ridotto del 60,3%, passando da 662.549 a 263.213 (figura 4). In quasi tutte le Regioni si conferma il calo dei nuovi casi settimanali, ad eccezione di Abruzzo e Sardegna, che tuttavia registrano incrementi irrilevanti in termini assoluti (tabella). I decessi, in calo da 10 settimane consecutive, si sono stabilizzati attestandosi nell’ultima settimana ad una media 31 al giorno rispetto ai 32 della settimana precedente.
«Prosegue, ormai più lentamente, la riduzione dei pazienti ospedalizzati – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – che ha portato l’occupazione dei posti letto da parte dei pazienti COVID al 3% sia in area medica che in terapia intensiva: anche questa settimana tutte le Regioni registrano valori inferiori al 10% e sono 5 le Regioni senza pazienti COVID ricoverati in area critica». In dettaglio, dal picco del 6 aprile i posti letto occupati in area medica sono scesi da 29.337 a 1.676 (-94,3%) e quelli in terapia intensiva da 3.743 a 270 (-92,8%). Le persone in isolamento domiciliare, dal picco del 28 marzo, sono passate da 540.855 a 50.878 (-90,6%). «Gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – risultano in calo da ormai 3 mesi e la media mobile a 7 giorni è di 8 ingressi/die» (figura 5).
Vaccini: forniture. Al 30 giugno (aggiornamento ore 6.10) risultano consegnate 55.302.293 dosi, pari al 72,6% di quelle previste per il 1° semestre 2021 (figura 6). In dettaglio:
«Rispetto alle forniture stimate nel Piano vaccinale – spiega il Presidente – rimarrebbero da consegnare circa 20,9 milioni di dosi, il 27,4% di quelle originariamente previste: anche non considerando il vaccino di CureVac che non ha superato con successo i test clinici, in assenza di ulteriori consegne in settimana, il 2° trimestre chiuderà con oltre 13,6 milioni di dosi in meno».
Vaccini: somministrazioni. Al 30 giugno (aggiornamento ore 6.10), il 57,1% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino (n. 33.823.702) e il 31,1% ha completato il ciclo vaccinale (n. 18.410.229) (figura 7). Nell’ultima settimana sono state somministrate 3.823.828 milioni dosi (figura 8), in lieve aumento (+1,6%) dopo il calo della settimana precedente: restano comunque ancora “in frigo” 4.294.989 milioni di dosi. La media mobile a 7 giorni si attesta a 541.210 inoculazioni/die (figura 9).
Vaccini: copertura degli over 60. L’86,7% ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino, con alcune differenze regionali: se Puglia, Umbria e Lazio hanno superato il 90%, la Sicilia si ferma al 76,2%. In dettaglio:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 3.930.326 (87,7%) hanno completato il ciclo vaccinale e 273.892 (6,1%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 10).
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 3.365.081 (56,4%) hanno completato il ciclo vaccinale e 1.860.324 (31,2%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 11).
- Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 3.557.990 (47,8%) hanno completato il ciclo vaccinale e 2.514.299 (33,8%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 12).
Sono 2.384.966 (13,3%), dunque, gli over 60 che non ha ricevuto nemmeno una dose di vaccino, con rilevanti differenze regionali: dal 23,8% della Sicilia al 8,1% della Puglia (figura 13). Peraltro, il trend di coperture vaccinali per fasce di età conferma ormai l’appiattimento delle curve degli over 80 e delle fasce 70-79 e 60-69, oltre a registrare una netta flessione nelle ultime tre settimane per la fascia 50-59 anni, già a copertura inferiore al 70% (figura 14).
Variante delta e strategia vaccinale. A oggi dei 17.886.878 over 60, 2.384.966 (13,3%) non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose di vaccino e 4.648.515 (26,0%) sono in attesa di completare il ciclo con la seconda dose: 3.154.159 con AstraZeneca, 1.286.101 con Pfizer-BioNTech e 208.255 con Moderna: in tutto sono dunque oltre 7 milioni i soggetti over 60 parzialmente o totalmente esposti a rischio di malattia grave che non hanno adeguata copertura contro la variante.
«Pur non conoscendo al momento l’esatta prevalenza della variante delta in Italia – spiega Gili – la sua maggiore contagiosità e, soprattutto, la documentata limitata efficacia di una singola dose di vaccino richiedono una rivalutazione delle strategie vaccinali per minimizzarne l’impatto clinico e quello sui servizi sanitari». Due gli obiettivi prioritari: da un lato raggiungere il maggior numero possibile di over 60 che non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose di vaccino, dall’altro anticipare quanto possibile la somministrazione della seconda dose in questa fascia anagrafica. Tuttavia, se per i vaccini a mRNA l’intervallo minimo tra le due dosi può essere riportato a quello originale (21 giorni per Pfizer-BioNTech e 28 giorni per Moderna), diverso è il caso di AstraZeneca. Infatti, se il richiamo sarebbe formalmente permesso dalle indicazioni del foglietto illustrativo a partire dalla quarta settimana successiva alla prima somministrazione, la circolare ministeriale n. 5079 del 9 febbraio 2021 raccomanda un intervallo ottimale di 10-12 settimane per garantire una maggiore efficacia del vaccino.
A seguito di tali valutazioni, la Fondazione GIMBE propone di rimodulare la campagna vaccinale negli over 60 come segue:
- Prime dosi: offrire solo vaccini a mRNA, sia per aumentare l’adesione alla campagna fortemente compromessa dalla diffidenza verso i vaccini a vettore virale, sia per evitare che i nuovi vaccinati restino esposti per le successive 10-12 settimane alla variante delta senza adeguata copertura;
- Seconde dosi:
- Pfizer-BioNTech e Moderna: somministrare la seconda dose rispettivamente a 21 e 28 giorni, anticipando i richiami fissati a intervalli più prolungati;
- AstraZeneca: estendere l’autorizzazione AIFA per offrire la vaccinazione eterologa anche agli over 60 (al momento off label), permettendo così di anticipare la seconda dose a 8 settimane dalla prima. In alternativa, mantenendo il ciclo completo con AstraZeneca, per proteggere gli over 60 non adeguatamente coperti dalla singola dose contro la variante delta, occorrerebbe ripristinare misure non farmacologiche più rigorose.
«Se per contrastare la diffusione della variante delta – conclude Cartabellotta – devono tornare in campo i servizi territoriali potenziando contact tracing, sequenziamento e screening alle frontiere, per limitare l’impatto della COVID-19 severa e delle ospedalizzazioni occorre accelerare la somministrazione della seconda dose negli over 60. Ma serve una scelta strategica univoca, senza fughe in avanti delle Regioni, allineata con le indicazioni autorizzate dei vaccini e adeguatamente comunicata alla popolazione, anche perché, in relazione alle scorte di vaccini disponibili, nuove vaccinazioni e richiami degli under 60 potrebbero dover subire un rallentamento».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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24 giugno 2021
Coronavirus: ospedali svuotati, da inizio aprile -90%. Vaccini rallenta la campagna, forniture al di sotto delle previsioni, nessuna dose per 2,5 milioni di over 60. Variante Delta: pochi dati e gestione troppo attendista
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE CONFERMA, NELLA SETTIMANA 16-22 GIUGNO, LA RIDUZIONE DI NUOVI CASI (-36,5%) E DECESSI (-46,2%) E, GRAZIE ALLA VACCINAZIONE DI ANZIANI E FRAGILI, UN SOSTANZIALE SVUOTAMENTO DEGLI OSPEDALI: DAL 6 APRILE -92,2% POSTI LETTO OCCUPATI IN AREA MEDICA E -90,3% IN TERAPIA INTENSIVA. SUL FRONTE VACCINI, LE FORNITURE DEL SEMESTRE CHIUDONO A -20 MILIONI DI DOSI E LA CAMPAGNA VACCINALE RALLENTA NONOSTANTE OLTRE 3 MILIONI DI DOSI “IN FRIGO”. VARIANTE DELTA, SERVE PROATTIVITÀ: POTENZIARE SEQUENZIAMENTO E CONTACT TRACING, ATTUARE STRATEGIE DI SCREENING PER CHI ARRIVA DALL’ESTERO, COMPLETARE IL CICLO VACCINALE DI OVER 60 E FRAGILI.
24 giugno 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 16-22 giugno 2021, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (7.262 vs 11.440) (figura 1) e decessi (221 vs 411) (figura 2). In calo anche i casi attualmente positivi (72.964 vs 105.906), le persone in isolamento domiciliare (70.313 vs 102.069), i ricoveri con sintomi (2.289 vs 3.333) e le terapie intensive (362 vs 504) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 221 (-46,2%)
- Terapia intensiva: -142 (-28,2%)
- Ricoverati con sintomi: -1.044 (-31,3%)
- Isolamento domiciliare: -31.756 (-31,1%)
- Nuovi casi: 7.262 (-36,5%)
- Casi attualmente positivi: -32.942 (-31,1%)
«Da 14 settimane consecutive – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si registra una discesa dei nuovi casi settimanali. Se la costante riduzione del rapporto positivi/casi testati conferma una ridotta circolazione del virus, la progressiva diminuzione dell’attività di testing sottostima il numero dei nuovi casi e documenta l’insufficiente tracciamento dei contatti, cruciale in questa fase della pandemia». Dalla settimana 5-11 maggio il numero di persone testate si è progressivamente ridotto del 52,7%, passando da 662.549 a 313.122 (figura 4); nel periodo 12 maggio-22 giugno la media nazionale si attesta a quota 101 persone testate/die per 100.000 abitanti con rilevanti e ingiustificate differenze regionali (figura 5). In tutto il territorio nazionale si conferma il calo dei nuovi casi settimanali (irrilevante in valore assoluto l’incremento percentuale di Liguria e Molise) (tabella). Inoltre, da 10 settimane sono in costante calo anche i decessi, che nell’ultima settimana si attestano in media a 32 al giorno rispetto ai 59 della settimana precedente.
«La costante riduzione dei pazienti ospedalizzati – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – ha portato l’occupazione dei posti letto da parte dei pazienti COVID al 4% sia in area medica che in terapia intensiva, con tutte le Regioni che registrano valori inferiori al 10% e 4 Regioni senza pazienti COVID ricoverati in area critica». In dettaglio, dal picco del 6 aprile i posti letto occupati in area medica sono scesi da 29.337 a 2.289 (-92,2%) e quelli in terapia intensiva da 3.743 a 362 (-90,3%). Le persone in isolamento domiciliare, dal picco del 28 marzo, sono passate da 540.855 a 70.313 (-87%). «Gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – risultano in calo da 3 mesi e la media mobile a 7 giorni è di 11 ingressi/die» (figura 6).
Variante delta (indiana). Secondo il report ECDC pubblicato ieri, questa variante è del 40-60% più contagiosa di quella alfa (inglese) e determinerà il 70% delle nuove infezioni entro l’inizio di agosto ed il 90% entro la fine. In Italia, stando al database internazionale GISAID, sulla base dei campioni prelevati dal 9 al 23 giugno, su 218 sequenze depositate 71 (32,6%) sono da variante delta, un numero di incerta rappresentatività nazionale visto che non tutte le Regioni condividono i sequenziamenti in questo database. Un dato più accurato sulla prevalenza della variante delta in Italia, che al 18 maggio si attestava all’1%, è atteso con la nuova indagine di prevalenza dell’ISS (Circ. Ministero della Salute 27401 del 18/06/2021) sui campioni notificati il 22 giugno. «In assenza di dati affidabili sulla presenza della variante delta in Italia – puntualizza Cartabellotta – tre sono le ragionevoli certezze: innanzitutto il numero di sequenziamenti effettuati è modesto e notevolmente eterogeneo a livello regionale; in secondo luogo, il contact tracing non è stato adeguatamente ripreso, nonostante i numeri del contagio lo permettano; infine, preoccupa il confronto con quanto sta accadendo nel Regno Unito nonostante sia più avanti sul fronte delle coperture vaccinali: in Italia infatti poco più 1 persona su 4 ha una copertura adeguata, avendo completato il ciclo vaccinale (27,6% rispetto al 46% del Regno Unito), mentre il 26,5% della popolazione ha ricevuto solo una dose (rispetto al 17% del Regno Unito) e il 46% è totalmente privo di copertura (rispetto al 37% del Regno Unito), percentuali preoccupanti considerando la minore efficacia di una sola dose di vaccino nei confronti di questa variante» (figura 7).
Vaccini: forniture. Al 23 giugno (aggiornamento ore 6.10) risultano consegnate 50.320.824 dosi, pari al 66% di quelle previste per il 1° semestre 2021 (figura 8). In dettaglio:
«Rispetto alle forniture stimate nel Piano vaccinale – spiega il Presidente – rimarrebbero da consegnare entro la fine del 2° trimestre 25,9 milioni di dosi, il 34% di quelle originariamente previste. Anche non considerando il vaccino di CureVac, che non ha superato con successo i test clinici, è certo che non arriveranno 18,6 milioni di dosi entro fine mese». Infatti, secondo le dichiarazioni del Generale Figliuolo, a giugno avremo un totale mensile di vaccini a RNA messaggero pari a 15,3 milioni: in altri termini, commenta Cartabellotta «se a giugno sono già state consegnate 9,43 milioni di dosi di Pfizer/BioNTech e 1,27 milioni di Moderna, entro fine mese sono attese solo altre 4,7 milioni di dosi». Il Commissario ha inoltre dichiarato che per il mese di luglio è prevista la disponibilità di circa 14,5 milioni di dosi di vaccini a mRNA. «Contando dunque su 19,2 milioni di dosi di Pfizer e Moderna nelle prossime cinque settimane – spiega Mosti – la capacità certa di somministrazione è di circa 550 mila dosi al giorno al massimo, stante che nulla sappiamo delle consegne di AstraZeneca e Johnson&Johnson previste per luglio».
Vaccini: somministrazioni. Al 23 giugno (aggiornamento ore 6.10), il 54% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino (n. 32.019.764) e il 27,6% ha completato il ciclo vaccinale (n. 16.342.041) (figura 9). Nell’ultima settimana sono state somministrate 3.751.029 milioni dosi (figura 10), per la prima volta in calo rispetto alla settimana precedente (-4,5%) a fronte di oltre 3 milioni di dosi ancora “in frigo”. Si riduce anche la media mobile a 7 giorni che dal picco del 10 giugno scende da 585.639 a 542.448 inoculazioni/die del 22 giugno (figura 11).
Vaccini: copertura degli over 60. L’86% ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino, con alcune differenze regionali: se Puglia e Umbria hanno superato il 90% la Sicilia si mantiene sotto il 75%. In dettaglio:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 3.883.342 (86,7%) hanno completato il ciclo vaccinale e 307.914 (6,9%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 12).
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 2.914.810 (48,9%) hanno completato il ciclo vaccinale e 2.278.673 (38,2%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 13).
- Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 3.150.738 (42,3%) hanno completato il ciclo vaccinale e 2.851.868 (38,3%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 14).
In altri termini, quasi 2,5 milioni di over 60 (14%) non ha ricevuto nemmeno una dose di vaccino, con rilevanti differenze regionali: dal 25,2% della Sicilia al 8,7% della Puglia (figura 15). Peraltro, il trend di coperture vaccinali per fasce di età (figura 16) conferma ormai l’appiattimento delle curve degli over 80 e delle fasce 70-79 e 60-69, oltre a dimostrare una netta flessione nelle ultime tre settimane per la fascia 50-59 anni, già a copertura inferiore al 70%. «Considerato che oltre 5,4 milioni di over 60 devono ancora completare il ciclo vaccinale – precisa Gili – è utile ribadire che secondo l’ultimo report del Public Health England nei confronti della variante delta una singola dose di vaccino (Pfizer-BioNTech o AstraZeneca) riduce la probabilità di malattia del 31% e di ospedalizzazione del 75%; percentuali che salgono rispettivamente al 80% e al 94% con il ciclo completo».
«Se al momento attuale – conclude Cartabellotta – tutti i dati dimostrano una bassa circolazione del virus e ed un impatto ospedaliero ormai minimo, non è accettabile una gestione “attendista” della variante delta, contro la quale occorre attuare tempestivamente le misure raccomandate dall’ECDC: potenziare sequenziamento e contact tracing, attuare strategie di screening per chi arriva dall’estero, accelerare la somministrazione della seconda dose negli over 60 e nei fragili, commisurando l’intensità delle misure non farmacologiche di contenimento del contagio alla loro copertura completa».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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17 giugno 2021
Coronavirus: si svuotano ospedali e terapie intensive e scendono ancora i nuovi casi, ma non si ferma il crollo dei tamponi. Vaccini: 1 persona su 2 ha ricevuto almeno una dose. Scoperti oltre 2,6 milioni di over 60. Vaccinazione “eterologa”: incertezza istituzionale tra opzione e scelta obbligata.
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE CONFERMA, NELLA SETTIMANA 9-15 GIUGNO, LA RIDUZIONE DI NUOVI CASI (-25,2%) E DECESSI (-12,4%) E, GRAZIE ALLA VACCINAZIONE DI ANZIANI E FRAGILI, L’ULTERIORE DECONGESTIONE DEGLI OSPEDALI: DAL 6 APRILE -89% DEI POSTI LETTO OCCUPATI IN AREA MEDICA E -87% IN TERAPIA INTENSIVA. SEGNALI DI AUMENTO DI CIRCOLAZIONE DELLA VARIANTE DELTA, MA POCHI SEQUENZIAMENTI E NESSUNA RIPRESA DEL TRACCIAMENTO. SULLA VACCINAZIONE “ETEROLOGA” LA FONDAZIONE GIMBE CHIEDE AL MINISTERO DELLA SALUTE E ALL’AIFA DI ESPRIMERSI CON UNA NOTA UNIVOCA E DEFINITIVA SU OBBLIGO O OPZIONE.
17 giugno 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 9-15 giugno 2021, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (11.440 vs 15.288) (figura 1) e decessi (411 vs 469) (figura 2). In calo anche i casi attualmente positivi (105.906 vs 181.726), le persone in isolamento domiciliare (102.069 vs 176.353), i ricoveri con sintomi (3.333 vs 4.685) e le terapie intensive (504 vs 688) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 411 (-12,4%)
- Terapia intensiva: -184 (-26,7%)
- Ricoverati con sintomi: -1.352 (-28,9%)
- Isolamento domiciliare: -74.284 (-42,1%)
- Nuovi casi: 11.440 (-25,2%)
- Casi attualmente positivi: -75.820 (-41,7%)
«Da 13 settimane consecutive – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si registra una discesa dei nuovi casi settimanali. Se la costante riduzione del rapporto positivi/casi testati attesta una ridotta circolazione del virus, la progressiva diminuzione dell’attività di testing sottostima il numero dei nuovi casi e documenta la mancata ripresa del tracciamento dei contatti, fondamentale in questa fase della pandemia». Nelle ultime 5 settimane, infatti, il numero di persone testate si è ridotto del 31,5%, scendendo da 3.247.816 a 2.223.782 (figura 4), con una media nazionale di 132 persone testate/die per 100.000 abitanti e rilevanti e ingiustificate differenze regionali (figura 5). In tutte le Regioni si conferma il calo dei nuovi casi settimanali (l’incremento percentuale in Molise è irrilevante in valore assoluto) (tabella). Inoltre, da 9 settimane sono in costante calo anche i decessi, che nell’ultima settimana si attestano in media a 59 al giorno.
«La costante riduzione dei pazienti ospedalizzati – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – ha portato l’occupazione dei posti letto da parte dei pazienti COVID al 6% sia in area medica che in terapia intensiva, con tutte le Regioni ampiamente sotto le soglie di allerta». In dettaglio, dal picco del 6 aprile i posti letto occupati in area medica sono scesi da 29.337 a 3.333 (-88,6%) e quelli in terapia intensiva da 3.743 a 504 (-86,5%). A seguito della rettifica della Regione Campania, poi, le persone in isolamento domiciliare dal picco del 28 marzo si sono ridotte da 540.855 a 102.069 (-81,1%). «Gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – in calo da 10 settimane consecutive sono ora stabili con una media mobile a 7 giorni di 22 ingressi/die» (figura 6).
Variante delta. Secondo l’ultima indagine di prevalenza delle varianti pubblicata dall’Istituto Superiore di Sanità il 18 maggio, la variante delta (più contagiosa di circa il 60% rispetto alla variante inglese) è all’1% con differenze regionali e un range che va dallo 0 al 3,4%: in particolare, la diffusione maggiore si registra in Lazio (3,4%), Sardegna (2,9%) e Lombardia (2,5%). Tuttavia nell’ultima settimana la variante delta è stata isolata in due focolai a Milano e Brindisi, segno di una sua maggiore diffusione sul territorio nazionale che si rileva anche dal database internazionale GISAID: rispetto ai sequenziamenti su campioni raccolti dal 19 maggio al 16 giugno, su 881 sequenze depositate 57 (6,5%) corrispondono alla variante delta. Rispetto all’efficacia dei vaccini, secondo i dati del Public Health England una singola dose di vaccino (Pfizer-BioNTech o AstraZeneca) ha un’efficacia solo del 33% nei confronti di questa variante, percentuale che dopo la seconda dose sale, rispettivamente, all’88% e al 60%. Inoltre, l’ultimo studio inglese (Public Health England) attesta che l’efficacia del ciclo completo nel prevenire le ospedalizzazioni è del 96% con il vaccino Pfizer-BioNTech e del 92% con quello AstraZeneca.
Vaccini: forniture. Al 16 giugno (aggiornamento ore 6.11) risultano consegnate 46.069.554 dosi, pari al 60,4% di quelle previste per il 1° semestre 2021 (figura 7). In dettaglio:
Vaccini: somministrazioni. Al 16 giugno (aggiornamento ore 6.11), il 50,5% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino (n. 29.949.601) e il 24,4% ha completato il ciclo vaccinale (n. 14.467.292) (figura 8). Nell’ultima settimana sono state raggiunte 3.892.072 milioni di somministrazioni (figura 9), con una media mobile a 7 giorni di 537.765 mila inoculazioni/die (figura 10).
Vaccini: copertura delle categorie prioritarie. L’85,2% degli over 60 ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino, con alcune differenze regionali: se la Puglia ha superato il 90% la Sicilia è sotto il 75%. In dettaglio:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 3.824.604 (85,4%) hanno completato il ciclo vaccinale e 349.498 (7,8%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 11).
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 2.544.393 (42,7%) hanno completato il ciclo vaccinale e 2.605.613 (43,7%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 12).
- Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 2.655.476 (35,7%) hanno completato il ciclo vaccinale e 3.247.643 (43,6%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 13).
Nella popolazione di età superiore ai 60 anni, dunque, ben 2,66 milioni non hanno ancora ricevuto nemmeno la prima dose di vaccino e 6,2 milioni devono completare il ciclo vaccinale (figura 14).
Vaccinazione “eterologa”. «Riguardo al nuovo caos AstraZeneca – afferma Cartabellotta – se nell’attuale contesto di bassa circolazione virale è totalmente condivisibile la decisione di limitare questo vaccino agli over 60, emergono alcune perplessità in merito all’obbligo di effettuare negli under 60 la seconda dose con vaccino a mRNA, già ribattezzata come “eterologa”». Infatti, negli under 60 che hanno ricevuto la prima dose di AstraZeneca, la circolare 11 giugno 2021 del Ministero della Salute dispone che “il ciclo deve essere completato con una seconda dose di vaccino a mRNA (Comirnaty o Moderna)”.
- Evidenze scientifiche: Nonostante i presupposti immunologici, biologici e alcuni precedenti storici sul mix vaccinale, le evidenze scientifiche sono ancora preliminari. In particolare i 4 studi citati dal parere del CTS arruolano poco più di 800 persone e misurano l’efficacia del mix solo sulla risposta immunitaria e la sicurezza solo sugli effetti collaterali frequenti e a breve termine. In altre parole, ad oggi non esistono prove di efficacia della vaccinazione “eterologa” su COVID-19 severa, ospedalizzazioni e decessi, né su eventuali effetti collaterali rari.
- Aspetti regolatori. Alla data di pubblicazione della circolare del Ministero della Salute il mix vaccinale risultava essere off label, ovvero fuori dalle indicazioni autorizzate. La determina AIFA del 13 giugno 2021 ha “sanato” il problema, con riferimento alla legge 648/96 e disponendo che i vaccini a mRNA “possono essere somministrati come seconda dose per completare un ciclo vaccinale misto”. Ovvero, la formula possibilista usata dell’AIFA per consentire l’utilizzo della vaccinazione “eterologa” contrasta con quella perentoria prevista dalla circolare del Ministero della Salute.
- Consenso informato e responsabilità professionale. Il riferimento alla L. 648/96 prevede il “consenso informato scritto del paziente dal quale risulti che lo stesso è consapevole della incompletezza dei dati relativi alla sicurezza ed efficacia del medicinale per l'indicazione terapeutica proposta”. Ovvero, la legge 648/96 impone al cittadino di accettare o meno l’informativa fornitagli (se non firma il consenso non può completare il ciclo vaccinale) e al medico la responsabilità della prescrizione, in presenza di un’alternativa il cui profilo di efficacia e sicurezza è stato ribadito dall’EMA.
«Se presupposti immunologici e biologici e dati preliminari – conclude Cartabellotta – lasciano supporre che la vaccinazione “eterologa” sia efficace e sicura, rimane l’incongruenza tra l’obbligo previsto dalla circolare del Ministero della Salute e la possibilità riportata dalla determina AIFA. Infatti, secondo la formula possibilista di AIFA per gli under 60 la seconda dose con Pfizer o Moderna è solo un’opzione che il paziente è libero di accettare o rifiutare, optando per la seconda dose con AstraZeneca. In ogni caso, è indispensabile adeguare il modulo di consenso informato a quanto previsto dalla L. 648/96 con adeguata informazione su benefici, rischi e incertezze delle opzioni per la seconda dose dopo AstraZeneca. Infine, per evitare che l’incongruenza tra le espressioni “dovere” e “potere” si traduca in una responsabilità esclusivamente a carico dei medici, con il rischio di disincentivare l’attività vaccinale, la Fondazione GIMBE chiede al Ministero della Salute e all’AIFA di esprimersi congiuntamente con una nota univoca e definitiva».
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10 giugno 2021
Coronavirus: in due mesi -84% di ricoveri e -82% di terapie intensive, ma ancora 2,9 milioni di over 60 senza copertura. In condizioni di bassa circolazione virale destinare AstraZeneca e Johnson & Jhonson solo ad over 50
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE CONFERMA, NELLA SETTIMANA 2-8 GIUGNO, LA RIDUZIONE DI NUOVI CASI (-31,8%) E DECESSI (-34,9%) E, GRAZIE ALLA VACCINAZIONE DI ANZIANI E FRAGILI, L’ULTERIORE DECONGESTIONE DEGLI OSPEDALI. PER VACCINARE OLTRE 2,9 MILIONI DI OVER 60 SENZA COPERTURA LA PRENOTAZIONE VOLONTARIA È ORMAI INSUFFICIENTE. SE DA UN LATO NON BISOGNA RALLENTARE IL RITMO DELLA CAMPAGNA VACCINALE È INDISPENSABILE MASSIMIZZARNE I BENEFICI E MINIMIZZARNE I RISCHI PERCHÉ L’INCIDENZA DI TROMBOSI ASSOCIATE A PIASTRINOPENIA CON I VACCINI A VETTORE VIRALE RIMANE MOLTO BASSA, MA NEGLI UNDER 50 È DOPPIA RISPETTO ALLA FASCIA 50-69 E QUADRUPLA RISPETTO AGLI OVER 70.
10 giugno 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 2-8 giugno 2021, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (15.288 vs 22.412) (figura 1) e decessi (469 vs 720) (figura 2). In calo anche i casi attualmente positivi (181.726 vs 225.751), le persone in isolamento domiciliare (176.353 vs 218.570), i ricoveri con sintomi (4.685 vs 6.192) e le terapie intensive (688 vs 989) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 469 (-34,9%)
- Terapia intensiva: -301 (-30,4%)
- Ricoverati con sintomi: -1.507 (-24,3%)
- Isolamento domiciliare: -42.217 (-19,3%)
- Nuovi casi: 15.288 (-31,8%)
- Casi attualmente positivi: -44.025 (-19,5%)
«Da 12 settimane consecutive – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – il trend dei nuovi casi si conferma in discesa, sia per la ridotta circolazione del virus come dimostra la riduzione del rapporto positivi/casi testati, sia per la costante diminuzione dell’attività di testing che da un lato sottostima il numero dei nuovi casi e dall’altro ribadisce la rinuncia al tracciamento dei contatti, proprio ora che la ridotta incidenza dei casi ne permetterebbe la ripresa». Nelle ultime 4 settimane il numero di persone testate settimanalmente si è ridotto del 28,3%, scendendo da 2.614.808 a 1.875.575 (figura 4). In questo periodo, a fronte di una media nazionale di 150 persone testate/die per 100.000 abitanti si rilevano notevoli e ingiustificate differenze regionali: da 239 persone testate/die per 100.000 abitanti del Lazio a 64 persone testate/die per 100.000 abitanti della Puglia (figura 5). In tutte le Regioni italiane si conferma comunque il calo dei nuovi casi settimanali (tabella). Inoltre, da 8 settimane consecutive sono in costante calo anche i decessi, che nell’ultima settimana si attestano in media a 67 al giorno.
«Continua – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – il progressivo svuotamento degli ospedali. L’occupazione dei posti letto COVID a livello nazionale si attesta all’8% sia in area medica che in terapia intensiva, con tutte le Regioni che rimangono sotto le soglie di allerta». In dettaglio, dal picco del 6 aprile i posti letto occupati in area medica sono scesi da 29.337 a 4.685 (-84%) e quelli in terapia intensiva da 3.743 a 688 (-81,6%). Meno ripida invece la discesa della curva relativa alle persone in isolamento domiciliare, che dal picco del 28 marzo si sono ridotte da 540.855 a 176.353 (-67,4%) (figura 3): tale percentuale potrebbe tuttavia essere parzialmente sottostimata dal dato anomalo registrato in Campania, che conta 62.367 casi attualmente positivi (circa un terzo di quelli dell’intero territorio nazionale), possibile conseguenza di ritardi di notifica sulle guarigioni. «Anche gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – scendono da 10 settimane consecutive con una media mobile a 7 giorni di 23 ingressi/die» (figura 6).
Vaccini: forniture. Al 9 giugno (aggiornamento ore 6.12) risultano consegnate 42.383.709 dosi, pari al 55,6% di quelle previste per il 1° semestre 2021. In dettaglio:
«Nonostante il boom di consegne nell’ultima settimana (5,69 milioni di dosi) – spiega il Presidente – stando alle forniture stimate del Piano vaccinale dovrebbero essere ancora consegnate entro fine giugno 33,8 milioni di dosi, ma nella più ottimistica delle previsioni saranno circa la metà» (figura 7).
Vaccini: somministrazioni. Al 9 giugno (aggiornamento ore 6.12), il 45,5% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino (n. 26.989.197) e il 22,5% ha completato il ciclo vaccinale (n. 13.338.891), (figura 8). Il netto incremento di consegne nell’ultima settimana ha permesso di sfiorare 3,66 milioni di somministrazioni (figura 9) con una media mobile a 7 giorni di 547 mila inoculazioni/die (figura 10).
Vaccini: copertura delle categorie prioritarie. L’83,7% degli over 60 ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino, con alcune differenze regionali: se Puglia, Umbria, Lombardia, Lazio, Veneto, Emilia-Romagna, Molise e Toscana superano l’85%, la Calabria e la Sicilia restano ancora sotto il 75%. In dettaglio:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 3.779.836 (84,4%) hanno completato il ciclo vaccinale e 370.064 (8,3%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 11).
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 2.303.669 (38,6%) hanno completato il ciclo vaccinale e 2.782.487 (46,6%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 12).
- Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 2.371.783 (31,9%) hanno completato il ciclo vaccinale e 3.363.784 (45,2%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 13).
«Con l’apertura della campagna vaccinale a tutte le fasce d’età – precisa Gili – era atteso il netto incremento dei trend di vaccinazione nelle persone di età inferiore a 60 anni. Tuttavia, con oltre 2,9 milioni di over 60 ad elevato rischio di ospedalizzazione e decesso che non hanno ancora ricevuto nemmeno la prima dose di vaccino, diventa sempre più urgente integrare il sistema di prenotazione volontaria con strategie di persuasione individuale, personalizzate e capillari sul territorio». Ad oggi risultano infatti ancora totalmente scoperti il 7,4% degli over 80 (n. 330.526), il 14,7% della fascia 70-79 (n. 879.088) e il 22,9% per quella 60-69 anni (n. 1.705.641) (figura 14).
«Riguardo alle recenti polemiche sugli open day per i giovani e i rari effetti avversi associati al vaccino AstraZeneca – spiega Gili – bisogna ribadire che in un’ottica di salute pubblica e di strategie vaccinali il profilo beneficio-rischio del vaccino si modifica in relazione alla circolazione del virus». Infatti, come si evince dal documento pubblicato lo scorso 23 aprile dall’European Medicines Agency, il rischio di sviluppare trombosi associata a piastrinopenia aumenta al diminuire dell’età: 0,5 casi su 100.000 negli over 70, 1 caso su 100.000 nella fascia 50-69 anni circa 2 casi su 100.000 negli under 50 anni. In Italia, come documenta l’ultimo rapporto AIFA sulla farmacovigilanza l’incidenza sembra ancora più bassa: infatti, su 3.977.851 somministrazioni di AstraZeneca (dati aggiornati al 26 aprile 2021) sono stati riportati 34 casi di trombosi venose in sede atipica. Tuttavia nei soggetti più giovani, già a minor rischio di COVID-19 severa, in condizioni di bassa circolazione virale l’incidenza di effetti avversi, seppur molto bassa, supera i potenziali benefici del vaccino nel prevenire ospedalizzazione, ricovero in terapia intensiva o decesso. «In altre parole – precisa Cartabellotta – nel quadro epidemiologico italiano delle ultime tre settimane, nelle persone di età inferiore a 50 anni i rischi dei vaccini a vettore virale superano i benefici. Ed è anacronistico che, a fronte delle indicazioni del Ministero della Salute che già dallo scorso 7 aprile raccomandava AstraZeneca “preferenzialmente” per gli over 60, nelle ultime 3 settimane, su un totale di 1.431.813 dosi di vaccini a vettore adenovirale somministrate, il 33,1% (473.578 dosi) siano state somministrate a persone under 50 e l’11% (158.156 dosi) nella fascia 18-29».
«Se da un lato non bisogna rallentare il ritmo della campagna vaccinale – conclude Cartabellotta – è indispensabile massimizzarne i benefici e minimizzarne i rischi, evitando al contempo di compromettere definitivamente la fiducia per i vaccini a vettore virale (AstraZeneca e Johnson&Johnson). Di conseguenza, in questa fase di bassa circolazione virale i vaccini a mRNA dovrebbero essere riservati alle fasce più giovani della popolazione, destinando agli over 50 quelli a vettore adenovirale che mantengono un ottimo profilo rischio-beneficio anche con bassa incidenza dei casi. Da valutare la possibilità di controindicarne l’uso nelle persone più giovani, in particolare negli under 30. Indispensabile, in ogni caso, migliorare l’informazione sul profilo rischi/benefici con un consenso informato più dettagliato per gli under 50 che volessero comunque immunizzarsi con vaccino a vettore virale, i cui eventi avversi restano comunque molto rari».
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3 giugno 2021
Coronavirus: si svuotano gli ospedali e calano i decessi. Ma i criteri per la zona bianca scoraggiano testing & tracing: in 3 settimane crollo dei tamponi (-34%). Vaccini: oltre 3,3 milioni di over 60 senza copertura
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE CONFERMA, NELLA SETTIMANA 26 MAGGIO-1 GIUGNO, LA RIDUZIONE DI NUOVI CASI (-27%) E DECESSI (-28%). GRAZIE ALLE COPERTURE VACCINALI DEGLI OVER 60 CROLLANO IN DUE MESI RICOVERI (-79%) E TERAPIE INTENSIVE (-74%). VACCINI: FORNITURE 2° TRIMESTRE SOTTO DI ALMENO 15 MILIONI DI DOSI E 3,3 MILIONI DI OVER 60 ANCORA SENZA COPERTURA. PROPOSTE GIMBE PER GARANTIRE IRREVERSIBILITÀ DELLE RIAPERTURE: INCENTIVARE LE REGIONI A RIPRENDERE IL TRACCIAMENTO, POTENZIARE IL SEQUENZIAMENTO PER MONITORARE VARIANTI, GESTIRE TEMPESTIVAMENTE EVENTUALI FOCOLAI, ATTUARE NUOVE STRATEGIE PER ANZIANI NON ANCORA VACCINATI.
3 giugno 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 26 maggio-1 giugno 2021, rispetto alla precedente, un’ulteriore diminuzione di nuovi casi (22.412 vs 30.867) (figura 1) e decessi (720 vs 1.004) (figura 2). In netto calo anche i casi attualmente positivi (225.751 vs 268.145), le persone in isolamento domiciliare (218.570 vs 258.265), i ricoveri con sintomi (6.192 vs 8.557) e le terapie intensive (989 vs 1.323) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 720 (-28,3%)
- Terapia intensiva: -334 (-25,2%)
- Ricoverati con sintomi: -2.365 (-27,6%)
- Isolamento domiciliare: -39.695 (-15,4%)
- Nuovi casi: 22.412 (-27,4%)
- Casi attualmente positivi: -42.394 (-15,8%)
«Da 11 settimane consecutive – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si conferma il trend in discesa dei nuovi casi, sia per la ridotta circolazione del virus, come dimostra la riduzione del rapporto positivi/casi testati, sia per la diminuzione dell’attività di testing. Da metà aprile sono in costante calo anche i decessi, che nell’ultima settimana si attestano in media poco sopra i 100 al giorno». Il calo dei nuovi casi settimanali si conferma in tutte le Regioni, ad eccezione di un aumento percentuale in Molise, irrilevante in valore assoluto. (tabella).
«Grazie alle coperture vaccinali di anziani e fragili – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – continua il progressivo svuotamento degli ospedali. L’occupazione dei posti letto COVID a livello nazionale si attesta al 10% in area medica e all’11% in terapia intensiva, con tutte le Regioni sotto le soglie di allerta». In dettaglio, dal picco del 6 aprile i posti letto occupati in area medica sono scesi da 29.337 a 6.192 (-78,9%) e quelli in terapia intensiva da 3.743 a 989 (-73,6%). Scende meno rapidamente la curva delle persone in isolamento domiciliare: dal picco del 28 marzo si sono ridotte da 540.855 a 218.570 (-59,6%) (figura 3). «Gli ingressi in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – scendono da 9 settimane con una media mobile a 7 giorni che si attesta a 36 ingressi/die» (figura 4).
In questa fase di diminuita circolazione del virus e allentamento della pressione sugli ospedali si rilevano due criticità: da un lato la riduzione dell’attività di testing che attesta la rinuncia al tracciamento dei casi, dall’altro una rilevante eterogeneità regionale nell’attività di sequenziamento. In dettaglio:
- Testing: il numero di persone testate settimanalmente, stabile sino alla prima decade di maggio, si è ridotto nelle ultime 3 settimane da 662.549 a 439.467 (-33,7%) (figura 5). E nello stesso periodo sono state testate, con tampone molecolare o antigenico, in media 120 persone/die per 100.000 abitanti con nette differenze regionali: da 199 del Lazio a 49 della Puglia (figura 6). «Purtroppo – spiega Cartabellotta – i criteri per conquistare e mantenere la zona bianca, introdotti con il DL 18 maggio 2021 n. 65, disincentivano le Regioni a potenziare le attività di testing e a riprendere il tracciamento, proprio nel momento in cui i numeri del contagio permetterebbero di utilizzare un’arma mai adeguatamente utilizzata».
- Sequenziamento: nel bollettino Prevalenza e distribuzione delle varianti del virus SARS-CoV-2 di interesse per la sanità pubblica in Italia, l’Istituto Superiore di Sanità riporta che nel periodo 28 dicembre 2020-19 maggio 2021 è stato sequenziato l’1,11% (n. 23.170) dei casi positivi. Da febbraio 2021 vengono sequenziati oltre 1.000 casi settimanali, in linea con gli standard dell’European Centre for Disease and Control, seppure con performance regionali molto eterogenee: dal 6,05% dell’Abruzzo allo 0,09% del Piemonte. «Un’insufficiente attività di sequenziamento – precisa Cartabellotta – non consente di identificare le varianti più contagiose se non dopo l’aumento dei casi, né di adeguare le strategie vaccinali se necessario. Ad esempio sulla variante delta (indiana) più contagiosa del 20-60%, l’efficacia di una sola dose di vaccino sulla malattia sintomatica si attesta intorno al 33% sia per il vaccino Pfizer che AstraZeneca, mentre dopo il ciclo completo sale rispettivamente all’88% e al 60%».
Vaccini: forniture. Al 2 giugno (aggiornamento ore 6.08) risultano consegnate 39.958.409 dosi, pari al 52,4% di quelle previste per il 1° semestre 2021. In dettaglio:
«Nonostante l’incremento di consegne nell’ultima settimana – spiega il Presidente – per rispettare le forniture previste dal Piano vaccinale entro fine giugno mancano ancora 36,3 milioni di dosi, un numero di consegne non realistico, come ribadiamo da settimane» (figura 7). Infatti, il Commissario Straordinario ha annunciato che a giugno le Regioni riceveranno oltre 20 milioni di dosi, un quantitativo che chiuderebbe il consuntivo delle forniture trimestrali con circa 15 milioni di dosi in meno rispetto alle previsioni.
Vaccini: somministrazioni. Al 2 giugno (aggiornamento ore 6.08), il 40,3% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino (n. 23.852.541) e il 20,7% ha completato il ciclo vaccinale (n. 12.294.543), (figura 8). Considerato che le Regioni stanno utilizzando la quasi totalità delle dosi a disposizione, il mancato decollo delle consegnecondiziona il numero di somministrazioni, ormai stabili da un paio di settimane (figura 9) con la media mobile a 7 giorni che ha raggiunto 500 mila inoculazioni/die (figura 10).
Vaccini: copertura delle categorie prioritarie. L’81,5% degli over 60 ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino, con alcune differenze regionali: se Puglia, Umbria, Lazio, Lombardia, Veneto e Molise superano l’85%, la Sicilia resta ancora sotto il 70%. In dettaglio:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 3.736.001 (83,4%) hanno completato il ciclo vaccinale e 386.742 (8,6%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 11).
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 2.109.513 (35,4%) hanno completato il ciclo vaccinale e 2.884.265 (48,4%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 12).
- Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 2.136.231 (28,7%) hanno completato il ciclo vaccinale e 3.325.680 (44,7%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 13).
- Soggetti fragili e loro caregiver: per questa categoria i dati non sono più disponibili, in quanto dal 28 maggio nel repository ufficiale le somministrazioni vengono rendicontate esclusivamente per fascia d’età.
«Mentre iniziano a salire le coperture nelle fasce d’età 50-59 e 40-49 anni – precisa Gili – sono ancora oltre 3,3 milioni gli over 60 ad elevato rischio di ospedalizzazione e decesso che non hanno ricevuto nemmeno la prima dose di vaccino». Più precisamente l’8% degli over 80 (n. 357.683), il 16,3% della fascia 70-79 (n. 971.466) e il 26,6% della fascia 60-69 anni (n. 1.979.297) (figura 14).
«Il netto miglioramento del quadro pandemico – conclude Cartabellotta – se da un lato attesta il successo del “rischio ragionato”, dall’altro richiede che il prudente ottimismo sia accompagnato da una strategia condivisa tra Governo e Regioni per garantire l’irreversibilità delle riaperture». In questa direzione vanno le proposte della Fondazione GIMBE:
- Apportare al nuovo sistema per assegnare i colori alle Regioni i necessari correttivi (es. standard di tamponi per 100 mila abitanti) per incentivare il testing e riprendere il tracciamento, senza timore di non conquistare o di perdere la zona bianca.
- Definire una modalità univoca per identificare tempestivamente ed arginare eventuali focolai.
- Potenziare il sequenziamento delle varianti, in particolare in alcune Regioni, e in caso di diffusione della variante indiana somministrare la seconda dose ad anziani e fragili secondo l’intervallo ottimale delle sperimentazioni cliniche.
- Attuare nuove strategie per vaccinare gli oltre 3,3 milioni di over 60 senza copertura e ad alto rischio di ospedalizzazione: es. chiamata attiva, open day dedicati, comunicazione istituzionale dedicata.
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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27 maggio 2021
Coronavirus: in 50 giorni crollo ricoveri (-71%) e terapie intensive (-65%) grazie anche all’effetto vaccini. Vaccini: a 5 settimane da fine 2° trimestre rimangono da consegnare ancora 42,6 milioni di dosi
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE CONFERMA, NELLA SETTIMANA 19-25 MAGGIO, LA RIDUZIONE DI NUOVI CASI (-29,5%) E DECESSI (-17,4%) CHE SI ACCOMPAGNA A UN CROLLO DI RICOVERI E TERAPIE INTENSIVE, GRAZIE ALLE ELEVATE COPERTURE VACCINALI DEGLI OVER 70. SCENDE ULTERIORMENTE L’INCIDENZA IN TUTTE LE REGIONI, SIA PER RIDOTTA CIRCOLAZIONE DEL VIRUS, SIA PER UN CALO DELLE PERSONE TESTATE: -25% IN DUE SETTIMANE. SUL FRONTE VACCINI 3,7 MILIONI DI OVER 60 AD ELEVATO RISCHIO DI OSPEDALIZZAZIONE SONO ANCORA SENZA COPERTURA. IRREALISTICA LA CONSEGNA DELLE 42,6 MILIONI DI DOSI PREVISTE ENTRO FINE GIUGNO.
27 maggio 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 19-25 maggio 2021, rispetto alla precedente, un’ulteriore diminuzione di nuovi casi (30.867 vs 43.795) (figura 1) e decessi (1.004 vs 1.215) (figura 2). In calo anche i casi attualmente positivi (268.145 vs 315.308), le persone in isolamento domiciliare (258.265 vs 302.080), i ricoveri con sintomi (8.557 vs 11.539) e le terapie intensive (1.323 vs 1.689) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 1.004 (-17,4%)
- Terapia intensiva: -366 (-21,7%)
- Ricoverati con sintomi: -2.982 (-25,8%)
- Isolamento domiciliare: -43.815 (-14,5%)
- Nuovi casi: 30.867 (-29,5%)
- Casi attualmente positivi: -47.163 (-15%)
«Per la decima settimana consecutiva – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – continuano a scendere i nuovi casi settimanali, in parte per la ridotta circolazione del virus, come documenta la riduzione del rapporto postitivi/casi testati, in parte per la crescente diminuzione dell’attività di testing». Rispetto alla settimana precedente, infatti, si registra un calo del 12,2% di persone testate (-69.010) e del 24,9% rispetto a due settimane fa (-165.241). Su tutto il territorio nazionale si confermano trend in riduzione (tabella) e in 8 Regioni (Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Molise, Provincia Autonoma di Trento, Sardegna, Umbria e Veneto) l’incidenza settimanale dei casi è inferiore a 50 casi/settimana per 100.000 abitanti.
«Il trend dei pazienti ospedalizzati – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – continua a scendere in maniera regolare con l’occupazione media nazionale che si attesta al 14% per l’area medica e al 15% per le terapie intensive: tutte le Regioni rimangono sotto le rispettive soglie di allerta del 40% e del 30%». «Anche gli ingressi in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – continuano a diminuire: la media mobile a 7 giorni questa settimana si è ulteriormente ridotta attestandosi a 57 ingressi/die» (figura 4).
«Se le curve dei ricoverati nei reparti di area medica e terapia intensiva – prosegue Cartabellotta – stanno scendendo più velocemente grazie all’effetto delle coperture vaccinali nelle classi di età più avanzate, quella delle persone in isolamento domiciliare, in media più giovani, cala più lentamente». In dettaglio, se dal picco del 6 aprile i posti letto occupati in area medica sono scesi da 29.337 a 8.557 (-70,8%), e quelli in terapia intensiva da 3.743 a 1.323 (-64,7%), le persone in isolamento domiciliare dal picco del 28 marzo sono passate da 540.855 a 258.265 (-52,2%) (figura 3).
Vaccini: forniture. Al 26 maggio (aggiornamento ore 6.13) risultano consegnate 33.618.267 dosi, pari al 44,1% di quelle previste per il 1° semestre 2021. In dettaglio:
«Negli ultimi venti giorni – spiega il Presidente – le consegnesi sono attestate su valori inferiori a 3 milioni di dosi/settimana: considerato che mancano 5 settimane al termine del 2° trimestre, per rispettare le forniture previste dal Piano vaccinale entro fine giugno mancano ancora 42,6 milioni di dosi» (figura 5). Seppure 8,5 milioni di dosi sono attese per i prossimi giorni, come annunciato dal Commissario Straordinario, è irrealistico disporre di tutte le dosi previste per tre ragioni: le consegne irregolari da AstraZeneca, le pochissime dosi consegnate da Johnson & Johnson che ha annunciato ulteriori ritardi, la mancata presentazione ad EMA della la domanda di autorizzazione condizionata al commercio da parte di CureVac (oltre 7,3 milioni di dosi).
Vaccini: somministrazioni. Al 26 maggio (aggiornamento ore 6.13), il 36,4% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino (n. 21.677.111) e il 17,9% ha completato il ciclo vaccinale (n. 10.647.817), con alcune differenze regionali (figura 6). Nonostante le Regioni utilizzino la quasi totalità delle dosi a disposizione, il mancato decollo delle consegne si riflette sul numero di somministrazioni settimanali, stabili rispetto alla settimana precedente (+0,7%) (figura 7), con una media mobile a 7 giorni intorno a 485 mila inoculazioni al giorno (figura 8).
Vaccini: copertura delle categorie prioritarie. Il 78,9% degli over 60 ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino, con importanti differenze regionali: se Puglia, Veneto, Lombardia, Molise, Provincia autonoma di Trento, Lazio ed Emilia-Romagna superano l’80%, Calabria e Sicilia restano ancora sotto il 70%. In dettaglio:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 3.662.072 (82,9%) hanno completato il ciclo vaccinale e 421.570 (9,5%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 9).
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 1.821.288 (30,5%) hanno completato il ciclo vaccinale e 3.047.328 (51,1%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 10).
- Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 1.686.671 (22,9%) hanno completato il ciclo vaccinale e 3.370.777 (45,8%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 11).
- Soggetti fragili e loro caregiver: a questa categoria sono state somministrate 6.785.309 dosi, su cui è impossibile effettuate ulteriori analisi, perché tuttora per questa categoria non sono noti il denominatore totale e la sua distribuzione regionale, né la suddivisione tra 1a e 2a dose.
«Complessivamente – precisa Gili – oltre 3,7 milioni di over 60 ad elevato rischio di ospedalizzazione e decesso non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose di vaccino e più precisamente: 7,6% degli over 80 (n. 336.061); 18,4% della fascia 70-79 (n. 1.099.757); 31,3% di quella 60-69 anni (n. 2.306.916)» (figura 12). A fronte di una fascia 60-69 in cui il rallentamento della curva delle somministrazioni è iniziato con percentuali di copertura ancora relativamente basse e con oltre 2 milioni di persone attualmente non protette dal vaccino, spicca l’impennata della fascia 50-59 anni (figura 13). «Più in generale – commenta il Presidente – alcune Regioni, piuttosto che utilizzare altre strategie per aumentare la copertura vaccinale degli over 60, stanno ampliando in maniera molto diversificata i target anagrafici con l’obiettivo primario di mantenere elevato il numero delle somministrazioni».
«Se da un lato il mix tra riaperture graduali, progressione della copertura vaccinale nelle persone a rischio, comportamenti virtuosi della popolazione ed effetto della stagionalità apre la strada a un prudente ottimismo – conclude Cartabellotta – dall’altro è indispensabile rilevare tre criticità nella gestione della pandemia e della campagna vaccinale. Innanzitutto, i nuovi criteri per assegnare i colori alle Regioni disincentivano la ripresa del contact tracing proprio quando la riduzione dei casi lo renderebbe fattibile; in secondo luogo, la mancata implementazione di strategie vaccinali a chiamata attiva per aumentare la copertura delle fasce più fragili; infine, non è nota la strategia per identificare tempestivamente ogni possibile ripresa del contagio».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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20 maggio 2021
Coronavirus: in picchiata la curva dei nuovi casi e in 6 settimane -61% ricoveri e -55% terapie intensive. Vaccini: le consegne non decollano e oltre 4,5 milioni di over 60 ancora scoperti
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE CONFERMA, NELLA SETTIMANA 12-18 MAGGIO, LA RIDUZIONE DI NUOVI CASI (-30,9%) E DECESSI (-21,3%) OLTRE A UN’ULTERIORE ALLENTAMENTO DELLA PRESSIONE SUGLI OSPEDALI. GLI EFFETTI DELLA CAMPAGNA VACCINALE, CHE SUBENTRANO GRADUALMENTE A QUELLI DELLE RESTRIZIONI, STANNO ASSORBENDO L’IMPATTO DELLE RIAPERTURE GRADUALI SULLA CURVA EPIDEMIOLOGICA. VISTO CHE NEL 2° TRIMESTRE MANCHERANNO CIRCA 13 MILIONI DI DOSI E TENENDO CONTO DEI RICHIAMI, RIMANE PRIORITARIA LA COPERTURA DELLE PERSONE A RISCHIO DI OSPEDALIZZAZIONE PER MINIMIZZARE L’IMPATTO DELLA CIRCOLAZIONE DEL VIRUS, VISTO CHE IL TESTING & TRACING, ABBANDONATO DA TEMPO, È ANCHE “SCORAGGIATO” DAL NUOVO SISTEMA PER ASSEGNARE I COLORI ALLE REGIONI.
20 maggio 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 12-18 maggio 2021, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (43.795 vs 63.409) (figura 1) e decessi (1.215 vs 1.544) (figura 2). In calo anche i casi attualmente positivi (315.308 vs 363.859), le persone in isolamento domiciliare (302.080 vs 346.866), i ricoveri con sintomi (11.539 vs 14.937) e le terapie intensive (1.689 vs 2.056) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 1.215 (-21,3%)
- Terapia intensiva: -367 (-17,9%)
- Ricoverati con sintomi: -3.398 (-22,7%)
- Isolamento domiciliare: -44.786 (-12,9%)
- Nuovi casi: 43.795 (-30,9%)
- Casi attualmente positivi: -48.551 (-13,3%)
«Continua la riduzione dei nuovi casi settimanali – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – che dimostra come gli effetti ottenuti grazie a 6 settimane di restrizioni stiano lasciando gradualmente il posto ai primi risultati della campagna vaccinale. Si rileva tuttavia una riduzione dei tamponi (-15% di persone testate rispetto alla settimana precedente), segno di un allentamento dell’attività di testing». Tutte le Regioni confermano un trend in riduzione (tabella).
«Ancor più netta – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – la riduzione della pressione ospedaliera che riflettel’effetto dei vaccini sulle categorie più a rischio». Tutte le Regioni rimangono sotto le soglie di allerta sia per l’area medica che per leterapie intensive, con una media nazionale al 19% per entrambe. In dettaglio:
- Area medica: dal picco raggiunto il 6 aprile (n. 29.337) i posti letto occupati sono 11.539,con una riduzione del 60,7% in 6 settimane (figura 3).
- Terapia intensiva: dal picco raggiunto il 6 aprile (n. 3.743) rimangono occupati 1.689 posti letto, con una riduzione del 54,9% in 6 settimane; (figura 3). «Gli ingressi in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – sono in linea con la riduzione progressiva dei posti letto occupati: la media mobile a 7 giorni questa settimana scende a 78 ingressi/die» (figura 4).
Vaccini: forniture. Al 19 maggio (aggiornamento ore 10:29) risultano consegnate 30.132.960 dosi, il 39,5% di quelle previste per il 1° semestre 2021. In dettaglio:
Ad oggi le Regioni – spiega il Presidente – hanno somministrato quasi tutte le dosi consegnate (94,2%). Questo significa che, senza un aumento consistente e regolare delle consegne, è impossibile accelerare la campagna vaccinale». Infatti, fatta eccezione per l’exploit della settimana 26 aprile-2 maggio (n. 4.911.630 dosi), da metà aprile il numero di consegne settimanali si è attestato tra 2,57 e 2,71 milioni (figura 5). E sembra sfumare anche la ventilata “invasione” di vaccini: infatti, tra consegne annunciate dal Generale Figliuolo per maggio e dal Ministro Speranza per giugno, sono attese circa 25 milioni di dosi, ovvero il consuntivo del 2° trimestre chiuderà con circa 13 milioni di dosi in meno rispetto ai 62 previsti dal Piano vaccinale. «Con queste stime – precisa Gili – è impossibile ampliare a dismisura la platea delle prime somministrazioni, visto che un numero rilevante di dosi, in particolare di AstraZeneca, servirà per i richiami».
Vaccini: somministrazioni. Al 19 maggio (aggiornamento ore 10:29), il 32,9% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino (n. 19.614.396) e il 15,2% ha completato il ciclo vaccinale (n. 9.049.348), con importanti differenze regionali (figura 6). Si registra un lieve aumento delle somministrazioni settimanali (+2,9%), nettamente inferiore rispetto alle settimane precedenti (figura 7), con una media mobile a 7 giorni che si attesta intorno a 481mila somministrazioni al giorno (figura 8).
Vaccini: copertura delle categorie prioritarie. Il 74,6% degli over 60 ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino, con Veneto, Lombardia, Provincia autonoma di Trento e Puglia che superano l’80%. Nelle fasce over 80 e 70-79 anni si registrano ancora notevoli differenze regionali, e la fascia 60-69, a rischio elevato di ospedalizzazione, rimane ancora indietro. In dettaglio:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 3.565.404 (80,7%) hanno completato il ciclo vaccinale e 470.826 (10,7%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 9).
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 1.487.355 (24,9%) hanno completato il ciclo vaccinale e 3.203.884 (53,7%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 10).
- Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 1.210.285 (16,4%) hanno completato il ciclo vaccinale e 3.308.843 (44,9%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 11).
- Soggetti fragili e loro caregiver: a questa categoria sono state somministrate 5.819.432 dosi.
«Guardando l’altra faccia della medaglia dunque – precisa Cartabellotta – oltre 4,5 milioni di persone ad elevato rischio di ospedalizzazione e morte sono ancora senza alcuna protezione vaccinale, riducendo la sicurezza delle riaperture, seppur graduali». Infatti, se solo l’8,7% degli over 80 (n. 383.473) non ha ricevuto neppure una dose, la percentuale sale al 21,4% nella fascia 70-79 (n. 1.277.134) e al 38,6% per quella 60-69 anni (n. 2.845.236) (figura 12).
«Seguendo i trend delle coperture vaccinali – spiega Gili – se per gli over 80 la frenata è iniziata quando le percentuali avevano superato l’80%, per la fascia 70-79 anni i segnali di rallentamento sono più precoci e per quella 60-69 le coperture salgono più lentamente» (figura 13). Questo dimostra che una vaccinazione di massa non può affidarsi solo alla prenotazione volontaria, ma deve essere integrata con altre strategie: dalla chiamata attiva al colloquio individuale per superare l’esitazione vaccinale; da campagne d’informazione con il coinvolgimento di influencer alla cosiddetta “spinta gentile” (nudge). Ad esempio, spiega Cartabellotta «man mano che a tutti viene concessa l’opportunità di ricevere il vaccino, nel green pass questo dovrebbe offrire vantaggi maggiori rispetto all’esito di un tampone».
«Ad oggi – conclude Cartabellotta – la strategia del “rischio ragionato” sembra funzionare: agli effetti delle restrizioni stanno gradualmente subentrando quelli dei vaccini, “assorbendo” l’impatto delle riaperture graduali sulla curva epidemiologica. Tuttavia, in questa fase della campagna vaccinale non bisogna limitarsi a rincorrere i numericon l’obiettivo primario di non lasciare “dosi in frigo”, ma è prioritario vaccinare rapidamente il maggior numero possibile di over 60 e fragili. Solo questa strategia potrà minimizzare l’impatto ospedaliero della ripresa della circolazione del virus, visto che il testing&tracing, già abbandonato da tempo, viene di fatto anche “scoraggiato” dal nuovo sistema per assegnare i colori alle Regioni. Un sistema fortemente condizionato dall’incidenza dei casi che, senza definire alcuna soglia minima di testing, ripropone quanto già visto nella primavera 2020: ovvero, meno tamponi, meno casi».
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13 maggio 2021
Coronavirus: scendono ancora nuovi casi e decessi, in un mese quasi dimezzati ricoveri e terapie intensive. Vaccini: ancora a zero oltre 5,6 milioni di over 60. Regioni “a colori”: indispensabile rapido restyling, ma la rivoluzione può attendere.
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE CONFERMA, NELLA SETTIMANA 5-11 MAGGIO, LA RIDUZIONE DI NUOVI CASI (-19%) E DECESSI (-15,4%). SI ALLENTA ANCORA LA PRESSIONE SUGLI OSPEDALI: IN 35 GIORNI -49,1% RICOVERI CON SINTOMI E -45,1% TERAPIE INTENSIVE. CAMPAGNA VACCINALE: ANCORA SCOPERTA 1 PERSONA SU 4 NELLA FASCIA 70-79 E 1 SU 2 NELLA FASCIA 60-69, NECESSARIO INTEGRARE LA PRENOTAZIONE VOLONTARIA CON UN SISTEMA A CHIAMATA ATTIVA, UN’ADEGUATA CAMPAGNA DI COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE E STRATEGIE DI PERSUASIONE INDIVIDUALE. REGIONI “A COLORI”: UNA REVISIONE INTEGRALE DEL SISTEMA RISCHIA DI AVVITARSI IN TECNICISMI E DIVENIRE TERRENO DI SCONTRO GOVERNO-REGIONI, MANDANDO NEL FRATTEMPO IN ARANCIONE ALCUNE REGIONI.
13 maggio 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 5-11 maggio 2021, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (63.409 vs 78.309) (figura 1) e decessi (1.544 vs 1.826) (figura 2). In calo anche i casi attualmente positivi (363.859 vs 413.889), le persone in isolamento domiciliare (346.866 vs 393.290), i ricoveri con sintomi (14.937 vs 18.176) e le terapie intensive (2.056 vs 2.423) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 1.544 (-15,4%)
- Terapia intensiva: -367 (-15,1%)
- Ricoverati con sintomi: -3.239 (-17,8%)
- Isolamento domiciliare: -46.424 (-11,8%)
- Nuovi casi: 63.409 (-19%)
- Casi attualmente positivi: -50.030 (-12,1%)
«L’ulteriore calo dei nuovi casi settimanali – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – riflette gli ultimi effetti di 6 settimane di un’Italia tutta rosso-arancione». I trend sono in riduzione in tutte le Regioni (tabella). Continua, tuttavia, a salire leggermente l’Rt medio calcolato dall’Istituto Superiore di Sanità sui casi sintomatici a 14 giorni, che rispetto al valore di 0,85 (range: 0,80-0,91) della scorsa settimana ha raggiunto lo 0,89 (range: 0,85-0,91).
«Si allenta ulteriormente anche la pressione sugli ospedali – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – sia per la minore circolazione del virus che per i primi effetti della elevata copertura vaccinale negli over 80». In dettaglio:
- Area medica: dal picco raggiunto il 6 aprile (n. 29.337) i posti letto occupati sono 14.937, con una riduzione del 49,1% in 35 giorni. Solo la Calabria supera la soglia di allerta del 40% (tabella).
- Terapia intensiva: dal picco raggiunto il 6 aprile (n. 3.743) rimangono occupati 2.056 posti letto, con una riduzione del 45,1% in 35 giorni; la soglia di saturazione del 30% risulta superata, seppur di poco, in Lombardia e in Toscana (32%) (tabella). «Nelle terapie intensive – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – il numero dei nuovi ingressi giornalieri continua a scendere, con una media mobile a 7 giorni che questa settimana ha raggiunto i 110 ingressi/die» (figura 4).
Vaccini: forniture. Al 12 maggio (aggiornamento ore 12.12) risultano consegnate 27.429.090 dosi, il 36% di quelle previste per il 1° semestre 2021. In dettaglio:
A un mese e mezzo dalla fine del semestre devono essere ancora consegnate circa 50 milioni di dosi, quasi due terzi di quelle previste dal Piano vaccinale. «Al di là di ritardi e irregolarità delle consegne di AstraZeneca – spiega Cartabellotta – finora Johnson & Johnson ha consegnato solo “briciole” e oltre 7 milioni di dosi CureVac restano vincolate ai tempi di approvazione dell’EMA. In altri termini, tenuto conto anche del numero esiguo di dosi di Moderna, la campagna vaccinale in Italia è sempre più Pfizer-dipendente».
Vaccini: somministrazioni. Al 12 maggio (aggiornamento ore 12.12), il 29,2% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino (n. 17.413.508) e il 13% ha completato il ciclo vaccinale (n. 7.725.554), con importanti differenze regionali: dal 32,7% di vaccinati con almeno una dose della Provincia Autonoma di Trento al 24,6% della Sicilia (figura5). Aumentano le somministrazioni settimanali (+8,5%), ma in maniera minore rispetto alla settimana precedente (figura 6), con una media mobile a 7 giorni che si attesta intorno a 465 mila somministrazioni al giorno (figura 7). «Il mancato sprint della campagna vaccinale – precisa Gili – è influenzato dalla mancata somministrazione di 1.286.041 dosi di AstraZeneca, le cui scorte “in frigo”oscillano dal 4,7% del Molise al 46% della Sicilia (figura8). Tenendo conto che l’uso preferenziale di questo vaccino è negli over 60, è inevitabile che i rifiuti influenzino la copertura vaccinale in questa classe d’età».
Vaccini: copertura delle categorie prioritarie. Il 68% degli over 60 ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino, con le Province autonome di Trento e Bolzano che si avvicinano all’80%. Si rilevano notevoli differenze regionali nelle fasce over 80 e 70-79 anni, mentre quella 60-69, a fronte di un rilevante impatto sulle ospedalizzazioni, è ancora molto indietro. In dettaglio:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 3.403.495 (77%) hanno completato il ciclo vaccinale e 576.609 (13%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 9).
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 1.081.772 (18,1%) hanno completato il ciclo vaccinale e 3.338.076 (55,9%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 10).
- Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 903.125 (12,3%) hanno completato il ciclo vaccinale e 2.811.161 (38,2%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 11).
- Soggetti fragili e loro caregiver: a questa categoria sono state somministrate 4.751.094dosi.
Ribaltando la prospettiva, ovvero guardando alla percentuale di popolazione che non ha ricevuto nemmeno una dose di vaccino, la copertura degli over 60 è complessivamente insufficiente. Infatti, se solo il 9,9% degli over 80 (n. 439.599) non ha ricevuto neppure una dose, la percentuale sale al 25,9% della fascia 70-79 (n. 1.548.525) e al 49,6% per quella 60-69 anni (n. 3.650.078). In altri termini, oltre 5,6 milioni di persone a rischio elevato di ospedalizzazione sono ancora totalmente scoperte dalla protezione vaccinale.
«A fronte di percentuali così elevate di over 60 non ancora coperte dalla 1a dose – continua il Presidente – da un lato si offre alle Regioni di aprire sino ai 40 anni per non rallentare le somministrazioni, dall’altro non si rendono noti i numeri di mancate adesioni e rifiuti selettivi di AstraZeneca, che hanno “costretto” ad estendere l’intervallo della seconda dose dei vaccini Pfizer e Moderna sino a 42 giorni con il solo obiettivo di supplire alla carenza di dosi di vaccini a mRNA». Considerato che la campagna vaccinale sta entrando in una fase condizionata dall’adesione della popolazione, occorre integrare la prenotazione volontaria con un sistema a chiamata attiva, coinvolgendo in maniera sistematica e capillare i medici di famiglia e mettendo in campo un’adeguata campagna di comunicazione istituzionale e strategie di persuasione individuale.
«La verosimile ripresa della circolazione del virus in un’Italia quasi tutta gialla – conclude Cartabellotta – richiede infine una revisione dell’algoritmo delle Regioni “a colori”, come già proposto dalle Regioni. Con il progredire delle vaccinazioni di anziani e fragili, entriamo infatti in una fase dell’epidemia dove a fronte di un’elevata circolazione del virus ci si attende un impatto sempre minore sugli ospedali. Tuttavia, una revisione integrale del sistema rischia di avvitarsi in sterili tecnicismi e di divenire terreno di scontro Governo-Regioni, che, ritardandola modifica normativa, potrebbero nel frattempo mandare in arancione alcune Regioni». Per tali ragioni, la Fondazione GIMBE suggerisce piuttosto di mantenere lo stesso impianto, ormai ben rodato, procedendo immediatamente ad un suo rapido restyling: ripristinare le soglie dell’indice Rt fissate dal DPCM 3 novembre 2020, ridurre complessivamente il “peso” dello stesso indice per assegnare il colore alle Regioni e, soprattutto,integrare indicatori relativi alle coperture vaccinali.
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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6 maggio 2021
Coronavirus: scendono tutti i numeri, ma s’intravedono segnali precoci di aumento della circolazione del virus. Vaccini: una persona su 4 coperta con almeno una dose, oltre il 70% degli over 80 ha completato il ciclo
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMB E CONFERMA, NELLA SETTIMANA 28 APRILE-4 MAGGIO, LA RIDUZIONE DI NUOVI CASI (-13,4%) E DECESSI (-19,9%). SI ALLENTA ANCORA LA PRESSIONE SUGLI OSPEDALI (-11,8% TERAPIE INTENSIVE; -10,5% RICOVERI CON SINTOMI), MA S’INTRAVEDONO PRECOCI SEGNALI DI AUMENTO DELLA CIRCOLAZIONE DEL VIRUS TRA CUI IL RIALZO DEI CONTAGI IN ETÀ SCOLARE. VACCINAZIONI: NECESSARIO RENDERE STABILE L’OBIETTIVO 500.000 DOSI AL GIORNO, RAGGIUNTO SOLO CON L’EXPLOIT DEL 29 E 30 APRILE. IN UN’ITALIA QUASI TUTTA GIALLA I COMPORTAMENTI INDIVIDUALI RIMANGONO L’ARMA FONDAMENTALE PER ARGINARE LA RISALITA DEI CONTAGI.
6 maggio 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 28 aprile-4 maggio 2021, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (78.309 vs 90.449) (figura 1) e decessi (1.826 vs 2.279) (figura 2). In calo anche i casi attualmente positivi (413.889 vs 448.149), le persone in isolamento domiciliare (393.290 vs 425.089), i ricoveri con sintomi (18.176 vs 20.312) e le terapie intensive (2.423 vs 2.748) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 1.826 (-19,9%)
- Terapia intensiva: -325 (-11,8%)
- Ricoverati con sintomi: -2.136 (-10,5%)
- Isolamento domiciliare: -31.799 (-7,5%)
- Nuovi casi: 78.309 (-13,4%)
- Casi attualmente positivi: -34.260 (-7,6%)
«Continua la lenta discesa dei nuovi casi settimanali – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – anche se s’intravedono precoci segnali di aumento della circolazione del virus». Innanzitutto, il lieve incremento dell’Rt medio calcolato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) sui casi sintomatici che nel periodo 7-20 aprile è di 0,85 (range 0,80–0,91) rispetto a 0,81 (range 0,77-0,89) del periodo 31 marzo-13 aprile; in secondo luogo, come rilevato dall’ultimo bollettino dell’ISS, dalla prima metà di aprile la risalita dei nuovi casi nelle fasce 3-5 e 6-10 anni, verosimile conseguenza della ripresa delle attività scolastiche in presenza.
Minime questa settimana le differenze regionali: aumento della variazione percentuale dei nuovi casi in 1 Regione e dei casi attualmente positivi in 2 Regioni (tabella).
«Con il progressivo calo dei nuovi casi – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – continua a ridursi la pressione sugli ospedali, dove le curve dei posti letto occupati in area medica e terapia intensiva continuano a scendere da 4 settimane consecutive». In dettaglio:
- Area medica: la curva ha raggiunto il picco il 6 aprile (n. 29.337), con una discesa del 38% in 29 giorni. L’occupazione dei posti letto da parte dei pazienti COVID resta sopra la soglia del 40% in 2 Regioni (tabella).
- Terapia intensiva: la curva ha raggiunto il picco il 6 aprile (n. 3.743), con una discesa del 35,3% in 29 giorni; la soglia di saturazione del 30% risulta ancora superata in 4 Regioni (tabella). «Anche il numero dei nuovi ingressi giornalieri in terapia intensiva sta progressivamente diminuendo – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – con una media mobile a 7 giorni di 135 ingressi/die» (figura 4).
Vaccini: forniture. Al 5 maggio (aggiornamento ore 6.11) risultano consegnate 24.779.590 dosi, il 32,5% di quelle previste per il 1° semestre 2021. In dettaglio:
«Sul fronte consegne – spiega Cartabellotta – molto incoraggiante il deciso aumento dell’ultima settimana: quasi 5 milioni di dosi, un colpo di acceleratore decisivo per garantire 3,5 milioni di somministrazioni settimanali» (figura 5).
Vaccini: somministrazioni. Al 5 maggio (aggiornamento ore 6.11), il 25,5% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino (n. 15.200.724) e il 10,9% ha completato il ciclo vaccinale (n. 6.522.822), con modeste differenze regionali: dal 28,2% di vaccinati con almeno una dose della Liguria al 21,6% della Sicilia (figura 6). Nella settimana 26 aprile-2 maggio si registra, rispetto alla precedente, un incremento delle somministrazioni del 20% (figura 7) con una media mobile a 7 giorni (figura 8) che raggiunge quota 432.860 somministrazioni/die (vs 361.326 del 27 aprile). «Il progressivo incremento delle consegne – commenta Gili – insieme alle scorte disponibili renderebbero finalmente possibile mantenere costanti le 500.000 somministrazioni al giorno, obiettivo raggiunto per ora solo con l’exploit del 29 e 30 aprile». Relativamente ai target fissati dal Commissario Figliuolo per la settimana 22-29 aprile emergono marcate differenze regionali: 9 Regioni hanno superato il target assegnato, mentre 12 sono rimaste sottosoglia (figura 9).
Vaccini: copertura delle categorie prioritarie. Oltre la metà degli over 60 ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino, con le Province autonome di Trento e Bolzano che si avvicinano al 70%. Se, tuttavia, nelle fasce over 80 e 70-79 anni la percentuale dei vaccinati con almeno una dose è ormai elevata, la fascia 60-69, che “pesa” molto sui ricoveri ospedalieri, rimane ancora indietro. In dettaglio:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 3.134.089 (70,9%) hanno completato il ciclo vaccinale e 778.130 (17,6%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 10).
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 725.559 (12,2%) hanno completato il ciclo vaccinale e 3.226.312 (54,1%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 11).
- Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 680.900 (9,2%) hanno completato il ciclo vaccinale e 2.078.360 (28,2%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 12).
- Soggetti fragili e loro caregiver: somministrate 3.614.254 dosi, su cui è impossibile effettuate ulteriori analisi, perché tuttora per questa categoria non è noto il denominatore totale e la sua distribuzione regionale, né la suddivisione tra 1a e 2a dose.
«Nella fase discendente della terza ondata – conclude Cartabellotta – emerge un incremento dei casi in età scolare, senza dubbio influenzato anche dalle attività di screening e tracciamento dei contatti. Se l’aumento dei nuovi casi nella popolazione scolastica era atteso, la scelta politica di riprendere le attività in presenza non è stata accompagnata da nuove linee guida per contenere la maggiore contagiosità della variante inglese. In ogni caso, in un’Italia quasi tutta gialla e con coperture vaccinali insufficienti per arginare la circolazione del virus, è fondamentale rimarcare l’importanza dei comportamenti individuali: distanze, mascherine e aria aperta devono essere le parole chiave dei prossimi mesi, insieme alla “corsa” al vaccino non appena arriva il proprio turno».
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29 aprile 2021
Coronavirus: lenta discesa dei nuovi casi, ma ancora oltre 448mila positivi. Si allenta la pressione sugli ospedali. Vaccini: aumentano le coperture, ma Italia rimane agli ultimi posti in Europa per fasce 60-69 e 70-79 anni
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE CONFERMA, NELLA SETTIMANA 21-27 APRILE, LA RIDUZIONE DI NUOVI CASI (-7,7%) E DECESSI (-10,5%). SCENDONO ANCHE I POSTI LETTO OCCUPATI IN OSPEDALE DA PAZIENTI COVID, MA TERAPIE INTENSIVE ANCORA SOPRA SOGLIA DI SATURAZIONE IN 7 REGIONI. VACCINAZIONI: IL RITMO DELLA CAMPAGNA CRESCE IN MANIERA LENTA E COSTANTE, MA IL TARGET DELLE 500 MILA SOMMINISTRAZIONI AL GIORNO È ANCORA LONTANO, PESA IL MANCATO DECOLLO DELLE CONSEGNE. NEL CONFRONTO CON GLI ALTRI PAESI EUROPEI L’ITALIA SALE IN CLASSIFICA PER LA COPERTURA DEGLI OVER 80, MA SI COLLOCA AL QUARTULTIMO POSTO PER LE FASCE 60-69 e 70-79.
29 aprile 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 21-27 aprile 2021, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (90.449 vs 98.030) (figura 1) e decessi (2.279 vs 2.545) (figura 2). In calo anche i casi attualmente positivi (448.149 vs 482.715), le persone in isolamento domiciliare (425.089 vs 456.309), i ricoveri con sintomi (20.312 vs 23.255) e le terapie intensive (2.748 vs 3.151) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 2.279 (-10,5%)
- Terapia intensiva: -403 (-12,8%)
- Ricoverati con sintomi: -2.943 (-12,7%)
- Isolamento domiciliare: -31.220 (-6,8%)
- Nuovi casi: 90.449 (-7,7%)
- Casi attualmente positivi: -34.566 (-7,2%)
«Come atteso – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – continua la lenta e progressiva discesa dei nuovi casi settimanali, frutto delle restrizioni di un’Italia tutta rosso-arancione delle scorse settimane, che proseguirà verosimilmente ancora fino a metà maggio. Oltre 448 mila casi attualmente positivi confermano, tuttavia, che la circolazione virale nel nostro Paese è ancora molto elevata». Come sempre, il dato nazionale risente di situazioni regionali piuttosto eterogenee: la variazione percentuale dei nuovi casi aumenta in 3 Regioni e crescono i casi attualmente positivi in 5 Regioni (tabella).
«Il numero di posti letto occupati da pazienti COVID nei reparti di area medica e terapia intensiva – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – continua a scendere, anche se il numero di pazienti ospedalizzati rimane elevato». In dettaglio:
- Area medica: la curva ha raggiunto il picco il 6 aprile (n. 29.337), con una discesa del 26,6% in 21 giorni. L’occupazione da parte dei pazienti COVID supera ancora il 40% in 2 Regioni.
- Terapia intensiva: la curva ha raggiunto il picco il 6 aprile (n. 3.743), con una discesa del 30,8% in 21 giorni; i numeri assoluti rimangono elevati (2.748 posti letto occupati), determinando il superamento della soglia di saturazione del 30% ancora in 7 Regioni (figura 4). «Continua la discesa anche per i nuovi ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – con una media mobile a 7 giorni di 150 ingressi/die, che dal picco del 27 marzo (n. 270) sono diminuiti dell’80% nell’ultimo mese» (figura 5).
Vaccini: forniture. Al 28 aprile (aggiornamento ore 6.10) risultano consegnate il 29,5% delle dosi previste per il 1° semestre 2021: 22.463.020 dosi, di cui 2,2 milioni di Pfizer/BioNTech non ancora inserite nel database. In dettaglio:
«Le consegne dei vaccini stanno aumentando – spiega Cartabellotta – ma l’incremento settimanale non è costante e ancora lontano da quota 3,5 milioni di dosi, indispensabili per raggiungere il target di 500 mila somministrazioni al giorno» (figura 6).
Vaccini: somministrazioni. Al 28 aprile (aggiornamento ore 6.10), il 22% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino (n. 13.072.472) e il 9,1% ha completato il ciclo vaccinale (n. 5.430.357), con differenze regionali che si vanno progressivamente appiattendo (figura 7). Le somministrazioni continuano gradualmente a salire, sia guardando al numero delle dosi settimanali (+11,8% negli ultimi 7 giorni)(figura 6), sia alla media mobile a 7 giorni (figura 8), aumentata da 324.081/die (20 aprile) a 355.582/die (27 aprile). «Nonostante questo incremento – commenta Gili – il numero di vaccinazioni giornaliere non raggiunge i target definiti per la settimana 22-29 aprile dal Commissario Straordinario, documentando difficoltà organizzative in alcune Regioni nella somministrazione tempestiva delle dosi disponibili. Si conferma inoltre una netta riduzione delle inoculazioni nei giorni festivi».
Vaccini: copertura delle categorie prioritarie. Se la vaccinazione degli over 80 è ormai in dirittura di arrivo, le coperture della fascia 70-79 e, soprattutto della fascia 60-69, sono ancora limitate per avere un impatto rilevante su ricoveri e terapie intensive. In dettaglio:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 2.688.321 (60,8%) hanno completato il ciclo vaccinale e 1.118.950 (25,3%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 9).
- Soggetti fragili e loro caregiver: somministrate 2.627.502 dosi, su cui è impossibile effettuate ulteriori analisi, perché per questa categoria non è noto il denominatore totale e la sua distribuzione regionale, né la suddivisione tra 1a e 2a dose.
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 452.245 (7,6%) hanno completato il ciclo vaccinale e 2.794.681 (46,8%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 10).
- Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 524.584 (7,1%) hanno completato il ciclo vaccinale e 1.415.535 (19,2%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 11).
Per quanto riguarda le fasce a rischio, secondo i dati dell’ECDC, per gli over 80, pur rimanendo lontana da Paesi che hanno superato il 95% di copertura, l’Italia ha guadagnato diverse posizioni, mentre per le fasce d’età 70-79 e 60-69 anni, il nostro Paese si attesta solo al quartultimo posto. Per la fascia 70-79, se da noi il 50% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino, ben 19 Paesi hanno superato almeno il 60% e 8 l’80%; per la fascia 60-69 ci fermiamo a quota 22,5% con almeno una dose, mentre 14 Paesi hanno già superato il 40% e 4 il 50% (figure 9, 10, 11). «Purtroppo il vero cambio di passo nella vaccinazione delle fasce fragili – conclude Cartabellotta – è avvenuto solo a partire dalla seconda metà di marzo e l’utilizzo improprio dei vaccini durante il primo trimestre da un lato rende meno sicure le riaperture, dall’altro non ci fa ben figurare in Europa nel confronto con altri Paesi».
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22 aprile 2021
Coronavirus: scendono nuovi casi e decessi. Ma in 12 regioni terapie intensive ancora in affanno. Vaccini: almeno 1 dose all’82% degli over 80 e al 40% dei 70-79. Decreto riaperture, coraggiosa decisione politica ma attenti al “liberi tutti” e alle criticità mai risolte
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE CONFERMA, NELLA SETTIMANA 14-20 APRILE, LA RIDUZIONE DI NUOVI CASI (-7,8%) E DECESSI (-17,5%). CONTINUA AD ALLEGGERIRSI LA PRESSIONE SUGLI OSPEDALI, MA RIMANGONO SOPRA LA SOGLIA DI SATURAZIONE 4 REGIONI PER L’AREA MEDICA E 12 PER LE TERAPIE INTENSIVE. VACCINAZIONI: SENSIBILE CAMBIO DI PASSO, MA PER RAGGIUNGERE L’OBIETTIVO FIGLIUOLO MANCANO OLTRE 180 MILA SOMMINISTRAZIONI AL GIORNO. DECRETO RIAPERTURE: ATTO CORAGGIOSO “SUL FILO DEL RASOIO” PER RILANCIARE ATTIVITÀ PRODUTTIVE E PLACARE TENSIONI SOCIALI, MA SE PASSA IL MESSAGGIO DEL “LIBERI TUTTI” LA STAGIONE ESTIVA È A RISCHIO. OLTRE AI VACCINI, NECESSARIO UN PIANO DI MEDIO-LUNGO PERIODO PER USCIRE DALLA PANDEMIA.
22 aprile 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 14-20 aprile 2021, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi (98.030 vs 106.326) (figura 1) e decessi (2.545 vs 3.083) (figura 2). In calo anche i casi attualmente positivi (482.715 vs 519.220), le persone in isolamento domiciliare (456.309 vs 488.742), i ricoveri con sintomi (23.255 vs 26.952) e le terapie intensive (3.151 vs 3.526) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 2.545 (-17,5%)
- Terapia intensiva: -375 (-10,6%)
- Ricoverati con sintomi: -3.697 (-13,7%)
- Isolamento domiciliare: -32.433 (-6,6%)
- Nuovi casi: 98.030 (-7,8%)
- Casi attualmente positivi: -36.505 (-7%)
«La circolazione del virus nel nostro Paese – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – rimane ancora sostenuta. Con la progressiva riduzione dei nuovi casi settimanali, i casi attualmente positivi, raggiunto il picco della terza ondata il 5 aprile (n. 570.096), sono scesi a 482 mila, numero molto elevato e sottostimato dall’insufficiente attività di testing & tracing». Peraltro, il dato nazionale risente di eterogenee situazioni regionali: infatti, la variazione percentuale dei nuovi casi aumenta in 3 Regioni e crescono i casi attualmente positivi in 6 Regioni (tabella).
«Gradualmente si allenta anche la pressione sugli ospedali – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – ma il numero di posti letto occupati, sia in area medica che in terapia intensiva è ancora elevato in numerose Regioni». In dettaglio:
- Area medica: la curva ha raggiunto il picco il 6 aprile (n. 29.337) ed iniziata la discesa con una riduzione del 20,7% in 14 giorni; tuttavia i numeri assoluti rimangono elevati (n. 23.255) e l’occupazione da parte dei pazienti COVID supera il 40% in 4 Regioni.
- Terapia intensiva: la curva ha raggiunto il picco il 6 aprile (n. 3.743), ma la discesa è più lenta, con una riduzione del 15,8% in 14 giorni; restano occupati 3.151 posti letto e in 12 Regioni la soglia di saturazione supera il 30% (figura 4). «Numeri ancora alti anche per i nuovi ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – con una media mobile a 7 giorni di 182 ingressi/die, seppure in diminuzione da un mese» (figura 5).
Vaccini: forniture. Al 21 aprile (aggiornamento ore 7.38) risultano consegnate 17.752.110 dosi, il 25,9% di quelle previste per il 1° semestre 2021. In dettaglio:
«Nelle ultime due settimane – precisa Cartabellotta – sono state consegnate circa 5,7 milioni di dosi: numeri in crescita, ma ancora lontani dal garantire le 3,5 milioni di somministrazioni settimanali del Piano Figliuolo».
Vaccini: somministrazioni. Al 21 aprile (aggiornamento ore 7.38) il 18,8% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino (n. 11.240.182) e il 7,8% ha completato il ciclo vaccinale con la seconda dose (n. 4.654.357), con notevoli differenze regionali (figura 6). Nonostante l’incremento del 35,5% delle dosi inoculate nelle ultime tre settimane (figura 7), al 20 aprile la media mobile a 7 giorni delle somministrazioni rimane a quota 315.506 al giorno: oltre 180 mila in meno delle 500 mila previste dal Piano per metà aprile (figura 8). Rispetto alla copertura delle categorie prioritarie definite nell’ordinanza del 9 aprile del Commissario Straordinario, a fronte di notevoli differenze regionali, l’analisi del dato nazionale rileva:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 2.282.611 (51,6%) hanno completato il ciclo vaccinale e 1.336.007 (30,2%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 9).
- Soggetti fragili e loro caregiver: dal 20 aprile nel database ufficiale è stata aggiunta una specifica categoria di rendicontazione che riporta 1.847.928 dosi somministrate. «Tuttavia – precisa Gili – non è possibile effettuare ulteriori analisi perché non sono disponibili: la suddivisione tra 1a e 2a dose, il numero totale dei soggetti fragili e loro caregiver e la loro distribuzione regionale».
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 284.113 (4,8%) hanno completato il ciclo vaccinale e 2.133.528 (35,7%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 10).
- Fascia 60-69 anni: degli oltre 7,3 milioni, 438.890 (6%) hanno completato il ciclo vaccinale e 965.448 (13,1%) hanno ricevuto solo la prima dose (figura 11).
«Il Decreto Riaperture approvato ieri dal Consiglio dei Ministri – conclude Cartabellotta – è basato su un “rischio ragionato”: è una decisione politica presa sul filo del rasoio se guardiamo ai dati della pandemia e alle coperture vaccinali, ma al tempo stesso un coraggioso atto di responsabilità del Governo per rilanciare numerose attività produttive e placare le tensioni sociali che affida ai cittadini una grande responsabilità. Chiaramente, se le graduali riaperture saranno interpretate come un “liberi tutti”, una nuova impennata dei contagi rischia di compromettere la stagione estiva».
Al fine di garantire l’irreversibilità delle riaperture, pertanto, la Fondazione GIMBE esorta Governo e Regioni ad elaborare una strategia esplicita e condivisa per arginare la verosimile risalita dei contagi e, soprattutto, un piano di medio-lungo periodo per uscire dalla pandemia che tenga conto, oltre che delle coperture vaccinali, di scenari epidemiologici e criticità mai risolte in 14 mesi di pandemia (box).
Box. Keypoints per un piano di uscita dalla pandemia Dinamiche della pandemia e controllo della risalita della curva dei contagi
Strategie di monitoraggio
Mancati investimenti e adeguamenti
Altro
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15 aprile 2021
Coronavirus: contagio in frenata, ma oltre 200 pazienti al giorno entrano ancora in terapia intensiva. Vaccini: ciclo completo per il 44% degli over 80 e il 3% dei 70-79
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE CONFERMA, NELLA SETTIMANA 7-13 APRILE, LA RIDUZIONE DEI NUOVI CASI (-15,4%). AUMENTANO I DECESSI (+7,5%), MA INIZIANO LENTAMENTE AD ALLEGGERIRSI GLI OSPEDALI: RIMANGONO SOPRA LA SOGLIA DI SATURAZIONE 7 REGIONI PER L’AREA MEDICA E 13 PER LE TERAPIE INTENSIVE. VACCINAZIONI: ZERO COPERTURA PER UN OVER 80 SU QUATTRO E FASCIA 70-79 ANCORA AI NASTRI DI PARTENZA. CAMPAGNA VACCINALE OSTAGGIO DEI RITARDI DI CONSEGNA E DELLE CRESCENTI DIFFIDENZE DEI CITTADINI VERSO ASTRAZENECA E, ADESSO, ANCHE JOHNSON & JOHNSON. PIANO RIAPERTURE TENGA CONTO DEL RAGGIUNGIMENTO DI SPECIFICI TARGET VACCINALI, IN PARTICOLARE PER LE FASCE A RISCHIO
15 aprile 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 7-13 aprile 2021, rispetto alla precedente, una diminuzione dei nuovi casi (106.326 vs 125.695) (figura 1), a fronte di un aumento dei decessi (3.083 vs 2.868) (figura 2). In calo i casi attualmente positivi (519.220 vs 555.705), le persone in isolamento domiciliare (488.742 vs 522.625), i ricoveri con sintomi (26.952 vs 29.337) e le terapie intensive (3.526 vs 3.743) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 3.083 (+7,5%) (esclusi 258 decessi comunicati dalla Regione Sicilia riferiti a mesi precedenti)
- Terapia intensiva: -217 (-5,8%)
- Ricoverati con sintomi: -2.385 (-8,1%)
- Isolamento domiciliare: -33.883 (-6,5%)
- Nuovi casi: 106.326 (-15,4%)
- Casi attualmente positivi: -36.485 (-6,6%)
«I nuovi casi e la loro variazione percentuale continuano a scendere – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – ma con un bacino di 520 mila casi attualmente positivi è impossibile riprendere il tracciamento dei contatti». Il dato nazionale, come sempre, risente di notevoli eterogeneità regionali: si rilevano infatti un aumento della variazione percentuale dei nuovi casi in 6 Regioni, in particolare Basilicata e Calabria e un incremento dei casi attualmente positivi in 5 Regioni (tabella).
«Sul fronte ospedaliero – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – le curve dei ricoveri con sintomi e delle terapie intensive hanno iniziato una discesa lenta e irregolare. Ma i numeri assoluti restano elevati e in molte Regioni gli ospedali sono ancora in affanno». Infatti, le soglie di allerta di occupazione dei posti letto da parte di pazienti COVID in area medica (>40%) e in terapia intensiva (>30%) si attestano a livello nazionale rispettivamente al 41% e al 39%. In particolare sono sopra soglia 7 Regioni per l’area medica e 13 per le terapie intensive (figura 4). «Si conferma il calo dei nuovi ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – ma la media mobile a 7 giorni rimane superiore ai 200 ingressi al giorno» (figura 5).
Vaccini: forniture. Al 14 aprile (aggiornamento ore 6.06), al netto dei ritardi di notifica, risultano consegnate 15.575.830 dosi, pari al 22,7% delle dosi previste per il 1° semestre 2021. In dettaglio:
«Per il secondo trimestre – commenta Cartabellotta – l’Italia dispone sulla carta di un “portafoglio” di oltre 52 milioni di dosi di vaccini (figura 6) a cui si aggiungeranno 6,7 milioni di dosi di Pfizer/BioNTech che saranno consegnate in anticipo. Ma per raggiungere l’ambizioso obiettivo di 500.000 vaccinazioni al giorno è necessaria una fornitura regolare da parte di tutte le aziende per garantire 3,5 milioni di dosi a settimana, un risultato condizionato da varie criticità». In dettaglio:
- AstraZeneca: l’azienda ha già comunicato ritardi di consegna e, secondo le dichiarazioni del Commissario Figliuolo, entro il 22 aprile arriveranno solo 500 mila dosi.
- Johnson&Johnson: l’azienda ha dichiarato che dilazionerà la distribuzione del vaccino in Europa. Intanto, le 180 mila dosi già consegnate rimangono in attesa del verdetto definitivo dell’EMA slittato alla prossima settimana, anche se le dichiarazioni di ieri riportano che i benefici superano ampiamente i rischi.
- CureVac: il completamento dello studio clinico di fase 3 è previsto per la fine del 2° semestre, e solo allora potrà essere presentata all’EMA la domanda di autorizzazione condizionata al commercio.
«Cresce inoltre – commenta Gili – l’ingiustificata diffidenza per il vaccino AstraZeneca che ora potrebbe interessare anche Johnson & Johnson. Senza un’adeguata e incisiva comunicazione istituzionale sul profilo beneficio-rischio di questi vaccini e sul processo di vaccinovigilanza, il loro rifiuto selettivo rischia di estendersi a macchia d’olio con ulteriore rallentamento della campagna vaccinale».
Vaccini: somministrazioni. Al 14 aprile (aggiornamento ore 6.06) hanno completato il ciclo vaccinale con la seconda dose 4.055.458 milioni di persone (6,8% della popolazione), con notevoli differenze regionali: dall’8,3% del Piemonte al 5,2% della Campania (figura7). Anche se il numero di somministrazioni in alcuni giorni ha superato quota 300 mila, su base settimanale non si va oltre le 1,9 milioni di dosi, numero ben lontano dall’obiettivo Figliuolo (3,5 milioni/settimana)(figura 8). Rispetto alla protezione dei più fragili:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 1.939.680 (43,9%) hanno completato il ciclo vaccinale e 1.414.126 (32%) hanno ricevuto solo la prima dose, con le consuete importanti differenze regionali (figura 9).
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, 180.164 (3%) hanno completato il ciclo vaccinale e 1.395.527 (23,4%) hanno ricevuto solo la prima dose, anche qui con rilevanti differenze tra le Regioni (figura 10).
- Elevata fragilità: le dosi destinate ai soggetti fragili vengono rendicontate nella categoria “Altro”, dove oltre la metà delle dosi (1.680.418 dosi) è stata somministrata ad over 70 mentre il 47,6% (1.529.103 dosi) è andato a persone under 60, dove possono rientrare soggetti ad elevata fragilità e loro caregiver. «È evidente – precisa Cartabellotta – che senza prevedere nella rendicontazione pubblica specifiche categorie di soggetti fragili non è possibile condurre ulteriori analisi su questo indefinito contenitore dove confluiscono certamente anche soggetti “non aventi diritto”».
«Se in vista della stagione estiva – conclude Cartabellotta – la priorità del Paese è rappresentata dalle progressive riaperture per rilanciare l’economia e placare le tensioni sociali, è indispensabile ribadire alcune dinamiche della pandemia e della campagna vaccinale per guidare Governo e Regioni in questa fase strategica e per una corretta informazione della popolazione. Innanzitutto, se gli effetti di un’Italia rosso-arancione si protrarranno per almeno 3 settimane, il progressivo ritorno al giallo determinerà inevitabilmente una risalita della curva epidemica, anche se mitigata dalla ridotta probabilità di contagio all’aperto per l’aumento delle temperature. In secondo luogo, in tempi brevi non esiste alcuna possibilità di ridurre i contagi a 50 per 100.000 abitanti al fine di riprendere il tracciamento, attività peraltro mai potenziata dalle Regioni. Infine, la progressione della campagna vaccinale permetterà di mettere in sicurezza, auspicabilmente prima dell’estate, over 70 e fragili con notevole impatto su ospedalizzazioni e decessi, ma non sulla circolazione del virus che richiederà di mantenere tutte le misure individuali. Ecco perché è fondamentale inserire tra i parametri per le riaperture specifici target di copertura vaccinale per le categorie a rischio».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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8 aprile 2021
Coronavirus: il contagio rallenta, ma crollano i tamponi. Terapie intensive: 14 Regioni sopra soglia 30%. Vaccini: 500 mila somministrazioni al giorno per ora restano un miraggio
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE RILEVA, NELLA SETTIMANA 31 MARZO-6 APRILE, UNA RIDUZIONE DEI NUOVI CASI (-11,1%) SOVRASTIMATA DAL CROLLO DELLE PERSONE TESTATE. IN LIEVE CALO DECESSI, CASI ATTUALMENTE POSITIVI E PERSONE IN ISOLAMENTO DOMICILIARE, MENTRE RIMANE ALTA L’ALLERTA OSPEDALI: INDICATORI SOPRA LA SOGLIA DI SATURAZIONE IN 8 REGIONI PER L’AREA MEDICA E IN 14 PER LE TERAPIE INTENSIVE CON PUNTE DI OCCUPAZIONE CHE SUPERANO IL 50%. IN GRAVE RITARDO LA PROTEZIONE DI ANZIANI E FRAGILI: CICLO VACCINALE COMPLETO SOLO PER IL 36,8% DEGLI OVER 80 E PER IL 2,2% DELLA FASCIA 70-79 ANNI, NESSUNA RENDICONTAZIONE PUBBLICA SULLE PERSONE ESTREMAMENTE VULNERABILI. PIANO FIGLIUOLO: LA PROVA DEL FUOCO DI APRILE RESA ANCORA PIÙ ARDUA DALL’AFFAIRE ASTRAZENECA.
8 aprile 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 31 marzo-6 aprile 2021, rispetto alla precedente, una diminuzione dei nuovi casi (125.695 vs 141.396) (figura 1), legata in parte alla netta riduzione dell’attività di testing. In lieve calo anche i decessi (2.868 vs 3.000) (figura 2), i casi attualmente positivi (555.705 vs 562.832) e le persone in isolamento domiciliare (522.625 vs 529.885). Sostanzialmente stabilii ricoveri con sintomi (29.337 vs 29.231) e le terapie intensive (3.743 vs 3.716) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 2.868 (-4,4%)
- Terapia intensiva: +27 (+0,7%)
- Ricoverati con sintomi: +106 (+0,4%)
- Isolamento domiciliare: -7.260 (-1,4%)
- Nuovi casi: 125.695 (-11,1%)
- Casi attualmente positivi: -7.127 (-1,3%)
«Per la terza settimana consecutiva – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – continua la lenta discesa dei nuovi casi, anche se il calo degli ultimi giorni è sovrastimato per il tracollo dell’attività di testing durante il periodo pasquale: -128.141 persone testate rispetto alla settimana precedente e -304.499 rispetto a quella ancora prima». Se a livello nazionale la variazione percentuale dei nuovi casi e i casi attualmente positivi sono in calo, la variazione percentuale dei nuovi casi cresce in 4 Regioni, in particolare in Sicilia e Sardegna dove l’incremento supera il 50%. In 10 Regioni, infine, l’aumento dei casi attualmente positivi attesta inequivocabilmente che il calo dei nuovi casi è ancora esiguo (tabella).
«La lentezza con cui scendono i nuovi casi – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – insieme alla limitata copertura vaccinale dei soggetti più fragili non permettono di ridurre la pressione sugli ospedali, dove la situazione rimane critica». Le soglie di allerta di occupazione dei posti letto da parte di pazienti COVID in area medica (>40%) e in terapia intensiva (>30%) si attestano rispettivamente al 44% e al 41%, con 8 Regioni sopra soglia per l’area medica e 14 sopra soglia per le terapie intensive. Per queste ultime preoccupa il superamento del 50% in Piemonte, Provincia Autonoma di Trento, Marche, Valle d'Aosta, con una punta del 60% in Lombardia (figura 4). «Sui nuovi ingressi giornalieri in terapia intensiva – sottolinea Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – la media mobile a 7 giorni ha iniziato la discesa, ma il valore registrato il 6 aprile (229 ingressi/die) rimane ancora superiore a quello di un mese fa (202 ingressi/die)» (figura 5).
Vaccini: forniture. Al 7 aprile (aggiornamento ore 15.58) risultano consegnate alle Regioni 14.017.310 dosi, pari al 89,3% delle dosi previste per il 1° trimestre 2021. In dettaglio:
«Fissando a domenica 4 aprile il termine del 1° trimestre – spiega Cartabellotta – risultano consegnati quasi il 90% dei vaccini attesi, anche se va ricordato che la prima versione del Piano vaccinale prevedeva oltre il doppio delle dosi, ben 28,3 milioni». Peraltro, quasi un terzo delle forniture relative al 1° trimestre (4,37 milioni di dosi) è stato consegnato nelle ultime 2 settimane (figura 6): con una simile distribuzione, nei prossimi mesi l’obiettivo dei 500.000 vaccini al giorno rischia di essere disatteso, anche se il “portafoglio vaccini” del 2° trimestre prevede sulla carta 52,5 milioni di dosi (figura 7), di cui oltre 1,5 milioni già consegnate da Pfizer. Inoltre, nel periodo 1 marzo–6 aprile sono state somministrate in media 193.021 dosi al giorno (range 93.612 – 294.187), con un vero e proprio tracollo nei giorni festivi (figura 8) che attesta la necessità di impiegare ulteriore personale per la campagna. «Tra tagli alle forniture, temporaneo stop ad AstraZeneca e consegne trimestrali “last minute” – spiega Cartabellotta – i numeri di marzo sono lontani dagli obiettivi del piano Figliuolo, che prevedeva di raggiungere 210.000 somministrazioni al giorno a metà marzo e 300.000 entro il 23 marzo. E soprattutto le 500.000 somministrazioni al giorno dal 15 aprile sono ancora un miraggio che rischia ulteriori rallentamenti per le eventuali restrizioni e, soprattutto, le diffidenze individuali sul vaccino AstraZeneca».
Vaccini: somministrazioni. Al 7 aprile (aggiornamento ore 15.58) hanno completato il ciclo vaccinale con la seconda dose 3.593.223 milioni di persone (6% della popolazione), con notevoli differenze regionali: dal 7,7% del Piemonte al 4,7% di Campania e Sardegna (figura9). Rispetto alla protezione dei più fragili:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni, 1.627.429 (36,8%) hanno completato il ciclo vaccinale e 1.264.690 (28,6%) hanno ricevuto solo la prima dose, con importanti differenze regionali (figura 10).
- Fascia 70-79 anni: degli oltre 5,9 milioni, solo 131.931 (2,2%) hanno completato il ciclo vaccinale e 853.458 (14,3%) hanno ricevuto solo la prima dose, con rilevanti difformità tra le Regioni (figura 11).
- Elevata fragilità: impossibile effettuare analisi in assenza di una specifica categoria di rendicontazione dei vaccini somministrati a persone estremamente vulnerabili e a portatori di disabilità gravi.
«La lenta discesa dei contagi nelle ultime due settimane – conclude Cartabellotta – sovrastimata dal drastico calo dei tamponi non deve alimentare irrealistiche illusioni. Oggi siamo in piena terza ondata, con una situazione ospedaliera molto critica in oltre metà delle Regioni e, al di là dell’aneddotica e di studi preliminari, non esistono terapie domiciliari di documentata efficacia utilizzabili su larga scala per ridurre le ospedalizzazioni. Sul fronte vaccini, il ritmo della campagna è ancora lontano dagli obiettivi fissati per aprile dal piano Figliuolo, il caso AstraZeneca rischia di determinare ulteriori rallentamenti, la copertura vaccinale di anziani è ancora insufficiente e quella dei soggetti fragili non nota. Infine, nel piano delle riaperture è fondamentale tenere conto che non sono stati attuati interventi strutturali né a livello sanitario (potenziamento testing & tracing) né a livello di sistema (mezzi di trasporto, areazione scuole e locali pubblici, etc). In questo scenario, spettano al Governo Draghi ardue scelte politiche per contemperare il diritto alla salute con gli altri diritti e le libertà tutelati dalla Costituzione al fine di consentire il rilancio delle attività economiche e la ripresa del Paese».
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1 aprile 2021
Coronavirus: epidemia in lieve rallentamento, ma 3.000 decessi in 7 giorni e allerta terapie intensive in 13 Regioni. Vaccinazioni: ciclo completo nel 28% degli over 80, nel 2% della fascia 70-79 e nessun dato sulle persone vulnerabili.
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE RILEVA, NELLA SETTIMANA 24-30 MARZO, UNA LIEVE RIDUZIONE DEI NUOVI CASI (-5,9%), UN AUMENTO DEI DECESSI E UN PEGGIORAMENTO DEGLI INDICATORI OSPEDALIERI: SOPRA LA SOGLIA DI SATURAZIONE 10 REGIONI PER L’AREA MEDICA E 13 PER LE TERAPIE INTENSIVE CON PUNTE DI OLTRE IL 60%. ANCORA INDIETRO LA PROTEZIONE DI ANZIANI E FRAGILI: DEGLI OVER 80 IL 28,3% HA COMPLETATO IL CICLO VACCINALE E IL 27,4% HA RICEVUTO SOLO LA PRIMA DOSE, ANCORA AI NASTRI DI PARTENZA LA FASCIA 70-79 ANNI E NESSUN DATO DISPONIBILE SUI FRAGILI. EPPURE SOLO UNA RAPIDA E MASSICCIA IMMUNIZZAZIONE DI ANZIANI E PERSONE VULNERABILI PERMETTERÀ DI RIAPRIRE IN SICUREZZA IL PAESE.
1 aprile 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 24-30 marzo 2021, rispetto alla precedente, una lieve riduzione dei nuovi casi (141.396 vs 150.181) (figura 1) a fronte di un incremento dei decessi (3.000 vs 2.878) (figura 2). Stabili i casi attualmente positivi (562.832 vs 560.654) e le persone in isolamento domiciliare (529.885 vs 528.680), in aumento i ricoveri con sintomi (29.231 vs 28.428) e le terapie intensive (3.716 vs 3.546) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 3.000 (+4,2%)
- Terapia intensiva: +170(+4,8%)
- Ricoverati con sintomi: +803 (+2,8%)
- Isolamento domiciliare: +1.205 (+0,2%)
- Nuovi casi: 141.396(-5,9%)
- Casi attualmente positivi: +2.178 (+0,4%)
«Per la seconda settimana consecutiva – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – a livello nazionale si rileva una lenta discesa del numero di nuovi casi e del loro incremento percentuale, anche se il dato risente di notevoli differenze regionali correlate al livello di restrizioni di 3 settimane fa».In 9 Regioni, infatti, l’incremento percentuale dei nuovi casi è ancora in crescita, soprattutto in 4 Regioni che 3 settimane fa si trovavano in area bianca o gialla (Calabria, Liguria, Sardegna e Valle d’Aosta). Al contrario si rilevano riduzioni rilevanti in Regioni che 3 settimane fa erano in zona arancione o rossa. Inoltre, in 10 Regioni aumentano i casi attualmente positivi, dato che si riflette anche a livello nazionale (tabella).
«Sul versante ospedaliero – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi sanitari della Fondazione GIMBE – entrambe le soglie di allerta di occupazione dei posti letto da parte di pazienti COVID in area medica (>40%) e in terapia intensiva (>30%) sono superate a livello nazionale, attestandosi rispettivamente al 44% e al 41%: 10 le Regioni sopra soglia per l’area medica e 13 quelle per le terapie intensive». In particolare, l’occupazione di pazienti COVID in terapia intensiva supera il 40% in Puglia, Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Toscana, Molise, Lazio e il 50% in Piemonte, Provincia Autonoma di Trento, Emilia-Romagna, con valori superiori al 60% in Lombardia e nelle Marche. «Sul fronte dei nuovi ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – dopo la frenata registrata la scorsa settimana, il dato si è stabilizzato» (figura 4 e 5).
Vaccini: forniture. Al 31 marzo (aggiornamento ore 15.31) risultano consegnate alle Regioni 11.247.180 dosi, pari al 71,7% delle dosi previste per il primo trimestre 2021. Cifre al netto di ritardi di notifica, viste le dichiarazioni del Commissario Figliuolo che ha annunciato che “solo questa settimana ne stanno arrivando circa 3 milioni: ieri [29 marzo, n.d.r] oltre 1 milione di Pfizer, domani [31 marzo, n.d.r.] oltre 500.000 Moderna e oltre 1,3 milioni di AstraZeneca su un totale di 14,2 milioni realizzato nel primo trimestre”.
Vaccini: somministrazioni. Al 31 marzo (aggiornamento ore15.31) hanno completato il ciclo vaccinale con la seconda dose 3.143.159 milioni di persone (5,3% della popolazione), con marcate differenze regionali: dal 6,9% della Provincia Autonoma di Bolzano al 3,9% della Sardegna (figura 6). «Le notevoli eterogeneità – continua Gili – riflettono sia una differente capacità organizzativa,sia un eccesso di autonomia delle Regioni nella scelta delle categorie prioritarie da vaccinare». In particolare, per ciò che riguarda i più fragili:
- Over 80: degli oltre 4,4 milioni,1.274.567 (28,8%) hanno completato il ciclo vaccinale e 1.212.019 (27,4%) hanno ricevuto solo la prima dose, con le consuete rilevanti differenze regionali (figura 7).
- Fascia 70-79 anni:degli oltre 5,9 milioni, solo 106.506 (1,8%) hanno completato il ciclo vaccinale e 481.418 (8,1%)hanno ricevuto solo la prima dose, anche qui con notevoli difformità regionali (figura 8).
- Elevata fragilità (soggetti estremamente vulnerabili e portatori di disabilità gravi): anche se individuati dal piano vaccinale come categoria prioritaria subito dopo gli over 80, al momento la rendicontazione del database ufficiale non prevede una specifica categoria.
«Non si può escludere – spiega Cartabellotta – che nella categoria denominata “Altro”, con oltre 1,4 milioni di dosi (14,4% del totale delle somministrazioni), rientri un certo numero di soggetti fragili». Escludendo da questo “contenitore” le 572.692 dosi (39,6%) somministrate a persone di età ≥70 anni, considerabili a rischio per fascia anagrafica, resta da fare luce su 873.787 (60,4%) dosi somministrate a soggetti di cui non è possibile rilevare altre indicazioni di priorità. «Per ragioni di trasparenza e monitoraggio – continua il Presidente – da un lato è indispensabile inserire nel report ufficiale la categoria dei soggetti ad elevata fragilità al fine di garantire una precisa rendicontazione, dall’altro bisogna fare chiarezza sulla categoria “altro”, che ancora una volta permette di rilevare enormi differenze regionali» (figure9 e 10).
Il ritardo nella protezione delle classi d’età più fragili emerge anche dal monitoraggio dell’European Centre for Disease Control and Prevention (ECDC): l’Italia è in ritardo rispetto ad altri Paesi europei, in particolare per la fascia 70-79 anni, dove si colloca a fondo classifica (figure 7 e 8).
«Se i vaccini rappresentano la via maestra per uscire gradualmente dalla pandemia – conclude Cartabellotta – è bene ribadire l’inderogabile necessità di proteggere in maniera prioritaria le persone fragili, più a rischio di sviluppare forme severe di COVID-19 che richiedono assistenza ospedaliera. Con l’attuale livello di sovraccarico degli ospedali, che non si ridurrà in tempi brevi, non possiamo più permetterci un nuovo rialzo di ricoveri e terapie intensive una volta avviate le graduali riaperture del Paese. Altrimenti continueremo a rimanere ostaggio delle misure restrittive, il cui obiettivo primario è proprio quello di limitare il sovraccarico ospedaliero».
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25 marzo 2021
Coronavirus: grazie alle restrizioni iniziano a scendere i nuovi casi, ma resta allarme terapie intensive in 12 Regioni. Over 80: ciclo vaccinale completato solo per 1 su 5
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE RILEVA, NELLA SETTIMANA 17-23 MARZO, UN LIEVE DECREMENTO DEI NUOVI CASI (-4,8%) SEPPUR CON NOTEVOLI DIFFERENZE REGIONALI. SALGONO INVECE TUTTI GLI INDICATORI OSPEDALIERI: SATURAZIONE TERAPIE INTENSIVE >30% IN 12 REGIONI E REPARTI DI AREA MEDICA >40% IN 10 REGIONI. VACCINI: A 7 GIORNI DALLA FINE DEL TRIMESTRE NON RISULTANO CONSEGNATE OLTRE UN TERZO DELLE DOSI PREVISTE. VACCINAZIONE OVER 80: IL 19,1% HA COMPLETATO IL CICLO E IL 27,4% HA RICEVUTO SOLO LA PRIMA DOSE. TRA RITARDI E PRIORITÀ DIROTTATE SU “PERSONALE NON SANITARIO” E “ALTRO”, SECONDO I DATI DELL’ECDC ITALIA AGLI ULTIMI POSTI IN EUROPA NELLA VACCINAZIONE DEI PIÙ FRAGILI.
25 marzo2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 17-23 marzo 2021, rispetto alla precedente, una lieve riduzione dei nuovi casi (150.033 vs 157.677) (figura 1) e dei decessi (2.327 vs 2.522) (figura 2). Continuano invece ad aumentare i casi attualmente positivi (560.654 vs 536.115), le persone in isolamento domiciliare (528.680 vs 506.761), i ricoveri con sintomi (28.428 vs 26.098) e le terapie intensive (3.546 vs 3.256) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 2.327 (-7,7%)
- Terapia intensiva: +290 (+8,9%)
- Ricoverati con sintomi: +2.330 (+8,9%)
- Isolamento domiciliare: +21.919 (+4,3%)
- Nuovi casi: 150.033 (-4,8%)
- Casi attualmente positivi: +24.539 (+4,6%)
«Nel pieno della terza ondata – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si intravedono i primi segnali di miglioramento: dopo quattro settimane consecutive si inverte il trend dei nuovi casi settimanali e si riduce l’incremento percentuale dei nuovi casi». Tuttavia, il dato nazionale risente di situazioni regionali molto eterogenee: infatti, in 10 Regioni l’incremento percentuale dei nuovi casi è ancora in crescita e in 14 Regioni si amplia il bacino dei casi attualmente positivi (tabella).
«Per la maggior parte delle Regioni – spiega il Presidente – è evidente la netta correlazione tra variazione percentuale dei nuovi casi e il “colore”delle Regioni di 3 settimane fa». Infatti, nella maggior parte delle Regioni che erano in zona rossa o arancione o avevano comunque attuato rigorose restrizioni mirate, la variazione percentuale dei nuovi casi è in riduzione: Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia-Romagna, Lombardia, Marche, Molise, P.A. Bolzano, P.A. Trento, Umbria. Viceversa, lo stesso dato è in aumento in Calabria, Lazio, Liguria, Puglia, Sardegna, Sicilia, Valle d’Aosta e Veneto, che 3 settimane fa erano in area gialla o bianca. La situazione di Friuli Venezia Giulia, Piemonte e Toscana è di più difficile interpretazione, dimostrando che altri fattori (es. intensità dell’attività di testing, rispetto delle misure individuali) influenzano la curva dei contagi.
«Nonostante la lieve flessione della curva dei contagi – commenta Renata Gili, Responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – peggiora la situazione sul versante ospedaliero, anche perché la terza ondata è partita da un “altopiano” molto elevato di posti letto occupati». Infatti, a livello nazionale entrambe le soglie di allerta di occupazione di posti letto da parte di pazienti COVID in area medica (>40%) e in terapia intensiva (>30%) sono superate: rispettivamente 43% e 39%. Superata la soglia d’allarme in 10 e 12 Regioni rispettivamente per l’area medica e per le terapie intensive, che in 5 Regioni hanno una saturazione ≥40% (Umbria, Friuli-Venezia Giulia, Molise, Abruzzo, Toscana) e in 5 ≥50% (Marche, Lombardia, P.A. Trento, Piemonte, Emilia-Romagna). «Su questo fronte – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – è incoraggiante la frenata dei nuovi ingressi giornalieri in terapia intensiva: la curva della media mobile a 7 giorni dopo 4 settimane di incremento si èappiattita» (figura 5).
Vaccini: forniture. Delle dosi previste per il primo trimestre 2021, al 24 marzo (aggiornamento ore 6.01) risultano consegnate alle Regioni 9.911.100 dosi (63,1%), al netto di ritardi di notifica. In dettaglio:
Vaccini: somministrazioni. Al 24 marzo (aggiornamento ore 6.01) hanno completato il ciclo vaccinale con la seconda dose 2.624.201 milioni di persone (4,4% della popolazione), con marcate differenze regionali: dal 3,4% di Sardegna e Calabria al 5,7% del Friuli-Venezia Giulia (figura 6). «Sul fronte AstraZeneca – spiega Gili – nessun contraccolpo dopo lo stop della scorsa settimana: infatti, nelle giornate di domenica 21, lunedì 22 e martedì 23, il numero di somministrazioni ha superato quello dei giorni corrispondenti della settimana precedente» (figura 7).
Rispetto alle fasce più a rischio, si conferma il notevole ritardo nella vaccinazione degli oltre 4,4 milioni di over 80: solo 846.007 (19,1%) hanno completato il ciclo vaccinale e 1.210.236 (27,4%) hanno ricevuto solo la prima dose di vaccino, con rilevanti e ingiustificabili differenze regionali (figura 8). «Questi dati – spiega Cartabellotta – certificano l’impossibilità di raggiungere l’obiettivo della Commissione Europea di immunizzare almeno l’80% degli over 80 entro fine marzo, sia perché la loro vaccinazione è iniziata solo a metà febbraio, sia perché le Regioni hanno dato priorità a categorie non previste dal Piano vaccinale: il “personale non sanitario” e il non meglio spiegato “altro” – categoria comparsa proprio ieri nel database ufficiale – dove le somministrazioni continuano a crescere (figura 9)». D’altronde, secondo i dati dell’ECDC, l’Italia si trova agli ultimi posti della classifica europea per soggetti over 80 che hanno completato il ciclo vaccinale.
«Nel discorso di ieri in Parlamento – conclude Cartabellotta – il Presidente Draghi ha auspicatodi procedere, compatibilmente con la situazione epidemiologica, con un piano di graduali riaperture già dopo le festività pasquali, mettendo al primo posto la scuola. Tuttavia, per mettere fine all’estenuante stop & go degli ultimi mesi serve un piano strategico per guidare le riaperture con priorità basate su criteri espliciti, che tengano conto della probabilità di contagio e dell’impatto economico e sociale. Ma soprattutto, un piano guidato dalla consapevolezza che, nell’impossibilità di piegare la curva dei casi positivi per riprendere il tracciamento, questa tende inesorabilmente a risalire non appena si allentano le misure. E che senza un adeguata copertura di persone fragili vaccinate tornano a riempirsi gli ospedali e ad aumentare i decessi».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
INVITO In occasione del 25° compleanno della Fondazione GIMBE, oggi alle ore 18.00 sarà trasmesso in diretta streaming l’evento Il Servizio Sanitario Nazionale prima, durante e dopo la pandemia COVID-19. Il Presidente Nino Cartabellotta sarà a colloquio con Riccardo Iacona sul passato, presente e futuro del nostro Servizio Sanitario Nazionale, che mai come in questo momento ha confermato di essere una conquista sociale irrinunciabile per l'eguaglianza e la dignità di tutti i cittadini italiani. Diretta streaming a: https://25anni.gimbe.org |
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18 marzo 2021
Coronavirus: oltre 530 mila casi attualmente positivi, in 10 regioni occupazione terapie intensive ≥40%. Consegne vaccini: a 2 settimane dalla fine del 1° trimestre mancano all’appello 45% delle dosi
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE CONFERMA,NELLA SETTIMANA 10-16 MARZO,TUTTI I NUMERI IN AUMENTO: NUOVI CASI +8,3%, RICOVERATI CON SINTOMI +16,5% ETERAPIE INTENSIVE +18,1%. IN UN MESE QUASI RADDOPPIATO IL NUMERO MEDIO DEI NUOVI INGRESSI/DIE IN TERAPIA INTENSIVA. VACCINI: A 2 SETTIMANE DALLA FINE DEL TRIMESTRE,NON ANCORA CONSEGNATE QUASI LA METÀDELLE DOSI PREVISTE. CAOS ASTRAZENECA: OLTRE AI RALLENTAMENTI NELLE SOMMINISTRAZIONI, RISCHIO EFFETTO BOOMERANG FIGLIO DI UNA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE INADEGUATA E DI UNA DECISIONE PIÙ POLITICA CHE SCIENTIFICA.
18 marzo 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBErileva nella settimana 10-16 marzo 2021, rispetto alla precedente, un ulteriore incremento dei nuovi casi (157.677 vs 145.659) (figura 1)edei decessi (2.522 vs 2.191) (figura 2). Continuano a salire icasi attualmente positivi (536.115 vs 478.883), le persone in isolamento domiciliare (506.761 vs 453.734), i ricoveri con sintomi (26.098 vs 22.393) e le terapie intensive (3.256 vs 2.756) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 2.522 (+15,1%)
- Terapia intensiva: +500 (+18,1%)
- Ricoverati con sintomi: +3.705 (+16,5%)
- Isolamento domiciliare: +53.027 (11,7%)
- Nuovi casi: 157.677 (+8,3%)
- Casi attualmente positivi: +57.232 (+12%)
«L’ulteriore incremento dei nuovi casi – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – ha determinato nell’ultima settimana la netta espansione del bacino dei casi attualmente positivi, aumentato di oltre 57 mila unità».Rispetto alla settimana precedente,i casi attualmente positivi per 100.000 abitanti crescono in 16 Regioni e in 14 si registra un incremento percentuale dei nuovi casi (tabella).
L’aumento dei casi attualmente positivi si riflette sulle curve relative ai servizi ospedalieri: l’occupazione dei posti letto di area medica da parte di pazienti COVID supera in 9 Regioni la soglia di allerta (>40%). Anche nelle terapie intensive, il cui tasso di saturazione nazionale oltrepassa la soglia critica attestandosi al 36%, l’occupazione da parte di pazienti COVID supera il 30% in 13 Regioni: in particolare, in 5 Regioni (Toscana, Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte, Molise) è ≥40% e in altre 5 è ≥50% (Emilia Romagna, Lombardia, Umbria, Marche, Prov. autonoma di Trento) (figura 5). «Il sovraccarico ospedaliero – commenta Renata Gili, Responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – oltre a rendere più complessa l’assistenza dei pazienti COVID, aumenta lo stress di personale e servizi ospedalieri e impone di rimandare interventi chirurgici e altre prestazioni non urgenti per pazienti non COVID».
«A preoccupare – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – è anche il trend in continua ascesa dei nuovi ingressi giornalieri in terapia intensiva: in 4 settimane la media mobile a 7 giorni è aumentata del 94,2%, passando da 134 a 260» (figura 5).
Vaccini: forniture. Delle dosi previste per il primo trimestre 2021, al 17 marzo (aggiornamento ore 6.01) risultano consegnate alle Regioni 8.597.500 dosi, poco più della metà di quelle previste. In dettaglio:
«Visto che per rispettare le scadenze contrattuali fissate 31 marzo – commenta Cartabellotta – rimangono da consegnare oltre 7 milioni di dosi nelle prossime due settimane, l’Europa deve mettere in campo nuovi strumenti per garantire le forniture, pena lo slittamento continuo dei piani vaccinali di tutti i Paesi».
Vaccini: somministrazioni. Al 17 marzo (aggiornamento ore 6.01) hanno completato il ciclo vaccinale con la seconda dose 2.145.434 milioni di persone (3,6% della popolazione), con marcate differenze regionali: dal 2,71% della Calabria al 5,12% della Valle D’Aosta (figura 6). Purtroppo, l’accelerazione della vaccinazione di massa registrata nelle ultime settimane ha subìto un’inevitabile battuta d’arresto dopo il blocco precauzionale e temporaneo del vaccino AstraZeneca, in attesa del parere definitivo dell’European Medicines Agency atteso per oggi. «A seguito di questo increscioso episodio – commenta Cartabellotta – al di là dei tempi organizzativi per ripartire,non è possibile stimare la riduzione dell’adesione generale alla campagna vaccinale, né l’impatto della diffidenza (o del rifiuto?) individuale rispetto al vaccino AstraZeneca. Un effetto boomerang generato da una comunicazione istituzionale frammentata e non lineare, frutto di una decisione impulsiva più politica che scientifica».Nel frattempo, rispetto alla protezione dei più fragili, degli oltre 4,4 milioni di over 80, 1.258.139 (28,5%) hanno ricevuto solo la prima dose di vaccino e 469.783 (10,6%) hanno completato il ciclo vaccinale con rilevanti differenze regionali (figura7). «Numeri in crescita – commenta Gili – ma ancora troppo esigui per osservare risultati tangibili in termini di riduzione di ospedalizzazioni e decessi nella fascia di età più colpita dalla COVID-19».
«Tre ragionevoli certezze – conclude Cartabellotta – documentano che stiamo attraversando una fase molto critica della pandemia. Innanzitutto, la terza ondata è ripartita da un “altopiano” determinando la rapida saturazione di posti letto in area medica e terapia intensiva,in particolare in alcune Regioni. In secondo luogo, il trend dei pazienti ospedalizzati e in terapia intensiva è in rapida ascesa e difficilmente raggiungerà il picco prima di 3 settimane dall’introduzione delle nuove misure restrittive. Infine, i ritardi delle forniture vaccinali e il caso AstraZeneca allontanano gli effetti della campagna vaccinale. In questo scenario, con una popolazione psicologicamente ed economicamente sfiancata e operatori sanitari allo stremo, quale sarà il cambio di passo del Governo Draghi per salvare, almeno in parte, la stagione estiva?».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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11 marzo 2021
Coronavirus: il contagio avanza, terapie intensive sotto pressione in 11 Regioni. Vaccini: nel 1° trimestre consegnate meno del 50% delle dosi previste, il 3% della popolazione ha completato il ciclo vaccinale
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE REGISTRA, NELLA SETTIMANA 3-9 MARZO, TUTTI I NUMERI IN AUMENTO: NUOVI CASI +18,2%, RICOVERATI CON SINTOMI +14,4% E TERAPIE INTENSIVE +18,4, CON NUMERO MEDIO DEI NUOVI INGRESSI/DIE CHE PASSA DA 134 A 223. VACCINI: SUL FRONTE DELLE CONSEGNE, A 3 SETTIMANE DALLA FINE DEL TRIMESTRE, MANCA ALL’APPELLO PIÙ DELLA METÀ DELLE DOSI PREVISTE. IL 2,9% DELLA POPOLAZIONE HA COMPLETATO IL CICLO VACCINALE: DEGLI OVER 80 IL 25% HA RICEVUTO LA PRIMA DOSE E SOLO IL 5,2% ANCHE LA SECONDA. NUOVE RESTRIZIONI SIANO DECISE IN BASE A DATI ED EVIDENZE SCIENTIFICHE, SENZA INTERPRETAZIONI OPPORTUNISTICHE IN NOME DI UN VERO RILANCIO ECONOMICO DEL PAESE, IRREALISTICO IN QUESTA NUOVA FASE ESPANSIVA DELLA PANDEMIA.
11 marzo2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 3-9 marzo 2021, rispetto alla precedente, un ulteriore incremento dei nuovi casi (145.659 vs 123.272) (figura 1) e, per la prima volta da 8 settimane, una risalita dei decessi (2.191 vs 1.940) (figura 2). In crescita i casi attualmente positivi (478.883 vs 430.996), le persone in isolamento domiciliare (453.734 vs 409.099), i ricoveri con sintomi (22.393 vs 19.570) e le terapie intensive (2.756 vs 2.327) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 2.191 (+12,9%)
- Terapia intensiva: +429 (+18,4%)
- Ricoverati con sintomi: +2.823 (+14,4%)
- Isolamento domiciliare: +44.635 (10,9%)
- Nuovi casi: 145.659 (+18,2%)
- Casi attualmente positivi: +47.887 (+11,1%)
«Da tre settimane consecutive – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si registra il progressivo incremento dei nuovi casi con inversione di tendenza di tutte le curve, che conferma l’inizio della terza ondata». Rispetto alla settimana precedente, in 15 Regioni aumentano i casi attualmente positivi per 100.000 abitanti e in 15 si registra un incremento percentuale dei nuovi casi (tabella 1).
«Sul fronte ospedaliero – commenta Renata Gili, Responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – l’occupazione dei posti letto da parte di pazienti COVID supera in 7 Regioni la soglia del 40% in area medica, con una media nazionale che si attesta al 35%; anche le terapie intensive, la cui occupazione a livello nazionale oltrepassa la soglia di allerta attestandosi al 31%, risultano sotto pressione in ben 11 Regioni». Particolarmente critiche le situazioni dove il tasso di occupazione è ≥40% (figura 4): Molise (67%), Umbria (57%), P.A. Trento (54%), Marche (44%), Lombardia (43%), Abruzzo (40%), Emilia-Romagna (40%). «Oltre al tasso di occupazione da parte di pazienti COVID-19 – spiega Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – preoccupa il trend in continua ascesa dei nuovi ingressi giornalieri in terapia intensiva: in sole 3 settimane la media mobile a 7 giorni è aumentata del 66%, passando da 134 a 223» (figura 5).
Vaccini: forniture. Delle dosi previste per il primo trimestre 2021, al 10 marzo (aggiornamento ore 6:01) risultano consegnate alle Regioni 7.207.990 dosi, meno della metà di quelle previste. In dettaglio:
Negli ultimi 7 giorni sulla piattaforma ufficiale sono state registrate solo 665.730 dosi di Pfizer/BioNTech, mentre non risulta alcuna consegna per i vaccini Moderna e AstraZeneca, anche se non si possono escludere ritardi di notifica. «Secondo i dati ufficiali – commenta Cartabellotta – per rispettare le scadenze contrattuali, entro la fine del mese dovrebbero essere consegnate in media 2,8 milioni di dosi/settimana, rispetto ad una media di 680.000 dosi/settimana consegnate dall’inizio dell’anno».
Vaccini: somministrazioni. Al 10 marzo (aggiornamento ore 6:01) hanno completato il ciclo vaccinale con la seconda dose 1.747.516 milioni di persone (2,9% della popolazione), con marcate differenze regionali: dal 4,46% della Valle D’Aosta al 2,27% dell’Abruzzo (figura 6). Se da un lato il numero di somministrazioni sta progressivamente aumentando, con l’80,2% delle dosi consegnate somministrate alla popolazione, persistono notevoli differenze tra i diversi tipi di vaccino: se per Pfizer, infatti, sono state iniettate oltre il 90% delle dosi disponibili, questa percentuale scende per i vaccini AstraZeneca (52,2%) e Moderna (44,2%). «L’estensione da parte del Ministero della Salute all’uso del vaccino AstraZeneca agli over 65 – spiega Gili – rende urgente finalizzare gli accordi regionali con i medici di famiglia, laddove non ancora definiti, perchè la loro piena collaborazione è decisiva per accelerare la vaccinazione della popolazione generale». Infine, rispetto alla protezione dei più fragili, degli oltre 4,4 milioni di over 80,1.098.047 (24,8%) hanno ricevuto unicamente la prima dose di vaccino e solo 231.058 (5,2%) hanno completato il ciclo vaccinale con rilevanti differenze regionali (figura7), anche se nelle ultime due settimane si registra un netto cambio di marcia (figura8).
«La ricomposizione dell’Esecutivo – conclude Cartabellotta – inevitabilmente condizionerà entità e durata delle restrizioni che saranno discusse nel Consiglio dei Ministri di domani. Tuttavia, al di là delle posizioni delle singole forze politiche, tre dati sono inconfutabili in questa fase della pandemia. Innanzitutto, l’inversione di tendenza della curva dei contagi documenta l’avvio della terza ondata, seppur con rilevanti differenze regionali. In secondo luogo, in oltre la metà delle Regioni ospedali e soprattutto terapie intensive sono già in sovraccarico, anche importante, come dimostra la sospensione delle attività ordinarie. Infine, tutte le Regioni e Province dove nelle scorse settimane sono state attuate zone rosse hanno arginato la crescita dei contagi, dimostrando l’efficacia delle misure restrittive nel piegare la curva dei contagi. Qualsiasi interpretazione opportunistica di questi dati finalizzata ad ammorbidire le misure di contenimento, in nome di un illusorio rilancio economico del Paese, rappresenta una severa minaccia alla salute e alla vita delle persone, in particolare se alimentata da evidenze scientifiche parziali o interpretate in maniera strumentale per legittimare decisioni politiche».
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4 marzo 2021
Coronavirus: parte la terza ondata. Zone rosse locali in ritardo e campagna vaccinale che non decolla
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE REGISTRA, NELLA SETTIMANA 24 FEBBRAIO-2 MARZO, UN AUMENTO DEL 33% NUOVI CASI E NUMERI IN CRESCITA SUL FRONTE DI OSPEDALI E TERAPIE INTENSIVE. A FRONTE DELLA VERTIGINOSA ACCELERAZIONE IMPRESSA DALLE VARIANTI, SI CONTINUA A TEMPOREGGIARE INUTILMENTE NELL’ISTITUIRE ZONE ROSSE LOCALI. LA CAMPAGNA VACCINALE DI MASSA NON DECOLLA: MENTRE IL DIBATTITO SI CONCENTRA SU PRODUZIONE E FORNITURE, RIMANGONO NEL FRIGO QUASI 2 MILIONI DI DOSI, IL 30% DI QUELLE CONSEGNATE. NEL NUOVO DPCM NESSUNA NUOVA STRATEGIA PER CONTENERE L’EPIDEMIA, ECCETTO L’ENNESIMA BATTUTA D’ARRESTO PER LA SCUOLA.
4 marzo 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 24 febbraio - 2 marzo 2021, rispetto alla precedente, un netto incremento dei nuovi casi (123.272 vs 92.571) (figura 1) e un modesto calo dei decessi (1.940 vs 2.177) (figura 2). In forte rialzo i casi attualmente positivi (430.996 vs 387.948), le persone in isolamento domiciliare (409.099 vs 367.507), i ricoveri con sintomi (19.570 vs 18.295) e le terapie intensive (2.327 vs 2.146) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
Figura 1. Trend settimanale dei nuovi casi
Figura 2. Trend settimanale dei decessi
Figura 3. Trend settimanale di casi attualmente positivi, isolamento domiciliare, ricoveri con sintomi, terapie intensive
- Decessi: 1.940 (-10,9%)
- Terapia intensiva: +181(+8,4%)
- Ricoverati con sintomi: +1.275 (+7%)
- Isolamento domiciliare: +41.592 (11,3%)
- Nuovi casi: 123.272 (+33,2%)
- Casi attualmente positivi: +43.048(+11,1%)
«Per la seconda settimana consecutiva – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si registra un incremento dei nuovi casi che negli ultimi 7 giorni supera il 33%, segnando l’inizio della terza ondata». Rispetto alla settimana precedente, in 16 Regioni e nella P.A. di Trento aumentano i casi attualmente positivi per 100.000 abitanti e in tutto il Paese sale l’incremento percentuale dei nuovi casi ad eccezione della P.A.di Bolzano, Umbria e Molise già sottoposte a severe misure restrittive (tabella 1). Sul fronte ospedaliero, l’occupazione da parte di pazienti COVID supera in 5 Regioni la soglia del 40% in area medica e in 9 Regioni quella del 30% delle terapie intensive.
Tabella 1. Indicatori regionali: settimana 24 febbraio-2 marzo 2021
Controllo delle varianti. L’indagine dell’Istituto Superiore di Sanità ha stimato, al 18 febbraio, la prevalenza della variante inglese al 54% (range: 0-93,3%), di quella brasiliana al 4,3% (range: 0-36,2%) e di quella sudafricana allo 0,4% (range: 0-2,9%). «Con la situazione epidemiologica in rapida evoluzione – commenta Renata Gili, Responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – la diffusione attuale è sicuramente maggiore ed è pertanto fondamentale essere realmente tempestivi nell’istituzione delle zone rosse a livello comunale e provinciale». In particolare, nella settimana 24 febbraio-2 marzo,in94/107Province (87,6%) si registra un incremento percentuale dei nuovi casi rispetto alla settimana precedente, con valori che superano il 20% in ben 65 Province (tabella 2). «Nonostante l’allerta lanciata dalla Fondazione GIMBE già da due settimane –continua il Presidente –gli amministratori locali continuanoa ritardare le chiusure se non davanti a un rilevante incremento dei nuovi casi, quando è ormai troppo tardi. Infatti, in presenza di varianti più contagiose, questa “non strategia”favorisce la corsa del virus, rendendo necessarie chiusure più estese e prolungate».
Tabella 2. Province con incremento dei nuovi casi >20% nella settimana 24 febbraio-2 marzo
Vaccini: forniture. Delle dosi previste per il primo trimestre 2021, al 3 marzo (aggiornamento ore 10:17) ne sono state consegnate alle Regioni 6.542.260. Questo significa che per rispettare le scadenze contrattuali fissate al 31 marzo, nelle prossime 4settimane dovranno essere consegnate in media2,3milioni di dosi/settimana. In dettaglio:
Vaccini: somministrazioni. Al 3 marzo(aggiornamento ore 10:17) hanno completato il ciclo vaccinale con la seconda dose 1.454.503milioni di persone (2,44% della popolazione), con marcate differenze regionali: dal 4,18% della PA di Bolzano all’1,72% dell’Umbria (figura 4). «L’avvio della campagna vaccinale fuori da ospedali e RSA – commenta Gili – ha determinato una frenata sul fronte delle somministrazioni, con quasi 2 milioni di dosi (pari al 30% delle consegne) ancora inutilizzate».Si rilevano inoltre rilevanti differenze tra i diversi vaccini (figura 5): mentrele somministrazioni di Pfizer si attestano all’89% delle dosi consegnate, quelle di Moderna e AstraZeneca stanno infatti procedendo più lentamente. Tuttavia, se il 29,1% di Moderna è condizionato al ribasso dalla recente consegna della metà delle dosi, per AstraZeneca le somministrazioni si attestano al 26,9%, spia di problemi organizzativi nella vaccinazione di massa, anche se non si possono escludere possibili rinunce selettive a questo vaccino o ritardi nella rendicontazione dei dati.«Peraltro a differenza dei vaccini di Pfizer e Moderna – spiega Cartabellotta –per i quali, visti i ritardi nelle forniture, è prudente mettere da parte le per il richiamo previsto rispettivamente a 3 e 4 settimane, per AstraZeneca è possibile somministrare la seconda dose sino a 12 settimane: non esiste quindi alcuna ragione per accantonare le dosi, ma bisogna invece velocizzare le somministrazioni». Infine, rispetto alla protezione dei più fragili, degli oltre 4,4 milioni di over80,762.271(17,2%) hanno ricevuto solo la prima dose di vaccino e solo 149.620(3,4%) hanno completato il ciclo vaccinale, anche qui con rilevanti differenze regionali (figura6).
Figura 4. Percentuale di popolazione che ha completato il ciclo vaccinale
Figura 5. Dosi consegnate e somministrate per tipologia di vaccino
Figura 6. Vaccinazione degli over 80
«Tuttavia la strada per accelerare la campagna vaccinale – puntualizza il Presidente –non deve certo portare ad avventurarsi in rischiosi azzardi, come l’ipotesi di somministrare un’unica dose di vaccino Pfizer o Moderna. In assenza di robuste evidenze scientifiche che permettano alle agenzie regolatorie di modificare le modalità di somministrazione del prodotto si tratterebbe di un uso off-label del vaccino, con risvolti sul consenso informato e sulle responsabilità medico-legali».
«La Fondazione GIMBE – conclude Cartabellotta – già da settimane segnala le spie rosse di un’aumentata circolazione del virus, la cui forte accelerazionesta di fatto avviando la terza ondata. Ma i tempi di politica e burocrazia sono sempre troppo lunghie le zone rosse locali arrivano quando la situazione ormai è sfuggita di mano. La campagna vaccinale, intanto, stenta a decollare non solo per i noti ritardi di produzione e consegna delle dosi, ma anche per difficoltà organizzative di molte Regionichelasciano “in fresco” dosi di vaccino che potrebbero evitare ricoveri e salvare vite, soprattutto tra lepersone più a rischio di COVID-19 severa. Infine, il primo DPCM a firma Draghi non segna affatto il cambio di passo auspicato: il sistema delle Regioni “a colori” resta di fatto immutato, così come le misure per la maggior parte delle attività produttive e commerciali. E a pagare il conto più salato, come sempre,è la scuola».
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25 febbraio 2021
Coronavirus: in 7 giorni +10% di nuovi casi e spie rosse in 41 province. Risalgono le terapie intensive. Regioni in ordine sparso sulla vaccinazione di massa, doppia dose solo al 2,9% degli over 80
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE REGISTRA NELLA SETTIMANA 17-23 FEBBRAIO UN AUMENTO DEI NUOVI CASI CHE RIFLETTE L’ESPANDERSI DI VARIANTI PIÙ CONTAGIOSE. INCREMENTI PERCENTUALI DEI NUOVI CASI OLTRE IL 20% IN 41 PROVINCE RICHIEDONO RESTRIZIONI MIRATE E TEMPESTIVE PER EVITARE LOCKDOWN PIÙ ESTESI. CAMPAGNA VACCINALE SOTTO SCACCO DELLE FORNITURE, MA NECESSARIO ACCELERARE ANCHE SUL FRONTE DELLE SOMMINISTRAZIONI. GOVERNO DRAGHI IMPONGA UN NETTO CAMBIO PASSO: PIÙ VACCINI, MAGGIORE SINTONIA CON LE REGIONI, CHIUSURE TEMPESTIVE E UN REALISTICO PIANO DI GRADUALE RITORNO ALLA NORMALITÀ DA CONDIVIDERE CON I CITTADINI, EVITANDO DI FISSARE SCADENZE ILLUSORIE, PERCHÉ L’AGENDA DEL PAESE È ANCORA DETTATA DAL VIRUS.
25 febbraio 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 17-23 febbraio 2021, rispetto alla precedente, un incremento dei nuovi casi (92.571 vs 84.272) (figura 1) a fronte di un numero stabile di decessi (2.177 vs 2.169) (figura 2). In lieve riduzione i casi attualmente positivi (387.948 vs 393.686), le persone in isolamento domiciliare (367.507 vs 373.149) e i ricoveri con sintomi (18.295 vs 18.463), mentre risalgono le terapie intensive (2.146 vs 2.074) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 2.177 (+0,4%)
- Terapia intensiva: +72 (+3,5%)
- Ricoverati con sintomi: -168 (-0,9%)
- Isolamento domiciliare: -5.642 (-1,5%)
- Nuovi casi: 92.571 (+9,8%)
- Casi attualmente positivi: -5.738 (-1,5%)
«Dopo 4 settimane di stabilità nel numero dei nuovi casi – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si rileva un’inversione di tendenza con un incremento che sfiora il 10%, segno della rapida diffusione di varianti più contagiose». Rispetto alla settimana precedente, infatti, in 11 Regioni aumentano i casi attualmente positivi per 100.000 abitanti, e in 10 Regioni sale l’incremento percentuale dei casi totali (tabella 1). Sul fronte ospedaliero, l’occupazione da parte di pazienti COVID supera in 4 Regioni la soglia del 40% in area medica e in 8 Regioni quella del 30% delle terapie intensive, che, a livello nazionale, dopo 5 settimane di calo fanno registrare un’inversione di tendenza.
Controllo delle varianti. La progressiva diffusione della variante inglese sta determinando impennate di casi che richiedono un attento monitoraggio per identificare tempestivamente Comuni o Province dove attuare le zone rosse. «Secondo le nostre analisi – spiega il Presidente – l’incremento percentuale dei nuovi casi rispetto alla settimana precedente è l’indicatore più sensibile per identificare le numerose spie rosse che si accendono nelle diverse Regioni». In particolare, nella settimana 17-23 febbraio in ben 74/107 Province (68,5%) si registra un incremento percentuale dei nuovi casi rispetto alla settimana precedente, con valori che superano il 20% in 41 Province (tabella 2). «Questi dati – commenta Renata Gili, Responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – confermano che, per evitare lockdown più estesi, bisogna introdurre tempestivamente restrizioni rigorose nelle aree dove si verificano impennate repentine. Temporeggiare in attesa dei risultati del sequenziamento o di un consistente incremento dei nuovi casi è molto rischioso perchè la situazione rischia di sfuggire di mano».
Vaccini: forniture. La continua revisione al ribasso, documentata dai 4 aggiornamenti ufficiali delle forniture attese, in soli 2 mesi ha quasi dimezzato le dosi previste per il primo trimestre 2021 che sono precipitate da 28,3 a 15,7 milioni (figura 4). «Una riduzione di tale entità – commenta Cartabellotta – se da un lato è imputabile ai ritardi di produzione e consegna da parte delle aziende, dall’altro risente di irrealistiche stime di approvvigionamento del Piano vaccinale originale». Inoltre, delle dosi previste per il primo trimestre 2021, al 24 febbraio (aggiornamento ore 08.01) ne sono state consegnate alle Regioni solo un terzo: per rispettare le scadenze nelle prossime 5 settimane dovranno essere consegnate in media 2,3 milioni di dosi/settimana. In dettaglio:
Nelle ultime due settimane preoccupante frenata anche sul fronte delle somministrazioni, per difficoltà organizzative legate all’avvio della vaccinazione di massa (figura 5). «Non a caso – sottolinea Gili – è stato somministrato solo il 14% delle dosi di AstraZeneca, destinate a persone “fuori” da ospedali e RSA come insegnanti e forze dell’ordine di età <65 anni». Notevoli le differenze regionali: se Toscana (64%), Valle d’Aosta (41,2%), P.A. di Bolzano (37,6%) e Lazio (25%) hanno somministrato almeno un quarto delle dosi consegnate da AstraZeneca, 5 Regioni non hanno nemmeno iniziato e 2 hanno somministrato meno dell’1% delle dosi consegnate. «Di conseguenza – puntualizza Cartabellotta – dai primi posti in classifica tra i Paesi europei conquistati nella prima fase della campagna vaccinale, l’Italia ha perso numerose posizioni perché non tutte le Regioni erano pronte per la vaccinazione di massa».
Vaccini: somministrazioni. Al 24 febbraio (aggiornamento ore 08.01) hanno completato il ciclo vaccinale con la seconda dose oltre 1,34 milioni di persone (2,25% della popolazione), con marcate differenze regionali: dal 1,58% dell’Abruzzo al 4,17% della P.A. di Bolzano (figura 6). «Se l’obiettivo della prima fase della campagna vaccinale – spiega il Presidente – era proteggere, oltre al personale sanitario e socio-sanitario, le persone più fragili (ospiti RSA e over 80), aver somministrato oltre 655 mila dosi (17,7%) al personale non sanitario (figura 7) stride con l’esigua copertura degli over 80: su oltre 4,4 milioni solo 380 mila (8,6%) hanno ricevuto la prima dose di vaccino e circa 127 mila (2,9%) hanno completato il ciclo vaccinale (figura 8). Un’inversione di priorità, non prevista dal piano vaccinale, che sta ritardando la protezione della categoria che ha pagato il tributo più alto in termini di vite umane».
«Per uscire dalla pandemia – conclude Cartabellotta – è necessario un netto cambio di passo del Governo Draghi. Innanzitutto, incrementare le forniture lavorando ad accordi vincolanti tra Europa e aziende produttrici ed eventuale produzione conto terzi in Italia, oltre ad accelerare le somministrazioni attraverso uno stretto monitoraggio regionale per identificare eventuali criticità. In secondo luogo, le Regioni devono applicare con massima tempestività e rigore le zone rosse locali per evitare lockdown più estesi e arginare gli effetti della terza ondata. Infine, Governo e Regioni devono concertare una programmazione di riaperture a medio-lungo periodo, condividendo con la popolazione obiettivi realistici per un graduale ritorno alla normalità, evitando di fissare scadenze illusorie, perché l’agenda del Paese è ancora dettata dal virus».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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18 febbraio 2021
Coronavirus: misure insufficienti per piegare curva contagi. Vaccini: consegnate solo un terzo delle dosi del 1° trimestre, frenano le somministrazioni
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE CONFERMA CHE NELLA SETTIMANA 10-16 FEBBRAIO I NUOVI CASI NON ACCENNANO A DIMINUIRE. IN 12 REGIONI SALGONO I CASI ATTUALMENTE POSITIVI PER 100 MILA ABITANTI E IN 17 PROVINCE L’INCREMENTO PERCENTUALE DEI NUOVI CASI SUPERA IL 5%. LA CAMPAGNA VACCINALE, OSTAGGIO DI FORNITURE CENTELLINATE, REGISTRA I PRIMI RALLENTAMENTI NELLA SOMMINISTRAZIONE FUORI DA OSPEDALI E RSA. APPELLO AL GOVERNO DRAGHI: SERVE UN CAMBIO DI PASSO NEL CONTROLLO DELLA PANDEMIA PERCHÉ, COMPLICI LE VARIANTI, È IMPOSSIBILE PIEGARE LA CURVA DEI CONTAGI CON LE ATTUALI MISURE DI MITIGAZIONE, CONFIDANDO SOLO NEL POTENZIAMENTO DELLA CAMPAGNA VACCINALE.
18 febbraio 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE conferma nella settimana 10-16 febbraio 2021, rispetto alla precedente, un numero stabile di nuovi casi (84.272 vs 84.711) (figura 1). Scendono i casi attualmente positivi (393.686 vs 413.967), le persone in isolamento domiciliare (373.149 vs 392.312), i ricoveri con sintomi (18.463 vs 19.512), le terapie intensive (2.074 vs 2.143) (figura 2) e i decessi (2.169 vs 2.658) (figura 3). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
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Decessi: 2.169 (-18,4%)
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Terapia intensiva: -69 (-3,2%)
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Ricoverati con sintomi: -1.049 (-5,4%)
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Isolamento domiciliare: -19.163 (-4,9%)
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Nuovi casi: 84.272 (-0,5%)
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Casi attualmente positivi: -20.281 (-4,9%)
«Anche questa settimana – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – nonostante i dati riflettano i contagi avvenuti in un’Italia tinta di rosso e arancione, i nuovi casi non accennano a diminuire. E guardando ai dati regionali si rilevano segnali di incremento, favoriti dalla circolazione delle nuove varianti». Infatti, in 12 Regioni aumentano i casi attualmente positivi per 100.000 abitanti rispetto alla settimana precedente (tabella 1) e l’incremento percentuale dei casi negli ultimi 7 giorni, in apparenza stabile a livello regionale, supera il 5% in 17 Province (tabella 2). Sul fronte ospedaliero, l’occupazione da parte di pazienti COVID supera in 3 Regioni la soglia del 40% in area medica e in 5 Regioni quella del 30% delle terapie intensive.
Varianti virali. La prima indagine condotta dall’Istituto Superiore di Sanità ha rilevato la presenza della variante inglese in 14 su 16 Regioni, con una prevalenza media del 17,8% (range 0-59%). «In attesa dei risultati della nuova indagine che sarà condotta anche sulle varianti brasiliana e sudafricana – dichiara Cartabellotta – invitiamo le Istituzioni a rendere pubblici i dati di prevalenza per le singole Regioni». In un momento in cui la campagna vaccinale progredisce a rilento, la maggiore trasmissibilità delle varianti richiede infatti sia di attuare restrizioni tempestive ove necessario, sia di potenziare l’attività di sequenziamento, ancora molto lontana dagli standard fissati dalla Commissione Europea: almeno il 5%, idealmente il 10% dei tamponi molecolari positivi al SARS-CoV-2.
Strategia mitigazione vs “zero-COVID”. Nonostante gli effetti del sistema delle Regioni “a colori”, introdotto più di 3 mesi fa, tutte le curve si trovano in un plateau d’alta quota (figura 2): quasi 390 mila positivi, oltre 18.200 persone in ospedale e più di 2.000 in terapia intensiva. Di conseguenza, spiega Cartabellotta «se il nuovo Esecutivo manterrà la strategia di mitigazione con il solo obiettivo di contenere il sovraccarico degli ospedali, bisogna accettare lo sfiancante stop&go degli ultimi mesi almeno per tutto il 2021. Se invece intende perseguire l’obiettivo europeo zero-COVID, sulla scia della strategia tedesca No-COVID, questo è il momento per abbattere la curva dei contagi con un lockdown rigoroso di 2-3 settimane al fine di riprendere il tracciamento, allentare la pressione sul sistema sanitario, accelerare le vaccinazioni e contenere l’emergenza varianti». Ovviamente questa strategia presuppone che il sistema (sanitario e non) sia predisposto a far fruttare i risultati del lockdown: dal potenziamento dei sistemi di testing alla ripresa del contact tracing anche con strumenti elettronici; dal passaggio della quarantena fiduciaria a quella monitorata; dal potenziamento del trasporto locale alla messa in sicurezza di scuole, Università e luoghi pubblici su areazione e deumidificazione dei locali; da rigorose politiche per controllare frontiere e flussi turistici a strategie di coinvolgimento attivo dei cittadini e misure più rigorose per il rispetto delle regole.
Vaccini: forniture. Al 17 febbraio (aggiornamento ore 15:00) sono state consegnate alle Regioni 4,07 milioni dosi di vaccino, il 31,8% dei 12,8 milioni attesi per il primo trimestre 2021. In dettaglio:
- Pfizer/BioNTech: 3.288.870 dosi pari al 44,7% di quelle previste (7,3 milioni), escluse le 6,6 milioni di dosi aggiuntive la cui consegna è prevista entro giugno, ma senza dettagli sulla ripartizione trimestrale
- Moderna: 244.600 dosi pari all’18,4% di quelle previste (1,3 milioni)
- AstraZeneca: 542.400 dosi pari al 13% di quelle previste (4,2 milioni)
«Per rispettare la tabella di marcia delle forniture – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – entro fine marzo dovrebbero essere consegnate in media 1,45 milioni di dosi/settimana, a fronte delle quasi 600 mila attuali». Dal canto loro le Regioni devono essere pronte ad accelerare le somministrazioni, che oggi viaggiano ad una media di circa 480 mila per settimana. «Peraltro se da un lato vengono correttamente accantonate le dosi per il richiamo – puntualizza Cartabellotta – dall’altro nell’ultima settimana si rileva un rallentamento delle somministrazioni di quasi il 30%, possibile spia di difficoltà organizzative della campagna vaccinale fuori da ospedali e RSA» (figura 4).
Vaccini: somministrazioni. Al 17 febbraio (aggiornamento ore 15:00) hanno completato il ciclo vaccinale con la seconda dose 1.298.844 persone (2,18% della popolazione), con marcate differenze regionali: dal 1,46% della Calabria al 4,15% della Provincia Autonoma di Bolzano (figura 5). Il 66% delle dosi è stato somministrato a “operatori sanitari e sociosanitari”, il 19% a “personale non sanitario”, l’11% a “personale ed ospiti delle RSA” e il 4% a “persone di età ≥80 anni”, con notevoli differenze regionali (figura 6). «La vera criticità di questa fase 1 – precisa Gili – è che solo il 5,9% (n. 261.008) degli over 80 ha ricevuto almeno una dose di vaccino, e solo il 2,7% (n. 117.537) ha completato il ciclo vaccinale, percentuali molto lontane dal target raccomandato dalla Commissione Europea per questa fascia di età: 80% entro il 31 marzo 2021. Per raggiungere questo obiettivo bisognerebbe vaccinare entro quella data circa 3,5 milioni di over 80, di cui quasi 3,3 milioni non hanno ancora ricevuto la prima dose».
«Nel suo discorso al Senato – conclude Cartabellotta – il Presidente Draghi ha indicato nella lotta alla pandemia l’obiettivo prioritario del suo Governo, da attuarsi attraverso il potenziamento di forniture e somministrazioni del vaccino. Una strategia necessaria ma non sufficiente, considerato che l’attuale sistema delle Regioni a colori, oltre ad esasperare i cittadini e a danneggiare le attività economiche con decisioni last minute, non è riuscito a piegare la curva dei contagi e mantiene ospedali e terapie intensive al limite della saturazione, con la minaccia delle varianti che da un giorno all’altro potrebbero mandare in tilt i servizi sanitari. Ma forse la politica, oltre a temere le conseguenze sociali ed economiche di un nuovo lockdown, dubita che il Paese sia davvero pronto a perseguire la strategia zero-COVID».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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11 febbraio 2021
Coronavirus: contagi stabili ma incombono le varianti, spie rosse in 17 province. Vaccini: crollano i contagi tra gli operatori sanitari (-64%)
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE CONFERMA NELLA SETTIMANA 3-9 FEBBRAIO LA STABILIZZAZIONE DEI NUOVI CASI A LIVELLO NAZIONALE, ANCHE SE DESTANO PREOCCUPAZIONE L’INVERSIONE DI TENDENZA IN METÀ DELLE REGIONI E L’INCREMENTO PERCENTUALE DEI NUOVI CASI CHE SUPERA IL 5% IN 17 PROVINCE. PRIMI RISULTATI SUL FRONTE VACCINAZIONI: DALL’ANALISI PRELIMINARE GIMBE CONTAGI RIDOTTI DEL 64% TRA GLI OPERATORI SANITARI. UN’ITALIA “IN GIALLO” INADEGUATA A PREVENIRE IMPENNATE DA VARIANTI E SATURAZIONE DEGLI OSPEDALI: GOVERNO DRAGHI CHIAMATO A DECISIONI CRUCIALI E TEMPESTIVE SU VACCINI E STRATEGIE DI CONTENIMENTO DELLA PANDEMIA.
11 febbraio 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE conferma nella settimana 3-9 febbraio 2021, rispetto alla precedente, un numero stabile dei nuovi casi (84.711 vs 84.652) (figura 1). Scendono i casi attualmente positivi (413.967 vs 437.765), le persone in isolamento domiciliare (392.312 vs 415.234), i ricoveri con sintomi (19.512 vs 20.317) e le terapie intensive (2.143 vs 2.214) (figura 2). Diminuiscono anche i decessi (2.658 vs 2.922). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
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Decessi: 2.658 (-9%)
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Terapia intensiva: -71 (-3,2%)
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Ricoverati con sintomi: -805 (-4%)
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Isolamento domiciliare: -22.922 (-5,5%)
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Nuovi casi: 84.711 (+0,1%)
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Casi attualmente positivi: -23.798 (-5,4%)
«Anche questa settimana – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – a livello nazionale i nuovi casi sono stabili rispetto alla precedente, una calma piatta purtroppo solo apparente». Infatti, spacchettando il dato nazionale, in 10 Regioni si rileva un incremento percentuale dei nuovi casi e in 9 Regioni aumentano i casi attualmente positivi per 100.000 abitanti (tabella 1), ma i numeri per ora non impattano sulle curve nazionali perché si tratta principalmente di Regioni di piccole dimensioni. «Situazioni molto critiche come quelle dell’Umbria – spiega Cartabellotta – dove le nuove varianti hanno determinato rapidamente un’impennata dei casi e la saturazione di ospedali e terapie intensive potrebbero improvvisamente esplodere ovunque, visto che le varianti del virus circolano ormai in tutto il Paese». Ecco perché è fondamentale monitorare tutte le “spie rosse” per attuare tempestive strategie di contenimento: in 17 Province l’incremento percentuale dei nuovi casi negli ultimi 7 giorni supera il 5% (tabella 2).
Sul fronte ospedaliero, l’occupazione da parte di pazienti COVID supera in 3 Regioni la soglia del 40% in area medica e in 4 Regioni quella del 30% delle terapie intensive. Tuttavia, nonostante la riduzione della pressione sugli ospedali, il numero dei decessi rimane molto elevato, seppur in lieve calo rispetto alle settimane precedenti (figura 3).
Vaccini: somministrazioni. Al 10 febbraio (aggiornamento ore 07.30) hanno completato il ciclo vaccinale con la seconda dose 1.214.139 persone (2,04% della popolazione), con marcate differenze regionali: dal 1,38% della Calabria al 3,58% della Provincia Autonoma di Bolzano (figura 4). «In generale – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – se da un lato i ritardi delle forniture interessano l’intero primo trimestre con inevitabile rallentamento della campagna vaccinale, dall’altro le Regioni stanno gestendo correttamente le dosi, completando il ciclo vaccinale nei tempi corretti».
«Rispetto alle categorie di persone vaccinate – spiega Gili – il 70% delle dosi sono state destinate a “operatori sanitari e sociosanitari”, il 18% a “personale non sanitario”, l’11% a “personale ed ospiti delle RSA” e meno dell’1% a “persone di età ≥80 anni”, con notevoli differenze regionali» (figura 5). Purtroppo, solo il 3,6% (n. 158.805) degli over 80 ha ricevuto almeno una dose di vaccino, e solo il 2,2% (n. 96.503) ha completato il ciclo vaccinale, percentuali molto lontane dal target di copertura raccomandato dalla Commissione Europea per questa fascia di età: 80% entro il 31 marzo 2021.
Vaccini: efficacia. Sulla base dei dati pubblicamente disponibili al momento è possibile valutare l’efficacia della vaccinazione solo sugli operatori sanitari, i cui contagi vengono monitorati regolarmente dall’Istituto Superiore di Sanità. Se i nuovi casi nella popolazione generale sono stabili da 3 settimane, tra gli operatori sanitari si sono ridotti del 64,2%: dai 4.382 rilevati nella settimana 13-19 gennaio, quando è stata avviata la somministrazione delle seconde dosi, ai 1.570 della settimana 3-9 febbraio.
«Presupponendo che le modalità di screening periodico degli operatori sanitari non siano state modificate – spiega Cartabellotta – questa netta riduzione è verosimilmente effetto della somministrazione di circa 1,9 milioni di dosi di vaccino in questa categoria di popolazione».
«Il nascente Governo – conclude Cartabellotta – dovrà affrontare immediatamente questioni chiave per la gestione della pandemia. Oltre alla necessità di accelerare le forniture vaccinali per mettere al sicuro persone anziane e fragili, occorrerà arginare la circolazione delle nuove varianti. In tal senso, con la riapertura dei confini regionali prevista per il prossimo 15 febbraio e un’Italia quasi tutta gialla rischiamo un’impennata dei contagi con conseguente saturazione degli ospedali, nonostante il potenziamento del sequenziamento virale e i lockdown mirati. Servono decisioni tempestive perché la corsa del virus e delle sue varianti non rallenta certo per una crisi di Governo».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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4 febbraio 2021
Monitoraggio Coronavirus: si ferma la discesa dei nuovi casi, in alcune regioni segnali d’inversione di tendenza. Vaccini: con le forniture al palo, priorità solo a seconde dosi
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE RILEVA NELLA SETTIMANA 27 GENNAIO – 2 FEBBRAIO LA STABILIZZAZIONE DEI NUOVI CASI E UN’INVERSIONE DI TENDENZA DELLA CURVA DEI CONTAGI IN ALCUNE REGIONI CHE IMPONGONO DI TENERE ALTA L’ATTENZIONE SULLE NUOVE VARIANTI. RICOVERI E TERAPIE INTENSIVE RIMANGONO SOPRA SOGLIA DI SATURAZIONE RISPETTIVAMENTE IN 5 E 6 REGIONI. CON IL RALLENTAMENTO NELLA CONSEGNA DEI VACCINI SONO STATE SOMMISTRATE QUASI ESCLUSIVAMENTE SECONDE DOSI. PERSISTONO RILEVANTI DIFFERENZE REGIONALI SIA NEL COMPLETAMENTO DEL CICLO VACCINALE CHE NELLE CATEGORIE DI SOGGETTI VACCINATI.
4 febbraio 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 27 gennaio-2 febbraio 2021, rispetto alla precedente, una stabilizzazione del numero dei nuovi casi (84.652 vs 85.358). Scendono i casi attualmente positivi (437.765 vs 482.417), i ricoveri con sintomi (20.317 vs 21.355), le terapie intensive (2.214 vs 2.372) e i decessi (2.922 vs 3.265) (figura 1). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
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Decessi: 2.922 (-10,5%)
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Terapia intensiva: -158 (-6,7%)
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Ricoverati con sintomi: -1.038 (-4,9%)
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Nuovi casi: 84.652 (-0,8%)
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Casi attualmente positivi: -44.652 (-9,3%)
«Esauriti gli effetti del Decreto Natale – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si arresta la discesa dei nuovi casi settimanali, sostanzialmente stabili guardando al dato nazionale, mentre in diverse Regioni s’intravedono i primi segnali di un’inversione di tendenza». Infatti, rispetto alla settimana precedente, in 9 Regioni risale l’incremento percentuale dei nuovi casi e in 5 Regioni si registra un aumento dei casi attualmente positivi per 100.000 abitanti (tabella). «Segnali – ribadisce il Presidente – che invitano a tenere alta l’attenzione sulla diffusione delle nuove varianti, potenziando il sequenziamento del virus ove si rilevano incrementi anomali dei nuovi casi».
«A livello ospedaliero – spiega Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – nonostante un’ulteriore lieve discesa di ricoveri e terapie intensive, l’occupazione da parte di pazienti COVID supera in 5 Regioni la soglia del 40% in area medica e in 6 Regioni quella del 30% delle terapie intensive».
Vaccini: forniture. Sulla base delle decisioni prese durante l’incontro tra Governo, Regioni e Commissario per l'emergenza del 3 febbraio, le forniture previste per il primo trimestre 2021 sono le seguenti:
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Pfizer-BioNTech si è impegnata a fornire 7,56 milioni di dosi.
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Moderna ha confermato la fornitura di 1,32 milioni di dosi previste dal piano vaccinale.
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AstraZeneca si è impegnata a consegnare 5,3 milioni di dosi, aumentate secondo quanto annunciato dalla Presidente della Commissione Europea Von der Leyen.
Complessivamente nel primo trimestre, considerando anche le 480.000 consegnate nel mese di dicembre 2020, si stima la disponibilità di 14,7 milioni di dosi (di cui già consegnate quasi 2,4 milioni) che permetterebbero di completare il ciclo vaccinale di 7,3 milioni di persone (circa 12% della popolazione). «In conseguenza degli annunciati ritardi – precisa Gili –le forniture si concentreranno nella seconda metà del primo trimestre e per la maggior parte nel mese di marzo. Senza un imponente potenziamento della macchina organizzativa, quindi, sarà impossibile somministrare tutte le dosi prima di fine aprile».
Vaccini: somministrazioni. Al 3 febbraio (aggiornamento ore 14.02) hanno completato il ciclo vaccinale con la seconda dose 808.306 persone (1,36% della popolazione), con marcate differenze regionali: dallo 0,80% della Calabria all’1,89% dell’Emilia-Romagna (figura 2). Inoltre, negli ultimi 12 giorni, a causa dei ritardi nelle consegne, sono state somministrate quasi esclusivamente seconde dosi (figura 3). Complessivamente, il 71% delle dosi sono state destinate a “operatori sanitari e sociosanitari”, il 19% a “personale non sanitario”, il 9% a “personale ed ospiti delle RSA” e l’1% a “persone di età ≥80 anni” (figura 4).
«È stato chiarito – spiega Cartabellotta – che il “personale non sanitario”, ufficialmente non previsto dal Piano vaccinale, include persone che a vario titolo lavorano nelle strutture ospedaliere e sanitarie. Ma, in assenza di un’anagrafe vaccinale nazionale, in questa categoria possono confluire anche soggetti al momento esclusi dalle categorie prioritarie». Peraltro, rispetto alla media nazionale del 19%, dal database ufficiale risulta una notevole variabilità regionale: dal 2% dell’Umbria al 32% di Basilicata e Lombardia (figura 4). La Fondazione GIMBE, al fine di sanare eventuali incongruenze, ribadisce l’invito a Regioni e Province Autonome a verificare ed eventualmente rettificare i dati trasmessi a livello centrale che alimentano la dashboard sui Report Vaccini Anti COVID-19.
«Nel bel mezzo della crisi di Governo – conclude Cartabellotta – stiamo attraversando una delle fasi più critiche della pandemia: da un lato l’inevitabile rallentamento della campagna vaccinale, segnata da continue revisioni al ribasso delle forniture, dall’altro i primi segnali di aumento di circolazione del virus, indubbiamente sottostimata. Ma soprattutto incombe la minaccia delle nuove varianti, già sbarcate in Italia, che rischiano di far impennare la curva dei contagi. Nel frattempo, in un’Italia quasi tutta gialla ci si continua ad appellare, in maniera paternalistica, al buon senso dei cittadini che in realtà non fanno solo che adeguarsi a quanto permesso».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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28 gennaio 2021
Monitoraggio Coronavirus: continua la lenta discesa delle curve. Vaccini: crollo forniture nel primo trimestre e diseguaglianze regionali su tutti i fronti
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE CONFERMA NELLA SETTIMANA 20-26 GENNAIOGLI ULTIMI EFFETTI DEL DECRETO NATALE: TUTTI I NUMERI IN CALO, COMPRESI QUELLI OSPEDALIERI, ANCHE SE RICOVERI E TERAPIE INTENSIVE RIMANGONO SOPRA SOGLIA DI SATURAZIONE RISPETTIVAMENTE IN 5 E 6 REGIONI. LE ANALISI INDIPENDENTI GIMBE SUI DATI UFFICIALI DELLA CAMPAGNA VACCINALE RILEVANO NOTEVOLI DIFFERENZE REGIONALI SU TUTTI I FRONTI: DISTRIBUZIONE DELLE DOSI, COMPLETAMENTO DEL CICLO VACCINALE E, SOPRATTUTTO, PRIORITÀ DI SOMMINISTRAZIONE, CON IL 22,3% DELLE DOSI DESTINATO A “PERSONALE NON SANITARIO”, CATEGORIA FORMALMENTE NON PREVISTA DAL PIANO VACCINALE.
28 gennaio 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 20-26 gennaio 2021, rispetto alla precedente, una riduzione dei nuovi casi (85.358 vs 97.335). Scendono anche casi attualmente positivi (482.417 vs 535.524), ricoveri con sintomi (21.355 vs 22.699) e terapie intensive (2.372 vs 2.487); lieve calo dei decessi (3.265 vs 3.338) (figura 1). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 3.265 (-2,2%)
- Terapia intensiva: -115 (-4,6%)
- Ricoverati con sintomi: -1.344 (-5,9%)
- Nuovi casi: 85.358 (-12,3%)
- Casi attualmente positivi: -53.107 (-9,9%)
«Tutte le curve – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – continuano questa settimana la loro lenta discesa, ancora grazie agli effetti del Decreto Natale, destinati tuttavia ad esaurirsi a breve». L’incremento percentuale dei casi si riduce in quasi tutte le Regioni (tabella); negli ospedali, nonostante l’ulteriore discesa di ricoveri e terapie intensive, l’occupazione da parte di pazienti COVID continua a superare in 5 Regioni la soglia del 40% in area medica e in 6 Regioni quella del 30% delle terapie intensive, attestandosi a livello nazionale rispettivamente al 34% e al 28% (tabella).
Vaccini: forniture. «Oltre ai noti ritardi di consegna da parte di Pfizer – dichiara Renata Gili, responsabile GIMBE Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – AstraZeneca ha comunicato alla Commissione Europea una riduzione della fornitura stimabile fino al 60% nel 1° trimestre, mentre CureVac non potrà consegnare entro marzo le 2,019 milioni di dosi previste dal Piano vaccinale, visto che lo studio di fase 3 è stato avviato solo il 14 dicembre». Di conseguenza, al netto di ritardi di consegne, entro il 31 marzo 2021 il nostro Paese dovrebbe disporre di 16,557 milioni di dosi, di cui 8,749 milioni da Pfizer-BioNTech e 1,346 milioni da Moderna e 6,462 milioni da AstraZeneca, anziché i 16,155 milioni previsti dal Piano vaccinale. Peraltro su AstraZeneca i conti non tornano visto che è stata annunciata una fornitura di 3,4 milioni di dosi.
«Con queste disponibilità – puntualizza Cartabellotta – solo il 14% della popolazione (circa 8,278 milioni di persone) potrà completare le due dosi del ciclo vaccinale, ma non prima della metà o addirittura della fine di aprile, ovviamente previa autorizzazione condizionata del vaccino di AstraZeneca che potrebbe essere soggetto a limitazioni per i soggetti di età ≥55 anni con conseguente necessità di rivedere le priorità del piano vaccinale. Inoltre, occorrerà una notevole reattività della macchina organizzativa, visto che la maggior parte delle dosi non arriverà prima di metà febbraio».
Vaccini: distribuzione regionale. Si rilevano notevoli differenze regionali (figura 2) difficilmente spiegabili solo sulla base dei criteri verosimilmente utilizzati in questa prima fase per la consegna (n° operatori sanitari e socio-sanitari, n° personale e ospiti RSA).
Vaccini: somministrazioni. Al 27 gennaio (aggiornamento ore 16:04) hanno completato il ciclo vaccinale con la seconda dose 270.269 persone (0,45% della popolazione italiana), con marcate differenze regionali: dallo 0,16% della Calabria allo 0,70% del Lazio (figura 3). Inoltre, le analisi indipendenti della Fondazione GIMBE sui dati ufficiali rilevano che ben 350.548 dosi sono state somministrate a “personale non sanitario”, una fascia non prevista dal Piano vaccinale che per questa prima fase individua tre categorie prioritarie: operatori sanitari e sociosanitari (finora 67,1% dosi), personale ed ospiti delle RSA (finora 9,7% dosi), quindi persone di età ≥80 anni (finora 0,9% dosi). Il “personale non sanitario” ha beneficiato dunque di quasi un quarto delle dosi finora somministrate con enormi differenze regionali (figura 4) che in certi casi superano il 30%: Provincia Autonoma di Bolzano 34%, Liguria 39%, Lombardia 51%.
«Se da un lato una parte del personale non sanitario risulta essenziale per il funzionamento di ospedali ed altre strutture sanitarie – spiega il Presidente – dall’altro i numeri riportati dal Piano vaccinale per operatori sanitari e socio sanitari (1.404.037) corrispondono a tutti gli iscritti agli albi professionali, più gli operatori socio-sanitari: questo evidenzia una discrepanza tra numeri previsti dal Piano e le diverse policy vaccinali attuate dalle Regioni». In altre parole, se la categoria “operatori sanitari e socio sanitari” deve includere tutto il personale che lavora negli ospedali a qualsiasi titolo – dato richiesto alle Regioni dal Commissario Arcuri lo scorso 17 novembre – le dosi previste dal Piano vaccinale non sono sufficienti perché rimangono esclusi tutti i professionisti sanitari che non lavorano presso strutture pubbliche.
In considerazione delle notevoli differenze regionali (consegna dosi, percentuale di persone che hanno completato il ciclo vaccinale, categorie vaccinate) che generano diseguaglianze, la Fondazione GIMBE chiede al Commissario Straordinario all’Emergenza e al Ministero della Salute di:
- Mantenere costantemente aggiornato il numero delle forniture previste dal Piano vaccinale
- Chiarire ufficialmente l’entità delle forniture di AstraZeneca per il primo trimestre 2021
- Ridefinire a livello nazionale i criteri di inclusione nella categoria “operatori sanitari e socio sanitari” rivedendo di conseguenza i numeri del Piano Vaccinale
- Rendere pubblici i criteri per la consegna delle dosi alle Regioni
«In questa fase molto critica della pandemia – conclude Cartabellotta – segnata da continue rimodulazioni al ribasso delle forniture vaccinali, minacciata delle nuove varianti del virus e da una verosimile risalita della curva epidemica una volta esauriti gli effetti della “stretta” di Natale, è fondamentale che le poche dosi di vaccino disponibili siano utilizzate per proteggere chi lavora in prima linea con i pazienti e le persone più fragili, come previsto dal Piano vaccinale. Un obiettivo che, ad un mese dall’avvio della campagna vaccinale, è già stato parzialmente disatteso con inaccettabili diseguaglianze regionali, “agevolate” dall’assenza di un’anagrafe vaccinale nazionale».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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21 gennaio 2021
Coronavirus, meno contagi con la zona rossa di Natale. Vaccini: caos forniture, seconda dose a rischio
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE RILEVA NELLA SETTIMANA 13–19 GENNAIO LA RIDUZIONE DEI NUOVI CASI E UNA LIEVE FLESSIONE DI DECESSI, RICOVERI E TERAPIE INTENSIVE, CHE RIMANGONO SOPRA SOGLIA DI SATURAZIONE RISPETTIVAMENTE IN 7 E 11 REGIONI. I RITARDI NELLE CONSEGNE DEL VACCINO PFIZER COSTRINGONO LE REGIONI A RALLENTARE LA CORSA: L’INDICATORE DA MONITORARE NON È IL TOTALE DELLE DOSI SOMMINISTRATE, MA LA PERCENTUALE DELLA POPOLAZIONE CHE HA COMPLETATO IL CICLO VACCINALE
21 gennaio 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 13-19 gennaio 2021, rispetto alla precedente, la riduzione dei nuovi casi (97.335 vs 121.644) a fronte di un significativo e anomalo calo del rapporto positivi/casi testati (19,8% vs 29,5%). In leggera diminuzione i casi attualmente positivi (535.524 vs 570.040) e, sul fronte ospedaliero, si riducono i ricoverati con sintomi (22.699 vs 23.712) e le terapie intensive (2.487 vs 2.636); lieve calo dei decessi (3.338 vs 3.490). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
Decessi: 3.338 (-4,4%)
Terapia intensiva: -149 (-5,7%)
Ricoverati con sintomi: +1.013 (-4,3%)
Nuovi casi: 97.335 (-20%)
Casi attualmente positivi: -34.516 (-6,1%)
«Dopo due settimane di lenta risalita di tutte le curve che riflettevano gli allentamenti pre-natalizi – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si osserva una riduzione dei nuovi casi grazie agli effetti del Decreto Natale, che nei primi giorni ha di fatto “colorato di rosso” l’intero Paese». Rispetto all’attività di testing non vengono segnalate le variazioni di tamponi e persone testate perché dal 15 gennaio il bollettino del Ministero della Salute include anche i tamponi antigenici rapidi. In tal senso, il crollo del rapporto positivi/persone testate (figura 1) è di difficile interpretazione e non confrontabile con la settimana precedente, dove il calcolo era effettuato solo sui tamponi molecolari. Grazie alla serrata di Natale si riduce l’incremento percentuale dei casi in quasi tutte le Regioni (tabella). Lieve calo anche delle ospedalizzazioni (figura 2), anche se l’occupazione da parte di pazienti COVID continua a superare in 7 Regioni la soglia del 40% in area medica e in 11 Regioni quella del 30% delle terapie intensive (tabella).
Vaccini: disponibilità dosi. Il Piano vaccinale nazionale prevede nel 2021 la consegna di 154,1 milioni di dosi: 28,3 nel primo trimestre, 57,2 nel secondo, 53,8 nel terzo e 14,8 nel quarto. Tuttavia, i dati non risultano aggiornati in relazione ai nuovi contratti stipulati dalla Commissione Europea, allo status di avanzamento degli studi clinici e a quello di approvazione dell’European Medicines Agency (EMA). Secondo gli approfondimenti effettuati dalla Fondazione GIMBE sui dati di Commissione Europea ed EMA:
Dei vaccini approvati (Pfizer-BioNTech e Moderna) l’Italia dispone sulla carta di 102,3 milioni di dosi:
37,7 milioni di dosi con tempi di consegna già definiti dal Piano vaccinale;
64,6 milioni di dosi con tempi di consegna non noti. Tali dosi includono quelle previste dal contratto aggiuntivo stipulato dalla Commissione Europea con Pfizer-BioNtech lo scorso 8 gennaio (40,3 milioni) e quelle aggiuntive opzionali previste dai contratti con Pfizer-BioNTech (13,5 milioni) e Moderna (10,8 milioni).
AstraZeneca si è impegnata a fornire 53,8 milioni di dosi, con tempi di consegna noti solo per 40,4 milioni di dosi (16,2 nel primo trimestre 2021 e 24,2 nel secondo), previa autorizzazione condizionata all’immissione in commercio (AIC) dell’EMA, il cui parere è atteso per il 29 gennaio.
Le rimanenti 202,6 milioni di dosi riguardano vaccini per i quali le aziende non hanno presentato all’EMA la domanda di AIC: in particolare, per il vaccino di Johnson&Johnson è stata avviata la procedura di rolling review, Cure-Vac ha iniziato lo studio di fase 3 a metà dicembre (ma inspiegabilmente il Piano vaccinale prevede consegne già nel primo trimestre), mentre Sanofi-GSK ha posticipato le consegne al 2022.
Vaccini: consegna e somministrazione dosi. Al 20 gennaio (aggiornamento ore 21.48) sono state consegnate alle Regioni 1.558.635 dosi, di cui 1.250.903 già somministrate (80,3%), con inevitabile rallentamento negli ultimi giorni (figura 2). Tuttavia, solo 9.160 persone hanno completato il ciclo vaccinale, mentre 13.534 persone avrebbero già dovuto ricevere la seconda dose. «Tenendo conto dei possibili ritardi di consegna, anche comunicati last minute come nel caso di Pfizer – spiega il Presidente – è fondamentale che in questa fase le Regioni accantonino i vaccini per la somministrazione della seconda dose. La campagna vaccinale non è una gara di velocità: l’unità di misura su cui confrontarsi, sia con gli altri Paesi, sia tra le Regioni, non è infatti il numero di dosi somministrate, ma la percentuale della popolazione che ha completato il ciclo vaccinale, garanzia di efficacia del 94-95% nel prevenire la COVID-19 sintomatica».
La Commissione Europea ha pubblicato il 19 gennaio un documento che evidenzia le azioni necessarie per intensificare la lotta contro la pandemia. «Gli obiettivi delineati sulle coperture vaccinali – commenta Renata Gili, Responsabile GIMBE Ricerca sui Servizi Sanitari – prevedono la vaccinazione dell’80% degli operatori sanitari, socio-sanitari e delle persone over 80 entro la fine di marzo e il 70% degli adulti entro la fine dell’estate, richiedendo un’accelerazione che, con le attuali criticità, sembra ardua da raggiungere, pur rimanendo obiettivo prioritario una volta risolti i problemi di fornitura dei vaccini».
«A fronte dei ritardi di consegna dei vaccini e delle incognite legate alle varianti del virus – conclude Cartabellotta – se da un lato è urgente tarare il piano delle somministrazioni su quello delle consegne effettive per garantire nei tempi corretti la seconda dose, dall’altro è indispensabile potenziare rapidamente l’esigua attività di sequenziamento virale (0,034%), visto che la Commissione Europea raccomanda un target del 5-10% dei tamponi molecolari positivi. Last but not least, bisogna prendere definitivamente atto che solo le zone rosse, come quelle imposte dal Decreto Natale, sono la vera arma per piegare la curva del contagio, destinata a risalire nelle prossime settimane per le minori restrizioni nelle Regioni arancioni e gialle, la riapertura delle scuole e il potenziale impatto delle nuove varianti».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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14 gennaio 2021
Coronavirus: risalgono tutte le curve. Vaccino non è soluzione immediata: adesso serve lockdown
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE RILEVA NELLA SETTIMANA 6–12 GENNAIO L’INCREMENTO DEI NUOVI CASI E LA RISALITA DELLE CURVE DI RICOVERI CON SINTOMI E TERAPIE INTENSIVE, ENTRAMBE SOPRA SOGLIA DI SATURAZIONE IN METÀ DELLE REGIONI. SALGONO ANCORA I DECESSI. RISCHIOSO PUNTARE TUTTO SUL VACCINO: SERVE UN’IMMEDIATA E RIGOROSA STRETTA PER EVITARE UN ANNO DI DIFFICILE CONVIVENZA CON IL VIRUS, CON OSPEDALI CICLICAMENTE AL LIMITE DEL COLLASSO, CONTINUE STRETTE E ALLENTAMENTI E UN AUMENTO INESORABILE DEI DECESSI.
14 gennaio 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE conferma nella settimana 6-12 gennaio 2021, rispetto alla precedente, l’incremento dei nuovi casi (121.644 vs 114.132) a fronte di un lieve calo del rapporto positivi/casi testati (29,5% vs 30,4%). Stabili i casi attualmente positivi (570.040 vs 569.161) e, sul fronte ospedaliero, lieve risalita dei ricoverati con sintomi (23.712 vs 23.395) e delle terapie intensive (2.636 vs 2.569); ancora in aumento i decessi (3.490 vs 3.300). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
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Decessi: 3.490 (+5,8%)
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Terapia intensiva: +67 (+2,6%)
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Ricoverati con sintomi: +317 (+3,4%)
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Nuovi casi: 121.644 (+6,6%)
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Casi attualmente positivi: +879 (+0,2%)
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Casi testati +36.433 (+9,7%)
-
Tamponi totali: +89.492 (+10%)
«I dati – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – confermano la lenta risalita dei nuovi casi settimanali (figura 1) e, sul versante ospedaliero, il costante aumento di ricoveri e terapie intensive (figura 2), dove l’occupazione da parte di pazienti COVID supera in 10 Regioni la soglia del 40% in area medica e quella del 30% delle terapie intensiva (tabella)».
«A quasi un anno dallo scoppio della pandemia nel nostro Paese – dichiara il Presidente – non possiamo più permetterci di inseguire affannosamente il virus. Considerato che le prossime settimane saranno cruciali per il controllo della pandemia nell’intero 2021, sulla base delle migliori evidenze scientifiche, la Fondazione GIMBE sta elaborando una proposta per la gestione 2021 della pandemia, integrata con le certezze/incertezze del piano vaccinale». Le linee generali del piano prevedono la continua valutazione di cinque variabili che condizionano il controllo della pandemia:
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Circolazione del SARS-CoV-2, in termini di incidenza di nuovi casi per 100.000 abitanti
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Impatto della COVID-19, sia sul sovraccarico dei servizi sanitari, sia sulla prognosi della malattia (aggravamenti, decessi), sia sulla riduzione dell’assistenza per pazienti non COVID-19
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strong>Aderenza della popolazione alle misure individuali: distanziamento sociale, utilizzo della mascherina, igiene delle mani, aerazione degli ambienti chiusi, etc.
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Copertura vaccinale, fortemente condizionata da approvazione e disponibilità dei vaccini. Al momento gli accordi con Pfizer-BioNTech e Moderna garantiscono all’Italia 102,3 milioni di dosi, ma le tempistiche di consegna sono certe solo per circa 37 milioni di dosi (10 entro marzo, 12,8 entro giugno e 14,8 entro settembre), a cui si aggiungerebbero ulteriori 40,3 milioni di dosi del vaccino AstraZeneca entro giugno in caso di positiva valutazione dell’EMA, attesa per il 29 gennaio.
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Obiettivo strategico di contrasto alla pandemia, secondo la classificazione di un recente articolo pubblicato sul BMJ:
- Eliminazione: mira ad interrompere la catena di trasmissione del virus con azioni tempestive e incisive in caso di individuazione di nuovi focolai, attraverso un efficiente sistema di testing & tracing e l’isolamento non più fiduciario ma controllato, oltre alle misure individuali (es. Cina, Hong Kong, ma anche paesi democratici quali Corea del Sud, Taiwan, Australia, Nuova Zelanda)
- Soppressione: prevede misure progressivamente più stringenti all’aumentare dei casi, con l’obiettivo di appiattire la curva epidemica (es. lockdown italiano della prima ondata).
- Mitigazione: prevede misure progressivamente più stringenti all’aumentare dei casi, meno incisive rispetto alla soppressione e finalizzate a flettere la curva epidemica per limitare il sovraccarico dei servizi sanitari (es. gestione della seconda ondata in Italia).
«Nel primo trimestre 2021 – spiega Renata Gili, Responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – con una copertura vaccinale minima ci si attende un’elevata circolazione del SARS-CoV-2 (con preoccupanti incertezze sulle nuove varianti) ed elevato impatto della COVID-19 sui servizi sanitari. Di conseguenza, per centrare l’obiettivo di eliminazione del virus, è indispensabile attuare rapidamente la strategia soppressiva, al fine di ridurre in modo rilevante i casi attualmente positivi e appiattire la curva epidemica». In questo modo, con l’arrivo della bella stagione e il progressivo aumento delle coperture vaccinali, la minore circolazione del SARS-CoV-2 permetterebbe durante i mesi estivi la ripresa di un’efficiente attività di tracciamento per raggiungere l’obiettivo della progressiva eliminazione.
«Considerati i modesti risultati ottenuti dal sistema delle Regioni “a colori” e le incognite legate all’efficacia del vaccino soprattutto in termini di riduzione dei quadri severi di malattia e di trasmissione del virus – continua Cartabellotta – questa rappresenta l’unica strada per mantenere il controllo dell’epidemia sino a fine anno senza affidarci esclusivamente al vaccino. Infatti, continuando con le strategie di mitigazione, sarà realisticamente impossibile riprendere un tracciamento efficace e l’unico auspicio non potrà che essere quello di raggiungere presto adeguate coperture vaccinali. Questo però significa accettare il rischio di una circolazione virale intermedia con gravi ripercussioni sulla salute e sull’economia ancora fino al prossimo autunno».
«Le dichiarazioni del Ministro Speranza alle Camere – conclude Cartabellotta – lasciano intuire che per il 2021 si intende perseguire una strategia di mitigazione puntando sui massimi risultati di copertura vaccinale e confidando nella massima efficacia del vaccino. Se a questo aggiungiamo tutte le incertezze che la crisi di Governo comporta il quadro è davvero inquietante: in assenza di una immediata e rigorosa stretta, ci attende un anno di difficile convivenza con il virus, con ospedali ciclicamente al limite del collasso, continui tira e molla sull’apertura di scuole e attività produttive e un aumento inesorabile dei decessi».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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7 gennaio 2021
Coronavirus: terza ondata in arrivo con numeri troppo alti e impatto vaccini molto lontano. Stop all'inutile e costoso inseguimento del virus
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE RILEVA NELLA SETTIMANA 29 DICEMBRE – 5 GENNAIO UN INCREMENTO DEL 27% DEI NUOVI CASI DOPO 6 SETTIMANE CONSECUTIVE DI CALO, PERALTRO A FRONTE DI UN’IMPONENTE RIDUZIONE DEI TAMPONI. STABILE LA PRESSIONE SUGLI OSPEDALI, CON AREA MEDICA E TERAPIE INTENSIVE SOPRA SOGLIA DI SATURAZIONE IN METÀ DELLE REGIONI. SALGONO NUOVAMENTE I DECESSI. SI INTRAVEDE INIZIO TERZA ONDATA CON NUMERI TROPPO ELEVATI PER RIPRENDERE IL TRACCIAMENTO, REALE IMPATTO DEL VACCINO MOLTO LONTANO E DATI PREOCCUPANTI SULLE NUOVE VARIANTI. SISTEMA REGIONI “A COLORI” DA RIVEDERE PERCHÉ RISULTATI MODESTI A FRONTE DI COSTI ECONOMICI E SOCIALI ELEVATI.
7 gennaio 2021 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 29 dicembre 2020 – 5 gennaio 2021, rispetto alla precedente, un incremento dei nuovi casi (114.132 vs 90.117) e del rapporto positivi/casi testati (30,4% vs 26,2%). Stabili i casi attualmente positivi (569.161 vs 568.728) e, sul fronte ospedaliero, lievi oscillazioni dei ricoveri con sintomi (23.395 vs 23.662) e delle terapie intensive (2.569 vs 2.549); tornano a crescere i decessi (3.300 vs 3.187). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
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Decessi: 3.300 (+3,6%)
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Terapia intensiva: +20 (+0,8%)
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Ricoverati con sintomi: -267 (-1,1%)
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Nuovi casi: 114.132 (+26,7%)
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Casi attualmente positivi: +433 (+0,1%)
«A cavallo del nuovo anno – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – i dati documentano l’inversione della curva dei nuovi casi, in calo da 6 settimane consecutive, e l’incremento percentuale dei casi totali (5,5% vs 4,6%). Numeri sottostimati dalla decisa frenata dell’attività di testing nelle ultime due settimane accompagnata dal netto aumento del rapporto positivi/casi testati che schizza al 30,4%» (figura 1). Infatti, dal 23 dicembre al 5 gennaio, rispetto ai quattordici giorni precedenti, il numero dei tamponi totali si è ridotto del 20,9% (-464.284); quello dei casi testati del 22,5% (-208.361), con una media giornaliera simile a quella di fine agosto (figura 2).
In quasi tutte le Regioni si registra un incremento percentuale dei casi rispetto alla settimana precedente (tabella) e sul versante ospedaliero, mentre le curve di ricoveri e terapie intensive mostrano i primi cenni di risalita (figura 3), l’occupazione da parte di pazienti COVID continua a superare la soglia del 40% in area medica e quella del 30% delle terapie intensiva in 10 Regioni (tabella).
Terza ondata. In questa fase è molto complesso valutare l’evoluzione della curva per il sovrapporsi degli effetti di restrizioni e allentamenti introdotti nelle varie Regioni e/o con tempistiche differenti. In generale, tenendo conto che l’impatto delle misure si riflette sulla curva epidemiologica dopo circa 3 settimane:
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Gli effetti delle misure introdotte con il DPCM 3 novembre 2020 si sono definitivamente esauriti.
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Le curve cominciano a riflettere i progressivi allentamenti che hanno portato ad un’Italia tutta gialla, eccetto Campania (per propria scelta) e Abruzzo.
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L’eventuale impatto delle misure introdotte dal Decreto Natale sarà visibile solo dopo metà gennaio.
«Le nostre analisi – spiega Cartabellotta – documentano che, a circa 5 settimane dal picco, il sistema delle Regioni “a colori” ha prodotto effetti moderati e in parte sovrastimati: i casi attualmente positivi per la netta riduzione di casi testati nel mese di dicembre, i ricoveri e le terapie intensive per gli oltre 20 mila decessi nelle 5 settimane di osservazione».
Vaccini. Con l’approvazione del vaccino Moderna l’Italia potrà contare su 22,8 milioni di dosi certe entro giugno. Nel frattempo l’Europa ci ha assicurato ulteriori 13.460.000 del vaccino Pfizer-BioNTech e 10.768.000 di Moderna con tempi di consegna non ancora definiti, ma realisticamente non brevi. «Al di là dell’efficienza logistico-organizzativa del nostro Paese – spiega Cartabellotta – senza il via libera dell’EMA ad altri vaccini (AstraZeneca in primis) o l’anticipo (improbabile) di consegne, potremo vaccinare circa il 5% della popolazione entro marzo e meno del 20% entro giugno. In altre parole, siamo ancora lontani dal tradurre questa straordinaria conquista della scienza in un concreto risultato di salute pubblica».
«Peraltro i due vaccini autorizzati – spiega Renata Gili, Responsabile GIMBE Ricerca sui Servizi Sanitari – riducono del 95% circa il rischio relativo di COVID-19 sintomatica, ma non ne è nota l’efficacia nel ridurre l’infezione asintomatica da SARS-COV-2 e la possibilità di trasmettere l’infezione da parte delle persone vaccinate. Queste, di conseguenza, dovranno continuare ad adottare le misure individuali (mascherina, distanziamento, igiene delle mani) e non potranno acquisire alcuna “patente di immunità”».
«Considerato che i primi mesi dell’anno – avverte il Presidente – saranno cruciali sia per contenere la terza ondata, sia per controllare la pandemia per l’intero 2021, è necessario puntare l’attenzione su tre elementi cruciali. Innanzitutto, le curve iniziano a risalire con un numero di casi attualmente positivi troppo elevato per riprendere il tracciamento, con ospedali e terapie intensive ai limiti della saturazione in metà delle Regioni e con i dati preoccupanti sulle nuove varianti del virus. In secondo luogo, urge un consistente restyling del sistema delle Regioni “a colori”, perché a fronte di risultati modesti in termini di flessione delle curve i costi economici e sociali sono sproporzionati. Infine, la comunicazione istituzionale deve diffondere la massima fiducia nel vaccino, ma al tempo stesso non alimentare aspettative irrealistiche che rischiano di far abbassare la guardia alla popolazione».
Sulla base di questi elementi e delle migliori evidenze scientifiche, la Fondazione GIMBE sta elaborando una proposta per la gestione 2021 della pandemia, integrata con le certezze/incertezze del piano vaccinale. «A quasi un anno dallo scoppio dell’epidemia nel nostro Paese – conclude Cartabellotta – non è più accettabile la (non) strategia basata sull’affannoso inseguimento del virus con l’estenuante alternanza di restrizioni e allentamenti che, di fatto, mantiene i servizi sanitari in costante sovraccarico, danneggia l’economia del nostro Paese, produce danni alla salute delle persone e aumenta inesorabilmente il numero dei morti».
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23 dicembre 2020
Coronavirus: sbiadiscono effetti misure restrittive, pochi vaccini in cascina e incertezze su impatto variante UK. Indispensabile rivalutare piano gestione pandemia
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE NELLA SETTIMANA 16-22 DICEMBRE RILEVA UN LEGGERO RALLENTAMENTO NELLA CRESCITA DEI NUOVI CASI. SI RIDUCE LA PRESSIONE SUGLI OSPEDALI, MA AREA MEDICA E TERAPIE INTENSIVE RIMANGONO SOPRA SOGLIA DI SATURAZIONE RISPETTIVAMENTE IN 9 E 8 REGIONI. IN LIEVE RIDUZIONE IL NUMERO DEI DECESSI CHE SFIORANO COMUNQUE I 4.000 IN UNA SETTIMANA. VACCINI: IN ITALIA ACCORDI PER OLTRE 202 MILIONI DI DOSI, MA DISPONIBILITÀ CERTE SOLO PER 10 MILIONI ENTRO MARZO E 22,8 MILIONI PER GIUGNO. CONSIDERANDO IL PROGRESSIVO ESAURIMENTO DEGLI EFFETTI DELLE MISURE DI CONTENIMENTO E IL POSSIBILE IMPATTO DELLA VARIANTE UK, LA FONDAZIONE GIMBE RITIENE INDISPENSABILE RIVALUTARE IL PIANO DI GESTIONE DELLA PANDEMIA.
23 dicembre 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE conferma nella settimana 16-22 dicembre, rispetto alla precedente, una lieve flessione dei nuovi casi (106.794 vs 113.182), a fronte di una sostanziale stabilità dei casi testati (465.534 vs 462.645) e in linea con la riduzione del rapporto positivi/casi testati (22,9% vs 24,5%). Si riducono del 9,2% i casi attualmente positivi (605.955 vs 667.303) e, sul fronte degli ospedali, diminuiscono ricoveri con sintomi (24.948 vs 27.342) e terapie intensive (2.687 vs 3.003); in calo anche i decessi (3.985 vs 4.617). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 3.985 (-13,7%)
- Terapia intensiva: -316 (-10,5%)
- Ricoverati con sintomi: -2.394 (-8,8%)
- Nuovi casi: 106.794 (-5,6%)
- Casi attualmente positivi: -61.348 (-9,2%)
- Casi testati +2.889 (+0,6%)
- Tamponi totali: 28.289 (+2,6%)
«I dati di questa settimana – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – confermano che la frenata del contagio è sempre meno evidente, come documentato dalla stabilizzazione dei rapporti positivi/casi testati e positivi/tamponi totali, dalla modesta riduzione dell’incremento percentuale dei casi totali (5,7% vs 6,4%) e dalla lieve flessione dei nuovi casi settimanali (-5,6%)» (figura 1).
Trend settimanale dei nuovi casi e del rapporto positivi/casi testati
Se le situazioni regionali sono piuttosto eterogenee (tabella), è evidente che in generale le misure di contenimento introdotte con il DPCM del 3 novembre 2020 stanno esaurendo i loro effetti. «L’incremento percentuale dei casi infatti – afferma Renata Gili, Responsabile Ricerca sui Servizi sanitari della Fondazione GIMBE – che la scorsa settimana era in flessione in tutto il Paese, questa settimana ha invertito la tendenza in 6 Regioni». Per quanto riguarda i ricoveri, continua la lenta discesa delle curve (figura 2), ma l’occupazione da parte di pazienti COVID supera ancora la soglia del 40% nei reparti di area medica in 9 Regioni e quella del 30% nei reparti di terapia intensiva in 8 Regioni (tabella). La curva dei decessi sale in maniera meno ripida, ma il numero è ancora molto elevato e sfiora i 4.000 (figura 2).
Trend settimanale di casi attualmente positivi, ricoveri con sintomi, terapie intensive e deceduti
«Al di là del potenziamento delle misure restrittive per il periodo di Natale – continua il Presidente – due fattori influenzeranno nei prossimi mesi l’evoluzione della pandemia nel nostro Paese: l’avvio della campagna vaccinale e la diffusione della variante UK recentemente isolata».
Campagna vaccinale. «Al momento – spiega Cartabellotta – è possibile solo fare previsioni di massima rispetto al raggiungimento di una copertura vaccinale del 60-70% della popolazione». Vero è che il piano strategico del Ministero della Salute Vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19 riporta oltre 202 milioni di dosi potenzialmente disponibili (pari a 101 milioni di cicli vaccinali completi). Tuttavia, prima che gli accordi preliminari di acquisto si concretizzino in forniture, bisognerà attendere il completamento degli studi clinici in corso, la submission della documentazione completa all’European Medicines Agency (EMA) da parte delle aziende produttrici e la successiva approvazione condizionata, ossia l’autorizzazione in condizioni di emergenza per la valutazione di efficacia e sicurezza. Analizzando lo status di approvazione dei vaccini:
- Le dosi certe sono solo poco più di 10 milioni entro marzo 2021 e 22,8 milioni entro giugno 2021: quelle del vaccino Pfizer-BioNTech, approvato dall’EMA il 21 dicembre, e quelle di Moderna che dovrebbe avere il via libera il prossimo 6 gennaio.
- I vaccini di AstraZeneca e Johnson & Johnson sono in fase di rolling review (revisione ciclica), ovvero EMA valuta i dati man mano che vengono resi disponibili, ma nessuna delle due aziende ha ancora effettuato la submission dei dati completi per l’approvazione condizionata.
- CureVac ha annunciato il 14 dicembre l’arruolamento del primo paziente nello studio di fase 3.
- Sanofi-GSK ha già comunicato lo slittamento della consegna delle dosi al 2022.
Variante UK di SARS-CoV-2. Isolata già ai primi di ottobre, è stata resa ufficialmente nota solo il 14 dicembre. Il 18 dicembre il New and Emerging Respiratory Virus Threats Advisory Group (NERVTAG) – comitato di esperti che supporta il Governo britannico – ha pubblicato un documento dove si afferma che “esistono moderate evidenze di una sostanziale maggior trasmissibilità rispetto ad altre varianti”. Tuttavia, come ribadito anche dall’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) e dal report governativo Investigation of novel SARS-COV-2 variant oggi sulla base delle evidenze disponibili non è possibile trarre conclusioni definitive su:
- meccanismi che determinano la probabile maggior trasmissibilità della variante;
- conseguenze sulla severità della malattia: nessun dato su decorso clinico peggiore, mortalità più elevata o maggior vulnerabilità di particolari gruppi di popolazione;
- resistenza alla risposta anticorpale e relativo impatto sulla possibilità di reinfezione e/o sulla riduzione di efficacia dei vaccini: su questo Pfizer-BionTech e Moderna hanno annunciato una valutazione che richiederà circa 2 settimane e, in caso di mancata efficacia dell’attuale vaccino sulla variante UK, prevedono di sintetizzare un nuovo vaccino in 6 settimane.
«Considerato che le risposte a questi interrogativi non arriveranno tutte in tempi brevi – conclude Cartabellotta – occorre rivalutare complessivamente il piano di gestione pandemica, rafforzando ulteriormente le misure di contenimento dell’epidemia, incluso il tracciamento dei casi positivi alla nuova variante». Infatti, la World Health Organization e l’ECDC raccomandano di potenziare gli sforzi per controllare e prevenire la diffusione del virus sia con l’intensificazione delle attività di testing & tracing e di sequenziamento virale, sia continuando a sensibilizzare la popolazione sull’importanza delle misure di distanziamento sociale e sull’uso delle mascherine. Anche perché, come ribadito ieri dall’AIFA, la vaccinazione individuale non potrà conferire alcuna “patente di libertà”».
IL PROSSIMO MONITORAGGIO GIMBE SARÀ PUBBLICATO VENERDÌ 8 GENNAIO 2021
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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18 dicembre 2020
Coronavirus: qualità della ricerca e trasparenza dei dati. Dalla Fondazione GIMBE bando da 10mila euro per i giovani
18 dicembre 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
La borsa di studio “Gioacchino Cartabellotta”, istituita dalla Fondazione GIMBE nel 2015, viene assegnata nell’ambito del programma istituzionale GIMBE4young destinato a studenti, laureati, specializzandi, dottorandi di ricerca, titolari di borse di studio o assegni di ricerca di tutte le professioni sanitarie sino a 32 anni compiuti.
« Grazie a questa borsa di studio – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – negli ultimi 5 anni giovani ricercatori hanno avuto l’opportunità di sviluppare progetti di rilevanza nazionale per la sanità pubblica, la ricerca e la formazione: dagli sprechi della ricerca indipendente sui farmaci finanziata dall’AIFA alla qualità metodologica delle linee guida prodotte dalle società scientifiche; dall’insegnamento dell’Evidence-based Medicine nei Corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia, alla governance delle liste d’attesa, al fabbisogno del personale sanitario».
«In occasione del 40° anniversario della scomparsa di mio padre – spiega il Presidente – e grazie alla generosità di chi ha creduto in noi nel difficile anno della pandemia di COVID-19, abbiamo raddoppiato l’assegno di ricerca per finanziare un’edizione speciale della borsa di studio del valore di 10 mila euro».
Tenuto conto della mission istituzionale della Fondazione GIMBE, dell’impatto della pandemia da coronavirus sul nostro Paese e dei valori che ispiravano la professione medica del dottor Gioacchino Cartabellotta, il tema della ricerca riguarderà la qualità delle evidenze scientifiche e la trasparenza dei dati per supportare le decisioni cliniche e di salute pubblica nella gestione della COVID-19.
Le candidature possono essere inviate dal 21 dicembre al 31 gennaio tramite il modulo online: www.gimbe4young.it/borsa-gc-40
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17 dicembre 2020
Coronavirus: discesa dei contagi troppo lenta, ospedali ancora saturi, oltre 20.000 decessi nell'ultimo mese. Serrata di Natale inevitabile per arginare la terza ondata
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE NELLA SETTIMANA 9-15 DICEMBRE CONFERMA UN LIEVE RALLENTAMENTO NELLA CRESCITA DEI NUOVI CASI, SOVRASTIMATO DA UN ULTERIORE CALO DEI TAMPONI. CALA LA PRESSIONE SUGLI OSPEDALI, MA AREA MEDICA E TERAPIE INTENSIVE RIMANGONO SOPRA SOGLIA DI SATURAZIONE RISPETTIVAMENTE IN 10 E 14 REGIONI. CONTINUA A SALIRE IL NUMERO DEI DECESSI. A FRONTE DI QUESTI NUMERI, LE (IN)DECISIONI POLITICHE SONO IN BALÌA DI CONFLITTI GOVERNO-REGIONI, COMPROMESSI PARTITICI E REAZIONI EMOTIVE, PIUTTOSTO CHE ESSERE INFORMATE DA UN PIANO STRATEGICO PER TUTELARE LA SALUTE, SOSTENERE CONCRETAMENTE L’ECONOMIA E GESTIRE LE CONSEGUENZE SOCIALI DELLA PANDEMIA. GOVERNO E REGIONI NON POSSONO LIMITARSI A TEMERE LA TERZA ONDATA, DEVONO ARGINARLA
17 dicembre 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE conferma nella settimana 9-15 dicembre, rispetto alla precedente, una flessione dei nuovi casi (113.182 vs 136.493), a fronte di una riduzione di oltre 88 mila casi testati (462.645 vs 551.068) e di un rapporto positivi/casi testati stabile (24,5% vs 24,8%). Calano del 9,5% i casi attualmente positivi (667.303 vs 737.525) e, sul fronte degli ospedali, diminuiscono ricoveri con sintomi (27.342 vs 30.081) e terapie intensive (3.003 vs 3.345); in lieve riduzione anche i decessi (4.617 vs 4.879). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 4.617 (-5,4%)
- Terapia intensiva: -342 (-10,2%)
- Ricoverati con sintomi: -2.739 (-9,1%)
- Nuovi casi: 113.182 (-17,1%)
- Casi attualmente positivi: -70.222 (-9,5%)
- Casi testati -88.423 (-16,1%)
- Tamponi totali: -162.837 (-12,9%)
«I dati di questa settimana – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – confermano il rallentamento del contagio, documentato dalla riduzione dell’incremento percentuale dei casi totali (6,4% vs 8,4% a livello nazionale, registrata anche in tutte le Regioni) e dal numero dei nuovi casi settimanali (- 17,1%). Tuttavia, la netta riduzione di oltre 88 mila casi testati (-16,1%) e il rapporto positivi/casi testati stabile (figura 1) finiscono per sovrastimare gli effetti delle misure di mitigazione». La consistente e ingiustificata riduzione dell’attività di testing viene infatti registrata in tutte le Regioni, eccetto Veneto e Valle d’Aosta (tabella).
Il bacino degli attualmente positivi si svuota molto lentamente e in 6 Regioni si registra addirittura un incremento rispetto alla settimana precedente (tabella). In particolare, dopo il picco del 22 novembre (n. 805.947), i casi attualmente positivi sono diminuiti in 24 giorni del 20,8%, con una riduzione media giornaliera dello 0,9%: tuttavia con oltre 667 mila casi attualmente positivi risulta al momento impossibile riprendere qualsiasi attività di tracciamento. «Sicuramente le misure restrittive introdotte dal DPCM 3 novembre 2020 hanno frenato la diffusione del contagio – continua il Presidente – ma la lenta e irregolare discesa della curva, unita ad un rapporto positivi/casi testati stabile da tre settimane, suggeriscono che le misure di mitigazione abbiano ormai dato il massimo risultato e ora, con le progressive riaperture, verosimilmente la curva prima rallenterà la sua discesa per poi tornare inesorabilmente a salire».
«Anche sul fronte ospedali – spiega Renata Gili, Responsabile Ricerca sui Servizi sanitari della Fondazione GIMBE – l’entità del rallentamento non lascia spazio a grandi entusiasmi». Il picco della seconda ondata per i ricoverati con sintomi è stato raggiunto il 23 novembre (n. 34.697) e in 22 giorni si è ridotto del 26,9%, quello delle terapie intensive il 25 novembre (3.848) e in 20 giorni si è ridotto del 28,1%. «Peraltro non è possibile definire – prosegue Gili – quanto la ridotta pressione su ricoveri e terapie intensive sia un effetto delle misure di contenimento e quanto dipenda invece dall’elevato tasso di mortalità dei pazienti ospedalizzati». In ogni caso, la soglia di occupazione da parte di pazienti COVID supera il 40% nei reparti di area medica in 10 Regioni e oltre il 30% nelle terapie intensive in 14 Regioni (figure 2 e 3).
Infine, continua inesorabilmente a salire il numero dei decessi: 4.617 morti nell’ultima settimana, oltre 20.000 nell’ultimo mese e più di 31.000 quelli della seconda ondata dal 1 settembre (figura 4). Questi numeri - che catapultano l’Italia al primo posto in Europa per decessi totali da COVID-19 (n. 65.857) e per tasso di letalità (3,5%) - stridono molto con le parole del premier Conte secondo cui “Con misure calibrate e ben circoscritte stiamo reggendo bene questa seconda ondata”.
«Nell’imminenza delle festività natalizie – continua Cartabellotta – a fronte di dati tutt’altro che tranquillizzanti, le (in)decisioni politiche continuano ad essere condizionate conflitti istituzionali, compromessi partitici e reazioni emotive, piuttosto che essere informate da un piano strategico per tutelare la salute, sostenere concretamente l’economia e gestire le conseguenze sociali della pandemia». In altre parole, se è doveroso il continuo appello alla responsabilità civica delle persone chiamate a non abbassare la guardia in alcun modo, Governo e Regioni devono ammettere che, dopo gli estenuanti tentennamenti di ottobre nell’introdurre le restrizioni, le hanno poi allentate troppo frettolosamente, senza attendere una flessione significativa dei contagi, né un consistente svuotamento degli ospedali.
«In questo scenario – conclude Cartabellotta – la serrata di Natale è l’unica possibilità per non affacciarsi al nuovo anno con ospedali ancora saturi e servizi sanitari che rischiano di andare in tilt per la coincidenza tra riapertura delle scuole, picco dell’influenza e avvio della campagna di vaccinazione anti-COVID. Non è più il tempo di giocare con i colori disorientando la popolazione, ormai stremata psicologicamente ed economicamente dal continuo e imprevedibile tira e molla sino all’ultimo minuto: Governo e Regioni non possono limitarsi a temere la terza ondata, devono arginarla».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
IL PROSSIMO MONITORAGGIO GIMBE SARÀ PUBBLICATO MERCOLEDÌ 23 DICEMBRE 2020
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10 dicembre 2020
Coronavirus: rallentano i nuovi casi, ma crollano i tamponi. Ospedali ancora saturi, 4.879 decessi in una settimana. Terza ondata: attenzione alla tempesta perfetta
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE NELLA SETTIMANA 2-8 DICEMBRE CONFERMA UN LIEVE RALLENTAMENTO NELLA CRESCITA DEI NUOVI CASI, PERALTRO SOVRASTIMATO DA UNA NETTA E INGIUSTIFICATA RIDUZIONE DI TAMPONI E CASI TESTATI. RISPETTO ALLA SETTIMANA PRECEDENTE, OLTRE 135 MILA NUOVI CASI E 4.879 DECESSI. IN CALO LA PRESSIONE SUGLI OSPEDALI, ANCHE SE RICOVERI E TERAPIE INTENSIVE RIMANGONO SOPRA SOGLIA DI SATURAZIONE IN 15 REGIONI. L’IMPOSSIBILITÀ DI RIPRENDERE IL TRACCIAMENTO CON OLTRE 737 MILA CASI ATTUALMENTE POSITIVI, I LUNGHI MESI INVERNALI, L’IMPREVEDIBILE IMPATTO DELL’INFLUENZA STAGIONALE, L’IMMINENTE PASSAGGIO AL GIALLO DELL’INTERO PAESE E IL LEGITTIMO ENTUSIASMO PER IL VACCINO IN ARRIVO SONO GLI ELEMENTI DELLA TEMPESTA PERFETTA CHE PUÒ INNESCARE LA TERZA ONDATA.
10 dicembre 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE conferma nella settimana 2-8 dicembre, rispetto alla precedente, una flessione dei nuovi casi (136.493 vs 165.879), a fronte di una riduzione di oltre 121 mila casi testati (551.068 vs 672.794) e di una sostanziale stabilità del rapporto positivi/casi testati (24,8% vs 24,7%). Calano del 5,4% i casi attualmente positivi (737.525 vs 779.945) e, sul fronte degli ospedali, diminuiscono sia i ricoveri con sintomi (30.081 vs 32.811) che le terapie intensive (3.345 vs 3.663); in lieve riduzione anche i decessi (4.879 vs 5.055). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 4.879 (-3,5%)
- Terapia intensiva: -318 (-8,7%)
- Ricoverati con sintomi: -2.730 (-8,3%)
- Nuovi casi: 136.493 (-17,7%)
- Casi attualmente positivi: -42.420 (-5,4%)
- Casi testati -121.726 (-18,1%)
- Tamponi totali: -142.105 (-10,1%)
«Anche questa settimana – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si confermano evidenti segnali di rallentamento del contagio quali la riduzione dell’incremento percentuale dei casi totali (8,4% vs 11,4% a livello nazionale, registrata anche in tutte le Regioni) e del numero dei nuovi casi settimanali, ma l’effetto non è dovuto solo alle misure introdotte». Rimane infatti stabile il rapporto positivi/casi testati (figura 1) e, soprattutto, si registra un’ingiustificata riduzione di oltre 121 mila casi testati (-18,1%), che solo in 5 Regioni aumentano rispetto alla settimana precedente (tabella).
Figura 1
Tabella. Indicatori regionali settimana 2-8 dicembre
«Da questi numeri – spiega Cartabellotta – emergono tre ragionevoli certezze: innanzitutto che le misure introdotte hanno frenato il contagio; in secondo luogo che l’effetto delle misure sull’incremento dei nuovi casi è sovrastimato da una consistente riduzione dell’attività di testing; infine che, a invarianza di misure restrittive, la discesa della curva sarà molto lenta, certo non paragonabile a quella della prima ondata».
«La riduzione del bacino degli attualmente positivi – continua il Presidente – è lenta, modesta, oltre che sovrastimata dalla notevole riduzione di tamponi e casi testati delle ultime settimane». Infatti, dal record di 124.575 casi testati in media al giorno della settimana 4-11 novembre, in quella 2-8 dicembre si è registrato un decremento del 36,8% (-45.851 casi testati/die). Meno evidente la riduzione dei tamponi totali, passati da una media di 214.187/die della settimana 12-18 novembre ai 179.845 della settimana 2-8 dicembre, con un calo giornaliero medio di 27.907 tamponi (-13,4%) (figura 2).
Figura 2
Se le misure di mitigazione hanno allentato la pressione su ricoveri e terapie intensive che hanno superato il picco e iniziato una lenta fase discendente, la soglia di occupazione per pazienti COVID continua a rimanere oltre il 40% nei reparti di area medica e del 30% nelle terapie intensive in 15 Regioni (figure 3 e 4). La curva dei decessi comincia a salire in maniera meno ripida (figura 5).
Figura 3
Figura 4
Figura 5
«Con questi numeri – spiega Cartabellotta – il Paese si presenta come un paziente con “quadro clinico” ancora molto grave e instabile che, superata la fase acuta (picco di contagi e di pazienti ospedalizzati), inizia a mostrare i primi segni di miglioramento grazie alle terapie somministrate. Ma la prognosi rimane riservata e, per essere sciolta, richiede una rigorosa e prolungata “compliance” a tutte le misure individuali, al distanziamento sociale e alle restrizioni imposte da Governo e Regioni».
«Siamo in una fase estremamente delicata dell’epidemia – ribadisce Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – per almeno tre ragioni: innanzitutto con oltre 700 mila attualmente positivi è impossibile riprendere il tracciamento dei contatti; in secondo luogo, ci attendono lunghi mesi invernali che favoriscono la diffusione di tutti i virus respiratori; infine, sino a metà gennaio non sapremo se l’impatto dell’influenza sarà, come auspicato, più contenuto rispetto alle stagioni precedenti. In tal senso, arrivare a quel momento con gli ospedali saturi potrebbe avere conseguenze disastrose per la salute e la vita delle persone».
«Altri due elementi – conclude Cartabellotta – completano la tempesta perfetta che rischia di innescare la terza ondata. Alla vigilia delle festività natalizie, tutte le Regioni si avviano a diventare gialle, un colore che non deve essere letto come un via libera, ma impone il rispetto di regole severe per impedire assembramenti e ridurre al minimo i contatti sociali tra persone non conviventi. Infine, l’auspicato e (speriamo) imminente arrivo del vaccino non deve costituire un alibi per abbassare la guardia: nella più ottimistica delle previsioni, infatti, un’adeguata protezione a livello di popolazione potrà essere raggiunta solo nell’autunno 2021 con una massiccia adesione delle persone alla campagna di vaccinazione».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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3 dicembre 2020
Coronavirus: frena il contagio, ma gli attualmente positivi sfiorano quota 780.000; Restrizioni funzionano, ma il colore delle regioni sbiadisce troppo in fretta
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE NELLA SETTIMANA 25 NOVEMBRE – 1 DICEMBRE, CONFERMA TIMIDI SEGNALI DI RALLENTAMENTO DELL’EPIDEMIA, A FRONTE DI NUMERI TUTTAVIA ANCORA MOLTO ELEVATI. RISPETTO ALLA SETTIMANA PRECEDENTE, OLTRE 165 MILA NUOVI CASI E 5.055 DECESSI. QUASI 780 MILA CASI ATTUALMENTE POSITIVI, CON SOGLIE DI SATURAZIONE DI OSPEDALI E TERAPIE INTENSIVE SUPERATE IN 15 E 16 REGIONI. LE MISURE DI CONTENIMENTO DIFFERENZIATE SEMBRANO FUNZIONARE IN RELAZIONE A INTENSITÀ E DURATA, MA ALCUNI MIGLIORAMENTI ENFATIZZATI DA RITARDI DI NOTIFICA E DATI INCOMPLETI. PER IL CAMBIO COLORE DELLE REGIONI DUE SETTIMANE DI “CONTROLLO” NON SUFFICIENTI, SCENDE SOLO INDICE RT.
3 dicembre2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE conferma nella settimana 25 novembre-1 dicembre, rispetto alla precedente, una diminuzione dei nuovi casi (165.879 vs 216.950), a fronte di un calo dei casi testati (672.794 vs 778.765) e di una riduzione del rapporto positivi/casi testati (24,7% vs 27,9%). Calano del 2,3% i casi attualmente positivi (779.945 vs 798.386) e, sul fronte degli ospedali, diminuiscono sia i ricoveri con sintomi (32.811 vs 34.577) che le terapie intensive (3.663 vs 3.816); ancora in aumento i decessi (5.055 vs 4.842). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 5.055(+9,9%)
- Terapia intensiva: -153(-4%)
- Ricoverati con sintomi: -1.766 (-5,1%)
- Nuovi casi:165.879(+11,4%)
- Casi attualmente positivi: -18.441(-2,3%)
- Casi testati -105.971(-13,6%)
- Tamponi totali: -85.654(-5,8%)
«Si conferma – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – la riduzione dell’incremento percentuale dei casi totali (11,4% vs 17,5%), del numero di nuovi casi settimanali (165.879 vs 216.950)e, in misura minore, del rapporto positivi/casi testati (24,7% vs 27,9%) a fronte di una sensibile riduzione dei casi testati (-13,6%)» (figura 1). Se il calo dei nuovi casi da un lato è dunque attribuibile all’effetto delle misure introdotte, dall’altro risente dell’inspiegabile riduzione di quasi 106 mila casi testati.
Figura 1. Trend settimanale dei nuovi casi e del rapporto positivi/casi testati
«Le misure di contenimento – continua il Presidente – si riflettono anche sulle curve degli attualmente positivi, di ricoveri e terapie intensive, che sembrano avere superato il picco e iniziato la fase discendente, mentre la curva dei decessi continua a salire» (figura 4). Tuttavia, la soglia di occupazioneper pazienti COVID rimane oltre il 40% nei reparti di area medica in 15 Regioni (figura 2) e quella del 30% nelle terapie intensive in 16 Regioni (figura 3). E dove i tassi di occupazione sono molto più elevati, precisa Cartabellotta, «i pazienti COVID-19 “invadono” altri reparti limitando la possibilità di curare pazienti con altre patologie e determinando il rinvio di altre prestazioni, interventi chirurgici inclusi».
Figura 4. Trend settimanale di casi attualmente positivi, ricoveri con sintomi, terapie intensive e deceduti
Figura 2. Posti letto Area Medica occupati da pazienti COVID-19
Figura 3. Posti letto Terapia intensiva occupati da pazienti COVID-19
La Fondazione GIMBE ha valutato l’impatto delle misure introdotte dal DPCM 3 novembre con il “sistema a colori”, esaminando il trend di alcuni indicatori nel periodo compreso dal 6 novembre (data d’introduzione delle misure) al 28 novembre (ultimo giorno prima degli allentamenti in alcune Regioni). In dettaglio, sono state riportate le variazioni in 23 giorni di osservazione su 5 indicatori: (tabella).
Tabella. Impatto delle misure di contenimento previste dal DPCM 3 novembre 2020
- Variazione dell’indice Rt: valore limite inferiore intervallo di confidenza,riportato dai “Report Monitoraggio Fase 2 ai sensi del DM Salute 30 aprile 2020”
- Variazione percentuale dei nuovi casi nel periodo 6-28 novembre, rispetto ai 23 giorni precedenti
- Variazione dei casi “attualmente positivi” per 100.000 abitanti nel periodo 6-28novembre
- Variazione del numero di ricoverati con sintomi nel periodo 6-28-novembre
- Variazione del numero di ricoverati in terapia intensiva nel periodo 6-28-novembre
Risulta evidente che sull’allentamento delle misure del 29 novembre, deciso sulla base dei criteri del DPCM 3 novembre, pesa di fatto solo la riduzione dell’indice Rt, visto che tutti gli altri indicatori sono peggiorati rispetto al 6 novembre, tranne rare eccezioni (tabella).
«La nostra analisi – ribadisce Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE –conferma che, Rt a parte, non si intravedono risultati tangibili a 3 settimane dall’introduzione delle misure. Inoltre, suggerisce che sbiadire troppo presto il colore delle Regioni rischia di determinare una risalita prima dell’indice Rt, poi della curva epidemica e quindi dei tassi di ospedalizzazione. In altre parole, con la circolazione del virus ancora troppo elevata per riprendere un efficace contact tracing e con la pressione sugli ospedali molto alta, i primi timidi segnali di miglioramento rischiano di essere vanificati dall’allentamento delle misure».
«L’entità del miglioramento di alcuni parametri – spiega Cartabellotta – è peraltro sovrastimata sia da ritardi di notifica e completezza dei dati comunicati dalle Regioni, sia da alcuni fattori di non sempre chiara interpretazione. Diminuzione dei casi testati e limitata esecuzione del tampone nei contatti di positivi, con conseguente riduzione dell’incidenza di nuovi casi; ritardo di comunicazione delle date di diagnosi, prelievo e inizio sintomi, che abbassano il valore dell’indice Rt; conversione di posti letto di area medica destinati a pazienti affetti da altre patologie, con conseguente riduzione del tasso di occupazione ospedaliera».
«A poche ore dalla firma del nuovo DPCM – conclude Cartabellotta – che dovrebbe guidare i nostri comportamenti sino alla fine delle festività natalizie, la Fondazione GIMBE chiede al Governo di mantenere la linea del rigore, al fine di evitare una nuova inversione della curva del contagio ed aumentare la pressione, già intensa, sugli ospedali dove i professionisti sanitari sono al limite dello stremo. Chiediamo inoltre di rivedere le tempistiche per ridurre l’intensità del colore delle Regioni: i dati confermano infatti che due settimane di “osservazione” sono insufficienti per valutare un miglioramento tangibile sulla curva dei contagi e, soprattutto, sui tassi di ospedalizzazione. In tal senso, l’ipotesi di un “Italia tutta gialla” in tempi brevi è più un desiderata della politica che una strategia di controllo dell’epidemia».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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26 novembre 2020
Coronavirus: epidemia rallenta, ma con ospedali sotto pressione e oltre 4.800 decessi siamo in piena seconda ondata. Allentamento misure: Governo e Regioni abbiano il coraggio di scelte impopolari
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE NELLA SETTIMANA 18-24 NOVEMBRE DA UN LATO RILEVA CHIARI SEGNALI DI RALLENTAMENTO DELL’EPIDEMIA, DALL’ALTRO CONFERMA NUMERI ANCORA MOLTO ELEVATI. RISPETTO ALLA SETTIMANA PRECEDENTE OLTRE 216 MILA NUOVI CASI E 4.842 DECESSI. QUASI 780 MILA CASI ATTUALMENTE POSITIVI, CON SOGLIE DI SATURAZIONE DI OSPEDALI E TERAPIE INTENSIVE SUPERATE IN OLTRE 2/3 DELLE REGIONI. MENTRE L’EUROPEAN CENTRE FOR DISEASE PREVENTION AND CONTROL LANCIA L’ALLARME SUI RISCHI DI UNA REVOCA DELLE MISURE, LA FONDAZIONE GIMBE RICHIAMA ALLA RESPONSABILITÀ ISTITUZIONALE: RIAPERTURE IMPRUDENTI PER LE FESTIVITÀ NATALIZE RISCHIANO DI INVERTIRE NUOVAMENTE LA CURVA DEL CONTAGIO VANIFICANDO I SACRIFICI GIÀ FATTI.
26 novembre 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE conferma nella settimana 18-24 novembre, rispetto alla precedente, una riduzione dei nuovi casi (216.950 vs 242.609), a fronte di una riduzione dei casi testati (778.765 vs 854.626) e di una lievissima diminuzione del rapporto positivi/casi testati (27,9% vs 28,4%). Crescono dell’8,8% i casi attualmente positivi (798.386 vs 733.810) e, sul fronte degli ospedali, rallenta l’incremento dei ricoveri con sintomi (34.577 vs 33.074) e in terapia intensiva (3.816 vs 3.612); ancora in aumento i decessi (4.842 vs 4.134). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 4.842 (+17,1%)
- Terapia intensiva: +204 (+5,6%)
- Ricoverati con sintomi: +1.503 (+4,5%)
- Nuovi casi: 216.950 (+17,5%)
- Casi attualmente positivi: +64.576 (+8,8%)
- Casi testati -75.861 (-8,9%)
- Tamponi totali: -12.638 (-0,8%)
«Se da tre settimane – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si registra una riduzione dell’incremento percentuale dei nuovi casi, per la prima volta durante la seconda ondata si evidenzia la riduzione sia in termini assoluti dei nuovi casi, sia del rapporto positivi/casi testati dal 28,4% al 27,9%». Tuttavia se nell’ultima settimana si registra un’ulteriore diminuzione dell’incremento percentuale dei nuovi casi (17,5% vs 24,4%) che si attestano a quota 216.950 (figura 1), la riduzione dei casi testati sfiora il 9%. Infatti, nonostante l’incremento percentuale dei casi si riduca in tutte le Regioni, il bacino degli attualmente positivi aumenta in 15 Regioni (tabella).
Figura 1. Trend settimanale dei nuovi casi e dell'incremento % dei casi totali
Tabella. Indicatori regionali settimana 18 - 24 novembre
«Gli effetti delle misure di contenimento – continua Cartabellotta – iniziano a manifestarsi anche sulle curve di ricoveri e terapie intensive, che tendono ad assumere più l’aspetto di un plateau che di un picco simile a quello registrato nella prima ondata. Per allentare la pressione negli ospedali ci vorrà quindi molto più tempo rispetto alla scorsa primavera, perché l’entità delle attuali misure di contenimento è nettamente inferiore al lockdown totale». Peraltro, se la soglia di occupazione per pazienti COVID del 40% definita dal Ministero della Salute nei reparti di area medica è stata superata in 15 Regioni (figura 2) e quella del 30% nelle terapie intensive in 16 (figura 3), nelle Regioni con tassi di occupazione molto più elevati, aggiunge Cartabellotta, «i pazienti COVID stanno “cannibalizzando” progressivamente i posti letto di altri reparti, limitando la possibilità di curare pazienti con altre patologie e determinando il rinvio di prestazioni non urgenti, interventi chirurgici inclusi».
Figura 2. Posti letto Area Medica occupati da pazienti COVID-19
Figura 3. Posti letto Terapia Intensiva occuapti da pazienti COVID-19
«Con l’approssimarsi della scadenza del DPCM in vigore – continua il Presidente – e delle imminenti festività natalizie, il dibattito pubblico si concentra sul possibile allentamento delle misure per favorire i consumi e la possibilità di festeggiare con amici e parenti». Ma l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) mette in guardia sui rischi di revocare le misure restrittive: secondo i modelli predittivi appena pubblicati una loro revoca il 7 o il 21 dicembre porterebbe ad una risalita dei ricoveri, rispettivamente in prossimità del Natale o nella prima settimana di gennaio 2021.
«Considerato che oltre l’1% della popolazione è attualmente positivo all’infezione – spiega Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – la circolazione del virus nel nostro Paese è ancora molto elevata. E in questa fase di lenta discesa della curva dei contagi l’incremento dei nuovi casi post-allentamento delle misure sarà visibile non prima di 2-3 settimane».
«A pochi giorni dal nuovo DPCM – conclude Cartabellotta – la coincidenza tra i primi effetti delle misure con le imminenti festività natalizie rischiano di distorcere la valutazione oggettiva del quadro epidemiologico. Per questo la Fondazione GIMBE si appella alla responsabilità di Governo e Regioni: servono scelte coraggiose anche se impopolari, perché i dati e l’allarme dell’ECDC non lasciano adito a dubbi. Un imprudente allentamento delle misure rischia di provocare entro fine anno una nuova inversione della curva dei contagi che, come ben sappiamo, si riflette poi su ospedali ancora in sovraccarico e con il picco dell’influenza stagionale in arrivo».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
Figura 4. Trend settimanale di casi attualmente positivi, ricoveri con sintomi, terapie intensive e deceduti
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23 novembre 2020
Sanità: adempimenti livelli essenziali di assistenza 2010-2018. Il 25% delle risorse spese dalle regioni per la sanità non ha prodotto servizi per i cittadini
L’ANALISI GIMBE 2010-2018 DOCUMENTA UNA PERCENTUALE CUMULATIVA DEGLI ADEMPIMENTI DELLE REGIONI AI LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA DEL 75% CON UNA FORBICE MOLTO AMPIA: IN TESTA ALLA CLASSIFICA 11 REGIONI TUTTE DEL CENTRO-NORD, AD ECCEZIONE DELLA BASILICATA. SE LA “GRIGLIA LEA” È LO STRUMENTO UFFICIALE PER MONITORARE L’EROGAZIONE DELLE PRESTAZIONI SANITARIE, QUESTO SIGNIFICA CHE NEL PERIODO 2010-2018 UN QUARTO DELLE RISORSE SPESE PER LA SANITÀ NON HA PRODOTTO SERVIZI PER I CITTADINI. GRAZIE AD UNO STRUMENTO DI VALUTAZIONE ORMAI ARRUGGINITO DA ANNI, NEL 2018 REGIONI TUTTE PROMOSSE.
23 novembre 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
Ogni anno il Ministero della Salute rende noto il report “Monitoraggio dei LEA attraverso la cd. Griglia LEA” che verifica l’erogazione, attraverso l’assegnazione di un punteggio, delle prestazioni sanitarie che le Regioni devono garantire ai cittadini. «Si tratta di una vera e propria “pagella” sulla “materia” sanità – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – che permette di identificare Regioni promosse e bocciate». Infatti, per le Regioni considerate inadempienti e sottoposte a Piano di rientro, il Ministero della Salute prevede uno specifico affiancamento, sino al commissariamento, fatta eccezione per quelle non soggette a verifica degli adempimenti: Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Valle D’Aosta e Province autonome di Trento e di Bolzano.
«L’Osservatorio GIMBE sul Servizio Sanitario Nazionale – continua Cartabellotta – da anni rileva che il monitoraggio tramite la “griglia LEA” è solo un political agreement tra Governo e Regioni, perché lo strumento è sempre più inadeguato per valutare la reale erogazione delle prestazioni sanitarie e la loro effettiva esigibilità da parte dei cittadini». Innanzitutto, la griglia LEA ha modeste capacità di identificare gli inadempimenti per il numero limitato di indicatori e per le modalità di rilevazione, ovvero l’autocertificazione da parte delle stesse Regioni. In secondo luogo, lo strumento si è progressivamente “appiattito” perché indicatori e soglie di adempimento non hanno subìto negli anni rilevanti variazioni e non vengono modificati dal 2015. Ancora, la soglia di adempimento per la “promozione” è rimasta negli anni la stessa: 160 su 225 punti. Infine, il monitoraggio viene reso pubblico con due anni circa di ritardo, impedendo tempestive azioni di miglioramento.
«Tutti questi limiti – spiega Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione – riducono la possibilità di valutare in maniera oggettiva, analitica e tempestiva la capacità delle Regioni di erogare le prestazioni ordinarie, anche per stimare la possibilità di rispondere ad un evento straordinario come la pandemia».
«Dal 2008 lo Stato – puntualizza il Presidente – certifica l’erogazione delle prestazioni da parte delle Regioni con uno strumento sempre meno adeguato avalutare la qualità dell’assistenza sanitaria. In particolare, l’ultimo monitoraggio del 2018, “promuove” tutte le Regioni sottoposte alla verifica adempimenti, in netto contrasto con numerosi report indipendenti nazionali e internazionali che attestano invece un peggioramento della qualità dell’assistenza».
La Fondazione GIMBE ha analizzato i risultati dei monitoraggi annuali del Ministero della Salute relativi agli anni 2010-2018. In dettaglio:
- A partire dai singoli indicatori sono stati calcolati i punteggi totali, calcolando quelli non disponibili: in particolare quelli delle Regioni non sottoposte a verifica degli adempimenti per gli anni 2010-2016 e quelli relativi a tutte le Regioni per gli anni 2010-2011.
- Le “percentuali di adempimento” sono state calcolate come rapporto tra punteggio cumulativo ottenuto nel periodo 2010-2018 e il punteggio massimo di 2.025 raggiungibile nei 9 anni analizzati.
- La classifica finale è stata elaborata secondo le percentuali cumulative di adempimento 2010-2018 e suddivisa in quartili.
L’analisi degli adempimenti LEA 2010-2018 (tabella) dimostra che:
- Nel periodo considerato la percentuale cumulativa media di adempimento delle Regioni è del 75% (range tra Regioni 56,2%-92,8%). In altri termini, se la griglia LEA è lo strumento ufficiale per monitorare l’erogazione delle prestazioni essenziali, il 25% delle risorse spese dalle Regioni per la sanità nel periodo 2010-2018 non ha prodotto servizi per i cittadini (range tra Regioni 7,2%-43,8%).
- La percentuale cumulativa di adempimento annuale è aumentata dal 64,1% del 2010 all’85,1% del 2018, un miglioramento ampiamente sovrastimato in ragione dell’appiattimento della griglia LEA sopra descritto.
- Solo 11 Regioni superano la soglia di adempimento cumulativo del 76% e, ad eccezione della Basilicata, sono tutte situate al Centro-Nord, confermando sia la “questione meridionale” in sanità, sia la sostanziale inefficacia di Piani di rientro e commissariamenti nel migliorare l’erogazione dei LEA.
- Regioni e Province autonome non sottoposte a verifica degli adempimenti hanno performance molto variegate. Da un lato Friuli-Venezia Giulia e Provincia autonoma di Trento raggiungono percentuali di adempimento cumulative rispettivamente dell’80,4% e 78,3%. Dall’altro Valle D’Aosta, Sardegna e Provincia autonoma di Bolzano si collocano nel quartile con le performance peggiori.
«La nostra valutazione pluriennale – commenta Gili – fornisce numerosi spunti per implementare il “Nuovo Sistema di Garanzia” che, salvo ulteriori ritardi, dovrebbe aver sostituito la “griglia LEA” dal 1° gennaio 2020». Infatti, se il nuovo strumento è stato sviluppato per meglio documentare gli adempimenti regionali, bisogna prevenirne il progressivo “appiattimento” e rivedere le modalità di attuazione dei Piani di rientro, per consentire al Ministero della Salute di effettuare interventi selettivi, evitando di paralizzare l’intera Regione con lo strumento del commissariamento.
«Se dopo anni tagli e definanziamenti – conclude Cartabellotta – la pandemia finalmente ha rimesso il Servizio Sanitario Nazionale al centro dell’agenda politica, dall’altro ha enfatizzato il conflitto istituzionale tra Governo e Regioni, ben lontano da quella “leale collaborazione” a cui l’art. 117 della Costituzione affida la tutela della salute tramite il meccanismo della legislazione concorrente. Senza una nuova stagione di collaborazione politica tra Governo e Regioni e un radicale cambio di rotta per monitorare l’erogazione dei LEA, sarà impossibile ridurre diseguaglianze e mobilità sanitaria e il diritto alla tutela della salute continuerà ad essere legato al CAP di residenza delle persone. E con la pandemia le persone si devono affidare, nel bene e nel male, alla sanità della propria Regione».
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19 novembre 2020
Coronavirus: 4.134 morti in una settimana, in 17 regioni terapie intensive oltre la soglia di saturazione. Primi segnali di rallentamento, ma serve grande prudenza
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE RILEVA NELLA SETTIMANA 11-17 NOVEMBRE, RISPETTO ALLA PRECEDENTE, UN AUMENTO DI OLTRE 242 MILA CASI E DI 143MILA ATTUALMENTE POSITIVI. SALGONO A 33.074 I PAZIENTI RICOVERATI E A 3.612 QUELLI IN TERAPIA INTENSIVA CON SOGLIE DI SATURAZIONEDEGLI OSPEDALI SUPERATERISPETTIVAMENTE IN 15 E 17 REGIONI. RALLENTALA VELOCITÀ DI CRESCITA DI NUOVI CASI, RICOVERI E TERAPIE INTENSIVE, MENTRE RIMANE ESPONENZIALE L’AUMENTO DEI DECESSI. IPOTIZZARE UN ALLENTAMENTO DELLE MISURE CON L’OBIETTIVO DI SALVARE IL NATALE RISCHIA DI AVERE UN PREZZO ALTISSIMO, ANCHE IN TERMINI DI VITE UMANE.
19 novembre 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE conferma nella settimana 11-17 novembre, rispetto alla precedente, una stabilizzazione nell’incremento del trend dei nuovi casi (242.609 vs 235.634), a fronte di una lieve riduzione dei casi testati (854.626 vs 872.026) e di un lieve aumento del rapporto positivi/casi testati (28,4% vs 27%). Crescono del 24,4% i casi attualmente positivi (733.810 vs 590.110) e, sul fronte degli ospedali, si registra un ulteriore incremento dei pazienti ricoverati con sintomi (33.074 vs 28.633) e in terapia intensiva (3.612 vs 2.971); aumentano del 41,7% i decessi (4.134 vs 2.918). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 4.134 (+41,7%)
- Terapia intensiva: +641 (+21,6%)
- Ricoverati con sintomi: +4.441 (+15,5%)
- Nuovi casi: 242.609 (+24,4%)
- Casi attualmente positivi: +143.700 (+24,4%)
- Casi testati -17.400 (-2%)
- Tamponi totali: +45.051 (+3,1%)
«Per interpretare correttamente i termini “rallentamento”, “raffreddamento”, “frenata” che nell’ultima settimana hanno invaso anche la comunicazione istituzionale – spiega il Presidente – è indispensabile sottolineare la netta differenza tra l’incremento percentuale dei nuovi casi ed il loro aumento in termini assoluti. Altrimenti, si finisce per “torturare i numeri sino a farli confessare”, enfatizzando timidi miglioramenti per limitare restrizioni e legittimare riaperture». Infatti, se nell’ultima settimana si registra un’ulteriore riduzione dell’incremento percentuale dei nuovi casi (dal 31% al 24,4%), questi sono comunque aumentati di 242.609 rispetto alla settimana precedente (figura 1). Infatti, se da un lato in tutte le Regioni, eccetto la Puglia, si riduce l’incremento percentuale dei casi, dall’altro i casi attualmente positivi aumentano ovunque tranne che in Valle D’Aosta (tabella).
«Le misure di contenimento introdotte – spiega il Presidente – non hanno affatto “appiattito” la curva dei contagi che continua a salire, seppure con velocità ridotta, analogamente a quella dei ricoverati con sintomi e delle terapie intensive. Il contagio, in sostanza, è come un’automobile che, dopo avere accelerato la corsa per settimane (incremento percentuale dei casi), ora viaggia ad una velocità molto elevata ma costante (numero di casi settimanali), nonostante abbia ridotto l’accelerazione».
La riduzione dell’incremento percentuale si intravede anche sul numero dei pazienti ricoverati con sintomi e, in misura minore, sulle terapie intensive: «Tuttavia – puntualizza Cartabellotta – non conoscendo i flussi dei pazienti in entrata e in uscita, non si può escludere che questo dato sia influenzato dall’effetto saturazione dei posti letto che nelle terapie intensive purtroppo causano un incremento della letalità». In ogni caso, la soglia di occupazione del 40% definita dal Ministero della Salute per pazienti COVID nei reparti di area medica è stata superata in 15 Regioni (figura 2) e quella del 30% nelle terapie intensive in 17 (figura 3). Se le rispettive medie nazionali hanno raggiunto il 51% e il 42%, in diverse Regioni i valori sono molto più elevati e alcuni ospedali sono allo stremo anche perché, aggiunge Cartabellotta «i pazienti COVID stanno progressivamente “cannibalizzando” i posti letto di altri reparti limitando la capacità di assistere pazienti con altre patologie».
«L’incremento dei decessi – spiega Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – mantiene invece un trend esponenziale, facendo registrare un +41,7% rispetto alla settimana precedente. Tale incremento è destinato ad aumentare nelle prossime settimane, perché l’effetto delle misure restrittive riduce prima gli indici di contagio (Rt, incremento percentuale dei casi), poi i ricoveri e le terapie intensive, e solo da ultimo i decessi».
«Se da lato i rallentamenti dell’ultima settimana rappresentano indubbiamente un segnale positivo – conclude Cartabellotta – dall’altro è fondamentale rilevare che le curve dei casi attualmente positivi, di ricoveri, terapie intensive e, soprattutto, dei decessi continuano a salire (figura 4). In questo scenario, tenendo conto dell’attuale livello di sovraccarico di ospedali e terapie intensive e della crescita esponenziale dei decessi, ipotizzare un allentamento delle misure con l’obiettivo di salvare il Natale, rischia di avere conseguenze molto gravi, sia in termini di salute delle persone che di vite umane».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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12 novembre 2020
Coronavirus: 2.918 decessi in una settimana, terapie intensive sopra soglia di saturazione in 11 regioni, impennata di contagi tra il personale sanitario. Serve cambio di rotta si criteri di monitoraggio e dati open
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE RILEVA NELLA SETTIMANA 4-10 NOVEMBRE, RISPETTO ALLA PRECEDENTE, UN AUMENTO DI OLTRE 235 MILA CASI E 590 MILA ATTUALMENTE POSITIVI. SALGONO A 28.633 I PAZIENTI RICOVERATI E A 2.971 QUELLI IN TERAPIA INTENSIVA CON SOGLIE DI SATURAZIONE DEGLI OSPEDALI SUPERATE IN 11 REGIONI. NEGLI ULTIMI 30 GIORNI CONTAGIATI OLTRE 19 MILA OPERATORI SANITARI. LA FONDAZIONE GIMBE, IN AUDIZIONE ALLA CAMERA, CHIEDE LA REVISIONE DEL SISTEMA DI MONITORAGGIO E RIBADISCE LA NECESSITÀ DI RENDERE ACCESSIBILI TUTTI I DATI DETTAGLIATI E INTEROPERABILI IN FORMATO APERTO.
12 novembre 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE conferma nella settimana 4-10 novembre, rispetto alla precedente, l’incremento nel trend dei nuovi casi (235.634 vs 195.051), sia per il lieve aumento dei casi testati (872.026 vs 817.717), sia per l’incremento del rapporto positivi/casi testati (27% vs 23,9%) (figura 1).
Figura 1. Trend settimanale dei nuovi casi e del rapporto positivi/casi testati
Crescono del 41,1% i casi attualmente positivi (590.110 vs 418.142) e, sul fronte degli ospedali, si registra un ulteriore aumento dei pazienti ricoverati con sintomi (28.633 vs 21.114) e in terapia intensiva (2.971 vs 2.225); incrementano del 70% i decessi (2.918 vs 1.712) (figura 2).
Figura 2. Trend settimanale di casi attualmente positivi, pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva e deceduti
In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 2.918 (+70,4%)
- Terapia intensiva: +746 (+33,5%)
- Ricoverati con sintomi: +7.519 (+35,6%)
- Nuovi casi: 235.634 (+31%)
- Casi attualmente positivi: +171.968 (+41,1%)
- Casi testati +54.309 (+6,6%)
- Tamponi totali: +121.410 (+9,1%)
«Nell’ultima settimana – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si conferma l’incremento di oltre il 40% dei casi attualmente positivi che si riflette sul numero dei pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva, con gli ospedali sempre più vicini alla saturazione, oltre che sul numero di decessi, che nell’ultima settimana hanno superato quota 2.900».
Rispetto alla settimana precedente in quasi tutte le Regioni si rileva un lieve rallentamento dell'incremento percentuale dei casi che potrebbe dipendere sia dall’effetto delle misure di contenimento introdotte a fine ottobre, sia dalla saturazione della capacità di testing, visto che i casi attualmente positivi continuano ad aumentare ovunque. Destano particolare preoccupazione i tassi di occupazione ospedalieri: in 11 Regioni è stata superata la soglia di saturazione del 40% dei posti letto in area medica e in altre 11 Regioni quella del 30% per le terapie intensive (tabella).
Altro dato critico sulla gestione e sull’evoluzione dell’epidemia è il numero degli operatori sanitari contagiati dal momento che «negli ultimi 30 giorni – spiega il Presidente – si sono verificati 19.217 contagi, rispetto ai 1.650 dei 30 giorni precedenti. Oltre al rischio di focolai ospedalieri, in RSA e in ambienti protetti, preoccupa l’impatto sul personale sanitario, già in carenza di organico oltre che provato dalla prima ondata» (figura 3).
Figura 3. Trend dei contagi tra gli operatori sanitari
Il monitoraggio GIMBE della seconda ondata è stato oggetto lo scorso 10 novembre di un’audizione presso la XII Commissione Affari Sociali della Camera, dove il Presidente ha innanzitutto ribadito la necessità di rendere disponibili in formato aperto, dettagliati e interoperabili tutti i dati, richiamando la campagna #datiBeneComune. Quindi ha rilevato le criticità tecniche dell’attuale sistema di monitoraggio della pandemia che informa le scelte di Governo: dalla limitata tempestività - dovuta ai tempi di consolidamento dei dati e ai crescenti ritardi di notifica da parte delle Regioni - che favorisce la corsa del virus, alla qualità e completezza dei dati regionali, dalla complessità tecnica al peso eccessivo attribuito all’indice Rt.
«L’attribuzione dei colori alle Regioni – ha spiegato Cartabellotta – viene effettuata utilizzando due parametri principali: lo scenario identificato dai valori dell’indice Rt e la classificazione del rischio attraverso i 21 indicatori del DM 30 aprile 2020. Tuttavia, il valore di Rt è inappropriato per informare decisioni rapide perché, oltre ad essere stimato sui contagi di 2-3 settimane fa, presenta numerosi limiti». In particolare, Rt:
- viene stimato solo sui casi sintomatici, circa 1/3 dei casi totali
- si basa sulla data inizio sintomi che molte Regioni non comunicano per il 100% dei casi, determinando una sottostima dell’indice
- è strettamente dipendente dalla qualità e tempestività dei dati inviati dalle Regioni
- quando i casi sono pochi, rischia di sovrastimare la diffusione del contagio
«In questa fase di drammatica crescita dei contagi, rapida saturazione degli ospedali e impennata dei decessi – conclude Cartabellotta – il sistema di monitoraggio che informa le decisioni politiche secondo il DPCM del 3 novembre 2020 non è uno strumento decisionale adeguato. È tecnicamente complesso, soggetto a numerosi “passaggi” istituzionali, risente di varie stratificazioni normative, attribuisce un ruolo preponderante all’indice Rt che presenta numerosi limiti e, soprattutto, fotografa un quadro relativo a 2-3 settimane prima. Ovvero, usando lo specchietto retrovisore, invece del “binocolo, si rallenta la tempestività e l’entità delle misure per contenere la curva epidemica. Senza un immediato cambio di rotta sui criteri di valutazione e sulle corrispondenti restrizioni, solo un lockdown totale potrà evitare il collasso definitivo degli ospedali e l’eccesso di mortalità, anche nei pazienti non COVID-19».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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5 novembre 2020
Coronavirus: continua l'ascesa dei contagi, ospedali prossimi alla saturazione. I DPCM si rincorrono senza una strategia a lungo termine
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE RILEVA NELLA SETTIMANA 28 OTTOBRE – 3 NOVEMBRE, RISPETTO ALLA PRECEDENTE, UN AUMENTO OLTRE 195 MILA CASI E DI 1.712 DECESSI. CON 21.114 RICOVERATI CON SINTOMI E 2.225 IN TERAPIA INTENSIVA GLI OSPEDALI SI AVVICINANO ALLE SOGLIE DI SATURAZIONE, MENTRE IL BACINO DI “ATTUALMENTE POSITIVI” SUPERA QUOTA 418 MILA. IL GOVERNO CONTINUA AD INSEGUIRE I NUMERI DEL CONTAGIO CON DPCM SETTIMANALI TRA I MALUMORI DELLE REGIONI PER L’ASSEGNAZIONE DEL LIVELLO DI RISCHIO. LA FONDAZIONE GIMBE, IN AUDIZIONE AL SENATO, CHIEDE DI RENDERE DISPONIBILI TUTTI I DATI DELL’EPIDEMIA, SOPRATTUTTO QUELLI CHE INFORMANO I COLORI DA ASSEGNARE ALLE REGIONI.
5 novembre 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE conferma nella settimana 28 ottobre-3 novembre, rispetto alla precedente, l’incremento esponenziale nel trend dei nuovi casi (195.051 vs 130.329), in parte per l’aumento dei casi testati (817.717 vs 722.570), ma soprattutto per l’ulteriore incremento del rapporto positivi/casi testati (23,9% vs 18%) (figura 1). Crescono del 63,9% i casi attualmente positivi (418.142 vs 255.090) e, sul fronte degli ospedali, si rileva un ulteriore aumento dei pazienti ricoverati con sintomi (21.114 vs 13.955) e in terapia intensiva (2.225 vs 1.411). Incrementano del 72% i decessi (1.712 vs 995) (figura 2). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 1.712 (+72,1%)
- Terapia intensiva: +814 (+57,7%)
- Ricoverati con sintomi: +7.159 (+51,3%)
- Nuovi casi: 195.051 (+49,7%)
- Casi attualmente positivi: +163.052 (+63,9%)
- Casi testati +95.147 (+13,2%)
- Tamponi totali: +163.945 (+14%)
Figura 1. Trend settimanale dei nuovi casi e del rapporto positivi/casi testati
Figura 2. Trend settimanale di casi attualmente positivi, pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva e deceduti
«Nell’ultima settimana – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si conferma l’incremento di oltre il 60% dei casi attualmente positivi che si riflette sul numero dei pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva, portando gli ospedali verso la saturazione. Questo impatta anche sul numero di decessi, che nell’ultima settimana ha superato quota 1.700 con un trend che, con una settimana di ritardo, ricalca di fatto le altre curve. L’ulteriore incremento del rapporto positivi/casi testati, prossimo al 24%, certifica definitivamente il crollo dell’argine territoriale del testing & tracing».
La situazione nazionale rimane molto eterogenea con notevoli variabilità regionali. In generale, rispetto alla settimana precedente gli indicatori peggiorano in tutte le Regioni, ad eccezione dell’incremento percentuale dei casi che in alcune Regioni fa registrare lievissimi rallentamenti (tabella).
Tabella. Indicatori regionali settimana 28 ottobre - 3 novembre
I dati del monitoraggio GIMBE sono stati ieri oggetto di un’audizione presso la 12a Commissione Igiene e Sanità del Senato, dove il Presidente ha rimarcato la mancata accessibilità ai dati ufficiali grezzi. «Solo per il report giornaliero dei casi di COVID-19 – ha dichiarato Cartabellotta – i dati sono disponibili in formato open. Al contrario, per il sistema di sorveglianza nazionale integrata disponiamo solo dei report settimanali dell’Istituto Superiore di Sanità con dati in forma aggregata. Mai resi pubblici neppure i report sugli indicatori di monitoraggio della fase 2 della Cabina di Regia, utilizzati per guidare le misure restrittive». Per tali ragioni, la Fondazione GIMBE ha pubblicamente richiesto di:
- Includere nel report giornaliero dei casi di COVID-19 del Ministero della Salute il numero di contagi per Comune, oltre che i dettagli per Province e Comuni dei numeri relativi a isolamento domiciliare, ospedalizzati con sintomi, terapie intensive, guariti, deceduti, tamponi, casi testati.
- Rendere accessibile il database nazionale di sorveglianza integrata dell’Istituto Superiore di Sanità in formato open data.
- Rendere pubblici tutti i report dei 21 indicatori stabiliti dal D.M. 30 aprile 2020 utilizzati per il monitoraggio della fase 2, rendendo altresì accessibile il database in formato open data.
- Rendere espliciti e riproducibili i criteri per l’attribuzione del livello di rischio stabiliti dagli artt. 2 e 3 del DPCM 3 novembre 2020.
Particolarmente rilevante quest’ultimo punto che determina per le Regioni l’assegnazione dei tre colori, corrispondenti a livelli differenziati di misure restrittive. Il DPCM affida la decisione al Ministro della Salute sulla base del documento “Prevenzione e risposta a COVID-19”, dei dati elaborati dalla Cabina di Regia di cui al DM aprile 2020 e sentito il Comitato tecnico scientifico. Tuttavia al momento, precisa Cartabellotta «parametri e indicatori su cui si basa l’assegnazione dei “colori” non sono sufficientemente chiari e oggettivi da escludere valutazioni discrezionali, rischiando che il meccanismo delle chiusure e riaperture, lungi dall’essere automatizzato, richieda sempre e comunque un passaggio politico con le Regioni, come peraltro previsto dallo stesso DPCM che stabilisce che le ordinanze del Ministro della Salute siano emanate d’intesa con il presidente della Regione interessata».
«L’introduzione di misure proporzionate a differenti livelli di rischio regionale– conclude Cartabellotta – è totalmente condivisibile, anzi, ove necessario, bisognerebbe agire con misure più restrittive a livello di Provincia o Comune. Ma è indifferibile rendere pubblici i criteri per classificare il livello di rischio, anche per evitare continue negoziazioni tra Governo e Regioni che aggiungono ulteriori ritardi alla “non strategia” dei DPCM settimanali, concedendo un vantaggio sempre maggiore al virus. In ogni caso, manca una strategia a medio-lungo termine condivisa tra Governo e Regioni, in grado di potenziare adeguatamente i servizi sanitari e informare la popolazione, al momento chiamata a sottostare passivamente a nuove restrizioni settimanali che rendono incerta la quotidianità e alimentano preoccupazioni sul futuro»
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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29 ottobre 2020
Coronavirus: epidemia fuori controllo. Senza immediate chiusure locali, servirà un mese di lockdown nazionale.
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE RILEVA NELLA SETTIMANA 21-27 OTTOBRE, RISPETTO ALLA PRECEDENTE, AUMENTO DEL 108% DEI DECESSI E DELL’89% DEI NUOVI CASI. SUL FRONTE OSPEDALIERO +5.501 RICOVERI E +541 IN TERAPIA INTENSIVA CON UN TEMPO DI RADDOPPIAMENTO DI CIRCA 10 GIORNI E UNA STIMA DI OLTRE 30.000 RICOVERI E PIÙ DI 3.000 TERAPIE INTENSIVE OCCUPATE ALL’8 NOVEMBRE. DATI ED EVIDENZE SCIENTIFICHE DIMOSTRANO CHE LE MISURE DEI TRE DPCM SONO INSUFFICIENTI E TARDIVE E CHE I VALORI DI RT SOTTOSTIMANO AMPIAMENTE LA VELOCITÀ CON CUI SI DIFFONDE IL VIRUS.
29 ottobre 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE conferma nella settimana 21-27 ottobre, rispetto alla precedente, l’incremento esponenziale nel trend dei nuovi casi (130.329 vs 68.982), in parte per l’aumento dei casi testati (722.570 vs 630.929), ma soprattutto per il netto incremento del rapporto positivi/casi testati (18% vs 10,9%) (figura 1). Crescono di oltre 112.000 i casi attualmente positivi (255.090 vs 142.739) e, sul fronte degli ospedali, si rileva un costante aumento dei pazienti ricoverati con sintomi (13.955 vs 8.454) e in terapia intensiva (1.411 vs 870). Più che raddoppiati i decessi (995 vs 459) (figura 2). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
Figura 1. Trend settimanale dei nuovi casi e del rapporto positivi/casi testati
Figura 2. Trend settimanale di casi attualmente positivi, pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva e deceduti
- Decessi: 955 (+108,1%)
- Terapia intensiva: +541 (+62,2%)
- Ricoverati con sintomi: +5.501 (+65,1%)
- Nuovi casi: 130.329 (+88,9%)
- Casi attualmente positivi: +112.351 (+78,7%)
- Casi testati +91.641 (+14,5%)
- Tamponi totali: +147.423 (+14,4%)
«I dati dell’ultima settimana – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – documentano il crollo definitivo dell’argine territoriale del testing & tracing, confermano un incremento di oltre il 60% dei pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva e fanno registrare un raddoppio dei decessi. In alcune aree del Paese non è più procrastinabile il lockdown totale per arginare il contagio diffuso e ridurre la pressione sugli ospedali». In generale, i principali indicatori peggiorano in tutte le Regioni, fatta eccezione per il modesto incremento dei casi testati (tabella).
Tabella. Indicatori regionali settimana 21-27 ottobre
«Al di là dei numeri assoluti – spiega il Presidente – preoccupano i trend esponenziali con cui aumentano i pazienti ospedalizzati e in terapia intensiva, con un tempo di raddoppiamento di circa 10 giorni da 3 settimane consecutive». Secondo Enrico Bucci, professore aggiunto SHRO, Temple University «mantenendo questi trend di crescita, all’8 novembre si stimano 31.400 (IC 95%: 30.000-33.000) ricoverati con sintomi e 3.310 (IC 95%: 3.200-3.400) in terapia intensiva; numeri che potrebbero ridursi per l’eccesso di letalità da sovraccarico ospedaliero». Infatti, superando il limite del 30% dei posti letto occupati da pazienti COVID-19, dopo la cancellazione di interventi chirurgici programmati e prestazioni sanitarie differibili, si assisterà inevitabilmente all’incremento della mortalità, non solo COVID-19 correlata.
«Vero è – continua Cartabellotta – che sono state introdotte progressive restrizioni da parte di Governo e Regioni, ma il loro effetto sulla flessione della curva dei contagi sarà minimo, sia perché le misure non sono state “tarate” su modelli predittivi a 2 settimane, sia perché le blande misure dei primi due DPCM sono già state neutralizzate dalla crescita esponenziale della curva epidemica».
L’impatto dell’introduzione di differenti misure di contenimento sul valore di Rt è oggetto di un recente studio - pubblicato su Lancet Infectious Diseases da ricercatori dell’Università di Edimburgo - che ha analizzato dati da 131 Paesi. «In relazione ai risultati ottenuti dall’introduzione di ciascuna misura di contenimento – spiega Renata Gili, responsabile della Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – è stata stimata l’efficacia sul valore di Rt di quattro possibili gruppi di interventi a 7, 14 e 28 giorni. Se da un lato gli effetti dipendono dal numero e dalla tipologia di restrizioni, dall’altro non sono affatto immediati. Infatti, per dimezzare il valore di Rt servono 28 giorni di lockdown totale, tempi che in Italia potrebbero dilatarsi ulteriormente per il ritardo sempre maggiore nella notifica dei casi».
Considerato che le misure introdotte con il DPCM del 24 ottobre includono divieto di eventi pubblici e assembramenti, invito allo smart working e didattica a distanza nelle scuole secondarie di secondo grado per almeno al 75% delle attività, è possibile stimare a 14 giorni una riduzione del valore di Rt di circa il 20-25%, totalmente insufficiente per piegare la curva dei contagi e arginare il sovraccarico degli ospedali. «Peraltro – spiega Cartabellotta – l’indice Rt oggi sottostima ampiamente la velocità di diffusione del virus perché, oltre ad essere calcolato solo sui casi sintomatici (circa 1/3 del totale dei contagiati), si basa su dati relativi a due settimane prima e pubblicati dopo circa 10 giorni. In altri termini, le decisioni vengono prese sulla base di un Rt che riflette contagi di circa un mese fa». Secondo quanto pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità il 23 ottobre, infatti, l’indice Rt medio di 1,50 (IC 95%: 1,09-1,75) è calcolato al 20 ottobre su dati riferiti al periodo 1-14 ottobre.
«L’epidemia già fuori controllo in diverse aree del Paese da oltre 3 settimane – conclude Cartabellotta – insieme al continuo tentennamento di Sindaci e Presidenti di Regioni nell’attuare lockdown locali stanno spingendo l’Italia verso la chiusura totale. Senza immediate chiusure in tutte le zone più a rischio, serviranno a breve almeno 4 settimane di lockdown nazionale per abbattere la curva dei contagi e permettere di assistere i pazienti in ospedale, al fine di evitare una catastrofe sanitaria peggiore della prima ondata. Perché questa volta, oltre al dilagare dei contagi anche nelle regioni del Sud, meno attrezzate dal punto di vista sanitario, abbiamo davanti quasi 5 mesi di stagione invernale con l’influenza in arrivo».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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22 ottobre 2020
Coronavirus: raddoppiano contagi e decessi, +66% ricoveri, +69% terapie intensive. Saltato l'argine del tracciamento
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE NELLA SETTIMANA 14-20 OTTOBRE RILEVA IL PEGGIORAMENTO DI TUTTI GLI INDICATORI DELL’EPIDEMIA E IL FALLIMENTO DELLE STRATEGIE DI TRACCIAMENTO IN QUASI IN TUTTE LE REGIONI. SE, COME RIBADITO DAL PREMIER CONTE, L’OBIETTIVO È DI TUTELARE SIA LA SALUTE CHE L’ECONOMIA, LA POLITICA PRENDA ATTO CHE LE MISURE INTRODOTTE DAI DUE DPCM, OLTRE ALLE NUOVE RESTRIZIONI IMPOSTE DA ALCUNE REGIONI, SONO INSUFFICIENTI E TARDIVE RISPETTO AL TREND DI CRESCITA DELLA CURVA EPIDEMICA. PER PREVENIRE SOVRACCARICO DI OSPEDALI E TERAPIE INTENSIVE E IL CONSEGUENTE INCREMENTO DELLA LETALITÀ SERVONO IMMEDIATAMENTE MISURE DI CONTENIMENTO PIÙ RIGOROSE NELLE AREE A MAGGIOR DIFFUSIONE DEL CONTAGIO AL FINE DI EVITARE UN NUOVO LOCKDOWN GENERALIZZATO.
22 ottobre 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 14-20 ottobre, rispetto alla precedente, un incremento esponenziale nel trend dei nuovi casi (68.982 vs 35.204) a fronte di un rilevante aumento dei casi testati (630.929 vs 505.940) e di un ulteriore netto incremento del rapporto positivi/casi testati (10,9% vs 7%). Dal punto di vista epidemiologico crescono i casi attualmente positivi (142.739 vs 87.193) e, sul fronte degli ospedali, si registra un’impennata dei pazienti ricoverati con sintomi (8.454 vs 5.076) e in terapia intensiva (870 vs 514). Più che raddoppiati i decessi (459 vs 216).
In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: 243 (+112,5%)
- Terapia intensiva: +356 (+69,3%)
- Ricoverati con sintomi: +3.378 (+66,5%)
- Nuovi casi: 33.778 (+95,9%)
- Casi attualmente positivi: +55.546 (+63,7%)
- Casi testati +124.989 (+24,7%)
- Tamponi totali: +202.871 (+24,8%)
«Con l’aumentare vertiginoso dei numeri – spiega Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – il dato nazionale non rende conto di marcate differenze regionali, oltre che provinciali, che indicano le aree che richiedono provvedimenti più restrittivi per circoscrivere tempestivamente tutti i focolai e arginare il contagio diffuso». Il report dei principali indicatori documenta un peggioramento in tutte le Regioni su tutti i fronti, fatta eccezione per il modesto incremento dei casi testati (tabella).
Indicatori regionali settimana 14-20 ottobre
Nuovi casi. Si sono registrati 33.778 nuovi casi, quasi il doppio rispetto alla settimana precedente (figura 1). A livello nazionale l’incremento percentuale dei casi totali è del 18,9%, con variazioni regionali che oscillano dal 7,8% della Provincia Autonoma di Trento al 44,9% della Campania.
Trend settimanale dei nuovi casi e del rapporto positivi/casi testati
Casi testati. Anche sul fronte della capacità di testing & tracing le performance regionali sono molto variabili: a fronte di una media nazionale di 1.045 casi testati per 100.000 abitanti, il numero varia dai 561 della Provincia Autonoma di Trento ai 1.832 del Lazio. «Il dato più allarmante – spiega il Presidente – è la brusca impennata del rapporto positivi/casi testati dal 7% al 10,9%, che certifica il fallimento del sistema di testing & tracing per arginare la diffusione dei contagi». Le notevoli variabilità regionali documentano che la “prima diga” è definitivamente saltata in alcune Regioni: ad esempio in Valle d’Aosta oltre un caso testato su 3 è positivo e in Liguria quasi 1 su 4 (figura 2).
Rapporto positivi/casi testati (14-20 ottobre)
«In questa fase di rapida risalita dei contagi – spiega Cartabellotta – piuttosto che contare i numeri del giorno, è fondamentale seguire la dinamica delle curve su base settimanale. Infatti, dal 6 ottobre si impenna il trend dei casi attualmente positivi, dei pazienti ricoverati con sintomi e di quelli in terapia intensiva, seguito una settimana dopo da quello dei decessi». In altri termini, anche se in termini di numeri assoluti cambia l’ordine di grandezza, l’andamento di tutte le curve è ormai molto simile (figura 3). In dettaglio:
Trend settimanale di casi attualmente positivi, pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva e deceduti
Casi attualmente positivi. Il raddoppio dei nuovi casi nelle ultime due settimane ha espanso in maniera rilevante il bacino dei casi attualmente positivi che hanno raggiunto il numero di 142.739. Al 20 ottobre, rispetto ad una media nazionale di 236 casi attualmente positivi per 100.000 abitanti, il range varia dai 64 della Calabria ai 577 della Valle D’Aosta.
Ricoveri e terapie intensive. Anche sul versante delle ospedalizzazioni il trend è diventato esponenziale: nella settimana 14-20 ottobre i pazienti ricoverati con sintomi sono aumentati del 66,5% (+3.378) e quelli in terapia intensiva del 69,3% (+356), con un rapporto costante di 10:1.
Decessi. Dopo un trend in lento ma costante incremento, nell’ultima settimana i pazienti deceduti sono più che raddoppiati, passando da 216 a 459, con un trend di crescita che si allinea a quello dei pazienti ospedalizzati e in terapia intensiva.
I dati confermano che i sistemi di tracciamento sono già saltati in gran parte del territorio nazionale e adesso l’obiettivo primario è prevenire il sovraccarico di ospedali e terapie intensive, al fine di contenere l’incremento della letalità.
«L’avvicendarsi di DPCM a cadenza settimanale – conclude Cartabellotta – e la parallela introduzione di ulteriori misure in alcune Regioni, dal coprifuoco alla chiusura dei centri commerciali nei weekend, dimostrano tuttavia che la politica non ha una vera strategia per contenere la seconda ondata. Se, come riferito dal premier Conte in Parlamento, l’obiettivo è quello di tutelare sia la salute che l’economia, Governo, Regioni ed Enti locali devono prendere atto che il virus corre sempre più veloce delle loro decisioni. Non si può continuare ad inseguirlo basandosi sui numeri del giorno che riflettono i contagi di 15 giorni prima, ma occorre guardare alla proiezione delle curve a 2 settimane per decidere immediatamente lockdown mirati, eventuali zone rosse locali e misure restrittive molto più rigorose».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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20 ottobre 2020
Coronavirus: Dpcm inseguono numeri del giorno con stillicidio di blande restrizioni. Ma senza anticipare il virus si va dritti al lockdown
LA RAPIDA IMPENNATA DELLA CURVA EPIDEMICA E LA SCELTA DI NON INTRODURRE MISURE PIÙ DRASTICHE PER TUTELARE L’ECONOMIA METTE IN LUCE LA “NON STRATEGIA” DIPIANIFICARE LE RESTRIZIONI SUI NUMERI DEL GIORNO REITERANDO MISURE TROPPO DEBOLI RISPETTO ALL’AVANZATA DEL VIRUS. L’OBIETTIVO DI RALLENTARELA CURVA EPIDEMICA È ILLUSORIO, PERCHÉ GLI EVENTUALI EFFETTI DELLE MISURE, NON VISIBILI PRIMA DI 2-3 SETTIMANE, SARANNO NEUTRALIZZATI DALLA VERTIGINOSA CRESCITA DEI CASI.
20 ottobre2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
Davanti ad una curva del contagio che s’impennaogni giorno di più e ospedali che si riempiono inesorabilmente, come in un déjà-vu nel giro di pochi giorni il Governo introduce ulteriori misure restrittive nel tentativo di frenare l’epidemia.
«La necessità di emanare due DPCM in una settimana – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – conferma che il contenimento della seconda ondataviene affidato alla valutazione dei numeri del giorno con la progressiva introduzione di misure troppo deboli per piegare una curva dei contagi in vertiginosa ascesa».
La prima componente della “non strategia” è farsi guidare dai numeri del giorno per definire l’entità delle misure di contenimento, senza considerare le dinamiche attuali dell’epidemia, molto diverse da quelle della prima ondata. Questo favorisce inesorabilmente l’ascesa dei contagi e vanifica gli effetti delle misure per varie ragioni:
- I numeri riportati quotidianamente dalbollettino della Protezione Civile non rispecchiano affattoi casi del giorno perché dal contagio alla notifica intercorre un ritardo medio di 15 giorni, in quanto:
- Il tempo medio tra contagio e comparsa dei sintomi è di 5 giorni (range 2-14 giorni).
- Secondo l’Istituto Superiore di Sanità il tempo mediano tra inizio dei sintomi e prelievo/diagnosi è di 3 giorni (settimana 7-13 ottobre), ma potrebbe allungarsi considerando i tempi di analisi di laboratorio e di refertazione. Peraltro, per i casi asintomatici non è noto perché la tempestività nella richiesta del tampone dipende dall’efficacia dell’attività di testing & tracing.
- La comunicazione dei nuovi casi dalle Regioni alla Protezione Civile non avviene in tempo reale:ad esempio, nella settimana 5-11 ottobre meno di un terzo dei casi è stato notificato entro 2 giorni dalla diagnosi, il 54% tra 3 e 5 giorni e il 14% dopo oltre 6 giorni; peraltro tale ritardo aumenta progressivamente per il crescente numero di casi.
- La curva dei contagi ha ormai assunto un trend esponenziale: nella settimana 13-19 ottobre il numero dei casi attualmente positivi è salito da 82.764 a 134.003 (+53,7%) eil rapporto positivi/casi testati in una settimana è cresciuto dal6,4% al 10,4%. Trend che si riflettonosia sul numero dei pazienti ricoverati con sintomi, aumentati negli ultimi 7 giorni da 4.821 a 7.676(+59,2%) e di quelli in terapia intensiva da 452 a 797 (+76,3%)con segnali di sovraccarico in diverse Regioni, sia sul progressivo aumento della letalità.
- L’affanno del sistema di testing & tracing aumenta la probabilità di sottostimare i casi, perché l’espansione del bacino di asintomatici non isolati accelera ulteriormente la diffusione del contagio.
- Gli effetti delle misure restrittive,non valutabili prima di 2-3 settimane,saranno verosimilmente neutralizzati dal trend di crescita della curva epidemica.
La seconda componente è il mancato allineamento tra le misure dei due DPCM e quanto previsto dalla circolare del 12 ottobre del Ministero della Salute. Nel documento “Prevenzione e risposta a COVID-19” vengono delineati quattro scenari di evoluzione dell’epidemia in relazione a diversi livelli di rischio accompagnati da relative misure da attuare nei vari settori. «Considerato che diverse Regioni – spiega il Presidente – sono ormai nella fase di rischio alto/molto alto, è inspiegabile che le misure raccomandate non siano state introdotte dal nuovo DPCM, che ha seguito le indicazioni del Comitato Tecnico Scientifico, né attuate dalle Regioni, che hanno partecipato alla stesura del documento».
La terza componente della “non strategia” è il mancato approccio di sistema basato su responsabilità e alleanza tra politica e cittadini, oltre che sull’efficienza dei servizi sanitari.«Numeri a parte – precisa Cartabellotta –il contenimento della seconda ondata doveva inevitabilmentepoggiare, già alla fine del lockdown, su tre pilastri integrati: massima aderenza della popolazione ai comportamenti raccomandati, potenziamento dei servizi sanitari territoriali e ospedalieri e collaborazione in piena sintonia tra Governo, Regioni ed Enti locali».
«Non essere riusciti a prevenire la risalita della curva epidemica quando avevamo un grande vantaggio sul virus– conclude Cartabellotta –oggi impone la necessità di misure di contenimento in grado di anticipare il virus. Tali misure devono essere pianificate su modelli predittivi ad almeno 2-3 settimane, perché la “non strategia” di inseguire i numeri del giorno con uno stillicidio di DPCM che, settimana dopo settimana, impongono la continua necessità di riorganizzarsi su vari fronti,spingerà inevitabilmente il Paese proprio verso quel nuovo lockdown che nessuno vuole e che non possiamo permetterci».
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15 ottobre 2020
Coronavirus: raddoppio dei contagi, +40% ricoveri, +61% terapie intensive. Integrare misure Dpcm con lockdown mirati
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE NELLA SETTIMANA 7-13 OTTOBRE DOCUMENTA NUMERI IN AUMENTO SU TUTTI I FRONTI. CON UNA SIMILE IMPENNATA DELLA CURVA DEI CONTAGI, RICOVERI OSPEDALIERI E TERAPIE INTENSIVE, LE MISURE DEL NUOVO DPCM SONO INSUFFICIENTI A CONTENERE IL VIRUS IN ALCUNE AREE DEL PAESE. GIMBE LANCIA UN APPELLO ALLA COLLABORAZIONE TRA PRESIDENTI DELLE REGIONI E SINDACI DEI COMUNI: INTERVENIRE TEMPESTIVAMENTE CON MISURE RESTRITTIVE LOCALI PER CIRCOSCRIVERE I FOCOLAI, NON PERDERE IL CONTROLLO DELLA CURVA EPIDEMICA E PREVENIRE IL SOVRACCARICO DEGLI OSPEDALI, ANTICAMERA DI LOCKDOWN PIÙ ESTESI.
15 ottobre 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 7-13 ottobre, rispetto alla precedente, un incremento esponenziale nel trend dei nuovi casi (35.204 vs 17.252) a fronte di un moderato aumento dei casi testati (505.940 vs 429.984) e di un netto incremento del rapporto positivi/casi testati (7% vs 4%). Dal punto di vista epidemiologico crescono i casi attualmente positivi (87.193 vs 60.134) e, sul fronte degli ospedali, impennata dei pazienti ricoverati con sintomi (5.076 vs 3.625) e in terapia intensiva (514 vs 319). Crescita costante anche sul fronte dei decessi (216 vs 155).
In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: +61 (+39,4%)
- Terapia intensiva: +195 (+61,1%)
- Ricoverati con sintomi: +1.451 (+40%)
- Nuovi casi: +35.204 (+104,1%)
- Casi attualmente positivi: +27.059 (+45%)
- Casi testati +75.956 (+17,7%)
- Tamponi totali: +102.881 (+14,4%)
«Nell’ultima settimana – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si rileva un raddoppio dei nuovi casi, a conferma di un incremento esponenziale che si riflette anche sulla curva di pazienti ospedalizzati con sintomi e in terapia intensiva. Inoltre, con il netto aumento dei casi si rendono molto più evidenti le numerose variabilità regionali, oltre che provinciali». Per tale ragione, il monitoraggio GIMBE si arricchisce di una sintesi dei principali indicatori per comprendere dinamiche e numeri dell’epidemia nelle diverse Regioni (tabella).
Tabella. Indicatori regionali settimana 7-13 ottobre
Nuovi casi. Si sono registrati 35.204 nuovi casi, più del doppio rispetto alla settimana precedente (figura 1). A livello nazionale l’incremento percentuale dei casi totali è del 10,7%, con variazioni regionali che oscillano dal 4% della Provincia Autonoma di Trento al 30,9% dell’Umbria.
Casi testati. Anche sul fronte della capacità di testing & tracing le performance regionali sono molto variabili: a fronte di una media nazionale di 838 casi testati per 100.000 abitanti, il numero varia dai 523 delle Marche ai 1.276 della Toscana. L’incremento del rapporto positivi/casi testati passa dal 4% al 7% (figura 1), a conferma che il virus circola in maniera sempre più sostenuta. Il valore superiore al 6% in quasi tutte le Regioni dimostra un sovraccarico nel tracciamento e isolamento dei focolai e richiede un potenziamento urgente dei servizi territoriali deputati alle attività di testing & tracing. Rispetto ad una media nazionale del 7% il range varia dal 2% della Calabria al 16,4% della Valle D’Aosta.
Figura 1. Trend settimanale dei nuovi casi e del rapporto positivi/casi testati
Casi attualmente positivi. L’impennata dei contagi ha determinato un’espansione a macchia d’olio dei casi attualmente positivi che hanno raggiunto il numero di 87.193 (figura 2). Al 13 ottobre, rispetto ad una media nazionale di 144 casi attualmente positivi per 100.000 abitanti, il range varia dai 41 della Calabria ai 205 della Valle D’Aosta.
Figura 2. Trend settimanale dei casi attualmente positivi
Ricoveri e terapie intensive. Anche sul versante delle ospedalizzazioni s’impenna la curva sia dei ricoveri che delle terapie intensive, aumentati rispettivamente di 1.451 (+40%) e di 195 unità (+61,1%) (figura 3 e 4). La percentuale complessiva di pazienti ospedalizzati sul totale dei casi attualmente positivi, rispetto ad una media nazionale del 6,4%, oscilla dal 2,6% del Friuli-Venezia Giulia al 10,2% della Liguria.
Figura 3. Trend settimanale pazienti ricoverati con sintomi
Figura 4. Trend settimanale pazienti in terapia intensiva
Decessi. Nell’ultimo mese si è delineato un trend in lento ma costante incremento dei pazienti deceduti: da 70 a 216 per settimana.
«Con l’aumentare vertiginoso dei numeri – spiega Cartabellotta – il dato nazionale non rende conto delle marcate differenze regionali e provinciali che richiedono provvedimenti più restrittivi al fine di circoscrivere tempestivamente tutti i focolai e arginare il contagio diffuso». Ad esempio, nella settimana 7-13 ottobre l’incidenza di nuovi casi per 100.000 abitanti, rispetto a una media nazionale di 58,3, è superiore a 100 in due Regioni - Valle d’Aosta (141,6) e Liguria (113,1) – e in 6 province: Belluno (181,3), Genova (144,7), Arezzo (129), Pisa (125,3), Prato (125,3), Napoli (110,3).
«Gli effetti delle misure del nuovo DPCM – conclude Cartabellotta – oltre a non poter essere valutati prima di 3 settimane, saranno in parte neutralizzati dall’incremento esponenziale dei contagi e dall’ulteriore sovraccarico dei servizi sanitari dovuto alla stagione influenzale. Ecco perché la Fondazione GIMBE si appella al senso di responsabilità ed alla massima collaborazione tra Presidenti di Regioni e amministratori locali, sindaci in primis: intervenire tempestivamente con misure restrittive locali, compresi lockdown mirati, per spegnere i focolai, arginare il contagio diffuso e prevenire il sovraccarico degli ospedali. Altrimenti, persistendo i trend delle ultime settimane - secondo gli scenari previsti dalla nuova circolare del Ministero della Salute - il rischio di restrizioni più ampie (lockdown incluso) è dietro l’angolo».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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13 ottobre 2020
Coronavirus, tamponi: tallone d'Achille delle strategie per prevenire la seconda ondata
DAVANTI ALL’IMPENNATA DEI CASI NUOVE RESTRIZIONI DAL GOVERNO CHE CHIEDE ANCORA UNA VOLTA SACRIFICI AI CITTADINI. TUTTAVIA LA FONDAZIONE GIMBE DOCUMENTA CHE NELLA FASE DI LENTA RISALITA DEI CONTAGI I SERVIZI SANITARI TERRITORIALI, NONOSTANTE LE RISORSE ASSEGNATE DAL DECRETO RILANCIO, NON SONO STATI POTENZIATI NELLE CAPACITÀ DI TESTING & TRACING. E ORA, CON L’AUMENTO DEI CASI, IN ALCUNE REGIONI IL SOVRACCARICO SI RIFLETTE SULL’INCREMENTO DEI RICOVERI. NONOSTANTE L’APPARENTE POTENZIAMENTO DOVUTO ALLE NUOVE MISURE, IL NUMERO DI TAMPONI RIMANE ANCORA LARGAMENTE INSUFFICIENTE.
13 ottobre 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
L’impennata dei nuovi casi dell’ultima settimana, quasi raddoppiati rispetto alla precedente (29.621 vs 15.459), ha spinto il Governo a prendere provvedimenti per tentare di arginare la nuova ondata di contagi. Da un lato le misure restrittive previste dal nuovo DPCM, dall’altro quelle sanitarie incluse nell’ultima circolare del Ministero della Salute “Prevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale”. Si tratta di un piano molto articolato che delinea quattro scenari di evoluzione dell’epidemia in relazione a diversi livelli di rischio e le conseguenti misure, che nello scenario peggiore prevedono un nuovo lockdown nazionale.
«In un momento cruciale per l’evoluzione del quadro epidemico e, di fatto, per il futuro del Paese, la Fondazione GIMBE – afferma il Presidente Nino Cartabellotta – impegnata nel monitoraggio indipendente della pandemia sin dal suo esordio, sente il dovere civico di analizzare numeri e dinamiche che indicano nell’insufficiente capacità di tracciamento dei nuovi casi una delle determinanti del progressivo incremento dei casi iniziato a fine luglio, che dopo un mese ha innescato l’aumento dei ricoveri, e dopo circa 2 mesi quello dei decessi».
I numeri sui tamponi
- In Italia, dall’inizio della pandemia all’11 ottobre sono stati effettuati 12.564.713 tamponi. Tuttavia solo dal 19 aprile è possibile scorporare dal totale il numero dei casi testati, ovvero i soggetti sottoposti al test per confermare/escludere l’infezione da SARS-CoV-2, escludendo i tamponi ripetuti sulla stessa persona per confermare la guarigione virologica (almeno 2 finora) o per altre motivazioni.
- Sino alle riaperture del 3 giugno il numero medio dei casi testati si è mantenuto stabile intorno ai 35.000/die, per poi scendere successivamente intorno ai 25.000/die. Solo a partire dalla metà di agosto, a seguito della risalita dei casi, è stato incrementato sino a raggiungere i 67.000/die nella settimana 5-11 ottobre (figura 1).
Figura 1. Trend settimanali numero tamponi totali e casi testati (media giornaliera)
- Tale incremento presenta differenze regionali molto evidenti, se parametrato alla popolazione residente: nel periodo 12 agosto–11 ottobre, rispetto ad una media nazionale di 5.360 casi testati per 100.000 abitanti, il range varia dai 3.232 della Sicilia ai agli 8.002 del Lazio (figura 2).
Figura 2. Casi testati per 100.000 abitanti (12 agosto-11 ottobre)
- Le attività di testing non sono state potenziate in misura proporzionale all’aumentata circolazione del virus, determinando un netto incremento del rapporto positivi/casi testati a livello nazionale che da metà luglio a metà agosto è salito dallo 0,8% all’1,9%, per raggiugere nella settimana 5-11 ottobre il 6,2% con notevoli variazioni regionali: dall’1,7% della Calabria al 14% della Valle d’Aosta (figura 3).
Figura 3. Rapporto positivi/casi testati (5-11 ottobre)
- Le Regioni, rispetto ai laboratori accreditati elencati nella circolare del Ministero della Salute del 3 aprile 2020, ne hanno quasi raddoppiato il numero (da 152 a 270), anche con l’accreditamento di laboratori privati (tabella). Tuttavia, non sono note né la quantità di tamponi che i singoli laboratori possono processare quotidianamente, né informazioni quantitative sul personale impegnato sul territorio nel prelievo dei campioni. Peraltro, le criticità organizzative osservate in questi giorni (es. inaccettabili code e assembramenti per eseguire il tampone o numeri telefonici dedicati a cui non risponde nessuno) oltre ai disagi possono generare ritardi diagnostici nei pazienti positivi con peggioramento degli esiti clinici.
«Osservando il progressivo incremento dei nuovi casi – spiega Cartabellotta – già da fine agosto la Fondazione GIMBE sollecitava le Regioni a potenziare le attività di testing & tracing, perché nella fase di lenta risalita della curva epidemica la battaglia con il virus si vince sul territorio». Purtroppo, i tamponi, per quanto modestamente potenziati, con l’impennata dei casi si sono rivelati un “collo di bottiglia” troppo stretto che ha favorito la crescita dei nuovi contagi che negli ultimi 10 giorni da lineare è diventata esponenziale.
Le soluzioni del Governo per potenziare la capacità di testing
- Singolo tampone per confermare la guarigione virologica: permetterà di “recuperare” un certo numero di tamponi, non quantificabili con precisione ma stimabili intorno ai 20.000/die, visto che quelli di controllo rappresentano circa il 40% del totale.
- Tamponi rapidi: oltre agli approvvigionamenti di alcune Regioni che si erano già mosse in autonomia, la richiesta pubblica di offerta del Commissario Arcuri, scaduta lo scorso 8 ottobre, prevede l’acquisto di 5 milioni di tamponi rapidi. Tuttavia ad oggi:
- non si conoscono né i tempi di approvvigionamento, né le tempistiche e i criteri di redistribuzione alle Regioni;
- alcune difficoltà ostacolano l’utilizzo immediato dei tamponi rapidi, sia negli ambulatori di medici e pediatri di famiglia spesso strutturalmente inadeguati a garantire percorsi dedicati per sospetti casi COVID, sia nelle scuole dove la figura del “medico/infermiere di plesso” non risulta ancora sistematicamente implementata, sia più in generale per la necessità di un adeguato training dei professionisti destinati ad utilizzarli (medici di famiglia, pediatri, infermieri scolastici, etc.) perché la probabilità di risultati falsamente negativi al tampone rapido aumenta in mani non esperte.
Tabella. Numero di laboratori accreditati per l’esecuzione dei tamponi molecolari
«Se le azioni messe in campo – puntualizza il Presidente – aumentano in termini assoluti la capacità di testing & tracing, l’aumentata disponibilità di tamponi molecolari e rapidi è ancora inadeguata sia per la crescita esponenziale dei nuovi casi, sia perché sarà in parte assorbita dalla diagnosi differenziale tra infezione da SARS-COV2 e influenza stagionale». In ogni caso siamo molto lontani dai numeri del cosiddetto “Piano Crisanti” elaborato la scorsa estate, che prevedeva 300.000 tamponi al giorno, sulla scia di quanto già proposto dalla Fondazione GIMBE il 7 maggio: 200-250 casi testati per 100.000 abitanti.
«Considerato che i numeri riflettono comportamenti sociali e azioni di contenimento relativi a 2-3 settimane precedenti – conclude Cartabellotta – gli effetti delle misure restrittive del nuovo DPCM non potranno essere immediate. In ogni caso, l’entità delle restrizioni stride con il mancato potenziamento dei servizi territoriali deputati al tracciamento, nonostante le risorse già assegnate dal Decreto Rilancio. Ancora una volta, i ritardi burocratici e i conflitti tra Governo e Regioni scaricano sui cittadini la responsabilità del controllo epidemico attraverso restrizioni delle libertà personali».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
CONTATTI: Fondazione GIMBE - Via Amendola 2 - 40121 Bologna - Tel. 051 5883920 - Fax 051 4075774
E-mail: ufficio.stampa@gimbe.org
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8 ottobre 2020
Coronavirus: schizzano i contagi, aumento costante di ospedalizzati e terapie intensive, primi effetti anche sui decessi
IL MONITORAGGIO DELLA FONDAZIONE GIMBE NELLA SETTIMANA 30 SETTEMBRE-6 OTTOBRE CONFERMA DINAMICHE DELL’EPIDEMIA MOLTO DIVERSE DALLO TSUNAMI DI MARZO-APRILE. IL PROGRESSIVO AUMENTO DEI CASI ATTUALMENTE POSITIVI HA PRIMA INNESCATO L’INCREMENTO DI PAZIENTI OSPEDALIZZATI CON SINTOMI E IN TERAPIA INTENSIVA, E ADESSO INIZIA A RIFLETTERSI ANCHE SUI DECESSI. PER CONTENERE LA NUOVA ONDATA, IN PARTICOLARE NELLE REGIONI DEL CENTRO-SUD, BEN VENGANO LE MASCHERINE ALL’APERTO, MA BISOGNA GIOCARE D’ANTICIPO SUL VIRUS SU TUTTI I FRONTI. INDIFFERIBILE POTENZIARE E UNIFORMARE TRA LE DIVERSE REGIONI GLI STANDARD DELL’ASSISTENZA SANITARIA TERRITORIALE E OSPEDALIERA, OLTRE CHE TROVARE UNA SOLUZIONE PER RIDURRE L’ELEVATO RISCHIO DI CONTAGIO SUI MEZZI PUBBLICI.
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 30 settembre-6 ottobre, rispetto alla precedente, un netto incremento nel trend dei nuovi casi (17.252 vs 12.114) a fronte di un numero di poco superiore di casi testati (429.984 vs 394.396), oltre a un rilevante aumento del rapporto positivi/casi testati (4% vs 3,1%). Dal punto di vista epidemiologico crescono i casi attualmente positivi (60.134 vs 50.630) e, sul fronte degli ospedali, aumentano i pazienti ricoverati con sintomi (3.625 vs 3.048) e in terapia intensiva (319 vs 271). Continuano a salire, seppur lentamente, anche i decessi (155 vs 137).
In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: +18 (+13,1%)
- Terapia intensiva: +48 (+17,7%)
- Ricoverati con sintomi: +577 (+18,9%)
- Nuovi casi: +17.252 (+42,4%)
- Casi attualmente positivi: +9.504 (+18,8%)
- Casi testati +35.588 (+9%)
- Tamponi totali: +63.351 (+9,7%)
«Nell’ultima settimana – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – la curva dei contagi si è impennata, in conseguenza del netto incremento del rapporto positivi/casi testati. Si conferma inoltre la crescita costante dei pazienti ospedalizzati con sintomi e di quelli in terapia intensiva». Da metà luglio i nuovi casi settimanali sono più che decuplicati (da poco oltre 1.400 a più di 17.000), con incremento del rapporto positivi/casi testati dallo 0,8% al 4% (figura 1). Tale dinamica ha generato il progressivo aumento dei casi attualmente positivi, quintuplicati da fine luglio: da 12.482 a 60.134 (figura 2).
Figura 1. Trend settimanale dei nuovi casi e del rapporto positivi/casi testati
Figura 2. Trend settimanale dei casi attualmente positivi
«L’incremento del rapporto positivi/casi testati – spiega il Presidente – conferma che il virus circola in maniera più sostenuta: per questo nelle Regioni dove supera il 5% è cruciale potenziare le attività di testing & tracing». Nella settimana 30 settembre-6 ottobre si tratta di Liguria (7,7%), Campania (6,3%), Provincia autonoma di Trento (6,8%), Piemonte (6,2%) e Valle d’Aosta (5,4%).
Sul versante delle ospedalizzazioni, da fine luglio si rileva un incremento dei pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva, che sono aumentati rispettivamente da 732 a 3.625 e da 49 a 319 (figura 3). «Se il dato nazionale – puntualizza Cartabellotta – non lascia intravedere alcun sovraccarico dei servizi ospedalieri, iniziano ad emergere differenze regionali rilevanti». In particolare al 6 ottobre ben 8 Regioni registrano tassi di ospedalizzazione per 100.000 abitanti superiori alla media nazionale di 6,5: Lazio (13,9), Liguria (13), Campania (9,2), Sardegna (8,8), Sicilia (7,9), Piemonte (7,1), Abruzzo e Puglia (6,6).
Figura 3. Trend settimanale pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva
«La composizione percentuale dei casi attualmente positivi – continua il Presidente – si mantiene costante dai primi di luglio: mediamente il 93-94% dei positivi sono in isolamento domiciliare perché asintomatici/oligosintomatici; il 5-6% ricoverati con sintomi e lo 0,5% in terapia intensiva. Tuttavia, anche per questo indicatore le differenze regionali accendono ulteriori spie rosse». In alcune Regioni, infatti, la percentuale dei casi ospedalizzati è nettamente superiore alla media nazionale del 6,6%: Sicilia (11,5%), Liguria (10,4%) Lazio (9,9%), Puglia (8,9%), Piemonte (8,6%), Abruzzo (8,2%), Basilicata (7,9%).
Anche sul versante dei decessi dai primi di settembre inizia a delinearsi un trend in lento ma costante incremento: il numero dei pazienti deceduti è aumentato da 46 a 155 per settimana (figura 4). In altri termini, spiega il Presidente «le dinamiche dell’epidemia, molto diverse dalla prima ondata, dimostrano che il progressivo incremento dei casi attualmente positivi iniziato a fine luglio, dopo un mese ha innescato l’incremento di pazienti ospedalizzati con sintomi e in terapia intensiva, e dopo 2 mesi, inizia a riflettersi anche sui decessi».
Figura 4. Trend settimanale pazienti deceduti
«L’obbligo delle mascherine anche all'aperto – conclude Cartabellotta – è una misura coerente con la rapida ascesa dei contagi, visto che non conosciamo ancora il reale impatto della riapertura delle scuole e quello dell’ulteriore sovraccarico dei servizi sanitari conseguente alla stagione influenzale. Tuttavia, per contenere la seconda ondata, in particolare nelle Regioni del centro-sud, la Fondazione GIMBE ribadisce la necessità di giocare d’anticipo sul virus su tutti i fronti: in particolare, è indifferibile potenziare e uniformare gli standard dell’assistenza sanitaria territoriale e ospedaliera, oltre che trovare una soluzione per ridurre l’elevato rischio di contagio sui mezzi pubblici».
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1 ottobre 2020
Coronavirus: il contagio continua a correre. Prime spie rosse al Centro-Sud
NELLA SETTIMANA 23-29 SETTEMBRE CONTINUANO A SALIRE I NUOVI CASI E SI AMPLIA ULTERIORMENTE IL BACINO DEI SOGGETTI ATTUALMENTE POSITIVI (50.630). NUMERI IN CRESCITA COSTANTE ANCHE SUL FRONTE OSPEDALIERO: +444 PAZIENTI RICOVERATI CON SINTOMI E +32 IN TERAPIA INTENSIVA. DAVANTI AI PRIMI SEGNI DI SOFFERENZA DEL SISTEMA DI TRACCIAMENTO DA PARTE DEI SERVIZI TERRITORIALI E DI SOVRACCARICO OSPEDALIERO, IN PARTICOLARE NELLE REGIONI DEL CENTRO-SUD, SERVONO MISURE URGENTI PER EVITARE DI MANDARE IN TILT I SERVIZI SANITARI REGIONALI.
1 ottobre 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 23-29 settembre, rispetto alla precedente, un ulteriore incremento nel trend dei nuovi casi (12.114 vs 10.907) a fronte di un lieve aumento dei casi testati (394.396 vs 385.324). Dal punto di vista epidemiologico crescono i casi attualmente positivi (50.630 vs 45.489) e, sul fronte degli ospedali, i pazienti ricoverati con sintomi (3.048 vs 2.604) e in terapia intensiva (271 vs 239). Aumentano anche i decessi (137 vs 105).
In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: +32 (+30,5%)
- Terapia intensiva: +32 (+13,4%)
- Ricoverati con sintomi: +444 (+17,1%)
- Nuovi casi: +12.114 (+11,1%)
- Casi attualmente positivi: +5.141 (+11,3%)
- Casi testati +9.072 (+2,4%)
- Tamponi totali: +20.344 (+3,2%)
«Nell’ultima settimana – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – continua l’ascesa della curva dei nuovi casi, principalmente per l’incremento del rapporto positivi/casi testati, oltre che, in misura minore, dei casi testati. Si conferma inoltre la crescita costante dei pazienti ospedalizzati con sintomi e di quelli in terapia intensiva». Da metà luglio i nuovi casi settimanali sono aumentati da poco più di 1.400 ad oltre 12.000, con incremento del rapporto positivi/casi testati dallo 0,8% al 3,1% (figura 1 in doc), mentre i casi attualmente positivi sono più che quadruplicati: da 12.482 a 50.630 (figura 2 in doc).
«L’aumento del rapporto positivi/casi testati – continua il Presidente – se da un lato conferma una circolazione più sostenuta del virus, indipendentemente dal numero di tamponi effettuati, dall’altro lascia intravedere le prime criticità in alcune Regioni, rendendo indifferibile un potenziamento della capacità di testing». In particolare, nella settimana 23-29 settembre, a fronte di una media nazionale del 3,1%, svettano i valori di Liguria (6,4%) e Campania (5,4%) (figura 3 in doc).
Sul versante delle ospedalizzazioni, si registra un incremento dei pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva, che in poco più di 2 mesi sono aumentati rispettivamente da 732 a 3.048 e da 49 a 271 (figura 4 in doc). «Se guardando al dato nazionale – puntualizza Cartabellotta – i numeri appaiono ancora bassi e non fanno registrare al momento particolari sovraccarichi dei servizi ospedalieri, iniziano ad emergere differenze regionali rilevanti». In particolare al 29 settembre ben 6 Regioni, quasi tutte del Centro-Sud, registrano tassi di ospedalizzazione per 100.000 abitanti superiori alla media nazionale di 5,5: Lazio (12,2), Liguria (10,6), Campania (7,8), Sardegna (7,4), Sicilia (6,2) e Puglia (5,6).
«Che la situazione nazionale sia sotto controllo – continua il Presidente – è documentato anche dalla composizione percentuale dei casi attualmente positivi che si mantiene costante dai primi di luglio. Mediamente il 93-94% dei contagiati sono in isolamento domiciliare perché asintomatici/oligosintomatici; il 5-6% sono ricoverati con sintomi e quelli in terapia intensiva sono lo 0,5%. Tuttavia, anche per questo indicatore le differenze regionali accendono ulteriori spie rosse». In alcune Regioni, infatti, la percentuale dei casi ospedalizzati è nettamente superiore alla media nazionale del 6,6% (figura 5 in doc): Sicilia (11,1%), Lazio (10,2%), Liguria (9,6%) Puglia (9,2%).
«Ormai da oltre 9 settimane consecutive – conclude Cartabellotta – i numeri confermano la crescita costante della curva epidemica e delle ospedalizzazioni: in assenza di variabili che portino ad una flessione della curva, bisogna prendere atto che il progressivo incremento dei casi attualmente positivi inizia a determinare dapprima segni di sofferenza del sistema di tracciamento da parte dei servizi territoriali e poi di sovraccarico ospedaliero, in particolare nelle Regioni del Centro-Sud. Solo il potenziamento territoriale della gestione della pandemia permetterà di rallentare la risalita della curva epidemica: da un consistente rafforzamento del sistema di testing & tracing a misure adeguate di isolamento domiciliare per evitare contagi intra-familiari; da un’estensiva copertura della vaccinazione antinfluenzale (non solo delle categorie a rischio), al monitoraggio attivo dei pazienti in isolamento domiciliare».
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28 settembre 2020
Vaccino antinfluenzale: raccomandato per tutti, ma per 2 persone su 3 nessuna disponibilità in farmacia
LA CONVIVENZA TRA SARS-COV-2 E VIRUS INFLUENZALI IMPONE DI RIDURRE IL NUMERO DI PERSONE SINTOMATICHE CHE RISCHIANO DI SOVRACCARICARE I SERVIZI SANITARI. MA, OLTRE ALLE CATEGORIE A RISCHIO, È INDISPENSABILE VACCINARE ANCHE LA POPOLAZIONE GENERALE, IN PARTICOLARE I MILIONI DI LAVORATORI AI QUALI È AFFIDATA LA RIPRESA ECONOMICA DEL PAESE. PURTROPPO, NONOSTANTE LE RACCOMANDAZIONI ESTENSIVE DEL MINISTERO DELLA SALUTE, L’ANALISI DELLA FONDAZIONE GIMBE DIMOSTRA CHE LA MAGGIOR PARTE DELLE REGIONI NON DISPONGONO DI SCORTE ADEGUATE A SODDISFARE TALE DOMANDA E ALCUNE NON POSSONO GARANTIRE IL 75% COPERTURA ALLE CATEGORIE A RISCHIO.
28 settembre 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
La convivenza tra Sars-CoV-2 e virus influenzali pone due ardue sfide per ridurre il sovraccarico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN): la prima è potenziare l’attività di testing dei soggetti con sintomi simil-influenzali, in particolare tramite tamponi rapidi; la seconda è estendere le coperture della vaccinazione antinfluenzale. La circolare del Ministero della Salute del 4 giugno, infatti, raccomanda il vaccino “per tutti i soggetti a partire dai 6 mesi di età che non hanno controindicazioni al vaccino”, con offerta attiva e gratuita per alcune categorie di popolazione a rischio.
«La vaccinazione antinfluenzale – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE – oltre a ridurre le complicanze dell’influenza stagionale e contenere l’eccesso di mortalità, quest’anno ha un obiettivo strategico di salute pubblica: ridurre il numero di persone sintomatiche che rischiano di sovraccaricare i servizi sanitari territoriali e i pronto soccorso. Questo obiettivo, tuttavia, richiede una copertura vaccinale molto ampia anche nelle fasce non a rischio che, di fatto, includono la maggior parte dei lavoratori ai quali è affidata la ripresa economica del Paese».
A fronte delle preoccupazioni sull’indisponibilità di vaccino antinfluenzale nelle farmacie, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha rassicurato che oltre 17 milioni di dosi acquistate dalle Regioni rispondono ampiamente al fabbisogno, visto che nella stagione precedente ne sono state distribuite 12,5 milioni con una copertura del 54,6% negli over 65.
«Se questo aumento delle scorte – spiega Cartabellotta – permetterà di estendere le coperture vaccinali nelle categorie a rischio, è molto difficile stimare l’incremento di domanda della popolazione generale, maggiormente sensibilizzata alla vaccinazione anche dei datori di lavoro, preoccupati che lo sviluppo di sintomi influenzali da parte dei loro dipendenti possa paralizzare le attività produttive». Al momento le Regioni hanno ceduto alle farmacie l’1,5% delle dosi acquistate (circa 250.000), prevedendo di ampliare tale dotazione se nel corso della campagna dovessero rendersi disponibili altre dosi. Federfarma ha annunciato che nelle farmacie arriveranno dall'estero oltre un milione di dosi.
«La Fondazione GIMBE – spiega Renata Gili, coordinatrice del progetto di monitoraggio dell’influenza stagionale - ha condotto un’analisi indipendente con l’obiettivo di mappare le scorte regionali di vaccino antinfluenzale, valutare la potenziale copertura per le categorie a rischio e stimare la disponibilità di dosi per la popolazione generale».
Metodi. La fonte primaria dei dati è rappresentata dai bandi di gara delle forniture vaccinali antinfluenzali. Nel caso di indisponibilità (es. gare in privativa) o discrepanze tra dichiarazioni pubbliche e dati reperiti sono stati contattati i responsabili dei bandi di gara o i referenti di Assessorati Regionali alla Sanità e dei Servizi farmaceutici. La popolazione residente è quella riportata da ISTAT al 1 gennaio 2019. È stato sviluppato un database ad hoc, da cui sono stati elaborati per ciascuna Regione o Provincia autonoma i seguenti indicatori:
- Percentuale di dosi aggiudicate rispetto a quelle richieste.
- Percentuale di copertura vaccinale raggiungibile nei target a rischio per età anagrafica: bambini tra 6 mesi e 6 anni e adulti di età >60 anni.
- Numero di dosi residue di vaccino, parametrando l’obiettivo minimo di copertura vaccinale al 75%.
Risultati. La disponibilità nazionale è di 17.866.550 dosi, con notevoli variabilità regionali (tabella):
- 7 Regioni e 2 Province autonome, con le scorte disponibili, possono raggiungere coperture inferiori al 75% della popolazione target per età: Provincia autonoma di Trento (70,2%), Piemonte (67,9%), Lombardia (66,3%), Umbria (61,9%), Molise (57,1%), Valle d’Aosta (51,5%), Abruzzo (49%), Provincia autonoma di Bolzano (38,3%), Basilicata (29%),
- 12 Regioni si sono aggiudicate un quantitativo adeguato di dosi per raggiungere la copertura del 75% della popolazione target per età. Ma la disponibilità di dosi residue per la popolazione non a rischio è molto variabile: Puglia (1.084.634), Lazio (926.291), Sicilia (256.796), Toscana (225.661), Campania (217.252), Calabria (100.273), Sardegna (96.113), Veneto (49.712), Liguria (38.501), Emilia-Romagna (9.980), Friuli-Venezia Giulia (5.218), Marche (5.022).
Limiti. L’analisi della Fondazione GIMBE si basa sulle dosi acquistate tramite bandi di gara, ovvero da informazioni fornite direttamente dalle amministrazioni regionali al 24 settembre. Considerato che diverse Regioni si sono attivate per recuperare dosi ulteriori di vaccino non si può escludere che le disponibilità possano aumentare in relazione a:
- applicazione del quinto d'obbligo con incremento sino al 20% del numero di dosi aggiudicate
- procedure negoziate senza pubblicazione di bando o condotte in privativa (concluse o in corso)
- eventuali dosi approvvigionate e redistribuite dal Ministero della Salute
Inoltre, è verosimile una sovrastima delle dosi residue perché la copertura del 75% è stata calcolata solo sul target anagrafico, vista l’impossibilità di quantificare le altre categorie a rischio: persone di età <60 anni con patologie croniche, donne in gravidanza, operatori sanitari e altri lavoratori a rischio, etc.
«L’esigua disponibilità di vaccino antinfluenzale nelle farmacie – spiega il Presidente – è riconducibile ad almeno tre determinanti. Innanzitutto, Ministero della Salute e la maggior parte delle Regioni non hanno previsto con largo anticipo la necessità di aumentare le scorte per la popolazione non a rischio. In secondo luogo, l’aumentata domanda sui mercati internazionali, insieme al ritardo con cui sono stati indetti i bandi di gara, ha impedito ad alcune Regioni di aggiudicarsi il 100% delle dosi richieste. Infine, le farmacie non sono riuscite ad approvvigionarsi per mancata disponibilità del vaccino sul mercato».
«La nostra analisi – conclude Cartabellotta – quantifica le difficoltà di accesso per la popolazione generale al vaccino antinfluenzale. In molte Regioni, infatti, solo la decisione di escludere una o più categorie a rischio (es. bambini) dall’offerta attiva e gratuita o quella di accontentarsi di un target inferiore al 75%, permetterà di aumentare la disponibilità di dosi nelle farmacie. La Fondazione GIMBE auspica che i dilemmi etici posti da una programmazione inadeguata del fabbisogno vengano, almeno in parte, risolti da meccanismi di solidarietà tra Regioni, da approvvigionamenti diretti del Ministero tramite circuiti internazionali e, soprattutto, da un’adeguata organizzazione regionale con tempestiva chiamata attiva delle fasce a rischio, così da rilasciare in tempo utile alle farmacie le dosi non utilizzate».
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24 settembre 2020
Coronavirus: con oltre 45.000 casi attivi e ospedalizzazioni in crescita costante, giocare d’anticipo sul virus per contenere la seconda ondata
NELLA SETTIMANA 16-22 SETTEMBRE CONTINUANO A SALIRE I NUOVI CASI E SI AMPLIA ULTERIORMENTE IL BACINO DEGLI “ATTUALMENTE POSITIVI” (45.489). NUMERI IN CRESCITA COSTANTE SUL FRONTE OSPEDALIERO: +382 PAZIENTI RICOVERATI CON SINTOMI E +38 IN TERAPIA INTENSIVA. TORNANO A SALIRE I DECESSI (+35). GRANDI VARIABILITÀ REGIONALI NEL NUMERO DI TAMPONI NON SEMPRE PROPORZIONALE ALLA CIRCOLAZIONE DEL VIRUS. PER PREVENIRE SOVRACCARICHI DEL SISTEMA SANITARIO TUTTI DEVONO FARE LA LORO PARTE: POTENZIAMENTO DEL TESTING, ISOLAMENTO DI CASI SOSPETTI E LORO CONTATTI, AMPIA COPERTURA DELLA VACCINAZIONE ANTINFLUENZALE, RIGOROSA ADERENZA ALLE MISURE RACCOMANDATE E MASSIMA PROTEZIONE DI ANZIANI E SOGGETTI FRAGILI.
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE registra nella settimana 16-22 settembre, rispetto alla precedente, un ulteriore incremento nel trend dei nuovi casi (10.907 vs 9.837) a fronte di un lieve aumento dei casi testati (385.324 vs 370.012). Dal punto di vista epidemiologico crescono i casi attualmente positivi (45.489 vs 39.712) e, sul fronte degli ospedali, i pazienti ricoverati con sintomi (2.604 vs 2.222) e in terapia intensiva (239 vs 201). Dopo la sostanziale stabilità registrata nella settimana precedente, tornano a salire anche i decessi (105 vs 70).
In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: +35 (+50%)
- Terapia intensiva: +38 (+18,9%)
- Ricoverati con sintomi: +382 (+17,2%)
- Nuovi casi: +10.907 (+10,9%)
- Casi attualmente positivi: +5.777 (+14,5%)
- Casi testati +15.312 (+4,1%)
- Tamponi totali: +52.304 (+9%)
«Nell’ultima settimana – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – risale l’aumento dei nuovi casi, in conseguenza dell’incremento sia dei casi testati sia del rapporto positivi/casi testati. Si conferma inoltre la crescita costante dei pazienti ospedalizzati con sintomi e di quelli in terapia intensiva».
Nell’ambito di una circolazione endemica del virus, l’aumento dei focolai determina la progressiva crescita dei nuovi casi settimanali. Infatti, dai 1.408 nuovi casi della settimana 15-21 luglio siamo passati ai 10.907 di quella 16-22 settembre, con un incremento del rapporto positivi/casi testati dallo 0,8% al 2,8% (figura 1 in doc), seppure con ampie variabilità regionali: dall’1,1% della Basilicata al 6,5% della Liguria.
Le dinamiche del contagio hanno generato il progressivo aumento dei casi attualmente positivi che da fine luglio sono quasi quadruplicati, da 12.482 a 45.489 (figura 2 in doc), anche se distribuiti in maniera molto diversa tra le Regioni, in relazione a 3 variabili (figura 3 in doc):
- “Densità” del contagio: casi attualmente positivi per 100.000 abitanti al 22 settembre.
- Velocità di diffusione del contagio: incremento percentuale dei casi nella settimana 16-22 settembre.
- Capacità di testing delle Regioni: numero di casi testati per 100.000 abitanti nella settimana 16-22 settembre, che condiziona l’incremento percentuale dei casi e il numero dei casi attualmente positivi.
L’incremento progressivo dei casi attualmente positivi si riflette anche sull’aumento delle ospedalizzazioni: infatti, in 2 mesi i pazienti ricoverati con sintomi sono aumentati da 732 a 2.604 e quelli in terapia intensiva da 49 a 239 (figura 4 in doc). «Fortunatamente – spiega Cartabellotta – la composizione percentuale dei casi attualmente positivi si mantiene costante: mediamente il 93-94% sono asintomatici/oligosintomatici; i pazienti ricoverati con sintomi rappresentano il 5-6% del totale e quelli in terapia intensiva lo 0,5%, anche se con differenze regionali rilevanti». In particolare, la percentuale dei ricoverati con sintomi sui casi attivi va dal 2,4% della Provincia autonoma di Trento al 9,7% della Liguria; la percentuale di quelli in terapia intensiva dallo 0% della Provincia Autonoma di Trento e della Valle D’Aosta all’1,2% della Sardegna.
Nella settimana 16-22 settembre circa l’85% dei pazienti ricoverati con sintomi si concentrano in Lazio (482), Campania (360), Lombardia (294), Sicilia (224), Puglia (204), Emilia-Romagna (185), Piemonte (164), Liguria (148) e Veneto (141). L’82,8% dei pazienti in terapia intensiva si distribuisce in 9 Regioni: Lombardia (34), Lazio (31), Campania (23), Emilia-Romagna (22), Toscana (21), Sardegna (21), Liguria (17), Sicilia (15) e Veneto (14). «Se da lato si tratta di numeri che al momento non generano alcun sovraccarico dei servizi ospedalieri – puntualizza il Presidente – dall’altro non bisogna sottovalutare il trend in costante aumento che impone di mantenere la guardia molto alta, soprattutto in alcune Regioni». In particolare, i tassi di ospedalizzazione per 100.000 abitanti superiori alla media nazionale (4,7) sono in Liguria (10,6), Lazio (8,7), Sardegna (7,1), Campania (6,6), Puglia (5,3) e Sicilia (4,8).
Da 8 settimane consecutive i numeri confermano la crescita costante della curva epidemica e delle ospedalizzazioni, e al momento sono molte le variabili che non lasciano ipotizzare alcuna flessione: dalla riapertura delle scuole all’aumento della circolazione del virus nella stagione invernale; dal continuo incremento dei casi in paesi senza restrizioni di ingresso in Italia, alla convivenza tra coronavirus e influenza stagionale; dalla vita in ambienti chiusi e su mezzi pubblici più affollati, alla ventilata riapertura degli stadi.
«Se è vero che rispetto ad altri paesi europei – conclude Cartabellotta – manteniamo ancora un vantaggio rilevante grazie ad un lockdown più tempestivo, intenso e prolungato e a riaperture più graduali, non è il caso di adagiarsi sugli allori, ma bisogna giocare d’anticipo sul coronavirus per contenere la seconda ondata ed evitare sovraccarichi del sistema sanitario. Innanzitutto, serve un potenziamento consistente del sistema di testing & tracing oltre che adeguate misure per l’isolamento domiciliare; in secondo luogo devono essere garantite le coperture vaccinali a tutte le categorie a rischio; infine, bisogna assicurarsi che i servizi sanitari delle Regioni del centro-sud, meno avvezzi alla gestione dell’emergenza ospedaliera da COVID-19, siano adeguatamente organizzati e potenziati. Tutti noi infine, oltre a rispettare rigorosamente tutte le misure raccomandate, siamo chiamati a proteggere al meglio gli anziani e le persone fragili, vista la notevole circolazione in ambito familiare del virus, soprattutto tra giovani asintomatici».
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17 settembre 2020
Coronavirus: nell’ultima settimana +26% di ricoveri, +41% di terapie intensive. Costante aumento dei nuovi casi, ma calano i tamponi
NELLA SETTIMANA 9-15 SETTEMBRE SI STABILIZZA L’INCREMENTO DEI NUOVI CASI, MA CALA DI OLTRE 58.000 IL NUMERO DEI TAMPONI. CONTINUA AD ALLARGARSI IL BACINO DEI CASI ATTUALMENTE POSITIVI (39.712) E RISPETTO AL MESE SCORSO RISALE L’ETÀ MEDIA DEI CONTAGIATI, UN DATO COERENTE CON IL PROGRESSIVO INCREMENTO DEI PAZIENTI RICOVERATI CON SINTOMI (+462) E DI QUELLI IN TERAPIA INTENSIVA (+58). LA FONDAZIONE GIMBE INVITA LE REGIONI A POTENZIARE SENZA INDUGI LE ATTIVITÀ DI TESTING E TRACING, AUMENTANDO IL NUMERO DEI TAMPONI, OLTRE CHE MANTENERE ALTA LA GUARDIA PER L’IMPREVEDIBILE IMPATTO DELLA RIAPERTURA DELLE SCUOLE SULLA CURVA DEI CONTAGI.
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE registra nella settimana 9-15 settembre, rispetto alla precedente, una stabilizzazione nell’aumento dei nuovi casi (9.837 vs 9.964) a fronte di una riduzione dei casi testati (370.012 vs 421.897). Dal punto di vista epidemiologico aumentano i casi attualmente positivi (39.712 vs 33.789) e, sul fronte degli ospedali, i pazienti ricoverati con sintomi (2.222 vs 1.760) e in terapia intensiva (201 vs 143). Stabile il numero dei decessi (70 vs 72).
In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: -2 (-2,8%)
- Terapia intensiva: +58 (+40,6%)
- Ricoverati con sintomi: +462 (+26,3%)
- Nuovi casi: +9.837 (-1,3%)
- Casi attualmente positivi: +5.923 (+17,5%)
- Casi testati -51.885 (-12,3%)
- Tamponi totali: -58.573 (-9,2%)
«Nell’ultima settimana – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – l’aumento dei nuovi casi appare stabilizzato, anche se è verosimile che il numero sia sottostimato considerata la riduzione dei casi testati e l’ulteriore aumento del rapporto positivi/casi testati. Si conferma inoltre il trend in aumento dei pazienti ospedalizzati con sintomi e di quelli in terapia intensiva. Tutte spie rosse che impongono la consapevolezza pubblica sulle dinamiche dell’epidemia, senza minimizzazioni o terrorismi di sorta, al fine di mantenere alta la guardia anche per l’imprevedibile impatto della riapertura delle scuole sulla curva dei contagi».
Nel quadro di una circolazione endemica del virus l’aumento progressivo dei focolai ha determinato la crescita dei nuovi casi settimanali. Infatti, dai 1.408 della settimana 15-21 luglio siamo passati a 9.837 nuovi casi di quella 9-15 settembre, con un incremento del rapporto positivi/casi testati dallo 0,8% al 2,7% (figura 1 in doc). Questa dinamica ha generato il progressivo aumento dei casi attualmente positivi che da fine luglio sono più che triplicati: da 12.482 a 39.712 (figura 2 in doc).
L’incremento dei casi attualmente positivi, espandendo il “bacino” dei contagi, si riflette progressivamente sull’aumento dei pazienti ospedalizzati. Infatti, dal 21 luglio al 15 settembre i ricoverati con sintomi sono aumentati da 732 a 2.222 e i pazienti in terapia intensiva da 49 a 201 (figura 3 in doc). Circa 3/4 dei pazienti ricoverati si concentrano in 7 Regioni (74,3%): Lazio (453), Campania (295), Lombardia (263), Puglia (204), Emilia-Romagna (168), Sicilia (141) e Liguria (128). Il 74,1% dei pazienti in terapia intensiva si distribuiscono in 8 Regioni: Lombardia (29), Lazio (18), Campania (18), Sardegna (18), Emilia-Romagna (17), Sicilia (17), Toscana (17), Veneto (15) (figura 4 in doc).
«Vero è che si tratta di numeri ancora bassi – puntualizza il Presidente – e che al momento non risultano segnali di sovraccarico dei servizi ospedalieri, ma il trend in costante aumento impone di mantenere la guardia molto alta, soprattutto in alcune Regioni». In particolare, rispetto ad una media nazionale di 4 ospedalizzazioni per 100.000 abitanti i tassi risultano più elevati in Liguria (9), Lazio (8), Sardegna (6,3), Campania e Puglia (5,4).
«Queste dinamiche dell’epidemia – conclude Cartabellotta – sono coerenti con quanto rilevato dalla sorveglianza epidemiologica dell’Istituto Superiore di Sanità sull’età mediana dei contagiati che si è ridotta da oltre 60 anni dei primi due mesi dell’epidemia sino a sotto i 30 nelle settimane centrali di agosto. Quindi, nelle ultime due settimane è risalita a circa 40 anni, dimostrando che i giovani asintomatici, quando vengono a contatto in ambito familiare con persone adulte e anziane, contagiano soggetti fragili che sviluppano sintomi e possono necessitare di ricovero ospedaliero, o addirittura in terapia intensiva. Davanti a questo scenario epidemiologico e clinico, le Regioni devono potenziare senza indugi l’attività di testing e tracing, in evidente calo dopo il “boom dei tamponi” sui vacanzieri».
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10 settembre 2020
Coronavirus: quasi 34 mila casi attualmente positivi. Aumentano ricoveri e terapie intensive, rallenta la crescita dei nuovi casi
NELLA SETTIMANA 2-8 SETTEMBRE AUMENTANO PIÙ LENTAMENTE I NUOVI CASI (9.964), MA CONTINUA AD AMPLIARSI IL BACINO DEI CASI ATTUALMENTE POSITIVI (33.789). SI CONSOLIDA L’INCREMENTO DEI PAZIENTI OSPEDALIZZATI CON SINTOMI (1.760) E IN TERAPIA INTENSIVA (143), SENZA DETERMINARE AL MOMENTO ALCUN SEGNALE DI SOVRACCARICO DELL’ASSISTENZA OSPEDALIERA. AL FINE DI EVITARE IL CAOS ORGANIZZATIVO ALL’AVVIO DELL’ANNO SCOLASTICO È FONDAMENTALE APPLICARE LE INDICAZIONI OPERATIVE DELL’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ IN MANIERA UNIFORME E TEMPESTIVA IN TUTTE LE REGIONI.
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE registra nella settimana 2-8 settembre, rispetto alla precedente, un incremento dei nuovi casi (9.964 vs 9.015) e dei casi attualmente positivi (33.789 vs 26.754). Aumentano anche i pazienti ricoverati con sintomi (1.760 vs 1.380), quelli in terapia intensiva (143 vs 107) e i decessi (72 vs 46).
In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: +26 (+56,5%)
- Terapia intensiva: +36 (+33,6%)
- Ricoverati con sintomi: +380 (+27,5%)
- Nuovi casi: +9.964 (+10,5%)
- Casi attualmente positivi: +7.035 (26,3%)
- Casi testati +26.255 (+6,6%)
- Tamponi totali: +38.287 (+6,4%)
«Nell’ultima settimana – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – crescono i nuovi casi e, soprattutto, le persone attualmente positive, sia per l’incremento dei casi testati, sia per il costante aumento del rapporto positivi/casi testati. Si consolida inoltre il trend in aumento delle ospedalizzazioni con sintomi e dei pazienti in terapia intensiva. Sono tutti segnali che, guardando a quello che sta accadendo Oltralpe, impongono di mantenere molto alta l’attenzione».
Nel quadro di una circolazione endemica del virus l’aumento progressivo dei focolai provoca una crescita esponenziale dei nuovi casi, prevalentemente autoctoni, in parte da rientro di vacanzieri e, in misura nettamente minore, di importazione da stranieri. Infatti, da 1.408 nuovi casi riportati nella settimana 15-21 luglio siamo passati a 9.964 nuovi casi di quella 2-8 settembre, con un incremento del rapporto positivi/casi testati dallo 0,8% al 2,4% (figura 1 in doc). Questa dinamica determina il progressivo aumento dei casi attualmente positivi che in poco più di un mese sono passati da 12.482 a 33.789 (figura 2 in doc).
«L’incremento dei casi attualmente positivi – precisa il Presidente – costituisce un “bacino” di contagi che si riflette progressivamente anche sul graduale e progressivo aumento dei pazienti ospedalizzati». Infatti, dal 21 luglio al 8 settembre i ricoverati con sintomi sono aumentati da 732 a 1.760 e i pazienti in terapia intensiva da 49 a 143 (figura 3 in doc). 7 Regioni contano oltre il 75% dei pazienti ricoverati con sintomi: Lazio (354), Lombardia (248), Campania (220), Puglia (163), Emilia-Romagna (130), Sicilia (104) e Piemonte (104). Il 62% dei ricoverati in terapia intensiva si distribuisce in 6 Regioni: Lombardia (27), Emilia-Romagna (16), Sicilia (13), Veneto (12), Liguria (11) e Sardegna (10) (figura 4 in doc). «Anche se si tratta di numeri esigui – puntualizza Cartabellotta – che al momento non determinano alcun sovraccarico dei servizi ospedalieri, il trend in costante aumento, insieme all’incremento dei casi attualmente positivi, impongono di mantenere la guardia molto alta, soprattutto in alcune Regioni».
«I numeri – conclude Cartabellotta – attestano in maniera inequivocabile sia la risalita della curva dei contagi, sia quella dei pazienti ospedalizzati proprio nel momento cruciale della riapertura delle scuole. Tenendo conto del verosimile ulteriore aumento dei nuovi casi, occorre assolutamente evitare il caos organizzativo di qualche settimana fa, quando il rientro dei vacanzieri da zone di contagio ci ha trovati inspiegabilmente impreparati. A tal fine, è indispensabile che le “Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di Sars-CoV-2 nelle scuole e nei servizi operativi dell’infanzia”, emanate dall’Istituto Superiore di Sanità, vengano attuate in modo uniforme in tutte le Regioni, garantendo un tempestivo sistema di testing e tracing dei casi che si manifesteranno tra alunni e insegnanti».
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IL REPORT DELL’OSSERVATORIO GIMBE ANALIZZA CREDITI, DEBITI E SALDI DELLE REGIONI RELATIVI ALLA MOBILITÀ SANITARIA DOCUMENTANDO UN FENOMENO DALLE ENORMI IMPLICAZIONI SANITARIE, SOCIALI, ETICHE ED ECONOMICHE CHE NEL 2018 HA COINVOLTO CIRCA UN MILIONE DI PAZIENTI, OLTRE AI FAMILIARI. IL FIUME DI DENARO SCORRE PREVALENTEMENTE DA SUD A NORD: 97,4% DEL SALDO ATTIVO CONFLUISCE NELLE CASSE DI LOMBARDIA, EMILIA ROMAGNA, VENETO, TOSCANA, l’84,4% DI QUELLO PASSIVO GRAVA SU CAMPANIA, CALABRIA, LAZIO, SICILIA, PUGLIA E ABRUZZO. L’ASSENZA DI DATI SUI COSTI SOSTENUTI DA PAZIENTI E FAMILIARI E SU ALTRI COSTI INDIRETTI RENDONO IMPOSSIBILE STIMARE L’IMPATTO ECONOMICO COMPLESSIVO DELLA MOBILITÀ SANITARIA.
I cittadini italiani hanno il diritto di essere assistiti in strutture sanitarie di Regioni differenti da quella di residenza, determinando il cosiddetto fenomeno della mobilità sanitaria interregionale, distinta in mobilità attiva (voce di credito che identifica l’indice di attrazione di una Regione) e mobilità passiva (voce di debito che rappresenta l’indice di fuga da una Regione). Annualmente vengono effettuate le compensazioni finanziarie tra Regioni su 7 flussi finanziari: ricoveri ospedalieri e day hospital (differenziati per pubblico e privato accreditato), medicina generale, specialistica ambulatoriale, farmaceutica, cure termali, somministrazione diretta di farmaci, trasporti con ambulanza ed elisoccorso.
Nel 2018 il valore della mobilità sanitaria ammonta a € 4.618,98 milioni, importo approvato dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome il 31 marzo 2020, previa compensazione dei saldi.
Mobilità attiva. Le 6 Regioni con maggiori capacità di attrazione vantano crediti superiori a € 200 milioni: in testa Lombardia (26,1%) ed Emilia-Romagna (13,9%) che insieme drenano il 40% della mobilità attiva. Un ulteriore 31,9% viene attratto da Veneto (9,6%), Lazio (8,5%), Toscana (8,1%) e Piemonte (5,8%). Il rimanente 28,1% si distribuisce nelle altre 15 Regioni e Province Autonome, oltre che all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù (€ 244,7 milioni) e all’Associazione dei Cavalieri Italiani del Sovrano Militare Ordine di Malta (€ 43 milioni). In generale, emerge la forte attrazione delle grandi Regioni del Nord, a cui fa da contraltare quella estremamente limitata delle Regioni del Centro-Sud, con la sola eccezione del Lazio.
Mobilità passiva. Ciascuna delle 6 Regioni con maggiore indice di fuga genera debiti per oltre € 300 milioni: Lazio (13%) e Campania (10,5%) costituiscono circa un quarto della mobilità passiva; un ulteriore 28,7% riguarda Lombardia (8,2%), Puglia (7,3%), Calabria (6,7%), Sicilia (6,5%); il rimanente 47,8% si distribuisce nelle altre 15 Regioni e Province Autonome. La mobilità passiva presenta differenze Nord-Sud più sfumate: gli indici di fuga sono elevati in quasi tutte le Regioni del Sud, ma sono rilevanti anche in tutte le Regioni del Nord con elevata mobilità attiva, documentando specifiche preferenze dei cittadini agevolate dalla facilità di spostamento: Lombardia (-€ 379,9 milioni), Emilia-Romagna (-€ 275,9 milioni), Veneto (-€ 274,7 milioni), Piemonte (-€ 263,8 milioni), Toscana (-€ 207,6 milioni) e Liguria (-€ 206,4 milioni).
Saldi. Le Regioni con saldo positivo superiore a € 100 milioni sono tutte del Nord, mentre quelle con saldo negativo maggiore di € 100 milioni tutte del Centro-Sud (figura). In particolare:
- Saldo positivo rilevante: Lombardia (€ 739,6 milioni), Emilia-Romagna (€ 324 milioni), Veneto (€ 140,9 milioni) e Toscana (€ 139,3 milioni)
- Saldo positivo moderato: Molise (€ 33,7 milioni)
- Saldo positivo minimo: Provincia Autonoma di Bolzano (€ 2,1 milioni) e Provincia Autonoma di Trento (€ 0,5 milioni)
- Saldo negativo minimo: Valle d'Aosta (-€ 4,7 milioni), Friuli-Venezia Giulia (-€ 6,8 milioni), Umbria (-€ 10,4 milioni) e Piemonte (-€ 13,5 milioni)
- Saldo negativo moderato: Marche (-€ 34,4 milioni), Basilicata (-€ 48,4 milioni), Liguria (-€ 51,1 milioni), Sardegna (-€ 90,4 milioni)
- Saldo negativo rilevante: Abruzzo (-€ 100,8 milioni), Puglia (-€ 206,4 milioni), Sicilia (-€ 228,7 milioni), Lazio (-€ 230,7 milioni), Calabria (-€ 287,4 milioni), Campania (-€ 350,7 milioni)
Saldo pro-capite di mobilità sanitaria. «Con questo indicatore elaborato dalla Fondazione GIMBE – spiega il Presidente – la classifica dei saldi si ricompone dimostrando che, al di là del valore economico, gli importi relativi alla mobilità sanitaria devono sempre essere interpretati in relazione alla popolazione residente». In particolare: il Molise conquista il podio nella classifica per saldo pro-capite; le differenze tra Lombardia (€ 74) ed Emilia Romagna (€ 73) di fatto si annullano; la Calabria precipita in ultima posizione con un saldo pro-capite negativo di € 148, superiore alla somma del saldo pro-capite positivo di Lombardia ed Emilia-Romagna (€ 147).
«Tutte le nostre analisi – precisa Cartabellotta – sono state effettuate esclusivamente sui dati economici della mobilità sanitaria aggregati in crediti, debiti e relativi saldi, ma per studiare al meglio il fenomeno abbiamo inoltrato formale richiesta di accesso ai flussi integrali dei dati al Ministero della Salute e alla Conferenza delle Regioni e Province autonome». Questi dati permetterebbero di analizzare, per ciascuna Regione, la distribuzione delle tipologie di prestazioni erogate in mobilità, la differente capacità di attrazione tra strutture pubbliche e private accreditate, la residenza di chi sceglie di curarsi fuori Regione per distinguere le dinamiche della mobilità “fisiologiche” da quelle francamente “patologiche”
«I dati pubblicamente disponibili – conclude Cartabellotta – se da un lato dimostrano che il denaro scorre prevalentemente da Sud a Nord, dall’altro confermano che l’impatto economico della mobilità sanitaria è molto più elevato di € 4,6 miliardi. Infatti, se un lato è difficile quantificare i costi sostenuti da pazienti e familiari per gli spostamenti, dall’altro è impossibile effettuare stimare sia i costi indiretti (assenze dal lavoro di familiari, permessi retribuiti), sia quelli conseguenti alla mancata esigibilità delle prestazioni territoriali e socio-sanitarie, diritti che appartengono alla vita quotidiana delle persone e non alla occasionalità di una prestazione ospedaliera».
Il report dell’Osservatorio GIMBE “La mobilità sanitaria interregionale nel 2018” è disponibile a: www.gimbe.org/mobilita2018.
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3 settembre 2020
Coronavirus: nell’ultima settimana ulteriore aumento di pazienti ricoverati (+30%) e in terapia intensiva (+62%)
NELLA SETTIMANA 26 AGOSTO-1 SETTEMBRE, RISPETTO ALLA PRECEDENTE, ULTERIORE AUMENTO DEI NUOVI CASI (+2.477), MA SOPRATTUTTO DEI PAZIENTI OSPEDALIZZATI CON SINTOMI (+322) E IN TERAPIA INTENSIVA (+41). SALGONO A 26.754 I CASI ATTUALMENTE POSITIVI, LA METÀ TRA LOMBARDIA (26,5%), LAZIO (12,3%) ED EMILIA-ROMAGNA (11,4%). DAL 21 LUGLIO AL 1 SETTEMBRE I NUOVI CASI SETTIMANALI SONO BALZATI DA 1.408 A 9.015, IL RAPPORTO POSITIVI/CASI TESTATI DALLO 0,8% AL 2,3% E I PAZIENTI OSPEDALIZZATI QUASI RADDOPPIATI. DAVANTI A QUESTI NUMERI NON POSSONO PIÙ ESSERE TOLLERATI COMPORTAMENTI IRRESPONSABILI, CATTIVI MAESTRI, NÉ CORRENTI ANTISCIENTISTE E MANIFESTAZIONI DI PIAZZA CHE, SOTTO IL FALSO SCUDO DELLA LIBERTÀ, METTONO A REPENTAGLIO LA SALUTE DELLA POPOLAZIONE.
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE registra nella settimana 26 agosto-1 settembre, rispetto alla precedente, un incremento del 37,9% dei nuovi casi (9.015 vs 6.538) e del 52,2% dei casi attualmente positivi (7.040 vs 4.625). Aumentano anche i pazienti ricoverati con sintomi (1.380 vs 1.058) e quelli in terapia intensiva (107 vs 66). Lieve incremento dei decessi (46 vs 40).
In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
- Decessi: +6 (+15%)
- Terapia intensiva: +41 (+62,1%)
- Ricoverati con sintomi: +322 (+30,4%)
- Nuovi casi: 9.015 (+37,9%)
- Casi attualmente positivi: +7.040 (+ 52,2%)
- Casi testati +86.515 (+28%)
- Tamponi totali: +116.184 (+24%)
«Nell’ultima settimana – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – continua l’ascesa del numero di nuovi casi e delle persone attualmente positive, conseguente sia all’incremento dei casi testati, sia al costante aumento del rapporto positivi/casi testati. Inoltre, si consolida il trend in aumento delle ospedalizzazioni con sintomi e si impenna quello dei pazienti in terapia intensiva. Si tratta di segnali che vanno tutti nella direzione di una ripresa dell’epidemia nel nostro Paese, sia in termini epidemiologici che di manifestazioni cliniche, proprio alla vigilia del momento cruciale della riapertura delle scuole».
Nel quadro di una circolazione endemica del virus l’aumento progressivo dei focolai provoca una crescita esponenziale dei nuovi casi, prevalentemente autoctoni, in parte da rientro di vacanzieri e, in misura nettamente minore, di importazione da stranieri. Infatti, da 1.408 nuovi casi riportati nella settimana 15-21 luglio siamo passati a 9.015 nuovi casi di quella 26 agosto-1 settembre, con un incremento del rapporto positivi/casi testati che è schizzato dallo 0,8% al 2,3% (figura 1 in doc allegato).
«Secondo le ben note dinamiche dell’epidemia, l’impennata della curva dei contagi – precisa il Presidente – si riflette in maniera sempre più evidente sull’aumento dei pazienti ospedalizzati». Infatti, dal 21 luglio al 1 settembre i ricoverati con sintomi sono aumentati da 732 a 1.380 e le terapie intensive da 49 a 107 (figura 2 in doc allegato). «Se fortunatamente i numeri sono ancora esigui – puntualizza Cartabellotta – e non configurano alcun segnale di sovraccarico dei servizi ospedalieri, il trend in costante aumento insieme all’incremento dei contagi invitano a mantenere la guardia molto alta nelle prossime settimane».
Sui nuovi casi si confermano le ampie variabilità regionali (tabella in doc allegato): 3 Regioni fanno registrare una esigua riduzione (-111); nelle rimanenti si attesta un aumento complessivo di 2.588 nuovi casi, con un range che varia dai 700 della Lombardia ai 2 del Molise.
Dei 26.754 casi attivi al 1 settembre, il 50,2% si concentra in tre Regioni: Lombardia (7.082), Lazio (3.285), Emilia-Romagna (3.061). Un ulteriore 41,9% si distribuisce tra Veneto (2.460), Campania (2.292), Toscana (1.581), Piemonte (1.464), Sicilia (1.152), Puglia (860), Sardegna (837), Liguria (560). I rimanenti 2.120 casi (7,9%) si collocano nelle restanti 8 Regioni e 2 Province autonome con un range che varia dai 30 della Valle d’Aosta ai 406 dell’Abruzzo.
«Davanti a questi numeri in preoccupante e indiscutibile ascesa – conclude Cartabellotta – non possono essere più tollerati comportamenti individuali irresponsabili, esempi scellerati di cattivi maestri, né tantomeno correnti antiscientiste e manifestazioni di piazza che, sotto il falso scudo della libertà, mettono a repentaglio la salute della popolazione. Accanto al richiamo alle Istituzioni affinché vigilino e sanzionino ogni forma di “attentato” alla salute pubblica, la Fondazione GIMBE rinnova alla popolazione l’invito a rispettare tutti i comportamenti raccomandati. Alle autorità sanitarie il compito di potenziare ulteriormente l’attività di testing, sorveglianza e comunicazione pubblica, oltre che accelerare la messa a punto di un piano adeguato per gestire la difficile “convivenza” tra coronavirus e influenza stagionale».
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27 agosto 2020
Coronavirus: + 92,4% di nuovi casi in soli 7 giorni. In aumento ricoveri e terapie intensive
NELLA SETTIMANA 19-25 AGOSTO, RISPETTO ALLA PRECEDENTE, IMPENNATA DEI NUOVI CASI (+3.139) E ULTERIORE AUMENTO DEI PAZIENTI OSPEDALIZZATI CON SINTOMI (+215) E IN TERAPIA INTENSIVA (+8). SALGONO A 19.714 I CASI ATTUALMENTE POSITIVI CHE PER IL 91,8% SONO CONCENTRATI IN 11 REGIONI: 29,4% IN LOMBARDIA, IL 33,4% IN LAZIO, EMILIA-ROMAGNA E VENETO E UN ULTERIORE 29% IN CAMPANIA, PIEMONTE, TOSCANA, SICILIA, PUGLIA, SARDEGNA E LIGURIA.
IN POCO PIÙ DI UN MESE I NUOVI CASI PER SETTIMANA SONO AUMENTATI DA 1.408 A 6.538, CON INCREMENTO DEL RAPPORTO POSITIVI/CASI TESTATI DALLO 0,8% AL 2,1%.
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE registra nella settimana 19-25 agosto, rispetto alla precedente, un incremento del 92,4% dei nuovi casi (6.538 vs 3.399), grazie anche all’aumento dei casi testati (309.127 vs 180.300). Relativamente ai dati ospedalieri si conferma il trend in crescita dei pazienti ricoverati con sintomi (1.058 vs 843) e di quelli in terapia intensiva (66 vs 58). In dettaglio:
- Decessi: +40 (+0,1%)
- Terapia intensiva: +8 (+13,8%)
- Ricoverati con sintomi: +215 (+25,5%)
- Nuovi casi totali: +6.538 (+92,4%)
- Casi testati +128.827 (+71,5%)
- Tamponi totali: +158.692 (+48,8%)
«In soli 7 giorni – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si sfiora il raddoppio dei nuovi casi totali, non solo per l’incremento dell’attività di testing, ma anche per l’aumento del rapporto positivi/casi testati. Inoltre, si conferma il trend in crescita dei pazienti ospedalizzati con sintomi e, in misura minore, di quelli in terapia intensiva. Queste spie rosse, piuttosto che generare inutili allarmismi, devono infondere una comune consapevolezza sull’andamento dell’epidemia nel nostro paese al fine di mantenere alta la guardia, sia da parte delle Istituzioni che devono potenziare la sorveglianza epidemiologica, sia da parte dei cittadini chiamati ad attenersi a tutte le misure di sicurezza, senza minimizzazioni di sorta».
Nel quadro di una circolazione endemica del virus si assiste ad un aumento progressivo dei focolai con crescita esponenziale dei nuovi casi, siano essi autoctoni, da rientro di italiani andati in vacanza all’estero, o di importazione da stranieri». Infatti, da 1.408 nuovi casi riportati nella settimana 15-21 luglio siamo passati a 6.538 nuovi casi della settimana 19-25 agosto, con un incremento del rapporto positivi/casi testati dallo 0,8% al 2,1% (v. figura 1 in doc allegato). «Questa rapida ascesa nella curva dei contagi – precisa il Presidente – inizia a riflettersi gradualmente sull’aumento dei pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva». Si è infatti invertita la tendenza che dai primi di aprile ha visto la progressiva e imponente riduzione dei pazienti ospedalizzati e in terapia intensiva, che adesso iniziano lentamente a risalire (v. figura 2 in doc allegato).
Confermate le ampie variabilità regionali (v. tabella in doc allegato), ma solo 4 Regioni fanno registrare una riduzione di nuovi casi, peraltro piuttosto esigua (-55). Nelle altre 14 Regioni e 2 Province autonome si rileva un aumento complessivo di 3.194 nuovi casi, con un range che varia dai 677 del Lazio ai 4 della Valle d’Aosta. Stabile il numero di nuovi casi in Basilicata (+14).
Dei 19.714 casi attivi al 25 agosto il 91,8% si concentra in 11 Regioni: 29,4% dei casi in Lombardia (5.787); il 33,4% si distribuisce tra Lazio (2.284), Emilia-Romagna (2.189) e Veneto (2.119); un ulteriore 29% tra Campania (1.164), Piemonte (1.142), Toscana (1.039), Sicilia (947), Puglia (548), Sardegna (463) e Liguria (413). I rimanenti 1.619 casi (8,2%) si collocano nelle restanti 7 Regioni e 2 Province autonome con un range che varia dai 13 della Valle d’Aosta ai 342 dell’Abruzzo.
«Tutti questi numeri – spiega il Presidente – non possono essere confrontati con quelli dei primi mesi dell’epidemia perché le dinamiche epidemiologiche sono completamente diverse. Dello tsunami che si è abbattuto sul nostro Paese non abbiamo mai conosciuto la fase iniziale: il coronavirus circolava insidiosamente sottotraccia con migliaia di asintomatici che infettavano senza saperlo parenti, amici e colleghi di lavoro. Il lockdown rigoroso e prolungato ha ridotto la mortalità, gli accessi in ospedale e il numero dei nuovi casi, ma dal 3 giugno siamo di fatto “ripartiti dal via”».
«Se è legittimo chiedersi se i numeri attuali sono i segnali di una nuova ondata – conclude Cartabellotta – è ragionevolmente certo che non rivedremo le drammatiche scene di marzo/aprile perché oggi la situazione epidemiologica è attentamente monitorata, il servizio sanitario è ben organizzato e, dunque, non potrà esserci alcun effetto sorpresa. Ma non bisogna concedere ulteriori vantaggi al coronavirus, tanto più che i numeri riflettono sempre comportamenti di 3-4 settimane fa».
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21 agosto 2020
Coronavirus: continua a salire la curva dei contagi. Nell’ultima settimana + 141% rispetto a un mese fa
NELLA SETTIMANA 12-18 AGOSTO, RISPETTO ALLA PRECEDENTE, SI RILEVA UN ULTERIORE AUMENTO DEI NUOVI CASI (+581). CRESCE IL NUMERO DEI PAZIENTI RICOVERATI CON SINTOMI (+43) E DI QUELLI IN TERAPIA INTENSIVA (+9). SALGONO A 15.089 I CASI ATTUALMENTE POSITIVI: 35,2% SONO IN LOMBARDIA, UN ULTERIORE 51,5% SI DISTRIBUISCE TRA EMILIA ROMAGNA, VENETO, LAZIO, PIEMONTE, SICILIA, TOSCANA E CAMPANIA, IL RESTANTE 13,3% NELLE ALTRE REGIONI. ACCORATO APPELLO DELLA FONDAZIONE GIMBE ALLA RESPONSABILITÀ INDIVIDUALE E ISTITUZIONALE IN VISTA DELLA RIAPERTURA DI SCUOLE E UNIVERSITÀ, OLTRE CHE DELLE CONSULTAZIONI ELETTORALI
21 agosto 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 12-18 agosto, rispetto alla precedente, un incremento del 20,6% dei nuovi casi (3.399 vs 2.818), a fronte di un lieve aumento dei casi testati (180.300 vs 174.671). Relativamente ai dati ospedalieri in crescita i pazienti ricoverati con sintomi (843 vs 801) e quelli in terapia intensiva (58 vs 49). In dettaglio:
- Decessi: +36 (+0,1%), oltre a 154 decessi comunicati dalla ASL di Parma sinora non conteggiati.
- Terapia intensiva: +9 (+18,4%)
- Ricoverati con sintomi: +42 (+5,2%)
- Nuovi casi totali: +3.399 (+1,4%)
- Casi testati +5.629 (+3,2%)
- Tamponi totali: -7.188 (-2,2%)
«Dal 12 al 18 agosto – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si conferma il trend in aumento sia dei nuovi casi, sia dei pazienti ospedalizzati con sintomi e, in misura minore, di quelli ricoverati in terapia intensiva. Dopo 4 settimane di crescita costante siamo davanti a segnali che invitano a mantenere l’attenzione molto alta sull’andamento dell’epidemia nel nostro Paese».
Notevoli le variabilità regionali (tabella): in 6 Regioni e nelle 2 Province Autonome si rileva una riduzione complessiva di 180 nuovi casi rispetto alla settimana precedente, con variazioni che oscillano dai -6 della Prov. Aut. di Bolzano ai -53 dell’Abruzzo. 13 Regioni fanno registrare un aumento dei nuovi casi per un totale di 761 nuovi casi, con un range che varia dai 169 del Lazio agli 8 della Sardegna.
«Quale indicatore della diffusione del contagio – spiega il Presidente – abbiamo rivalutato la distribuzione geografica dei 15.089 casi attivi al 18 agosto, aumentati complessivamente di 1.528 unità (+11,3%) rispetto alla settimana precedente». La Lombardia, seppure in calo relativo (-3,6%) e assoluto (-200) rispetto all’11 agosto, conta il 35,2% dei casi (5.314); un ulteriore 51,5% si distribuisce tra Emilia-Romagna (1.789), Veneto (1.688), Lazio (1.359), Piemonte (897), Sicilia (722), Toscana (718) e Campania (596); i rimanenti 2.006 casi (13,3%) si collocano nelle restanti 11 Regioni e 2 Province autonome con un range che varia dagli 8 della Valle d’Aosta ai 340 della Puglia (figura 1).
«Nell’ambito di un quadro di circolazione endemica del virus – continua Cartabellotta – si conferma il trend in progressivo aumento dei nuovi casi, siano essi autoctoni, di importazione (stranieri) o da rientro di italiani andati in vacanza all’estero». Infatti se nelle prime tre settimane di luglio i nuovi casi erano stabili, nelle ultime quattro settimane abbiamo assistito ad un progressivo e costante incremento: i 3.399 nuovi casi della settimana 12-18 agosto costituiscono un valore superiore al 140% rispetto alla settimana 15-21 luglio quando erano 1.408 (figura 2). «La risalita nella curva dei contagi – precisa il Presidente – desta non poche preoccupazioni sia perché l’incremento inizia a riflettersi progressivamente sull’aumento delle ospedalizzazioni, sia perché solo negli ultimi 2 giorni, peraltro non inclusi nella nostra analisi settimanale, sono stati riportati quasi 1.500 nuovi casi».
«Davanti a questi numeri – conclude Cartabellotta – se da un lato bisogna evitare inutili allarmismi, dall’altro non è ammissibile sottovalutare il costante aumento dei nuovi casi, anche in vista di appuntamenti cruciali per il Paese, quali riapertura di scuole e università e consultazioni elettorali. L’arma migliore per una serena convivenza con il virus rimane la massima aderenza ai comportamenti raccomandati: dal frequente lavaggio delle mani alle misure di igiene respiratoria, dal distanziamento sociale all’uso della mascherina negli ambienti pubblici al chiuso e all’aperto dove non è possibile mantenere la distanza minima di un metro, al rigoroso rispetto del divieto di assembramenti. Dal canto loro, le autorità sanitarie devono potenziare la sorveglianza epidemiologica, sia per identificare e circoscrivere i focolai, sia per individuare tempestivamente casi di importazione e di rientro».
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13 agosto 2020
Coronavirus: +46% di nuovi casi nell’ultima settimana. Aumentano anche ricoveri e terapie intensive
NELLA SETTIMANA 4-11 AGOSTO, RISPETTO ALLA PRECEDENTE, SI RILEVA UN NETTO AUMENTO DEI NUOVI CASI (+887) E IN QUELLO DEI PAZIENTI RICOVERATI CON SINTOMI (+40) MA ANCHE, DOPO MESI, DI QUELLI IN TERAPIA INTENSIVA (+8). DEI 13.561 ATTUALMENTE POSITIVI IL 40,7,% SONO IN LOMBARDIA, UN ULTERIORE 47,8% SI DISTRIBUISCE TRA EMILIA-ROMAGNA, VENETO, LAZIO, PIEMONTE, SICILIA, TOSCANA E CAMPANIA (402) E L’11,5% NELLE ALTRE REGIONI. SERVE UN GRANDE SENSO DI RESPONSABILITÀ INDIVIDUALE E COLLETTIVA: CON QUESTI TREND RISCHIO DI NUOVI LOCKDOWN IN CONCOMITANZA DELLA RIAPERTURA DELLE SCUOLE.
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 5–11 agosto, rispetto alla precedente, un incremento del 46% dei nuovi casi (2.818 vs 1.931), a fronte di una consistente diminuzione dei tamponi diagnostici (174.671 vs 187.316). Relativamente ai dati ospedalieri in aumento (801 vs 761) i pazienti ricoverati con sintomi e quelli in terapia intensiva a (49 vs 41). In dettaglio:
- Decessi: +44 (+0,1%)
- Terapia intensiva: +8 (+19,5%)
- Ricoverati con sintomi: +40 (+5,3%)
- Nuovi casi totali:+2.818 (+1,1%)
- Tamponi diagnostici:-12.645(-6,8%)
- Tamponi totali: -17.967 (-5,1%)
«Dal 5 all’11 agosto – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si conferma non solo un trend in netta crescita dei nuovi casi e, in misura minore dei pazienti ospedalizzati con sintomi, ma per la prima volta da inizio aprile si registra un incremento dei ricoveri in terapia intensiva. Spie rosse che invitano a non abbassare la guardia e mantenere un grande senso di responsabilità individuale e collettiva».
Anche nella settimana 5-11 agosto si registrano notevoli variabilità regionali (tabella in allegato): in 5 Regioni si rileva una riduzione complessiva di 31 nuovi casi rispetto alla settimana precedente, con variazioni minime che oscillano dai -2 della Prov. Aut. di Trento ai -13 della Prov. Aut. di Bolzano. 15 Regioni fanno registrare un aumento dei nuovi casi: svettano Lombardia (+198) e Sicilia (+153), mentre altrove gli incrementi oscillano dai +5 della Valle d’Aosta ai +98 del Piemonte. Stabile la Regione Marche.
«Quale indicatore della diffusione del contagio – spiega il Presidente – abbiamo rivalutato la distribuzione geografica dei 13.561 casi attivi all’11 agosto, i casi “attualmente positivi” secondo la denominazione della Protezione Civile, aumentati complessivamente di 1.079 unità rispetto alla settimana precedente». Il 40,7% si concentra in Lombardia (5.514); un ulteriore 47,8% si distribuisce tra Emilia-Romagna (1.790), Veneto (1.300), Lazio (1.101), Piemonte (822), Sicilia (538), Toscana (535), Campania (402); i rimanenti 1.559 casi (11,5%) in 11 Regioni e 2 Province autonome con un range che varia dai 15 della Valle d’Aosta ai 229 della Puglia (figura 1 in allegato).
«In generale – spiega il Presidente – nell’ambito di un quadro epidemiologico di circolazione endemica del virus, è evidente il trend in progressivo aumento dei nuovi casi, siano essi autoctoni, di importazione (stranieri) o di rientro da italiani andati in vacanza all’estero». Infatti se nelle prime tre settimane di luglio i nuovi casi erano stabili (circa 1.400 per settimana), nelle ultime due sono progressivamente aumentati da: 1.736 nella settimana 22-28 luglio a 1.931nella settimana 29 luglio–4 agosto e a 2.818 nella settimana 5–11 agosto (figura 2 in allegato).
La dinamica della risalita della curva dei contagi si riflette progressivamente sull’incremento sia dei pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva, confermando che in Italia assistiamo a quanto si sta verificando già in diversi paesi europei. «Purtroppo – aggiunge il Presidente – se da un lato Governo e Regioni cercano di mettere in campo nuove azioni per frenare la risalita dei contagi, la comunicazione pubblica continua ad essere influenzata da messaggi che minimizzano i rischi, ignorando totalmente dinamiche e tempistiche che condizionano la risalita della curva epidemiologica e facendo leva sull’analfabetismo scientifico di una parte della popolazione».
«La Fondazione GIMBE – conclude Cartabellotta – ribadisce innanzitutto la necessità di aderire ai comportamenti raccomandati: dal frequente lavaggio alle misure di igiene respiratoria, dal distanziamento sociale all’uso della mascherina negli ambienti pubblici al chiuso e all’aperto dove non è possibile mantenere la distanza minima di un metro, al rigoroso rispetto del divieto di assembramenti. In secondo luogo, invita le autorità sanitarie potenziare la sorveglianza epidemiologica, sia per identificare e circoscrivere i focolai, sia per individuare tempestivamente i casi di importazione dall’estero. Infine, invita tutti gli esperti a fornire comunicazioni pubbliche equilibrate, oggettive e, nell’incertezza, seguire il principio di precauzione. Altrimenti sull’avvio dell’anno scolastico incombe lo spettro di nuovi lockdown».
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6 agosto 2020
Coronavirus: confermato trend in crescita nuovi casi da 1.378 della settimana 15-21 luglio a 1.931 nell’ultima
NELLA SETTIMANA 29 LUGLIO – 4 AGOSTO, RISPETTO ALLA PRECEDENTE, AUMENTANO SIA IL NUMERO DEI NUOVI CASI (+195) CHE QUELLO DEI PAZIENTI RICOVERATI CON SINTOMI (+12). CONFERMATA LA CIRCOLAZIONE ENDEMICA DEL VIRUS CON RILEVANTI DIFFERENZE REGIONALI: DEI 12.482 ATTUALMENTE POSITIVI IL 46,1% SI COLLOCA IN LOMBARDIA, IL 36,5% È DISTRIBUITO TRA EMILIA ROMAGNA, VENETO, LAZIO E PIEMONTE E IL 18,4% NELLE ALTRE REGIONI. NO AGLI ALLARMISMI, MA FONDAMENTALE MANTENERE ALTA LA GUARDIA CON GRANDE SENSO DI RESPONSABILITÀ INDIVIDUALE E COLLETTIVA
6 agosto 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 29 luglio – 4 agosto, rispetto alla precedente, un incremento del 11,2% dei nuovi casi (1.931 vs 1.736), a fronte di una lieve diminuzione del numero di tamponi diagnostici. Relativamente ai dati ospedalieri, se i pazienti in terapia intensiva restano sostanzialmente stabili (41 vs 40), si assiste ad un ulteriore lieve aumento (761 vs 749) di quelli ricoverati con sintomi. In dettaglio:
- Decessi: +48 (+0,1%)
- Terapia intensiva: +1 (+2,5%)
- Ricoverati con sintomi: +12 (+1,6%)
- Nuovi casi totali: +1.931 (+0,8%)
- Tamponi diagnostici: -1.911 (-1%)
- Tamponi totali: +21.415 (+6,5%)
«Negli ultimi 7 giorni – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si conferma il trend in crescita sia dei nuovi casi, sia dei pazienti ospedalizzati con sintomi. Due segnali invitano a mantenere alta la guardia, senza fomentare allarmismi, ma con grande senso di responsabilità individuale e collettiva».
Anche nella settimana 29 luglio – 4 agosto si rileva una notevole variabilità regionale (tabella): in 7 Regioni si rileva una riduzione complessiva di 281 nuovi casi rispetto alla settimana precedente, con un range che varia dai -62 casi dell’Emilia-Romagna a -7 della Valle D’Aosta. Le restanti 14 Regioni registrano un aumento dei nuovi casi: svetta quello del Veneto (+226), mentre altrove gli incrementi oscillano dai +41 della Provincia Autonoma di Bolzano a +6 di Liguria e Umbria.
«Quale indicatore della diffusione del contagio – spiega il Presidente – abbiamo rivalutato la distribuzione geografica dei 12.482 casi attivi al 4 agosto, i casi “attualmente positivi” secondo la denominazione della Protezione Civile, diminuiti complessivamente di 127 unità rispetto alla settimana precedente». Il 46,1% si concentra in Lombardia (5.752); un ulteriore 35,5% si distribuisce tra Emilia-Romagna (1.581), Veneto (1.065), Lazio (987), Piemonte (798); i rimanenti 2.299 casi (18,4%) in 16 Regioni e Province autonome con un range che varia dai 405 della Toscana ai 13 della Valle D’Aosta (figura 1).
In generale, i dati confermano il quadro epidemiologico di circolazione endemica del virus con un trend in progressivo aumento dei nuovi casi nelle ultime due settimane: infatti se nelle prime tre settimane di luglio i nuovi casi erano stabili (circa 1.400 per settimana), nelle ultime due settimane sono progressivamente aumentati prima a 1.736 nella settimana 22-28 luglio e poi a 1.931 nella settimana 29 luglio – 4 agosto (figura 2).
«Davanti a numeri in progressivo rialzo – conclude Cartabellotta – si conferma la necessità di aderire ai comportamenti raccomandati: dal distanziamento sociale all’uso della mascherina negli ambienti pubblici al chiuso e all’aperto dove non è possibile mantenere la distanza minima di un metro, al rispetto del divieto di assembramenti. Dal canto suo, alla vigilia del nuovo DPCM il Governo non può non tenere conto di questi dati nel dettare le regole per le prossime settimane (o mesi), mentre le autorità sanitarie devono potenziare la sorveglianza epidemiologica, sia per identificare e circoscrivere i focolai, sia per individuare tempestivamente i casi di importazione dall’estero potenziando il testing rapido nei principali hub di ingresso nel Paese».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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5 agosto 2020
Coronavirus, mascherine: cinture di sicurezza per una nuova normalità
DALLA FONDAZIONE GIMBE UN POSITION STATEMENT SULL’UTILIZZO DELLE MASCHERINE IN AMBIENTI PUBBLICI PER CONTRASTARE IL CONTAGIO DA CORONAVIRUS E LA DISINFORMAZIONE PUBBLICA. IL DOCUMENTO SINTETIZZA LE PIÙ RECENTI EVIDENZE SCIENTIFICHE SU BENEFICI E RISCHI, FORMULA RACCOMANDAZIONI PER ISTITUZIONI, IMPRESE E ORGANIZZAZIONI E FORNISCE AI CITTADINI ISTRUZIONI PER L’USO. CRUCIALE INFORMARE E COINVOLGERE LA POPOLAZIONE SUL CORRETTO UTILIZZO DI QUESTO INSOSTITUIBILE DISPOSITIVO DI PROTEZIONE INDIVIDUALE E CONTRASTARE IL PROLIFERARE INCONTROLLATO DI FAKE NEWS.
5 agosto 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
A dispetto di un consistente impianto normativo e di continui messaggi da parte dei vertici istituzionali nazionali, le violazioni all’obbligo di utilizzo delle mascherine sono frequenti, in particolare sui mezzi pubblici e nei luoghi dove non viene esercitata una sistematica attività di controllo e richiamo.
«Nelle ultime settimane – afferma Nino Cartabellotta Presidente della Fondazione GIMBE – l’utilizzo della mascherina in luoghi pubblici è diventato paradossalmente anche terreno di scontro politico, con deplorevoli gesti da parte di rappresentanti delle Istituzioni e più in generale di una frangia di politici, professionisti e cittadini che minimizzano i rischi dell’epidemia e ritengono inutile l’utilizzo della mascherina, arrivando talora a (s)qualificarla come un bavaglio imposto».
Considerato il progressivo consolidamento delle evidenze scientifiche sull’utilizzo delle mascherine in ambienti pubblici per ridurre la trasmissione di SARS-COV2, dello status di evoluzione della curva epidemica nel nostro Paese e delle recenti pericolose derive nella comunicazione pubblica e nei comportamenti individuali, la Fondazione GIMBE ha pubblicato un Position Statement indipendente sull’utilizzo della mascherina negli ambienti pubblici, quale insostituibile dispositivo di protezione collettiva.
«Il Position Statement – continua Cartabellotta – sintetizza anzitutto le evidenze scientifiche sull’uso delle mascherine; contiene poi raccomandazioni destinate a Governo e Regioni, imprese, datori di lavoro e altre organizzazioni interessate, al fine di massimizzare i benefici dell’uso delle mascherine e a minimizzarne i rischi; infine risponde a numerose domande, in larga parte pervenute dagli utenti del sito della Fondazione GIMBE dedicato al monitoraggio indipendente della pandemia».
Evidenze scientifiche. In letteratura aumentano progressivamente le prove di efficacia sull’utilizzo delle mascherine negli ambienti pubblici per bloccare le particelle virali responsabili della trasmissione di SARS-COV2 espulse dalla bocca o dal naso. Dallo scorso 5 giugno anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda l’utilizzo della mascherina negli spazi chiusi dove non è possibile rispettare il distanziamento sociale. Peraltro, a fronte della diffusa opinione che la mascherina serva esclusivamente a proteggere gli altri, studi osservazionali comparativi suggeriscono benefici, seppure modesti, anche per chi la indossa.
Raccomandazioni per Istituzioni, imprese e organizzazioni. Governo e Regioni dovrebbero lanciare e potenziare campagne di informazione complete ed esaustive per promuovere l’utilizzo delle mascherine nei luoghi chiusi aperti al pubblico e in tutte le circostanze in cui non è possibile mantenere la distanza minima di un metro, incoraggiando le persone ad usarle e coinvolgendo attivamente la popolazione. Dovrebbero inoltre prevedere una fornitura gratuita per le persone che non possono permettersi di acquistarle. Insieme ad imprese, datori di lavoro ed altre organizzazioni dovrebbero assicurarsi che le mascherine vengano sempre utilizzate insieme a – e non in sostituzione di – altre misure di protezione, oltre che andare incontro alle esigenze delle persone affette da condizioni patologiche o disabilità fisiche o mentali che rendono difficoltoso o impossibile l’uso della mascherina.
Istruzioni per l’uso. In generale sarebbe preferibile optare per mascherine riutilizzabili, sia per limitare la produzione di rifiuti in plastica sia per i costi, visto che le evidenze ne dimostrano l’efficacia nel trattenere le particelle virali. Si raccomanda l’uso di mascherine a doppio o triplo strato di tessuti con diverse trame e proprietà elettrostatiche: a tal proposito è indispensabile promuovere una campagna d’informazione pubblica per guidare la popolazione all’acquisto e/o alla produzione domestica delle mascherine. Al contrario, vista l’impossibilità di mangiare e bere con la mascherina e l’evidenza che la ripetuta attività di toglierla e metterla può aumentare il rischio di trasmissione, l’obbligo della mascherina per i clienti di bar e ristoranti dovrebbe essere rivalutato. Considerato che solo una piccola percentuale della trasmissione del virus avviene all’aperto, la Fondazione GIMBE conferma che non è opportuno raccomandare l’obbligo di mascherina all’aperto, anche se rimane difficile, soprattutto durante la stagione estiva, governare le situazioni a rischio quando non si riesce a mantenere la distanza minima di un metro.
Obbligo e sanzioni. I paesi e le regioni in cui vige l’obbligo di indossare la mascherina hanno mostrato una maggiore aderenza rispetto a quelli in cui l’utilizzo è volontario. Come per le cinture di sicurezza e altre norme sulla sicurezza, giocano un ruolo fondamentale le campagne di informazione pubblica mirate a far comprendere e accettare alle persone le motivazioni alla base della norma: l’impegno e l’aderenza, infatti, possono aumentare quando la popolazione viene trattata come un partner in una strategia condivisa di salute pubblica. Tuttavia, le sanzioni pecuniarie per chi non indossa la mascherina sono difficilmente praticabili e, verosimilmente, controproducenti.
«Il nostro Position Statement – conclude Cartabellotta – ribadisce che, nel mezzo di una pandemia dove tutte le misure di protezione giocano un ruolo cruciale, le mascherine rappresentano il segno di una “nuova normalità” per una sicura convivenza con il virus. Non è accettabile che la violazione di norme imposte a tutela della salute venga sbandierata come espressione di libertà: come recentemente ricordato dal Presidente Mattarella, infatti, si deve “evitare di confondere la libertà con il diritto far ammalare altri”».
Il Position Statement GIMBE “Utilizzo delle mascherine negli ambienti pubblici per ridurre il contagio da SARS-COV-2” è disponibile a: www.gimbe.org/mascherine-PS
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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NELLA SETTIMANA 22-28 LUGLIO, RISPETTO ALLA PRECEDENTE, NUMERI IN AUMENTO: +328 NUOVI CASI, +361 “ATTUALMENTE POSITIVI” E, PER LA PRIMA VOLTA DOPO MESI DI COSTANTE RIDUZIONE, INCREMENTO DEI PAZIENTI RICOVERATI CON SINTOMI (+17). CONFERMATA LA CIRCOLAZIONE ENDEMICA DEL VIRUS CON RILEVANTI DIFFERENZE REGIONALI: DEI 12.609 ATTUALMENTE POSITIVI IL 53% È IN LOMBARDIA, IL 37,4% SI DISTRIBUISCE TRA EMILIA ROMAGNA, LAZIO, PIEMONTE, VENETO, CAMPANIA E TOSCANA E IL 9,6% NELLE ALTRE REGIONI. DAVANTI A NUMERI IN CRESCITA, LA FONDAZIONE GIMBE ESORTA POLITICA E ISTITUZIONI A GARANTIRE UNA COMUNICAZIONE OGGETTIVA, EQUILIBRATA E COERENTE PER NON DISORIENTARE I CITTADINI.
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 22-28 luglio, rispetto alla precedente, un incremento del 23,3% dei nuovi casi (1.736 vs 1.408), a fronte di un lieve aumento del numero di tamponi diagnostici. Relativamente ai dati ospedalieri, se i pazienti in terapia intensiva diminuiscono (40 vs 49), quelli ricoverati con sintomi sono in lieve aumento (749 vs 732). In dettaglio:
- Decessi: 50 (+0,1%)
- Terapia intensiva: -9 (-18,4%)
- Ricoverati con sintomi: +17 (+2,3%)
- Nuovi casi totali: +1.736 (+0,7%)
- Tamponi diagnostici: +17.859 (+10,4%)
- Tamponi totali: +28.080 (+9,3%)
«Nell’ultima settimana – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – due spie rosse confermano la necessità di mantenere alta la guardia, senza allarmismi ma con senso di grande responsabilità individuale e collettiva». Infatti, oltre al netto aumento dei nuovi casi (+ 23,3% rispetto alla settimana precedente), per la prima volta si registra un’inversione di tendenza nel trend dei pazienti ospedalizzati con sintomi, che era in costante discesa da inizio aprile. Una ragione in più per rendere disponibile il numero dei nuovi pazienti ricoverati e dimessi dall’ospedale e dalle terapie intensive quotidianamente, visto che i dati si riferiscono solo al “saldo”, ovvero al numero dei posti letto occupati, quale indice del sovraccarico ospedaliero.
Nel quadro di un netto incremento dei nuovi casi nella settimana 22-28 luglio rispetto alla precedente (+328) si rilevano notevoli variazioni regionali: solo in 6 Regioni i casi sono in riduzione, mentre in 15 sono in aumento. Incremento moderato in Emilia-Romagna (+70), Prov. Aut. Trento (+65) e Campania (+56), netta riduzione in Veneto (-73). Parametrando i nuovi casi alla popolazione residente, tra le Regioni che fanno registrare il maggior incremento per 100.000 abitanti, svetta la Provincia Autonoma di Trento (13,86), seguita da Valle D’Aosta (7,96), Emilia-Romagna (7,56), Molise (7,53) e Basilicata (7,28) (tabella).
«Quale indicatore della diffusione del contagio – spiega Cartabellotta – abbiamo rivalutato la distribuzione geografica dei 12.609 casi attivi al 28 luglio, i cosiddetti casi “attualmente positivi” secondo la denominazione della Protezione Civile, aumentati di 361 unità rispetto alla settimana precedente». Il 53% si concentra in Lombardia (6.678); un ulteriore 37,4% si distribuisce tra Emilia-Romagna (1.459), Lazio (942), Piemonte (801), Veneto (754), Campania (393), Toscana (363); i rimanenti 1.219 casi (9,6%) in 14 Regioni e Province autonome (figura).
In generale, i dati confermano sia il quadro epidemiologico di circolazione endemica del virus, sia il trend in aumento dei nuovi casi dopo due settimane di relativa stabilità, siano essi legati a nuovi focolai o a casi di “importazione” dall’estero.
«Davanti a numeri in rialzo rispetto alle settimane precedenti – conclude il Presidente – la comunicazione della politica e delle Istituzioni deve essere oggettiva, equilibrata e coerente. La pandemia è ancora in corso, il virus è vivo e vegeto e vanno mantenuti tutti i comportamenti individuali raccomandati da mesi, oltre che le misure di sorveglianza epidemiologica. Non è più accettabile disorientare i cittadini strumentalizzando la pandemia per fini esclusivamente politici, contrapponendo posizioni estreme: da un lato negazionismo, minimizzazioni del fenomeno e deplorevoli comportamenti individuali, dall’altro la proroga dello stato di emergenza nazionale».
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28 2020
Paradosso ticket: nel 2019 spesi quasi 3 miliardi di euro, ma il 38% finisce in farmaci di marca
SOTTO LA LENTE DELL’OSSERVATORIO GIMBE GLI IMPORTI SBORSATI DAI CITTADINI NEL 2019. QUASI € 50 A TESTA CON RILEVANTI DIFFERENZE REGIONALI: QUOTA PRO-CAPITE TOTALE DA € 33,5 IN SARDEGNA A € 90,8 IN VALLE D’AOSTA, PER I FARMACI DA € 15,3 IN PIEMONTE A € 36,4 IN CAMPANIA, PER LE PRESTAZIONI SPECIALISTICHE DA € 8,5 IN SICILIA A € 65,3 IN VALLE D’AOSTA. ALLA VIGILIA DEL DEFINITIVO SUPERAMENTO DEL SUPERTICKET PER LA SPECIALISTICA, URGENTE INCENTIVARE L’USO DEI FARMACI EQUIVALENTI, IL CUI MANCATO UTILIZZO COSTA AI CITTADINI OLTRE € 1.120 MILIONI.
Tutte le Regioni prevedono sistemi di compartecipazione alla spesa sanitaria, con un livello di autonomia che negli anni ha generato una giungla inestricabile di differenze relative alle prestazioni su cui vengono applicati (farmaci, prestazioni specialistiche, pronto soccorso, etc.), agli importi da corrispondere, alle regole per le esenzioni. Integrando i dati del Rapporto 2020 sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei Conti con quelli del Monitoraggio AIFA della spesa farmaceutica 2019, l’ultimo report dell’Osservatorio GIMBE analizza in dettaglio composizione e differenze regionali della compartecipazione alla spesa sanitaria che nel 2019 sfiora i 3 miliardi di euro.
«Nata per moderare i consumi – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – la compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria ha finito per costituire un rilevante capitolo di entrata per le Regioni in un’epoca caratterizzata da un definanziamento della sanità pubblica senza precedenti». Nel 2019 le Regioni hanno incassato per i ticket € 2.935,8 milioni (€ 48,6 pro-capite), di cui € 1.581,8 milioni (€ 26,2 pro-capite) per farmaci e € 1.354 milioni (€ 22,4 pro-capite) per prestazioni specialistiche, incluse quelle di pronto soccorso (figura).
«Nel periodo 2014-2019 – spiega Cartabellotta – l’entità complessiva della compartecipazione alla spesa sanitaria si è mantenuta relativamente stabile, ma abbiamo assistito ad una sua progressiva ricomposizione. Infatti, rispetto al 2014, quando gli importi dei ticket per farmaci e prestazioni specialistiche erano sovrapponibili, nel 2019 quelli per le prestazioni si sono ridotti del 6,5% mentre sono aumentati quelli per i farmaci (+10,1%)».
Nel 2019, rispetto all’anno precedente, i ticket sono diminuiti di € 32,2 milioni (-1,1%), di cui € 5 milioni (-0,4%) per le prestazioni specialistiche e € 27,2 milioni (-1,7%) per i farmaci. Dall’analisi emergono notevoli differenze regionali relative sia all’importo totale della compartecipazione alla spesa, sia alla ripartizione tra farmaci e prestazioni specialistiche: in particolare, se il range della quota pro-capite totale per i ticket oscilla da € 33,5 in Sardegna a € 90,8 in Valle d’Aosta, per i farmaci l’importo varia da € 15,3 in Piemonte a € 36,4 in Campania, mentre per le prestazioni specialistiche si va da € 8,5 in Sicilia a € 65,3 in Valle d’Aosta.
«Un dato di estremo interesse – precisa Cartabellotta – emerge dallo “spacchettamento” dei ticket sui farmaci, che include la quota fissa per ricetta e la quota differenziale sul prezzo di riferimento pagata dai cittadini che preferiscono il farmaco di marca al medicinale equivalente». Nel 2019 dei € 1.581,8 milioni sborsati per il ticket sui farmaci, solo il 29% è relativo alla quota fissa per ricetta (€ 459,3 milioni pari a € 7,6 pro-capite), mentre la quota differenziale sborsata per i farmaci “griffati” ammonta a € 1.122,5 milioni (€ 18,6 pro-capite). Complessivamente, nel periodo 2013-2019 la quota fissa sulle ricette si è ridotta del 17,7% (-€ 98,7 milioni), mentre è aumentata del 27,8% la quota prezzo di riferimento per la scelta dei farmaci di marca (+€ 244,5 milioni). Un comportamento che penalizza l’Italia nel confronto internazionale: su 26 paesi l’OCSE ci colloca al penultimo posto per valore e al terzultimo per volume di farmaci equivalenti.
«Spicca – rileva il Presidente – l’ostinata e ingiustificata resistenza ai farmaci equivalenti in tutte le Regioni del Centro-Sud che registrano una spesa per i farmaci di marca più elevata della media nazionale». In particolare: Lazio (€ 24,9), Calabria (€ 24,7), Sicilia (€ 23,9), Campania (€ 23,3), Basilicata e Molise (€ 22,5), Puglia (€ 22), Abruzzo (€ 21,5), Umbria (€ 20,8) e Marche (€ 20,3).
«Il nostro report indipendente – commenta il Presidente – conferma notevoli eterogeneità regionali che richiedono azioni differenziate. In particolare, se le risorse allocate per il superamento del superticket determineranno una progressiva riduzione della compartecipazione per le prestazioni specialistiche, mancano azioni concrete per promuovere l’utilizzo dei farmaci equivalenti, in particolare nelle Regioni del Centro-Sud». In altri termini, a fronte di un investimento di € 554 milioni/anno di risorse pubbliche per favorire l’accesso alle prestazioni specialistiche, stride l’esborso per i farmaci brand da parte dei cittadini di oltre € 1.120 milioni, il 38,2% della compartecipazione alla spesa sanitaria e il 71% di quella per i farmaci.
«Rispetto all’equità di accesso alle cure – conclude Cartabellotta – auspichiamo che venga presto attuata una delle più grandi incompiute politiche degli ultimi anni, già prevista dal Patto per la Salute 2019-2021: ovvero uniformare a livello nazionale regole per le esenzioni e criteri per la compartecipazione alla spesa sanitaria».
Il report dell’Osservatorio GIMBE “Ticket 2019” è disponibile a: www.gimbe.org/ticket2019.
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23 2020
Coronavirus: stabile l’incremento dei nuovi casi. In Lombardia oltre il 57% dei positivi
NEL PERIODO 15-21 LUGLIO CONTINUA A CALARE L’OCCUPAZIONE DEGLI OSPEDALI, MA NON IL NUMERO DEI NUOVI CASI CHE SI MANTIENE COSTANTE. L’ANALISI DEI DATI INDICA UNA CIRCOLAZIONE ENDEMICA DEL VIRUS CON FORTI DIFFERENZE REGIONALI: DEI 12.248 “ATTUALMENTE POSITIVI” IL 57,2% SONO IN LOMBARDIA, IL 29,5% SI DISTRIBUISCE TRA EMILIA ROMAGNA, LAZIO, PIEMONTE, VENETO E IL 13,3% NELLE ALTRE REGIONI. FONDAMENTALE MANTENERE I COMPORTAMENTI INDIVIDUALI RACCOMANDATI, IDENTIFICARE E ISOLARE I FOCOLAI E POTENZIARE L’ATTIVITÀ DI TESTING NEGLI AEROPORTI PER ARGINARE I CONTAGI DI RIENTRO DALL’ESTERO.
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE conferma nella settimana 15-21 luglio, rispetto alla precedente, uno stabile incremento dei nuovi casi (1.408 vs 1.388), a fronte di una lieve flessione del numero di tamponi diagnostici effettuati. Al tempo stesso i dati documentano un ulteriore alleggerimento della pressione sugli ospedali: al 21 luglio i pazienti ricoverati con sintomi (732) e, soprattutto, quelli in terapia intensiva (49) sono ormai un numero esiguo. In sintesi:
- Decessi: +89 (+0,3%)
- Terapia intensiva: -11 (-18,3%)
- Ricoverati con sintomi: -45 (-5,8%)
- Nuovi casi totali: +1.408 (0,6%)
- Tamponi diagnostici: -1.247 (-0,7%)
- Tamponi totali: -137 (-0,05%)
«In questo contesto – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – non bisogna confondere il progressivo decongestionamento degli ospedali con l’azzeramento delle ospedalizzazioni». Infatti, i dati su pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva si riferiscono al numero dei posti letto occupati, ma non permettono di conoscere il numero di pazienti ricoverati e dimessi, per guarigione o decesso. Inoltre, alcune Regioni non conteggiano più tra i pazienti ospedalizzati quelli con negativizzazione del tampone, sottostimando complessivamente il carico ospedaliero correlato a COVID-19.
A fronte della stabilità nell’aumento dei nuovi casi diagnosticati nell’ultima settimana rispetto alla precedente (+20) si documentano ampie variazioni regionali: in 8 Regioni i casi sono in riduzione, in 11 in aumento e in 2 sono stabili. Svettano l’incremento dei casi in Veneto (+172) e la riduzione in Lombardia (-184) e si rilevano moderate variazioni in aumento in Liguria (+44), Toscana (+30) e Campania (+28) e in riduzione nel Lazio (-46) e in Piemonte (-35) (tabella).
«In quanto indicatore della diffusione del contagio – spiega Cartabellotta – abbiamo valutato la distribuzione geografica dei 12.248 casi attivi al 21 luglio, ovvero i casi “attualmente positivi” secondo la denominazione della Protezione Civile». Il 57,2% si concentra in Lombardia (7.010); un ulteriore 29,5% si distribuisce tra Emilia Romagna (1.297) Lazio (881), Piemonte (813), Veneto (624); i rimanenti 1.623 casi (13,3%) sono distribuiti in 16 Regioni e Province autonome (figura). Parametrando i nuovi casi alla popolazione residente, le Regioni che nella settimana 15-21 luglio fanno registrare il maggior incremento per 100.000 abitanti sono Emilia Romagna (5,99), Veneto (5,12), Liguria (5,09) e Lombardia (4,07).
Dalla lettura complessiva dei dati emerge un quadro epidemiologico di circolazione endemica del virus con un incremento costante dei nuovi casi nelle ultime settimane, legati prevalentemente a nuovi focolai e a “casi di rientro” dall’estero.
«Per la gestione ottimale di questa fase dell’epidemia – conclude il Presidente – restano indispensabili tre strategie. Innanzitutto, mantenere i comportamenti individuali raccomandati: dalle misure di igiene personale al distanziamento sociale, dall’uso della mascherina nei luoghi pubblici chiusi, o all’aperto quando non è possibile mantenere la distanza minima di un metro, all’evitare gli assembramenti. In secondo luogo continuare con la rigorosa sorveglianza epidemiologica per identificare e isolare i focolai. Infine potenziare l’attività di testing negli aeroporti per arginare i casi di rientro».
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20 2020
Coronavirus: stop stato di emergenza, ma non è tutto finito e ci aspetta la convivenza con l’influenza
LA FONDAZIONE GIMBE, DOPO UN’ANALISI INDIPENDENTE DI ASPETTI GIURIDICI, SANITARI E SOCIALI, CONCLUDE CHE NON È OPPORTUNO PROLUNGARE LO STATO DI EMERGENZA. GLI ASPETTI SANITARI POSSONO ESSERE GESTITI DAL MINISTERO DELLA SALUTE E IL PARLAMENTO DEVE RIAPPROPRIARSI DEL SUO RUOLO LEGISLATIVO. TUTTAVIA, QUESTA DECISIONE DEVE ESSERE ACCOMPAGNATA DA UN POTENZIAMENTO DELLA COMUNICAZIONE PUBBLICA PERCHÉ NON È TUTTO FINITO E DA UN PIANO PER GESTIRE LA CONVIVENZA TRA EPIDEMIA INFLUENZALE E CORONAVIRUS, VERA EMERGENZA AUTUNNALE.
Con la delibera del 31 gennaio 2020 è stato dichiarato in Italia lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili. L’annuncio di una possibile proroga ha acceso una bagarre politica che rischia di far saltare gli equilibri di Governo, vista la perplessità di alcuni esponenti della maggioranza e il secco no dei partiti di opposizione che condiziona inevitabilmente anche i rapporti con le Regioni. Tanto che l’ipotesi iniziale di proroga al 31 dicembre è stata ridimensionata al 31 ottobre e le ultime indiscrezioni la danno come definitivamente tramontata.
«Ancora una volta – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – un dibattito che riguarda la tutela della salute e le libertà individuali delle persone viene ridotto alla contrapposizione tra schieramenti politici e alla necessità di mantenere equilibri di Governo, senza una valutazione sistematica di rischi e benefici del prolungamento dello stato di emergenza, oltre che la ricerca di soluzioni alternative». Per tali ragioni, “sterilizzando” la questione da presupposti ideologici, la Fondazione GIMBE ha analizzato e sintetizzato i principali aspetti giuridici, sanitari e sociali sia per aumentare la consapevolezza pubblica su un tema rilevante per salute e libertà delle persone, sia per informare una scelta del Governo coerente con il livello di rischio sanitario e rispettosa di una Repubblica parlamentare.
Aspetti giuridici. Dopo circa un mese dalla dichiarazione dello stato di emergenza, visto il precipitare della situazione sanitaria, l’Esecutivo ha reputato di esercitare i più ampi poteri decisionali mediante decreti legge, consentendo al Presidente del Consiglio di intervenire direttamente mediante DPCM, strumento legittimato dal DL 6/2020 e dal successivo DL 19/2020, che esclude controlli di Presidenza della Repubblica e Corte Costituzionale. L’opportunità della proroga, tuttavia, deve basarsi su condizioni d’emergenza (oggi inesistenti), oppure su una loro “imminenza” che giustifichino la necessità di essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari.
Se da un lato la proroga lascerebbe alla Protezione Civile la possibilità di azioni rapide e flessibili, dall’altro bisogna tenere conto che: la maggior parte delle misure per gestire la pandemia sono già state attuate; le differenze regionali del quadro epidemiologico non giustificano uno stato di emergenza nazionale; anche nel peggiore degli scenari eventuali criticità future possono essere gestite con strumenti legislativi che coinvolgono il Parlamento. Inoltre, dal punto di vista sanitario, il Ministro della Salute può disporre ordinanze urgenti, in materia di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria, con efficacia estesa all'intero territorio nazionale o a parte di esso (art. 32, L. 833/78). E lo stesso potere spetta al Presidente della Regione e al sindaco, con efficacia estesa rispettivamente alla Regione (o a parte di essa) e al Comune. Infine, rispetto agli approvvigionamenti, per i quali la Protezione Civile ha avuto particolari poteri di intervento, il codice degli appalti già prevede l'aggiudicazione senza pubblicazione del bando di gara in casi connotati da urgenza (art. 63 D.Lgs 50/2016).
Aspetti sanitari. Guardando esclusivamente oltre confine, i presupposti sanitari per la proroga ci sarebbero tutti: da quelli che hanno motivato lo stato di emergenza nazionale del 31 gennaio, allo stato di pandemia dichiarato dall’OMS l’11 marzo, all’evidenza che a livello mondiale il numero dei casi continua a crescere. Tuttavia, nel nostro Paese la curva epidemica si è ormai stabilizzata e durante i mesi estivi la curva dei contagi sarà verosimilmente influenzata per lo più da focolai e casi di “rientro” da altri Paesi. Ma in questa valutazione ottimistica bisogna tener conto di tre elementi: l’Italia è stato il primo Paese, dopo la Cina, a sperimentare la pandemia; i risultati sono stati ottenuti anche grazie ad un lockdown rigoroso e prolungato; la stagione attuale è lontana dal picco dei virus respiratori (da ottobre ad aprile).
In altre parole, le criticità potrebbero emergere nella seconda parte dell’autunno, sia per la possibile risalita della curva dei contagi, potenzialmente influenzata anche dalla riapertura delle scuole, sia soprattutto per la “convivenza” della prossima stagione influenzale con il coronavirus. Tuttavia, fatta eccezione per la circolare del Ministero della Salute che raccomanda di potenziare la vaccinazione anti-influenzale, attualmente manca un piano per gestire l’enorme numero di pazienti con sintomi influenzali che sovraccaricheranno i servizi sanitari e che, in assenza di una diagnosi tempestiva, finiranno in quarantena con effetti imprevedibili sulle attività produttive.
In ogni caso, in assenza dell’effetto sorpresa, la probabilità di grandi emergenze ospedaliere è limitata e il servizio sanitario nazionale è stato adeguatamente potenziato per gestire una eventuale seconda ondata.
Aspetti sociali. In alcune persone, soprattutto se psicologicamente fragili, la proroga potrebbe alimentare paure e preoccupazioni per la ripresa dell’epidemia e per le possibili nuove restrizioni a libertà e diritti. Tuttavia, in termini di sanità pubblica è più rischioso il progressivo calo di attenzione che sarebbe ulteriormente alimentato dalla mancata proroga dello stato di emergenza. Ecco perché è necessario accompagnare la decisione con una forte comunicazione pubblica per non consolidare ulteriormente il messaggio che “ormai è tutto finito”.
«Le nostre analisi indipendenti – conclude Cartabellotta – suggeriscono che non è opportuno prorogare lo stato di emergenza, perché non esistono più condizioni sanitarie attuali o imminenti che lo giustifichino. Peraltro, l’uscita del Paese dallo stato di emergenza permetterebbe al Parlamento di riappropriarsi del suo ruolo legislativo. Il Governo, in ogni caso, potrebbe rivalutare più avanti la necessità di uno stato di emergenza nazionale, in relazione all’andamento della curva dei contagi, alla capacità di gestione dell’epidemia e alla reale necessità di tutelare salute pubblica e libertà individuali con strumenti “più agili”. Peraltro, presentarsi agli appuntamenti elettorali di settembre sotto uno stato di emergenza nazionale, aumenterebbe le tensioni politiche e potrebbe influenzare i risultati delle consultazioni stesse».
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9 2020
Coronavirus: stabile il trend dei nuovi casi ma nelle ultime 2 settimane nessuna regione a contagio zero
NEL PERIODO 25 GIUGNO – 7 LUGLIO 2.546 NUOVI CASI IN ITALIA, DI CUI OLTRE LA METÀ IN LOMBARDIA CHE HA LA PERCENTUALE PIÙ ELEVATA DI TAMPONI DIAGNOSTICI POSITIVI (2,16%). CONTINUANO A CALARE I RICOVERI, MA NON IL TREND DEI CONTAGI: PURTROPPO LA LIMITATA DISPONIBILITÀ DI DATI NON PERMETTE DI STABILIRE SE SIANO IMPUTABILI ALL’INSORGENZA DI FOCOLAI O ALLA DIFFUSA CIRCOLAZIONE DEL VIRUS. FONDAMENTALE MANTENERE COMPORTAMENTI INDIVIDUALI RESPONSABILI E GARANTIRE UN RIGOROSO MONITORAGGIO EPIDEMIOLOGICO
«Anche nella settimana 1-7 luglio – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – il nostro monitoraggio indipendente conferma rispetto alla settimana precedente la costante riduzione del carico su ospedali e terapie intensive, con una sostanziale stabilità nell’incremento dei casi totali e dei decessi». In sintesi:
- Casi totali: +1.378 (+0,6%)
- Decessi: +132 (+0,4%)
- Ricoverati con sintomi: -150 (-13,8%)
- Terapia intensiva: -23 (-24,7%)
- Tamponi totali: -22.720 (-6,8%)
- Tamponi diagnostici: -12.323 (-6,7%)
Considerato che il numero di casi settimanali totali è relativamente contenuto, la Fondazione GIMBE ha condotto un’analisi su un periodo più esteso (25 giugno – 7 luglio), durante il quale si sono registrati 2.546 nuovi casi: il 51,8% in Lombardia (1.319), seguita da Emilia-Romagna (402), Lazio (171), Piemonte (158) e Campania (102). Tutte le altre Regioni si attestano sotto i 100 nuovi casi con un range che va dagli 88 del Veneto ad un unico nuovo caso in Molise. La percentuale di tamponi diagnostici positivi (figura 1), esclusi dunque quelli eseguiti per confermare la guarigione virologica o per necessità di ripetere il test, è superiore alla media nazionale (0,89%) solo in Lombardia (2,16%) e in Emilia-Romagna (1,25%). Nelle altre Regioni il range varia dallo 0,87% di Liguria e Piemonte allo 0,04% della Puglia.
Per lo stesso periodo (25 giugno – 7 luglio) sono stati messi in relazione due indicatori parametrati alla popolazione residente: l’incidenza di nuovi casi e il numero di tamponi diagnostici che stima la maggiore o minore propensione al testing delle Regioni (figura 2).
- Incidenza di nuovi casi per 100.000 abitanti. Rispetto alla media nazionale (4,2), l’incidenza è superiore in Lombardia (13,1), Emilia-Romagna (9) e Provincia Autonoma di Trento (4,4). Nelle altre Regioni il l’incidenza varia dai 4,1 nuovi casi per 100.000 abitanti della Liguria allo 0,1 della Puglia.
- Tamponi diagnostici per 100.000 abitanti. Rispetto alla media nazionale (475), svetta la Provincia Autonoma di Trento (986), seguita da Emilia-Romagna (724), Molise (715), Provincia Autonoma di Bolzano (665) e Lombardia (608), Umbria (586), Veneto (572), Friuli-Venezia Giulia (519) e Sardegna (480). Le restanti 12 Regioni si collocano in un range che varia dai 475 tamponi per 100.000 abitanti della Basilicata ai 246 della Campania. La propensione all’esecuzione di tamponi diagnostici rimane significativamente sopra la media nazionale sia in Emilia-Romagna (724) che in Lombardia (608), le prime due Regioni per incidenza di nuovi casi.
«L’interpretazione di questi dati – commenta Cartabellotta – risulta difficoltosa anche per la mancata disponibilità pubblica di tutti gli indicatori del Decreto del Ministero della Salute 30 aprile 2020 che, tra l’altro, prevedono di riportare separatamente i casi dovuti a focolai da quelli conseguenti alla circolazione diffusa del virus».
«In questa fase di convivenza con il virus – conclude Cartabellotta – è indispensabile da un lato non abbassare la guardia mantenendo comportamenti individuali responsabili, applicando rigorosamente le norme igieniche e le misure di distanziamento sociale, indossando le mascherine in luoghi chiusi o ove non è possibile rispettare le distanze ed evitando rigorosamente ogni forma di assembramento. Dall’altro le Regioni devono continuare a garantire una stretta sorveglianza epidemiologica finalizzata sia ad identificare tempestivamente i focolai, circoscrivendoli, sia ad una continua attività di testing per le categorie a rischio».
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DAL MONITORAGGIO SETTIMANALE DELLA FONDAZIONE GIMBE NESSUNA VARIAZIONE SIGNIFICATIVA AL QUADRO EPIDEMIOLOGICO NAZIONALE. ATTENZIONE PUNTATA SUI CONTAGI DEGLI OPERATORI SANITARI: 29.476 DA INIZIO EMERGENZA (12,3% DEL TOTALE DEI POSITIVI) E 7.596 DAL 4 MAGGIO AL 30 GIUGNO (26,5% DEL TOTALE). MA I DATI ANALITICI PER REGIONE, CONTESTO ASSISTENZIALE E RUOLO PROFESSIONALE RISALGONO AL MESE DI APRILE: ENNESIMO “BUCO NERO” SU UNA DELLE PRINCIPALI DETERMINANTI DEI CONTAGI NEL NOSTRO PAESE.
Nella settimana 24-30 giugno il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE conferma, rispetto alla settimana precedente, la costante riduzione dei pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva e l’ulteriore rallentamento sul fronte dei decessi. Relativamente ai casi totali, si rileva un incremento medio giornaliero dello 0,1%, a fronte di un’ulteriore riduzione dei tamponi diagnostici. In sintesi:
- Casi totali: +1.745 (+0,7%)
- Decessi: + 92 (+0,3%)
- Ricoverati con sintomi: -763 (-41,2%)
- Terapia intensiva: -22 (-19,1%)
- Tamponi totali: -21.837 (-6,1%)
- Tamponi diagnostici: -6.433 (-3,4%)
«In un contesto di generale stabilità del quadro epidemiologico nazionale – afferma il Presidente Nino Cartabellotta – abbiamo approfondito un tema trascurato negli ultimi tempi, ovvero il contagio degli operatori sanitari che durante questi mesi hanno pagato un prezzo molto alto condizionando anche l’evoluzione dell’epidemia. Infatti, oltre alla riduzione della “forza lavoro”, gli operatori sanitari contagiati sono divenuti inconsapevoli veicoli di infezione, in particolare dei pazienti più fragili».
FONTI DEI DATI. I dati sui contagi degli operatori sanitari sono resi disponibili dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) tramite un’infografica, evoluta in una dashboard web dal 25 giugno, e il bollettino epidemiologico. La disponibilità di dati da fonti regionali non consente analisi sistematiche in quanto parziale e/o occasionale. In ogni caso, se il numero totale di contagi e decessi viene costantemente aggiornato dall’ISS, i dati di dettaglio risalgono tutti al mese di aprile. In dettaglio:
- Il numero totale degli operatori sanitari contagiati è disponibile dal 9 marzo al 30 giugno, insieme alla distribuzione di contagi e decessi per fascia d’età, oltre che al tasso di letalità.
- La distribuzione dei contagi per Regione è disponibile nell’appendice del bollettino epidemiologico sino al 2 aprile.
- Il 9 aprile l’ISS ha condotto un’indagine tra le Regioni per raccogliere informazioni più dettagliate, riportando i dati nel bollettino come “focus sugli operatori sanitari”:
- 17 aprile: contagiati per “Contesto assistenziale” (dati disponibili per 11.738/16.991 casi);
- 30 aprile: contagiati per “Ruolo/qualifica professionale” (dati disponibili per 20.593/20.831 casi).
RISULTATI
- Al 30 giugno risultano contagiati 29.476 operatori sanitari (figura) il 12,3% dei 240.578 contagi totali nazionali.
- Al 23 giugno risultano 87 operatori sanitari deceduti per COVID-19, per un tasso di letalità dello 0,3%. Stride la discrepanza con il numero dei 171 medici deceduti resi noti dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici e Odontoiatri.
- Al 28 aprile su 20.593 operatori sanitari contagiati il 47,4% sono infermieri e ostetrici, il 22% medici prevalentemente ospedalieri, il 14,6% operatori sociosanitari e il 16% altre professioni sanitarie.
- Al 16 aprile quasi il 90% degli 11.738 contagiati si concentra tra setting ospedaliero (70,9%) e territoriale (18,5%), mentre il restante 10,6% si divide tra case di riposo, residenze per anziani e altri setting di assistenza residenziale o ambulatoriale.
- Al 2 aprile quasi l’81% degli operatori sanitari contagiati si concentravano in tre Regioni: Lombardia (61,6%), Emilia-Romagna (10,8%) e Veneto (8,4%).
Rispetto alla continua crescita dei contagi tra operatori sanitari, un dato di particolare rilievo che dal 4 maggio al 30 giugno sono stati identificati 7.596 operatori sanitari positivi, che corrispondono al 26,5% dei 28.640 nuovi positivi in Italia per lo stesso periodo. «Davanti a questi dati – precisa Cartabellotta – il dubbio sorge spontaneo: è possibile che mesi dopo l’inizio dell’epidemia non siamo ancora in grado di garantire agli operatori sanitari il massimo livello di protezione con adeguati dispositivi di protezione individuale e protocolli di sicurezza? O questi numeri devono essere piuttosto interpretati alla luce della massiccia attività di testing condotta su questa categoria professionale, che ha permesso di identificare un numero molto più elevato di positivi rispetto alla popolazione generale?».
«La Fondazione GIMBE – conclude Cartabellotta – ritiene inaccettabile la mancata disponibilità di dati analitici relativi alla distribuzione regionale, al contesto assistenziale e al ruolo/qualifica professionale degli operatori sanitari contagiati che consentirebbero di comprendere meglio il fenomeno e mettere in atto le opportune strategie preventive a tutela degli operatori e dei cittadini. L’ennesimo “buco nero” su una delle principali determinanti della diffusione dell’epidemia nel nostro Paese».
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25 giugno 2020
Casi in riduzione, ma tamponi in netto calo. Nuovi focolai attestano ampia circolazione coronavirus
CONTINUA IL CALO COSTANTE DEI PAZIENTI RICOVERATI CON SINTOMI E IN TERAPIA INTENSIVA CHE NON DEVE TUTTAVIA ESSERE CONFUSO CON L’ASSENZA DI NUOVI RICOVERI PER COVID-19. RISPETTO ALLA SETTIMANA PRECEDENTE SI RIDUCE L’INCREMENTO DEI NUOVI CASI (+0,6%), INEVITABILMENTE CONDIZIONATO DAL NETTO CALO DEI TAMPONI DIAGNOSTICI (-26.876). UNA DECINA DI FOCOLAI SEGNALATI NELL’ULTIMA SETTIMANA DIMOSTRANO CHE IL VIRUS CONTINUA A CIRCOLARE OVUNQUE E NON BISOGNA ABBASSARE LA GUARDIA: COMPORTAMENTI INDIVIDUALI, SORVEGLIANZA EPIDEMIOLOGICA E POTENZIAMENTO DELL’ATTIVITÀ DI TESTING RIMANGONO ARMI INDISPENSABILI PER UNA “TRANQUILLA” CONVIVENZA COL VIRUS.
Nella settimana 17-23 giugno il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE conferma, rispetto alla settimana precedente, la costante riduzione dei pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva e l’ulteriore frenata nell’incremento dei nuovi casi, condizionata tuttavia dal netto calo dei tamponi diagnostici, ovvero quelli finalizzati a identificare nuovi casi e non eseguiti per confermare le guarigioni o per altre necessità di ripetere il test (cd. tamponi di controllo). In sintesi:
- Decessi: +270 (+0,8%)
- Terapia intensiva: -62 (-35%)
- Ricoverati con sintomi: -1.448 (-43,9%)
- Casi totali: +1.133 (+0,6%)
- Tamponi diagnostici -26.876 (-12,4%)
- Tamponi totali: -18.937 (-5%)
«I dati – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE – confermano che il numero dei pazienti attualmente ospedalizzati è in discesa costante e progressiva dai primi di aprile, quando si contavano oltre 4.000 pazienti in terapia intensiva e più di 29.000 ricoverati con sintomi. Tuttavia, il progressivo decongestionamento degli ospedali non implica, come impropriamente si sente spesso affermare, l’azzeramento dei ricoveri». Infatti, i dati ufficiali relativi alle ospedalizzazioni per COVID-19 si riferiscono all’occupazione dei posti letto, utili per valutare i segnali di sovraccarico ospedaliero, ma che al di là del “saldo” in progressiva riduzione non permettono di conoscere il reale numero di pazienti quotidianamente entrano ed escono dalle statistiche ospedaliere (nuovi ricoveri, dimissioni, decessi).
Sul ridotto incremento dei casi totali (+0,6%) è evidente l’impatto della riduzione dei tamponi diagnostici, oltre 26.000 in meno rispetto alla settimana precedente, comunque superiore a quello dei tamponi di controllo (quasi 19.000 in meno).
«Considerato il numero di casi sempre più esiguo – spiega Cartabellotta – la nostra analisi settimanale si concentra sulle variazioni provinciali, dove gli incrementi sono conseguenti all’identificazione di focolai immediatamente circoscritti». L’analisi esclude le province della Sicilia, oggetto di consistenti ricalcoli. Complessivamente nella settimana 17-23 giugno, rispetto alla precedente, in 36 province si rileva un incremento complessivo di 186 casi, di cui si riportano i dati relativi a 13 province che registrano aumenti di almeno 5 casi, per un totale di 135 casi distribuiti in 9 Regioni (tabella): Calabria, Campania, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, P.A. Bolzano, P.A. Trento, Piemonte, Toscana. Tali incrementi sono in parte riconducibili a focolai identificati nell’ultima settimana, di seguito riportati con i relativi casi segnalati da fonti locali.
- Mondragone (Caserta): quarantena per i residenti dei Palazzi ex Cirio (30 positivi)
- Palmi (Reggio Calabria): “zona rossa” istituita nei quartieri Pietrenere-Tonnara-Scinà (8 positivi)
- Bologna: in un’azienda (14 positivi) e in un’attività commerciale (12 positivi)
- Montecchio (Reggio Emilia): focolaio in due famiglie con legami parentali (7 positivi)
- Bolzano: focolaio familiare (11 positivi)
- Como: casa di accoglienza per persone bisognose (7 positivi)
- Province di Prato e Pistoia (19 positivi)
- Porto Empedocle (Agrigento) focolaio nella nave dei migranti portati dalla Sea Watch (28 positivi)
- Alessandria: casa di riposo (13 positivi)
- Roma: istituto religioso (4 positivi), oltre ai ben noti focolai della Garbatella e dell’ospedale San Raffaele Pisana relativi alle settimane precedenti
«Tutte queste segnalazioni – precisa il Presidente – confermano, oltre ogni ragionevole dubbio, che il virus è sempre presente e rialza la testa ogni qualvolta le condizioni ambientali favoriscono una ripresa del contagio. In particolare, accanto alle ben note residenze per anziani, sembrano a rischio sia contesti familiari sia aree sociali disagiate, oltre gli inevitabili “casi di rientro” dall’estero. Di conseguenza, è indispensabile mantenere i comportamenti individuali raccomandati e continuare con una stretta sorveglianza epidemiologica, potenziando contestualmente l’attività di testing e tracciamento, di fatto in netta riduzione».
«Evidenze scientifiche e dati dal real world – conclude Cartabellotta – invitano a diffidare dal senso di falsa sicurezza che traspare da improvvide dichiarazioni prive di basi scientifiche e che rischia di alimentare pericolosi comportamenti individuali. Il peggio è indubbiamente passato, ma resta cruciale disinnescare ogni cortocircuito cognitivo-comportamentale che ci porta, complice anche la bella stagione, a mettere da parte ogni preoccupazione (legittimo), ma soprattutto ogni precauzione (inaccettabile)».
Tabella. Province con un incremento di almeno 5 casi nella settimana 17-23 giugno
rispetto a quella precedente
Regione* |
Provincia |
N° casi totali |
N° casi totali |
Incremento |
Focolai |
Calabria |
Reggio di Calabria |
1 |
12 |
+11 |
Sì |
Campania |
Caserta |
2 |
13 |
+11 |
Sì |
Emilia Romagna |
Bologna |
55 |
72 |
+17 |
Sì |
Forlì-Cesena |
4 |
10 |
+6 |
- |
|
Reggio nell'Emilia |
7 |
19 |
+12 |
Sì |
|
Liguria |
Genova |
33 |
41 |
+8 |
- |
Savona |
3 |
9 |
+6 |
- |
|
Lombardia |
Bergamo |
248 |
268 |
+20 |
- |
Monza e Brianza |
72 |
77 |
+5 |
- |
|
P.A. Bolzano |
Bolzano |
7 |
22 |
+15 |
Sì |
P.A. Trento |
Trento |
9 |
17 |
+8 |
- |
Piemonte |
Novara |
18 |
29 |
+11 |
- |
Toscana |
Prato |
1 |
6 |
+5 |
- |
*Le province della Sicilia sono state escluse in quanto oggetto di ricalcoli rilevanti |
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22 giugno 2020
Coronavirus: il disaccordo pubblico tra esperti disorienta la popolazione e genera pericolose fake news
SPOSTARE IL DIBATTITO SUI RISULTATI DELLA RICERCA DI BASE E DI STUDI CLINICI PRELIMINARI SPESSO NEMMENO PUBBLICATI OPPURE GENERALIZZARE LE PROPRIE ESPERIENZE SUL CAMPO DEFORMA IL PUZZLE DELLE EVIDENZE SCIENTIFICHE SULLA PANDEMIA, SOSTITUENDO LA LOGICA DELL’IPSE DIXIT AL RIGORE METODOLOGICO DELLA RICERCA. DALLA FONDAZIONE GIMBE UNA SINTESI PER IL GRANDE PUBBLICO DELLE RAGIONEVOLI (IN)CERTEZZE DELLA SCIENZA.
Nelle ultime settimane l’attenzione dei media sull’epidemia di coronavirus si è spostata dai numeri del contagio, sempre meno “sensazionali”, alle svariate dichiarazioni di esperti che disegnano scenari estremi, generando fazioni opposte. Per alcuni la pandemia è finita ed è tempo di tornare alla vita normale senza troppe preoccupazioni; altri invece, in linea con le raccomandazioni del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità, ritengono che non bisogna abbassare la guardia perché il virus continua a circolare, in particolare in alcune Regioni.
«In questa fase dell’epidemia – afferma il Presidente Nino Cartabellotta – ricercatori, medici e scienziati che comunicano al grande pubblico hanno enormi responsabilità: ora che il pericolo non è più tangibile e la grande paura via via svanisce, il rischio di disorientare i cittadini è molto elevato. In particolare, affermazioni sostenute da studi preliminari o esperienze individuali alimentano un senso di falsa sicurezza che facilità comportamenti irresponsabili».
Occorre ricordare che la ricerca su COVID-19 è molto frammentata ed eterogenea: gli studi sono stati condotti in una situazione di emergenza; la disponibilità in poco tempo di moltissimi dati su scala mondiale ha fatto lievitare vertiginosamente il numero di pubblicazioni; la grande attenzione delle riviste scientifiche per il tema ha allentato il rigore dei criteri di valutazione, come dimostrano anche le clamorose ritrattazioni sulle riviste di grande prestigio: The Lancet, New England Journal of Medicine, Annals of Internal Medicine. «Questo scenario – spiega Cartabellotta – ostacola la produzione di revisioni sistematiche, sintesi affidabili per informare pratica clinica e politiche sanitarie: ogni singolo studio, infatti, per quanto ineccepibile, rimane solo una tessera nel puzzle delle conoscenze».
La Fondazione GIMBE, nel ribadire che la scienza convive con l’incertezza e con la continua evoluzione del sapere, riporta una sintesi destinata al grande pubblico sulle attuali ragionevoli (in)certezze della scienza.
- Virus
- Mutazioni. Le sequenze genetiche depositate nelle banche dati internazionali non dimostrano mutazioni del SARS-CoV-2 associate a diminuzioni di infettività, virulenza o altre caratteristiche epidemiologiche rilevanti per la sanità pubblica. Ovvero, allo stato attuale delle conoscenze il virus non è “meno aggressivo”.
- Sensibilità alle elevate temperature. Non esistono robuste evidenze scientifiche sulla sensibilità di SARS-Cov-2 alle elevate temperature ma, come per tutti i virus a trasmissione respiratoria, è realistico presumere una sua ridotta circolazione nella stagione estiva, in ragione del maggior tempo trascorso all’aperto dalle persone oltre che della più rapida evaporazione delle droplets.
- Ridotta contagiosità, minore carica virale, adattamento all’ospite. Numerosi studi preliminari condotti in laboratorio non permettono di trarre conclusioni definitive su queste avvincenti ipotesi. In generale, si tratta di studi che, prima di essere ampiamente replicati e validati, dovrebbero essere condivisi solo tra ricercatori, evitando di incendiare il dibattito pubblico.
- Distanziamento: insieme alle misure di igiene personale, rimane l’unica strategia di provata efficacia per ridurre la probabilità di contagio. Peraltro va rilevato che la distanza di sicurezza raccomandata in Italia di 1 metro è quella minima efficace.
- Mascherine. Le evidenze scientifiche le indicano come efficaci sia nei luoghi pubblici al chiuso, sia all’aperto in tutte le situazioni in cui non è possibile mantenere la distanza di sicurezza.
- Vaccino. Auspicando il successo della ricerca, ipotizzando procedure di autorizzazione rapide e tenendo conto dei tempi di produzione, il vaccino sarà disponibile su larga scala solo per la stagione influenzale 2021-2022.
- Terapie. Le prove di efficacia sui trattamenti di COVID-19 sono frammentate, eterogenee e spesso di qualità metodologica inadeguata. Ad oggi non è possibile raccomandare alcuna terapia specifica sulla base di robuste evidenze scientifiche. Tuttavia sembrano promettenti:
- Dexametazone: lo studio RECOVERY – non ancora pubblicato in esteso – sembra aver dimostrato la sua efficacia nel ridurre la mortalità nei pazienti sottoposti a ventilazione e, in misura minore, in quelli che richiedono solo ossigeno.
- Remdesevir: nei pazienti con malattia severa riduce i tempi di guarigione; approvato dalla FDA negli USA è ancora in valutazione dell’EMA.
In questo contesto di incertezza scientifica finiscono per prendere il sopravvento dichiarazioni di esperti che, indipendentemente dal loro prestigio professionale, posizione accademica o produzione scientifica, sono potenzialmente esposte al cosiddetto “bias del cappello bianco”. «Ovvero – spiega il Presidente – le opinioni di medici e scienziati possono riflettere inconsapevolmente distorsioni condizionate dai propri ambiti di ricerca o dalla propria esperienza clinica “sul campo”, oppure essere influenzate da interessi in conflitto di varia natura, non necessariamente finanziari».
«In un contesto di limitate evidenze scientifiche – conclude Cartabellotta – le decisioni di sanità pubblica devono essere prese nell’incertezza: durante la fase di convivenza con il virus, questo impone di affidarsi al principio di precauzione. Ecco perché dichiarazioni basate sulla propria esperienza clinica o su risultati di studi preliminari, spesso nemmeno pubblicati, aumentano il disaccordo tra esperti, disorientano la popolazione e rischiano di generare pericolose fake news».
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18 giugno 2020
Coronavirus: aumentano i casi nell’ultima settimana. Rendere pubblici tutti i dati per comprendere il fenomeno
NEGLI ULTIMI 7 GIORNI IL MONITORAGGIO INDIPENDENTE DELLA FONDAZIONE GIMBE RILEVA UN INCREMENTO DI 2.294 NUOVI CASI, RISPETTO AI 1.927 DELLA SETTIMANA PRECEDENTE. I 461 NUOVI CASI SONO RIPORTATI IN 11 REGIONI, DI CUI L’83% IN LOMBARDIA, DOVE SI ATTESTA UN MODESTO POTENZIAMENTO DELL’ATTIVITÀ DI TESTING. LA FONDAZIONE GIMBE RILEVA ALTRESÌ CHE DEI 21 INDICATORI DEFINITI DAL DECRETO DEL MINISTERO DELLA SALUTE DEL 30 APRILE 2020 PER IL MONITORAGGIO DELL’EPIDEMIA SONO NOTI SOLO 3 DEI 9 INDICATORI DI ESITO E NESSUNO DEI 12 INDICATORI DI PROCESSO.
«Nella settimana 11-17 giugno il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE – afferma il Presidente Nino Cartabellotta – conferma rispetto alla settimana precedente la costante riduzione dei pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva e l’ulteriore rallentamento sul fronte dei decessi. Relativamente ai casi totali, si rileva un lieve incremento percentuale rispetto alla settimana precedente». In sintesi:
- Casi totali: +2.065 (+0,9%)
- Decessi: + 334 (+1,0%)
- Ricoverati con sintomi: -1.207 (-27,9%)
- Terapia intensiva -86 (-34,5%)
«Considerato il maggior incremento dei casi totali negli ultimi 7 giorni rispetto alla settimana precedente – spiega Cartabellotta – la nostra analisi si è concentrata su due aspetti: la variazione regionale dei nuovi casi e dei tamponi diagnostici, ovvero i cosiddetti “casi testati” secondo la denominazione utilizzata dalla Protezione Civile».
Variazione dei nuovi casi. Negli ultimi 7 giorni si registra un incremento di 2.294 nuovi casi, rispetto ai 1.927 della settimana precedente. 11 Regioni hanno un incremento complessivo di 461 casi di cui 384 (83%) in Lombardia; a seguire Piemonte (33), Toscana (18), Emilia Romagna (13), Prov. Aut. di Trento (4), Friuli Venezia Giulia (3), Calabria (2), Prov. Aut. di Bolzano (1), Abruzzo (1), Sardegna (1), Veneto (1). Le altre 10 Regioni fanno registrare complessivamente 94 nuovi casi in meno rispetto alla settimana precedente con minime variazioni negative, ad eccezione della Liguria (-61 casi). Le variazioni dei nuovi casi per 100.000 abitanti oscillano da +3,8 della Lombardia a -3,9 della Liguria (figura 1).
Relazione n° tamponi diagnostici e incidenza nuovi casi. Nell’ultima settimana, rispetto alla precedente, i tamponi per diagnosticare nuovi casi (cd. “casi testati”) sono aumentati solo in Emilia Romagna (+7.819), Lombardia (+1.821), Lazio (+1.389), Campania (+1.087), Prov. Aut. di Trento (+834) e Valle D’Aosta (+76). Nelle rimanenti Regioni sono invece diminuiti, auspicabilmente per la situazione epidemiologica e per l’utilizzo sempre più esteso di test sierologici di screening (figura 2).
«Considerato che in questa fase dell’epidemia – continua il Presidente – è indispensabile uno stretto monitoraggio la Fondazione GIMBE ha verificato la disponibilità pubblica dei 21 indicatori che le Regioni dovrebbero trasmettere secondo quanto previsto dal Decreto del Ministero della Salute 30 aprile 2020». Nessuno dei 12 indicatori di processo (6 relativi alla capacità di monitoraggio, 6 a quella di accertamento diagnostico, indagine e di gestione dei contatti) è pubblicamente disponibile per cittadini e ricercatori. Dei 9 indicatori di esito solo 3 vengono pubblicati (tabella).
Indicatore di esito |
Disponibilità pubblica |
3.1. Numero di casi riportati alla Protezione Civile negli ultimi 14 giorni |
Sì: bollettino sorveglianza integrata ISS, dati Protezione Civile |
3.2. Rt calcolato sulla base della sorveglianza integrata ISS |
Sì: bollettino sorveglianza integrata ISS* |
3.3. Numero di casi riportati alla sorveglianza sentinella COVID-net per settimana (opzionale) |
No |
3.4. Numero di casi per data diagnosi e per data inizio sintomi riportati alla sorveglianza integrata COVID-19 per giorno |
Sì: bollettino sorveglianza integrata ISS* (appendice con dettagli regionali) |
3.5. Numero di nuovi focolai di trasmissione (2 o più casi epidemiologicamente collegati tra loro o un aumento inatteso nel numero di casi in un tempo e luogo definito) |
No |
3.6. Numero di nuovi casi di infezione confermata da SARS-CoV-2 per Regione non associati a catene di trasmissione note |
No |
3.7. Numero di accessi al PS con classificazione ICD-9 compatibile con quadri sindromici riconducibili a COVID-19 (opzionale) |
No |
3.8. Tasso di occupazione dei posti letto totali in Terapia Intensiva (codice 49) per pazienti COVID-19 |
No (riportata nel comunicato stampa “assenza di segnali di sovraccarico dei servizi assistenziali”) |
3.9. Tasso di occupazione dei posti letto totali di Area Medica per pazienti COVID-19 |
|
* Nel report del 9 giugno non disponibili per tutte le Regioni |
«I dati forniti dalla Protezione Civile – conclude Cartabellotta – documentano un lieve incremento dei casi nell’ultima settimana rispetto alla precedente, ma non permettono alcun monitoraggio accurato in questa fase dell’epidemia. Considerato che le fonti ufficiali riportano solo 3 dei 21 indicatori previsti dal sistema di monitoraggio nazionale, la Fondazione GIMBE invita le Regioni a trasmettere tutti i dati richiesti e chiede al Ministero della Salute di renderli pubblici, sia in formato open per i ricercatori, sia in un formato di facile comprensione per i cittadini».
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11 giugno 2020
Coronavirus: tamponi, indietro tutta
IL MONITORAGGIO INDIPENDENTE DELLA FONDAZIONE GIMBE CONFERMA L’ULTERIORE E COSTANTE ALLEGGERIMENTO DI OSPEDALI E TERAPIE INTENSIVE. TUTTAVIA SUL FRONTE DEI TAMPONI DIAGNOSTICI, CHE CONDIZIONANO IL NUMERO DI NUOVI CASI, DOPO IL VERTIGINOSO CROLLO DELLA SETTIMANA SCORSA, 9 REGIONI ARRETRANO ULTERIORMENTE: LA STRATEGIA DI TESTING PER LA FASE 2 CONTINUA A NON ESSERE ADEGUATA.
11 giugno 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
«Nella settimana 4-10 giugno, il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE – afferma il Presidente Nino Cartabellotta – conferma sia la costante riduzione del carico su ospedali e terapie intensive, sia l’ulteriore rallentamento dei contagi e, in misura minore, dei decessi». In sintesi:
- Casi totali: +1.927 (+0,8%)
- Decessi: +513 (+1,5%)
- Ricoverati con sintomi: -1.422 (-24,8%)
- Terapia intensiva: -104 (-29,5%)
Nel rimarcare l’affidabilità e le tempestività dei dati che provengono dagli ospedali, legati a flussi standard trasmessi dalle Regioni al Ministero della Salute, la Fondazione GIMBE rileva che:
- il numero dei deceduti rimane ancora elevato per due ragioni: innanzitutto, il decesso può essere relativo a contagi non recenti; in secondo luogo, come dimostrato anche dal recente report ISTAT-ISS, la sottostima dei decessi è un fenomeno che si è progressivamente ridotto sino, verosimilmente, ad azzerarsi;
- il numero dei nuovi casi rimane un indicatore dipendente dal numero di tamponi diagnostici eseguiti.
«Rispetto a quest’ultimo punto – spiega Cartabellotta – abbiamo valutato il trend dei tamponi totali e di quelli diagnostici effettuati a partire dal 23 aprile, ed esaminato l’attitudine delle Regioni all’esecuzione dei tamponi diagnostici nelle ultime due settimane».
Trend tamponi (figura 1). Esaminando il periodo 23 aprile-10 giugno, il trend dei tamponi totali risulta in picchiata libera nelle ultime 2 settimane (complessivamente -12,6%). Il trend dei tamponi diagnostici è crollato del 20,7% in prossimità delle riaperture del 4 maggio, per poi risalire e precipitare nuovamente del 18,1% in vista delle riaperture del 3 giugno. Nell’ultima settimana si assiste a un lieve rialzo (+4,6%).
Trend regionali tamponi diagnostici. L’incremento complessivo del 4,6% (+9.431) nella settimana 4-10 giugno, rispetto a quella precedente, non è il risultato di comportamenti omogenei su tutto il territorio nazionale: infatti, mentre 12 Regioni e Province Autonome fanno registrare un incremento assoluto dei tamponi diagnostici, nelle rimanenti 9 si attesta una ulteriore riduzione (figura 2).
Da queste analisi emergono tre ragionevoli certezze: innanzitutto il numero dei tamponi diagnostici, finalizzati all’identificazione di nuovi casi, è calato drasticamente alla vigilia delle due riaperture del Paese del 4 maggio e del 3 giugno; in secondo luogo, dopo il crollo nella settimana 28 maggio-3 giugno, complice la doppia festività, nell’ultima settimana poco più della metà delle Regioni hanno aumentato il numero dei tamponi diagnostici rispetto alla precedente; infine, proprio le Regioni con una circolazione del virus ancora sostenuta nell’ultima settimana hanno ulteriormente ridotto i tamponi diagnostici invece di potenziarli.
«L’attività di testing – conclude Cartabellotta – finalizzata all’identificazione dei nuovi casi, alla tracciatura dei contatti e a loro isolamento continua a non essere una priorità per molte Regioni: purtroppo, nella gestione di questa fase dell’epidemia, in particolare dove la diffusione del virus non sembra dare tregua, la strategia delle 3T non è adeguata».
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10 giugno 2020
Coronavirus: gli asintomatici trasmettono il virus. E sono almeno il 40-45% delle persone infette
LE SPIAZZANTI DICHIARAZIONI DELL’OMS, IN PARTE RETTIFICATE, SUL RISCHIO DI CONTAGIO DA PERSONE ASINTOMATICHE SI SCONTRANO CON I RISULTATI DELLA SCIENZA. LE EVIDENZE PARLANO CHIARO: GLI ASINTOMATICI POSSONO TRASMETTERE IL VIRUS ANCHE PER UN PERIODO MAGGIORE DI 14 GIORNI E HANNO UNA CARICA VIRALE SIMILE A QUELLA DEI SINTOMATICI.
10 giugno 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
La dottoressa Maria Van Kerkhove, capo del team tecnico anti-Covid-19 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), lo scorso 8 giugno ha rilasciato una dichiarazione decisamente forte: “È molto raro che una persona asintomatica possa trasmettere il coronavirus”, per poi rettificarla ieri sostenendo di essersi riferita “a un set di dati limitato”.
«Ancora una volta – afferma il Presidente Nino Cartabellotta – è l’ipse dixit a condizionare l’informazione pubblica sul coronavirus. Questa volta non da parte di opinion leader nazionali, ma di una rappresentante della massima autorità sanitaria internazionale. E in questa fase molto delicata della pandemia, sarebbe opportuno conoscere i risultati della ricerca già disponibili, prima di lanciarsi in dichiarazioni tanto ardite quanto pericolose, rischiando di condizionare le politiche sanitarie dell’intero pianeta».
Ma cosa dicono oggi le evidenze scientifiche raccolte in maniera sistematica su questo tema di grande rilevanza per la sanità pubblica? Lo scorso 3 giugno Daniele Horan ed Eric Topol hanno pubblicato sugli Annals of Internal Medicine una revisione che sintetizza le migliori evidenze disponibili sull'infezione asintomatica da SARS-CoV-2. Dall’analisi dei dati di 16 coorti, tra cui quella italiana di Vo’, emergono le seguenti conclusioni:
- Circa il 40-45% delle persone infette da SARS-CoV-2 risultano senza sintomi, suggerendo un elevato potenziale del virus di diffondersi nella popolazione in maniera silenziosa ed estesa. Considerato che nelle varie coorti non è sempre possibile distinguere gli asintomatici dai pre-sintomatici, i ricercatori riportano in maniera conservativa che gli infetti che non sviluppano alcun sintomo sono almeno il 30%.
- I soggetti asintomatici possono trasmettere il virus per un periodo prolungato, verosimilmente anche maggiore di 14 giorni.
- Diversi studi, tra cui uno condotto in Lombardia, dimostrano che soggetti asintomatici e sintomatici hanno una carica virale simile che non coincide con la trasmissibilità del virus, ancora non adeguatamente studiata.
- L'assenza di sintomi non equivale ad assenza di lesioni: infatti, nelle 2 coorti che hanno sottoposto alla TAC i soggetti inclusi (Diamond Princess, Corea del Sud), sono state rilevate negli asintomatici anomalie polmonari subcliniche di incerto significato che richiedono ulteriori studi.
- A causa dell’elevato rischio di diffusione silente da parte di soggetti asintomatici, è indispensabile estendere le strategie di testing alle persone senza sintomi.
«Le evidenze ad oggi disponibili – conclude Cartabellotta – dimostrano che la prevalenza dei soggetti asintomatici è un fattore rilevante nella diffusione del contagio da Sars-Cov-2. Di conseguenza in questa fase della pandemia le misure di sanità pubblica devono essere orientate sia a identificare, tracciare e isolare i soggetti asintomatici, sia a fare rispettare il distanziamento sociale e utilizzare la mascherina quando non è possibile mantenere la distanza di sicurezza».
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4 giugno 2020
Coronavirus, fase 3: ridurre al minimo rischio seconda ondata. Il Paese non reggerebbe nuovi lockdown
LA FONDAZIONE GIMBE CONFERMA IL CONSISTENTE ALLEGGERIMENTO DI OSPEDALI E TERAPIE INTENSIVE QUALE EFFETTO DEL LOCKDOWN, MA ESCLUDE UNA MINORE GRAVITÀ DELLA COVID-19. TUTTAVIA INVITA A NON ABBASSARE LA GUARDIA, SIA PERCHÉ LE IMPROROGABILI RIAPERTURE SI BASANO SU DATI RELATIVI A 2-3 SETTIMANE FA, SIA PERCHÉ CONTINUA A MANCARE UN SISTEMA DI MONITORAGGIO UNIVOCO TRA LE REGIONI. STRATEGIA DELLE 3T E COMPORTAMENTI INDIVIDUALI SONO ARMI FONDAMENTALI PER RIDURRE IL RISCHIO DI UNA SECONDA ONDATA
Nella conferenza stampa di ieri, il Premier Conte ha ribadito che “I dati sono incoraggianti, l'Italia può ripartire, ma serve ancora prudenza perché il virus non è scomparso”, confermando le parole del Ministro Speranza dello scorso 29 maggio: “I dati del monitoraggio sono incoraggianti. I sacrifici importanti del lockdown hanno prodotto questi risultati. Dobbiamo continuare sulla strada intrapresa con gradualità e cautela”. Dichiarazioni basate sui dati dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), secondo cui “Al momento in Italia non vengono riportate situazioni critiche relative all’epidemia di Covid-19 secondo quanto emerge dal monitoraggio degli indicatori relativi alla settimana tra il 18 e il 24 maggio”.
«Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE – afferma il Presidente Nino Cartabellotta – conferma nella settimana 28 maggio-3 giugno sia la costante riduzione del carico su ospedali e terapie intensive, sia l’ulteriore rallentamento di contagi e decessi». In sintesi:
- Casi totali: +2.697 (+1,2%)
- Decessi: +529 (+1,6%)
- Ricoverati con sintomi: -1.987 (-25,7%)
- Terapia intensiva: -152 (-30,1%)
«In occasione dell’avvio della fase 3 – continua il Presidente – abbiamo effettuato un’analisi complessiva su dati ufficiali, strumenti di monitoraggio e livello di rischio per valutare se le azioni messe in campo da Governo e Regioni sono adeguati a fronteggiare i rischi di un’eventuale risalita del contagio».
DATI UFFICIALI
- Dati ufficiali. Sono disponibili quelli relativi al monitoraggio delle singole Regioni e i valori di Rt contenuti nell’ultimo bollettino epidemiologico dell’ISS. Non sono invece pubblici i dati relativi ai 21 indicatori previsti dal Decreto 30 aprile 2020 del Ministero della Salute, né l’aggiornamento del “Quadro sintetico complessivo” sul monitoraggio regionale.
- Finestra temporale. Nel report del 26 maggio l’ISS riporta che il valore di Rt è calcolato al 10 maggio, ribadendo che il consolidamento dei dati richiede 2 settimane e che gli altri indicatori sono relativi al periodo 11-24 maggio. In altre parole, l’impatto delle riaperture del 18 maggio sulla curva dei contagi non può ancora essere verificato e quello delle riaperture del 3 giugno sarà valutabile non prima di 2 settimane.
STRATEGIE DI MONITORAGGIO
- 3T: testing, tracing, treating. Nel report ISS si legge che “Nel Paese continuano ad essere rafforzate a livello regionale politiche di testing e screening in modo da identificare il maggior numero di casi”. Le nostre analisi dimostrano tuttavia che, nelle ultime 2 settimane, la percentuale dei tamponi diagnostici non solo non è stata potenziata, ma si è ridotta mediamente del 6%, seppur in misura variabile tra le Regioni. Questo dato è influenzato dall’avvio in alcune Regioni dello screening con test sierologici, di cui tuttavia non esiste alcun monitoraggio nazionale, né una policy univoca tra le Regioni.
- App Immuni. Utile solo se impiegata da almeno il 60-70% della popolazione e, soprattutto, se sostenuta da un potenziamento dell’attività di testing in tutte le Regioni. Altrimenti rimarrà una “scatola vuota”.
- Indagine sieroepidemiologica. Considerato il notevole ritardo nell’avvio, non sono ancora disponibili i risultati che avrebbero potuto offrire un ulteriore elemento di valutazione sulla circolazione del virus.
LIVELLO DI RISCHIO
- Nuovi casi. I dati relativi al periodo 18 maggio-3 giugno (figura 1) dimostrano che la percentuale dei tamponi diagnostici positivi, seppur in riduzione, rispetto alla media nazionale (1,48%) è ancora elevata in Liguria (4,3%), Lombardia (3,83%) e Piemonte (2,69%). 3 Regioni riportano un’incidenza di nuovi casi per 100.000 abitanti nettamente superiore alla media nazionale (13): Lombardia (44), Liguria (36), Piemonte (26), ma la propensione all’esecuzione di tamponi diagnostici è sopra della media nazionale (891) in Lombardia (1.149) e Piemonte (952), mentre in Liguria (840) rimane poco al di sotto (figura 2).
- Riapertura dei confini internazionali. A fronte del dibattito sulla mobilità interregionale, non è nota alcuna valutazione del rischio da persone provenienti dai Paesi dell’area Schengen e del Regno Unito, da ieri non più sottoposte all’obbligo di quarantena nel nostro Paese.
- Comunicazione istituzionale. Con l’interruzione della conferenza stampa della Protezione Civile, l’unico appuntamento istituzionale, più per addetti ai lavori, rimane quella settimanale dell’ISS. Peraltro i dati completi del monitoraggio non sono pubblicamente disponibili a cittadini e ricercatori.
«Dai dati disponibili – spiega Cartabellotta – emergono tre ragionevoli certezze: innanzitutto, il via libera del 3 giugno è stato deciso sulla base del monitoraggio relativo a 2-3 settimane prima; in secondo luogo l’attitudine alla strategia delle 3T è molto variabile tra le Regioni e non esistono dati sistematici sugli screening sierologici; infine, rispetto al battage mediatico della fase 1, la comunicazione istituzionale si è notevolmente indebolita, alimentando un senso di falsa sicurezza che può influenzare negativamente i comportamenti delle persone».
«La Fondazione GIMBE – conclude Cartabellotta – ribadisce la necessità di non abbassare la guardia perché il Paese non può permettersi nuovi lockdown: il rischio di una seconda ondata dipende, oltre che da imprevedibili fattori legati al virus, dalle strategie di tracciamento e isolamento dei casi attuate dalle Regioni e dai comportamenti individuali. Se tuttavia l’improrogabile scelta di riaprire per rilanciare l’economia si è basata solo sull’andamento dei ricoveri e delle terapie intensive, è giusto dichiararlo apertamente ai cittadini con un gesto di grande onestà e responsabilità politica».
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28 maggio 2020
Coronavirus: Lombardia, Liguria e Piemonte non sono pronte alla riapertura. Stop ai regionalismi, serve unità nazionale
LE ANALISI POST LOCKDOWN DELLA FONDAZIONE GIMBE DIMOSTRANO CHE IN QUESTE TRE REGIONI SI RILEVANO LA PERCENTUALE PIÙ ELEVATA DI TAMPONI DIAGNOSTICI POSITIVI E IL MAGGIOR INCREMENTO DI NUOVI CASI, A FRONTE DI UNA LIMITATA ATTITUDINE ALL’ESECUZIONE DI TAMPONI DIAGNOSTICI. CON I DATI CHE RIFLETTONO LE RIAPERTURE DEL 4 MAGGIO, MA NON ANCORA QUELLE MOLTO PIÙ AMPIE DEL 18, LA SCADENZA DEL 3 GIUGNO METTE IL GOVERNO DAVANTI A UNA DECISIONE CHE, OLTRE AD ESSERE GUIDATA DAI DATI, DEVE AVVENIRE SOTTO IL SEGNO DELLA SOLIDARIETÀ TRA REGIONI E DELL’UNITÀ NAZIONALE.
Secondo quanto previsto dal DL 33/2020, dal 3 giugno saranno nuovamente autorizzati i movimenti di persone tra le Regioni italiane. Non tutte, però, potrebbero avere il via libera o le stesse modalità: domani il Ministro della Salute Speranza valuterà il monitoraggio dei dati del contagio da parte dell’Istituto Superiore di Sanità, i cui risultati saranno decisivi per formalizzare la decisione sulla ripresa della mobilità interregionale.
Tra le istituzioni, le forze di maggioranza e sindaci e governatori (in particolare del Sud) sembra prevalere un senso comune di massima cautela, nonostante il trend positivo dei dati. «Anche nella settimana 21-27 maggio, infatti – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – il nostro monitoraggio indipendente conferma sia la costante riduzione del carico su ospedali e terapie intensive, sia il rallentamento di contagi e decessi». In sintesi:
- Casi totali: +3.375 (+1,7%)
- Decessi: +742 (+2,3%)
- Ricoverati con sintomi: -1.895 (-19,7%)
- Terapia intensiva: -171 (-25,3%)
Tenendo conto delle notevoli eterogeneità regionali nell’esecuzione dei tamponi, della limitata affidabilità dell’indice Rt, per informare la possibile riapertura dei confini regionali la Fondazione GIMBE ha condotto un’analisi indipendente relativa alla fase 2 nelle varie Regioni utilizzando due indicatori parametrati alla popolazione residente: l’incidenza di nuovi casi e il numero di tamponi “diagnostici”, escludendo quelli eseguiti per confermare la guarigione virologica o per necessità di ripetere il test.
Questi in sintesi i risultati dell’analisi sul periodo post lockdown (4-27 maggio 2020) (figure 1 e 2):
- Percentuale di tamponi diagnostici positivi. Risulta superiore alla media nazionale (2,4%) in 5 Regioni: in maniera rilevante in Lombardia (6%) e Liguria (5,8%) e in misura minore in Piemonte (3,8%) Puglia (3,7%) ed Emilia-Romagna (2,7%).
- Tamponi diagnostici per 100.000 abitanti Rispetto alla media nazionale (1.343), svettano solo Valle d’Aosta (4.076) e Provincia Autonoma di Trento (4.038). Nelle tre Regioni ad elevata incidenza dei nuovi casi, la propensione all’esecuzione di tamponi rimane poco al di sopra della media nazionale sia in Piemonte (1.675) che in Lombardia (1.608), mentre in Liguria (1.319) si attesta poco al di sotto.
- Incidenza di nuovi casi per 100.000 abitanti: rispetto alla media nazionale (32), l’incidenza è nettamente superiore in Lombardia (96), Liguria (76) e Piemonte (63). Se il dato del Molise (44) non desta preoccupazioni perché legato a un recente focolaio già identificato e circoscritto, quello dell’Emilia-Romagna (33) potrebbe essere sottostimato dal numero di tamponi diagnostici (1.202 per 100.000 abitanti) ben al di sotto della media nazionale (1.343)
Si sottolinea che i dati analizzati riflettono quasi interamente le riaperture del 4 maggio, ma non quelle molto più ampie del 18 maggio che potranno essere valutate nel periodo 1-14 giugno, tenendo conto di una media di 5 giorni di incubazione del virus e di 9-10 giorni per ottenere i risultati del tampone. A 23 giorni dall’allentamento del lockdown, dunque, la Fondazione GIMBE dimostra che la curva del contagio non è adeguatamente sotto controllo in Lombardia, Liguria e Piemonte: in queste Regioni si rileva la percentuale più elevata di tamponi diagnostici positivi, il maggior incremento di nuovi casi, a fronte di una limitata attitudine all’esecuzione di tamponi diagnostici. In Emilia-Romagna, una propensione ancora minore potrebbe distorcere al ribasso il numero dei nuovi casi.
«Il Governo – commenta Cartabellotta – a seguito delle valutazioni del Comitato Tecnico-Scientifico si troverà di fronte a tre possibili scenari: il primo, più rischioso, di riaprire la mobilità su tutto il territorio nazionale, accettando l’eventuale decisione delle Regioni del sud di attivare la quarantena per chi arriva da aree a maggior contagio; il secondo, un ragionevole compromesso, di mantenere le limitazioni solo nelle 3 Regioni più a rischio, con l’opzione di consentire la mobilità tra di esse; il terzo, più prudente, di prolungare il blocco totale della mobilità interregionale, fatte salve le debite eccezioni attualmente in vigore».
«In questa difficile decisione – conclude Cartabellotta – occorre accantonare ogni forma di egoismo regionalistico perché la riapertura della mobilità deve avvenire con un livello di rischio accettabile e in piena sintonia tra le Regioni. Una decisione sotto il segno dell’unità nazionale darebbe al Paese un segnale molto più rassicurante di una riapertura differenziata, guidata più da inevitabili compromessi politici che dalla solidarietà tra le Regioni, oggi più che mai necessaria per superare l’inaccettabile frammentazione del diritto costituzionale alla tutela della salute».
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25 maggio 2020
Coronavirus: indice Rt poco affidabile per monitorare la fase 2
LA FONDAZIONE GIMBE ANALIZZA I LIMITI DELL’INDICE RT: PARAMETRO MOLTO VARIABILE, IMPRECISO, NON TEMPESTIVO, CONDIZIONATO DA QUALITÀ DEI DATI E DA ELEVATE VARIABILITÀ TRA LE REGIONI NELL’ESECUZIONE DI TAMPONI DIAGNOSTICI. L’ULTIMA STIMA DISPONIBILE FOTOGRAFA ANCORA LA FASE DI LOCKDOWN ED È CALCOLATA SOLO SUL 30% DEI CASI CONFERMATI DALLA PROTEZIONE CIVILE.
Il decreto del Ministero della Salute del 30 aprile ha incluso, tra i 21 indicatori di monitoraggio della fase 2, l’indice Rt, elaborato settimanalmente dalla Fondazione Bruno Kessler sulla base dei dati della sorveglianza integrata dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) che ogni venerdì, in occasione della conferenza stampa, comunica i valori aggiornati.
«I valori di Rt – afferma il Presidente Nino Cartabellotta – sono diventati oggetto di dibattito pubblico con inopportune classifiche tra le Regioni che, in relazione alle variazioni settimanali, lo trasformano da vessillo da sbandierare a pomo della discordia, e viceversa. Addirittura, si è arrivati a ventilare l’ipotesi, subito archiviata dal Presidente dell’ISS, di utilizzare il valore di Rt per la mobilità interregionale». Intanto le Regioni, tra gli emendamenti del Decreto Rilancio, hanno chiesto di escludere il parametro Rt per misurare la diffusione del virus “sostituendolo con il parametro R0, che rappresenta il numero in media di casi secondari di un caso indice”.
«Se la richiesta delle Regioni di abbandonare l’utilizzo dell’indice Rt ha un senso – commenta il Presidente –risulta assolutamente incomprensibile quella di sostituirlo con il valore di R0, visto che si tratta dello stesso indice in fasi diverse dell’epidemia, a dimostrazione che sul monitoraggio del contagio la confusione regna ancora sovrana». Se il significato di R0 e Rt è lo stesso, ovvero il numero medio di persone che possono essere contagiate da un individuo infetto, l’ambito di applicazione e il significato pratico sono differenti. Infatti:
- R0 (erre con zero): è una misura statica della potenziale contagiosità del SARS-CoV-2 all’inizio dell’epidemia, che presuppone che tutta la popolazione sia suscettibile data l’assenza di immunità. In Italia, uno studio condotto in 6 Regioni su 62.843 casi al 24 marzo 2020 riporta stime di R0 variabili tra 2,13 e 3,33.
- Rt (erre con t): è una misura dinamica, che nel corso dell’epidemia si riduce proporzionalmente alla diminuzione dei soggetti suscettibili (aumento di quelli immuni e dei “casi chiusi”, ovvero guariti e deceduti), oltre che in conseguenza delle misure di distanziamento sociale attuate, ma può risalire per il riaccendersi di focolai oppure dopo l’allentamento delle misure di lockdown.
«Il valore di Rt – commenta il Presidente – inserito tra gli indicatori del Ministero della Salute per il monitoraggio della fase 2, di fatto è stato trasformato in un numero magico su cui fare classifiche, previsioni e addirittura prendere decisioni politiche regionali senza considerarne i limiti intrinseci e le criticità che ne influenzano il calcolo nel nostro contesto nazionale, dove continua a mancare un’adeguata base di dati».
La Fondazione GIMBE, al fine di ridimensionare il ruolo dell’indice Rt nel monitoraggio della fase 2, sottolinea che questo parametro:
- Viene stimato con modelli matematici basati su dati reali, per cui il suo valore dipende sia dal modello utilizzato che dalla qualità dei dati.
- Viene calcolato sulla data d’insorgenza dei sintomi della malattia, o in alternativa su quella di accertamento virologico dell’infezione, che in Italia spesso viene notificata con molti giorni di ritardo e in misura variabile tra le Regioni. Peraltro, nei casi asintomatici la data di insorgenza dei sintomi non può essere rilevata per definizione.
- È inversamente proporzionale al tasso dei “casi chiusi”, ovvero persone non più infette a seguito di decesso o guarigione, dati non molto affidabili viste le evidenze sulla sottostima dei decessi e sulla sovrastima delle guarigioni in Italia.
- Presuppone che nella popolazione generale tutti abbiano la stessa probabilità di contrarre l’infezione, non distinguendo quindi i focolai circoscritti dalle situazioni di contagio diffuso.
Inoltre, secondo quanto riporta il bollettino dell’ISS del 20 maggio:
- Il valore di Rt può essere stimato correttamente solo con un ritardo di 15 giorni.
- La stima può essere poco accurata in conseguenza di cambiamenti nei criteri di esecuzione dei tamponi.
- I valori di Rt sono calcolati solo sul 30% dei casi riportati alla Protezione Civile per la necessità di allinearsi alle Regioni con la percentuale più bassa di dati disponibili.
- L’ultima stima di Rt è stata calcolata alla data del 19 maggio e, sottratti i 15 giorni necessari per il consolidamento dei dati, è riferibile quindi al 3 maggio.
«Le nostre valutazioni indipendenti – commenta il Presidente – confermano che il dibattito politico e scientifico si sta concentrando su un indice molto variabile, condizionato dalla qualità dei dati, non tempestivo (l’ultima stima riflette ancora la fase di lockdown), calcolato su meno di un terzo dei casi confermati dalla Protezione Civile e influenzato dalle notevoli differenze regionali nell’esecuzione di tamponi diagnostici».
«Se il valore di R0 rimane una pietra miliare dell’epidemiologia per stimare il grado di contagiosità del virus all’inizio di una epidemia – conclude Cartabellotta – la Fondazione GIMBE conferma che l’indice Rt è poco affidabile nella fase di monitoraggio post lockdown. Il suo ruolo dovrebbe essere ridimensionato, evitando di utilizzarlo come parametro univoco e soprattutto per elaborare classifiche regionali».
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21 maggio 2020
Coronavirus: fase 2 con le armi spuntate. No testing, no tracing
CON L’INDAGINE SIERO-EPIDEMIOLOGICA NON ANCORA AVVIATA E L’APP IMMUNI AL PALO, L’UNICA STRATEGIA PER LA FASE 2 SAREBBE UNA MIRATA ESTENSIONE DEI TAMPONI. MA DAL 23 APRILE AL 20 MAGGIO NE SONO STATI EFFETTUATI 1.658.468 DI CUI SOLO IL 61,7% “DIAGNOSTICI” CON UNA MEDIA NAZIONALE GIORNALIERA DI 61 PER 100.000 ABITANTI ED AMPIE VARIABILITÀ REGIONALI: DAI 18 DELLA PUGLIA AI 168 DELLA VALLE D’AOSTA. NEL PERIODO 7-20 MAGGIO SOLO PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO E VALLE D’AOSTA SVETTANO PER INCREMENTO DEI TAMPONI DIAGNOSTICI RISPETTO ALLE DUE SETTIMANE PRECEDENTI. LA FONDAZIONE GIMBE AVVERTE: SENZA UNA SISTEMATICA ATTIVITÀ DI TESTING E TRACING IN UNA CLAUDICANTE FASE 2 PARLERANNO SOLO I RICOVERI OSPEDALIERI.
Evidenze scientifiche e raccomandazioni internazionali puntano per la fase 2 su tre pilastri: mirata estensione dei tamponi per individuare i soggetti asintomatici (testing), strategie di tracciatura dei casi (tracing), inclusa l’app Immuni, e loro adeguato isolamento (treatment), oltre alle indagini siero-epidemiologiche per conoscere la diffusione del virus nella popolazione. Tuttavia, in Italia questi pilastri non possono contare su un’adeguata infrastruttura informativa, tecnologica e organizzativa necessaria per una ripartenza del Paese in sicurezza nel momento in cui i dati riflettono ancora la fase finale del lockdown. «Anche nella settimana 13-20 maggio – afferma il Presidente Nino Cartabellotta – il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE conferma sia la costante riduzione del carico di ospedali e terapie intensive, sia il rallentamento sul fronte di contagi e decessi». In sintesi:
- Casi totali: +5.318 (+2,4%)
- Decessi: +1.224 (+3,9%)
- Ricoverati con sintomi: -2.528 (-20,8%)
- Terapia intensiva: -217 (-24,3%)
«Se i dati ospedalieri sono affidabili e tempestivi – continua il Presidente – il numero di nuovi casi è direttamente influenzato dal numero dei tamponi eseguiti dalle Regioni, che su questo in parte si mostrano restie, verosimilmente per il timore non dichiarato di veder aumentare troppo le nuove diagnosi che le costringerebbero ad applicare misure restrittive». Peraltro, le indicazioni all’uso dei tamponi rimangono quelle ministeriali del 20 marzo e del 3 aprile che raccomandano di eseguirli prioritariamente ai casi sintomatici/paucisintomatici, ai contatti a rischio sintomatici e agli operatori sanitari e agli ospiti di residenze per anziani: in altre parole la fase 2 è partita senza definire una nuova policy nazionale per l’esecuzione dei tamponi.
Considerata la rilevanza della strategia delle 3T (testare, tracciare, trattare), la Fondazione GIMBE ha aggiornato e approfondito l’analisi indipendente condotta sui dati della Protezione Civile che dal 19 aprile, oltre al numero totale dei tamponi effettuati da ciascuna Regione, rende disponibili i “casi testati”, ovvero il numero dei “soggetti sottoposti al test”.
«Per valutare la reale propensione di una Regione all’attività di testing e tracing – spiega Cartabellotta – sono stati considerati solo i tamponi “diagnostici” e non quelli “di controllo”, utilizzati per confermare la guarigione virologica o per altre necessità di ripetere il test». In sintesi, nelle ultime 4 settimane (23 aprile-20 maggio):
- In Italia sono stati effettuati 1.658.468 tamponi di cui il 38,3% “di controllo” e il 61,7% “diagnostici”: su questi le differenze regionali sono notevoli, si va dal 34,1% della Campania al 98,2% della Calabria.
- A fronte di una media nazionale di 61 tamponi diagnostici/die per 100.000 abitanti, le Regioni hanno una propensione al testing molto eterogenea e non sempre correlata alla situazione epidemiologica: il range varia dai 18 della Puglia ai 168 della Valle D’Aosta (figura 1).
- Confrontando il periodo 7-20 maggio (fase 2 già avviata) con le due settimane precedenti, 12 Regioni fanno registrare incrementi e 9 Regioni riduzioni nel numero medio giornaliero di tamponi diagnostici per 100.000 abitanti (figura 2). In particolare, svettano per incremento rilevante solo Provincia Autonoma di Trento (+99) e Valle D’Aosta (+66), mente gli aumenti restano modesti in Umbria (+24), Abruzzo (+ 19), Molise (+18), Campania (+13) e Lombardia (+13). Circa la metà delle Regioni si colloca nel range ±12 facendo registrare minime variazioni in aumento o in diminuzione. Si rileva un moderato decremento in Emilia-Romagna (-14) e consistenti decrementi in Puglia (-43) e nel Lazio (-64), condizionati da ricalcoli nei dati riportati dalla Protezione Civile.
Dalle analisi relative alle ultime 4 settimane emergono tre dati incontrovertibili: innanzitutto, il numero medio giornaliero di tamponi “diagnostici per 100.000 abitanti è incredibilmente esiguo rispetto alla massiccia attività di testing e tracing necessaria nella fase 2; in secondo luogo, la propensione ad eseguire tamponi diagnostici presenta enormi e non giustificate variabilità regionali che influenzano anche il valore di Rt incluso negli indicatori del Ministero della Salute; infine, nelle ultime due settimane solo Provincia Autonoma di Trento e Valle D’Aosta hanno potenziato in maniera rilevante l’attività di testing.
«Per quasi tutte le Regioni – conclude Cartabellotta – la ricerca attiva di contagi asintomatici e la tracciatura dei loro contatti non rappresentano una priorità nonostante siano strumenti indispensabili della fase 2. Dopo essere stati colti impreparati nella fase 1 senza mascherine, DPI, ventilatori, stiamo pericolosamente rinunciando a giocare d’anticipo affrontando la fase 2 con armi spuntate: considerati i clamorosi ritardi dell’app Immuni e dell’indagine siero-epidemiologica, l’unica arma a disposizione oggi sono i tamponi diagnostici. Eseguirne pochi aumenta il rischio di una seconda ondata perché il monitoraggio della fase 2 potrà essere effettuato solo tardivamente sulla base dell’aumento dei ricoveri ospedalieri».
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19 maggio 2020
Coronavirus, gestione sanitaria fase 2: il Governo abdica, pieni poteri alle Regioni
LE ANALISI DELLA FONDAZIONE GIMBE DIMOSTRANO CHE IN ASSENZA DI UNA STRATEGIA SANITARIA NAZIONALE PER GESTIRE LA FASE 2, CON UN SISTEMA DI MONITORAGGIO INCOMPLETO E LA TOTALE AUTONOMIA DELLE REGIONI NEL MONITORARE L’EPIDEMIA E INTRODURRE MISURE IN DEROGA, IL RISCHIO NON SOLO NON È CALCOLATO, MA NON È AFFATTO CALCOLABILE. DI FATTO I RISULTATI SUL CONTENIMENTO DEL CONTAGIO SONO AFFIDATI ALLE RESPONSABILITÀ INDIVIDUALI, ATTRAVERSO IL RISPETTO DELLE NORME DI DISTANZIAMENTO SOCIALE E L’USO DELLE MASCHERINE.
19 maggio 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
L’agognata ripartenza del Paese si concretizza con una giravolta normativa senza precedenti nella storia della Repubblica: il DL 16 maggio 2020 n. 33 (art. 1, comma 16) demanda interamente alle Regioni la responsabilità del monitoraggio epidemiologico e delle conseguenti azioni, con il Ministero della Salute che rimane spettatore passivo da informare sui dati e sulle eventuali azioni intraprese dai governatori. Secondo il nuovo decreto spetta infatti a ciascuna Regione in totale autonomia monitorare la situazione epidemiologica nel proprio territorio, valutare le condizioni di adeguatezza del proprio sistema sanitario e introdurre misure in deroga, ampliative o restrittive, rispetto a quelle nazionali.
«L’emergenza coronavirus – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – e soprattutto la gestione della fase 2 hanno accentuato il cortocircuito di competenze tra Governo e Regioni in tema di tutela della salute, oltre che la “competizione” tra Regioni su tempi e regole per la riapertura. Questo decentramento decisionale dimostra che, sulla tutela della salute, dalla leale collaborazione Stato-Regioni siamo passati ad una “ritirata” del Governo al fine di prevenire conflitti con le Regioni».
Le analisi indipendenti condotte dalla Fondazione GIMBE sul nuovo Decreto rivelano incongruenze costituzionali, oltre che rischi non calcolabili di questo approccio.
Princìpi costituzionali. La Costituzione affida allo Stato da un lato la legislazione esclusiva in materia di profilassi internazionale (art. 117 lett. q) - come nel caso di una pandemia - dall’altro l'esercizio del potere sostitutivo a garanzia dell'interesse nazionale nel caso di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica (art. 120). Tuttavia, a fronte della più grave emergenza sanitaria della storia repubblicana, il Governo sin dall’inizio ha inspiegabilmente scelto di non esercitare i poteri conferiti dalla carta costituzionale.
Monitoraggio dell’epidemia. La decisione di affidare alle Regioni una totale autonomia sul monitoraggio dell’epidemia e sulle conseguenti azioni da intraprendere avviene in un contesto molto incerto e poco rassicurante. In dettaglio:
- Il primo “Report di Monitoraggio della Fase 2” dimostra che le Regioni non hanno fornito a livello centrale tutti i 21 indicatori previsti dal decreto del Ministero della Salute del 30 aprile scorso. In particolare, non riporta nessuno dei 12 indicatori di processo e nel “Quadro sintetico complessivo” dettaglia solo 5 dei 9 indicatori di risultato, peraltro non tutti coincidenti con quanto previsto dal Decreto, e quindi non utilizzabili per l’applicazione degli algoritmi e la definizione del livello di rischio.
- L’impatto sulla curva dei contagi di qualsiasi intervento di allentamento del lockdown può essere misurato solo 14 giorni dopo il suo avvio: in altri termini, le conseguenze delle riaperture del 4 maggio possono essere valutate solo a partire dal 18 maggio e quelle del 18 maggio lo saranno non prima del 1° giugno.
- Dal 3 giugno, data in cui inizieremo a intravedere le conseguenze sulla curva epidemica delle riaperture del 18 maggio, il via libera alla mobilità interregionale e alla riapertura delle frontiere sancirà la libera circolazione su tutto il territorio nazionale anche dei soggetti contagiati.
Strategia per la gestione sanitaria della fase 2. A fronte di linee guida elaborate da Governo e Regioni per la riapertura delle attività produttive e sociali, non esiste una strategia sanitaria nazionale ma solo variabili orientamenti regionali variabili per bilanciare tutela della salute e rilancio dell’economia. In particolare:
- Le Regioni hanno una propensione molto diversificata ad effettuare tamponi diagnostici: a fronte di una media nazionale di 61 per 100.000 abitanti al giorno, si va dai 17 della Puglia ai 166 della Valle D’Aosta. In assenza di uno standard nazionale, tali differenze condizionano l’implementazione della strategia delle 3T (testare, tracciare, trattare), permettono un utilizzo “opportunistico” dei tamponi e sanciscono ancora prima della sua introduzione il fallimento dell’app Immuni, che per definizione è uno strumento “tampone-dipendente”.
- L’indagine siero-epidemiologica nazionale è partita in grande ritardo e non sappiamo quando saranno disponibili i risultati; le Regioni peraltro hanno adottato protocolli propri utilizzando test differenti.
- Le modalità organizzative per la gestione territoriale dei casi positivi - Unità Speciali di Continuità Assistenziale (USCA), isolamento domiciliare in strutture dedicate, prescrivibilità dei tamponi da parte dei medici di famiglia, etc.), sono caratterizzate da immancabili diseguaglianze regionali.
Con queste premesse i DL 16 maggio 2020 n. 33 e DPCM 18 maggio 2020 concretizzano due ragionevoli certezze sulla fase 2:
- Gli indicatori più affidabili per monitorare l’eventuale risalita della curva epidemica non possono che essere i ricoveri ospedalieri e l’occupazione delle terapie intensive, dati al tempo stesso tempestivi e affidabili in quanto raccolti dai flussi ospedalieri.
- I risultati sul contenimento del contagio sono in larga misura affidati alle responsabilità individuali dei cittadini, attraverso il rispetto delle norme di distanziamento sociale e l’uso delle mascherine.
«È evidente che le decisioni sulle riaperture – conclude Cartabellotta – hanno anteposto gli interessi economici del Paese alla tutela della salute. Tuttavia la dichiarazione del Premier Conte secondo cui si tratta di un rischio calcolato è smentita dall’impossibilità stessa di calcolarlo, perché la gestione e il monitoraggio dell’epidemia sono affidati a 21 diversi sistemi sanitari che decideranno in totale autonomia ampliamenti e restrizioni delle misure in base ad una situazione epidemiologica autocertificata. La storia insegna che non è sano quando controllore e controllato coincidono».
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14 maggio 2020
Coronavirus, Fase 2: riaprire su dati parziali aumenta rischio nuova ondata a inizio estate
SE LE RIAPERTURE ANNUNCIATE PER IL 18 MAGGIO SI BASERANNO ESCLUSIVAMENTE SUL TASSO DI OCCUPAZIONE DI POSTI LETTO IN TERAPIA INTENSIVA E IN AREA MEDICA TUTTE LE REGIONI SONO PRONTE. SE INVECE NELLE DECISIONI ENTRANO IN GIOCO I CASI NOTIFICATI ALLA PROTEZIONE CIVILE E IL VALORE DI RT, GLI EFFETTI DELL’ALLENTAMENTO DEL LOCKDOWN DELLO SCORSO 4 MAGGIO POTRANNO ESSERE MISURATI SOLO DALLA PROSSIMA SETTIMANA. LA FONDAZIONE GIMBE LANCIA L’ALLARME: COSÌ SI RISCHIA NUOVO PICCO ALL’INIZIO DELL’ESTATE.
Secondo quanto diffuso a mezzo stampa, al fine di decidere sulle riaperture differenziate annunciate per il 18 maggio, sono attesi per oggi i dati del monitoraggio del Ministero della Salute: tasso dei nuovi contagi, stima aggiornata del valore di Rt, tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva e in area medica, e gli altri parametri definiti dal decreto del 30 aprile.
Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE nella settimana 7-13 maggio conferma sia il costante alleggerimento di ospedali e terapie intensive, sia il rallentamento di contagi e decessi. In sintesi:
- Casi totali: +7.647 (+3,6%)
- Decessi: +1.422 (+4,8%)
- Ricoverati con sintomi: -3.597 (-22,8%)
- Terapia intensiva: -440 (-33,0%)
«Se da un lato questi numeri alimentano l’ottimismo e invitano ad anticipare riaperture di attività e servizi, – commenta Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – dall’altro bisogna essere consapevoli che l’epidemia è ancora attiva, che in Italia si stimano 3-4 milioni di persone contagiate e che i soggetti asintomatici rappresentano una fonte certa di contagio. Tuttavia, nel dibattito pubblico delle ultime settimane la vertiginosa rincorsa alle riaperture ha preso il sopravvento rispetto ad una scrupolosa programmazione sanitaria della fase 2 su cui non mancano criticità. Dall’assenza di una strategia di sistema ai problemi di approvvigionamento di mascherine e reagenti per i tamponi; dalla mancata applicazione di misure per spezzare la catena dei contagi alle autonome interpretazioni regionali delle evidenze scientifiche su test diagnostici e trattamenti».
La Fondazione GIMBE riporta al centro del dibattito la gestione sanitaria della fase 2 ed esorta alla massima prudenza nelle riaperture, perché dalle proprie analisi indipendenti risulta che:
- Il tempo medio tra il contagio e la comparsa dei sintomi è di 5 giorni, con un range da 2 a 14 giorni.
- I tempi per la conferma della diagnosi dipendono da: richiesta del test, esecuzione del tampone, analisi di laboratorio e refertazione. Secondo i dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), il tempo mediano tra insorgenza dei sintomi e conferma diagnostica è stato di 10 giorni nel periodo 21-30 aprile e di 9 giorni nel periodo 1-6 maggio.
- La comunicazione dei nuovi casi dalle Regioni alla Protezione Civile non è immediata: i frequenti ricalcoli testimoniano ritardi non quantificabili in assenza di maggiori dettagli.
Sulla base di tali tempistiche l’impatto dell’allentamento del lockdown avvenuto lo scorso 4 maggio potrà essere valutato solo tra il 18 maggio e la fine del mese, peraltro presupponendo che la comunicazione dalle Regioni alla Protezione Civile avvenga in tempo reale (figura).
In sostanza i dati sull’andamento dei contagi che informeranno le eventuali riaperture del 18 maggio fotografano ancora la fase di lockdown e anche il valore di Rt viene calcolato sui dati delle due settimane precedenti come precisato dall’ISS: “Poiché la diagnosi di infezione da coronavirus SARS-CoV-2 che può avvenire anche due o tre settimane dopo l’infezione per via del tempo di incubazione (fino a 14 giorni) e dei tempi intercorsi tra l’inizio dei sintomi, la ricerca di assistenza medica e il completamento dei test di laboratorio, il valore di Rt può essere stimato solo fino a circa 15 giorni nel passato”. «Se lo scorso 8 maggio l’ISS ha reso noti i valori di Rt riferiti al 20 aprile – precisa Cartabellotta – domani potrà comunicare quelli riferiti al 27 aprile e solo tra due settimane conosceremo gli Rt conseguenti all’allentamento del 4 maggio».
Dunque, se le riaperture annunciate per il 18 maggio si basano esclusivamente sul tasso di occupazione di posti letto in terapia intensiva e in area medica, tutte le Regioni sono pronte perché il dato è molto affidabile e soprattutto disponibile in tempo reale. Se al contrario entrano in gioco i casi notificati alla Protezione Civile e il valore di Rt, bisogna essere consapevoli che le decisioni in questo momento non possono per definizione essere informate dai dati perché l’impatto dell’allentamento del lockdown sarà misurabile solo a partire dalla prossima settimana.
«Il “contagioso” entusiasmo per la fase 2 – conclude Cartabellotta – sta generando un pericoloso effetto domino sulle riaperture rischiando di vanificare i sacrifici degli italiani. Infatti, decidere la ripresa di attività e servizi sulla base di dati che, occupazione di posti letto a parte, riflettono ancora il periodo del lockdown, aumenta il rischio di una seconda ondata all’inizio dell’estate».
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7 maggio 2020
Coronavirus: la giungla dei tamponi. In alcune regioni test con il contagocce per paura di nuovi lockdown?
RACCOMANDAZIONI INTERNAZIONALI, EVIDENZE SCIENTIFICHE E DISPONIBILITÀ DI REAGENTI CONFERMANO CHE NELLA FASE 2 SERVE UNA STRATEGIA DI TESTING ESTESO. TUTTAVIA AD OGGI 1/3 DEI TAMPONI SONO DI CONTROLLO E NELLE ULTIME DUE SETTIMANE SONO STATI EFFETTUATI IN MEDIA 59 TEST PER 100.000 ABITANTI AL GIORNO, CON NOTEVOLI VARIABILITÀ REGIONALI: DAI 12 DELLA CAMPANIA AI 130 DELLA VALLE D’AOSTA. LA FONDAZIONE GIMBE RICHIAMA LE REGIONI A ESTENDERE IL NUMERO DEI TAMPONI E CHIEDE AL GOVERNO DI DEFINIRE UNA SOGLIA MINIMA GIORNALIERA DI 250 TEST PER 100.000 ABITANTI PER EVITARE COMPORTAMENTI OPPORTUNISTICI.
Il Decreto del Ministero della Salute del 30 aprile scorso ha definito 21 indicatori che le Regioni dovranno fornire per monitorare l’evoluzione dell’epidemia e gli algoritmi per valutare probabilità e impatto del rischio sanitario. La combinazione di questi due parametri permetterà al Governo di identificare le criticità regionali e rivalutare eventuali nuove chiusure durante questa fase dell’epidemia.
«Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE – afferma il Presidente Nino Cartabellotta – rileva sia il costante e notevole alleggerimento del carico su ospedali e terapie intensive, sia il rallentamento sul fronte di contagi e decessi, tuttavia non ancora stabilizzati». In sintesi, nella settimana 30 aprile – 6 maggio:
- Casi totali: +10.866 (+5,3%)
- Decessi: +2.002 (+7,2%)
- Ricoverati con sintomi: -3.441 (-17,9%)
- Terapia intensiva: -462 (-25,7%)
«Rispetto alla ridotta pressione sugli ospedali, tuttavia – continua il Presidente – il numero dei nuovi casi è influenzato dal numero dei tamponi eseguiti dalle Regioni e pertanto soggetto a possibili distorsioni». Per tali ragioni la Fondazione GIMBE ha condotto un’analisi indipendente sui dati della Protezione Civile che dal 19 aprile, oltre al numero totale dei tamponi, riporta per ciascuna Regione il numero dei “casi testati” definiti come il “totale dei soggetti sottoposti al test”. In sintesi:
- I “casi testati” identificano i “tamponi diagnostici” e la differenza tra “tamponi totali” e “casi testati” corrisponde ai “tamponi di controllo”, effettuati sullo stesso soggetto per confermare la guarigione virologica o per altre necessità di ripetere il test. Dall’inizio dell’epidemia sono stati effettuati in Italia 2.310.929 tamponi di cui il 67,1% “diagnostici” e il 32,9% “di controllo”.
- Sulla base della popolazione residente il numero di tamponi, sia totali che diagnostici, è stato parametrato a 100.000 abitanti/die, un indicatore più affidabile per i confronti regionali.
- Le Regioni sono state suddivise secondo le 5 classi di propensione all’esecuzione dei tamponi di una recente analisi della Fondazione Hume, in relazione al numero di tamponi per 100.000 abitanti/die che risulta inversamente correlato alla mortalità.
- Poiché il dato sui “casi testati” è stato oggetto di ricalcolo da parte di alcune Regioni fino al 21 aprile, il periodo di osservazione è stato fissato dal 22 aprile al 6 maggio.
«Le nostre analisi effettuate sugli ultimi 14 giorni – spiega il Presidente –forniscono tre incontrovertibili evidenze: innanzitutto, si conferma che circa 1/3 dei tamponi sono “di controllo”; in secondo luogo il numero di tamponi per 100.000 abitanti/die è molto esiguo rispetto alla massiccia attività di testing necessaria nella fase 2; infine, esistono notevoli variabilità regionali sia sulla propensione all’esecuzione dei tamponi, sia rispetto alla percentuale di tamponi “diagnostici”». In dettaglio, nel periodo di analisi 22 aprile - 6 maggio (tabella):
- Tamponi totali: la media nazionale di 88 tamponi per 100.000 abitanti/die colloca l’Italia nella classe di propensione 4 con notevoli differenze regionali:
- Classe 1 (>250): nessuna regione
- Classe 2 (130-250): Provincia autonoma di Trento, Valle D’Aosta, Provincia autonoma di Bolzano, Veneto, Friuli-Venezia Giulia
- Classe 3 (100-129): Piemonte, Emilia-Romagna, Umbria, Liguria
- Classe 4 (60-99): Lombardia, Marche, Basilicata, Toscana, Molise, Abruzzo, Lazio
- Classe 5 (<60): Sardegna, Calabria, Campania, Sicilia, Puglia
- Tamponi diagnostici
- A livello nazionale rappresentano il 67,1% dei tamponi totali, con ampie variabilità regionali: dal 25,3% della Campania al 98% della Puglia
- La media nazionale per 100.000 abitanti/die è di 59, con notevoli variabilità regionali: dai 12 della Campania ai 130 della Valle D’Aosta
I dati confermano la resistenza di alcune Regioni ad estendere massivamente il numero di tamponi, in contrasto con raccomandazioni internazionali, evidenze scientifiche e disponibilità di reagenti. Infatti:
- L’Organizzazione Mondiale della Sanità incoraggia l’estensione dei tamponi.
- La già citata analisi della Fondazione Hume ha dimostrato una correlazione inversa tra tamponi e mortalità: ovvero “più tamponi, meno morti”.
- 150 docenti sostenitori della riapertura in sicurezza hanno lanciato un appello in 11 punti: “più tamponi per salvare la Fase 2”.
- Il commissario Arcuri ha confermato che sono già stati distribuiti 3,7 milioni di tamponi alle Regioni, che nelle prossime settimane ne riceveranno altri 5 milioni già acquisiti.
«Alla luce di questi dati la Fondazione GIMBE – conclude Cartabellotta – da un lato richiama tutte le Regioni a implementare l’estensione mirata dei tamponi diagnostici, dall’altro chiede al Ministero della Salute di inserire tra gli indicatori di monitoraggio della fase 2 uno standard minimo di almeno 250 tamponi diagnostici al giorno per 100.000 abitanti. Il Governo infatti, oltre a favorire le strategie di testing, deve neutralizzare comportamenti opportunistici delle Regioni finalizzati a ridurre la diagnosi di un numero troppo elevato di nuovi casi che, in base agli algoritmi attuali, aumenterebbe il rischio di nuovi lockdown».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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30 aprile 2020
Coronavirus: fase 2, regole uguali per tutti. Troppi rischi al nord, eccessivi limiti per il sud
NELLA SETTIMANA 22-29 APRILE ULTERIORE ALLEGGERIMENTO DI OSPEDALI E TERAPIE INTENSIVE, MA A 4 GIORNI DALL’AVVIO DELLA FASE 2 SI RILEVA ANCORA UN INCREMENTO DI 16.264 CASI DI CUI 2.597 DECESSI, CONCENTRATI PER L’80% IN 5 REGIONI. CON QUESTO QUADRO EPIDEMIOLOGICO SE DAL 4 MAGGIO ALCUNE REGIONI DOVRANNO SOTTOSTARE A RESTRIZIONI ECCESSIVE CHE FAVORISCONO IMPROPRIE FUGHE IN AVANTI, PER ALTRE LA RIAPERTURA AVVERRÀ SUL FILO DEL RASOIO PERCHÉ DEI 4,5 MILIONI DI PERSONE CHE TORNERANNO AL LAVORO LA MAGGIOR PARTE SI CONCENTRA DOVE L’EPIDEMIA È MENO SOTTO CONTROLLO.
Il DPCM del 26 aprile 2020 prevede un programma di progressive riaperture di attività produttive e commerciali omogeneo per tutto il territorio nazionale che, secondo il documento del Comitato Tecnico Scientifico, ha valutato il rischio dell’incremento dei contagi tenendo conto della “struttura demografica italiana, l’eterogeneità dei contatti sociali a diverse età e nei diversi luoghi di aggregazione, il rischio di esposizione stimato per diverse categorie professionali e la tipologia di attività da riaprire”.
«A 4 giorni dall’avvio della fase 2 – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – il nostro monitoraggio indipendente sulle variazioni settimanali documenta un ulteriore alleggerimento del carico degli ospedali e in particolare delle terapie intensive. Tuttavia, sul fronte di contagi e decessi, nonostante il progressivo rallentamento, il numero dei nuovi casi non ha raggiunto quella prolungata stabilizzazione propedeutica alla ripartenza secondo le raccomandazioni della Commissione Europea». In sintesi, nella settimana 22-29 aprile:
- Casi totali: +16.264 (+8,7%)
- Decessi: +2.597 (+10,4%)
- Ricoverati con sintomi: -4.595 (-19,3%)
- Terapia intensiva: -589 (-24,7%)
«Se da un lato la Fondazione GIMBE condivide il principio di graduale riapertura del Governo – continua Cartabellotta – dall’altro rileva che l’avvio della fase 2 non rispecchia il principio della massima prudenza perché non tiene in considerazione le notevoli eterogeneità regionali delle dinamiche del contagio». A tal proposito è fondamentale rilevare che nella settimana 22-29 aprile l’80% sia dei nuovi casi, sia dei nuovi decessi si concentra in sole 5 regioni: Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto e Liguria.
Il modello GIMBE (figura) che monitora l’evoluzione dell’epidemia tenendo conto della prevalenza (casi totali per 100.000 abitanti) e dell’incremento percentuale dei casi nell’ultima settimana a soli 4 giorni dalla ripartenza documenta che:
- Piemonte, Liguria, Prov. Autonoma di Trento e Lombardia (quadrante rosso) non sono ancora fuori dalla fase 1: prevalenza e incrementi percentuali sopra la media nazionale, particolarmente elevati in Liguria (14%) e Piemonte (13,7%).
- Ad esclusione del Friuli-Venezia Giulia, anche tutte le altre Regioni del nord (quadrante giallo) sono suscettibili di un incremento dei contagi, sia perché l’elevata prevalenza è un indicatore indiretto dei casi sommersi, sia perché si tratta proprio delle aree in cui si trovano la maggior parte delle attività produttive interessate dalla riapertura.
- Eccezion fatta per le Marche, le Regioni del Centro e soprattutto del Sud hanno prevalenza e incrementi percentuali sotto la media nazionale.
«Con questo quadro epidemiologico – puntualizza il Presidente – se dal 4 maggio alcune aree dovranno sottostare a restrizioni eccessive che favoriscono autonome fughe in avanti, come dimostra il caso Calabria, per altre la riapertura avverrà sul filo del rasoio perché dei 4,5 milioni di persone che torneranno al lavoro la maggior parte si concentra proprio nelle Regioni dove l’epidemia è meno sotto controllo. E, soprattutto, occorre essere consapevoli che l’eventuale risalita della curva dei contagi sarà visibile non prima di 2 settimane».
«Come ogni decisione politica – conclude Cartabellotta – il DPCM sulla fase 2 rappresenta un inevitabile compromesso tra evidenze scientifiche ed interessi di altra natura. In particolare, il Governo ha dovuto necessariamente mediare tra le richieste dei governatori del Nord che spingono per la riapertura delle attività produttive e le istanze di quelli del Sud, contrari alla mobilità interregionale per timore di “importare” contagi. Con queste posizioni, modulare regole diverse secondo l’epidemiologia del contagio tra le varie Regioni avrebbe inevitabilmente fatto saltare il banco».
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27 aprile 2020
Coronavirus: nella fase 2 mascherina per tutti. La scienza dice sì
NELLE ULTIME SETTIMANE LA SCIENZA HA CONFERMATO CHE IL CONTAGIO DA ASINTOMATICI È IL VERO TALLONE D’ACHILLE DELLE STRATEGIE PER CONTENERE IL CORONAVIRUS. CONSIDERATO CHE DAL 4 MAGGIO AUMENTERANNO I CONTATTI SOCIALI, LA FONDAZIONE GIMBE PUBBLICA IN ITALIANO LA SINTESI DELLE PIÙ RECENTI EVIDENZE SCIENTIFICHE SULL’USO DELLE MASCHERINE: PER RIDURRE IL RISCHIO DI CONTAGIO IL NUOVO DPCM OBBLIGA AL’USO DELLA MASCHERINA DOVE NON È POSSIBILE GARANTIRE IL DISTANZIAMENTO SOCIALE.
Durante la pandemia da Coronavirus organizzazioni internazionali, Istituzioni ed esperti hanno raccomandato la mascherina per la popolazione generale solo in presenza di sintomi. Tuttavia, nelle ultime settimane molti paesi consigliano, o hanno reso obbligatorio, l’utilizzo della mascherina facendo riferimento alla raccomandazione dei Centers for Disease Control and Prevention: “considerato che una rilevante percentuale di soggetti infetti da coronavirus sono asintomatici o pre-sintomatici, utilizzare la mascherina in tutti gli ambienti pubblici dove è difficile mantenere il distanziamento sociale, specialmente in aree con elevata trasmissione in comunità”.
«Mentre in Italia – afferma Nino Cartabellotta Presidente della Fondazione GIMBE – il dibattito sulle mascherine veniva monopolizzato dall’inadeguata disponibilità dei dispositivi di protezione individuale per gli operatori sanitari, i progressi della scienza nell’ultimo mese hanno messo in luce due aspetti cruciali. Innanzitutto, la trasmissione da soggetti asintomatici, largamente sottostimata, rappresenta il tallone d’Achille delle strategie per contenere la pandemia. In secondo luogo, le politiche di prevenzione devono essere guidate dal principio di precauzione e da princìpi di costo-efficacia; ovvero, anche in assenza di robuste evidenze scientifiche, è possibile concludere che un limitato utilizzo delle mascherine contribuisce alla crescita dei contagi».
Recentemente, dopo avere pubblicato l’analisi delle conflittuali raccomandazioni di autorità sanitarie internazionali e una revisione sistematica sulle prove di efficacia delle mascherine in comunità, Trisha Greenhalgh dell’Università di Oxford e Jeremy Howard dell’Università di San Francisco hanno realizzato una sintesi per il grande pubblico già tradotta in 17 lingue e oggi disponibile in italiano grazie alla Fondazione GIMBE. Tutte le valutazioni scientifiche convergono sul messaggio #Masks4All, ovvero mascherine per tutti:
- Il contagio da soggetti asintomatici ha una notevole rilevanza: sia per il loro numero assoluto, sia perché i pazienti positivi sono più contagiosi nei primi giorni dell’infezione, quando sono asintomatici o presentano sintomi lievi.
- Una semplice mascherina in tessuto indossata da un soggetto infetto riduce di 36 volte la quantità di virus trasmessa e permette di attuare il cosiddetto “controllo della sorgente”: ovvero, è molto più facile bloccare le goccioline (droplets) quando escono dalla bocca, piuttosto che arginarle quando si disperdono nell’aria.
- Non esistono sperimentazioni cliniche che hanno valutato l’efficacia di mascherine da parte della popolazione generale per contenere l’epidemia di COVID-19, ma diverse sperimentazioni empiriche dimostrano che la mascherina potenzia gli effetti di altre misure di distanziamento sociale.
- La mascherina non deve necessariamente arginare ogni singola particella virale, ma più ne blocca più si riduce la diffusione del virus. Infatti, gli effetti complessivi dell’uso delle mascherine nella popolazione generale dipendono dall’efficacia della mascherina e dalla percentuale della popolazione che la utilizza. Ovvero è possibile ottenere lo stesso risultato aumentando l’aderenza della popolazione, anche con mascherine meno efficaci.
- Per aumentare l’aderenza della popolazione l’approccio più efficace è l’obbligo di indossarle in contesti specifici (es. mezzi di trasporto pubblico, supermercati), o ancora meglio sempre quando si esce da casa.
- Se è vero che, in caso di obbligo di mascherina, alcune persone tendono ad attuare comportamenti a rischio (es. violare il lockdown, lavarsi meno le mani), a livello di popolazione l’effetto preventivo non viene compromesso.
- Le analisi economiche dimostrano che ogni singola mascherina (dal costo trascurabile) indossata da una persona potrebbe generare enormi benefici economici e salvare molte vite.
- Tenendo conto delle difficoltà di approvvigionamento e distribuzione, la scienza conferma l’opportunità del “fai da te”, perché non c’è alcuna evidenza che le mascherine debbano essere costruite con materiali o tecniche particolari.
In tal senso le indicazioni dei ricercatori sono molto chiare: “Per impedire la trasmissione di droplet puoi costruire tu stesso la mascherina: da una maglietta, un fazzoletto, una sciarpa, una bandana inserendo un tovagliolo di carta, come filtro usa e getta, tra due strati di un tessuto a maglie strette che ti permetta di respirare. Puoi lavare la mascherina di stoffa in lavatrice e riutilizzarla, esattamente come una maglietta”.
«Il nuovo DPCM sulla fase 2 – conclude Cartabellotta – sottolinea la necessità di mantenere la distanza di almeno un metro in qualsiasi contesto ci si trovi e dispone l’obbligo della mascherina in tutti i luoghi pubblici dove non è possibile mantenere il distanziamento sociale. Considerato che dal 4 maggio i contatti sociali aumenteranno progressivamente, al fine di ridurre il rischio di contagio è indispensabile la massima aderenza della popolazione, favorita dai prezzi calmierati e dalla possibilità di autoproduzione».
L’articolo “Mascherina per tutti? La scienza dice sì” è disponibile a: www.evidence.it/mascherine
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23 aprile 2020
Coronavirus, fase 2: i numeri impongono massima prudenza. Nell’ultima settimana +22.172 casi di cui 3.440 morti
NELLA SETTIMANA 15-22 APRILE SI CONFERMA L’ULTERIORE RIDUZIONE DEL SOVRACCARICO DI OSPEDALI E TERAPIE INTENSIVE, MA A 10 GIORNI DALL’AVVIO DELLA FASE 2 I RISULTATI SUL CONTENIMENTO DEL CONTAGIO NON SONO OTTIMALI, NÈ STABILIZZATI COME RACCOMANDA LA COMMISSIONE EUROPEA. OVVERO I NUMERI INVITANO ALLA MASSIMA CAUTELA, SIA PERCHÉ ALCUNE REGIONI E NUMEROSE PROVINCE SONO ANCORA IN PIENA FASE 1, SIA PERCHÉ GLI EVENTUALI EFFETTI NEGATIVI DELLE RIAPERTURE SI VEDRANNO SOLO DOPO 2-3 SETTIMANE.
Il Presidente Conte martedì 21 aprile ha riferito in Senato sul programma di progressive riaperture di attività produttive e commerciali omogeneo per tutto il territorio nazionale, che secondo alcune indiscrezioni potrebbe partire già dal 27 aprile. Il Premier ha assicurato che l’avvio della fase 2 manterrà sotto controllo la curva del contagio, precisando che la soglia deve essere “commisurata alla recettività delle strutture ospedaliere delle aree di riferimento”.
«Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE sulle variazioni settimanali – afferma il Presidente Nino Cartabellotta – documenta un trend in ulteriore miglioramento sul versante ospedaliero, in particolare sulle terapie intensive, ma non ancora sul numero di contagi e decessi». In sintesi, nella settimana 15-22 aprile rispetto alla precedente (figure 1, 2, 3, 4):
- Casi totali: +22.172 (+13,4%)
- Decessi: +3.340 (+15,9%)
- Ricoverati con sintomi: -3.838 (-13,9%)
- Terapia intensiva: -695 (- 22,6%)
Se la Commissione Europea nella roadmap per la ripartenza ha ribadito che è “fondamentale ridurre e stabilizzare il numero di ricoveri e/o dei nuovi casi per un periodo di tempo prolungato”, a 10 giorni dall’avvio della fase 2 il numero dei nuovi casi in Italia rimane elevato e non ha affatto raggiunto nessuna stabilizzazione prolungata.
«Se il parametro per la, seppur graduale, riapertura – conclude Cartabellotta –è il decongestionamento di ospedali e terapie intensive siamo quasi pronti; ma se non vogliamo rischiare una nuova impennata dei casi i numeri impongono la massima prudenza, sia perché alcune Regioni e numerose Province sono ancora in piena fase 1, sia perché gli eventuali effetti negativi della riapertura si vedranno solo dopo 2-3 settimane».
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20 aprile 2020
Coronavirus: pianificazione scientifica della fase 2. Osservare Regioni e Province sotto la stessa lente
LA GRADUALE RIAPERTURA DEL PAESE DOVREBBE ESSERE GUIDATA DA CRITERI SCIENTIFICI CHE TENGANO CONTO DI NUMEROSE VARIABILI AL FINE DI RIDURRE AL MINIMO IL RISCHIO DI UNA NUOVA IMPENNATA DI CASI. PER LA SUDDIVISIONE DEL PAESE IN AREE GEOGRAFICHE A DIFFERENTE LIVELLO DI RISCHIO, LA FONDAZIONE GIMBE PUBBLICA UN MODELLO UNIVOCO PER MAPPARE E MONITORARE L’EVOLUZIONE DEL CONTAGIO A LIVELLO REGIONALE E PROVINCIALE. LA FOTOGRAFIA SCATTATA IL 19 APRILE INVITA A MANTENERE ALTA L’ALLERTA AUSPICANDO UN CONSISTENTE RALLENTAMENTO DEL CONTAGIO NELLE PROSSIME DUE SETTIMANE.
Il Governo sta pianificando l’avvio della “fase 2” che dovrebbe partire dal 4 maggio. Il Premier Conte ha annunciato un piano nazionale, con linee guida omogenee per tutte le Regioni, che prenda in considerazione tutela della salute ed esigenze produttive.
«La fase 2 – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE – deve essere guidata da criteri scientifici oggettivi condivisi tra Governo, Regioni ed enti locali, tenendo in considerazione i rischi legati a cinque variabili: attività produttive, libertà individuali, mezzi di trasporto, rischio di specifici sottogruppi di popolazione in relazione all’età e patologie concomitanti ed evoluzione del contagio nelle diverse aree geografiche». Su quest’ultimo aspetto, dalle prime indiscrezioni le riaperture sarebbero differenziate in relazione alla diffusione dei casi in tre macro-aree: Nord, Centro e Sud.
«La Fondazione GIMBE – dichiara Cartabellotta – pubblica oggi un modello dinamico per mappare e monitorare l’evoluzione del contagio a livello regionale e provinciale, al fine di fornire uno strumento univoco per informare le decisioni di Governo e Regioni troppo spesso concentrate sulle variazioni giornaliere che alimentano facili ottimismi sui tempi di riapertura e sottostimano i rischi in aree con pochi casi ma ad elevata prevalenza».
Considerato che per rallentare la diffusione del virus occorre ridurre in maniera costante la crescita percentuale dei casi, in particolare se la prevalenza aumenta, il modello GIMBE si basa su due variabili:
- Prevalenza (casi totali per 100.000 abitanti): misura la “densità” dei casi confermati nella popolazione e rappresenta anche una stima indiretta dei contagi non noti.
- Incremento percentuale dei casi totali: misura la “velocità” con cui si diffonde il virus. Tale valore viene calcolato su un arco temporale settimanale, viste le notevoli fluttuazioni dei dati giornalieri.
Utilizzando come “spartiacque” i valori medi nazionali di prevalenza e incremento percentuale le Regioni si posizionano in un grafico suddiviso in quattro quadranti (figura 1):
- Verde: rappresenta l’area “fredda” con bassa prevalenza e basso incremento %.
- Arancione: è l’area in corso di “riscaldamento”, con una prevalenza ancora bassa, ma un incremento percentuale elevato.
- Rosso: rappresenta l’area “calda” caratterizzata da alta prevalenza che viene alimentata dall’elevato incremento % dei casi.
- Giallo: rappresenta l’area in corso di “raffreddamento”, caratterizzata da un’alta prevalenza alimentata nelle settimane precedenti e da un incremento percentuale in corso di riduzione.
Considerato che la posizione di ciascuna Regione consegue a differenti dinamiche locali, la Fondazione GIMBE ha elaborato analoghi grafici regionali, che vedono le province distribuirsi in relazione ai valori medi regionali di prevalenza e di incremento percentuale (es. Regione Lombardia: figura 2).
«Questo modello – continua Cartabellotta – non ha l’obiettivo di stilare una classifica tra Regioni, ma solo di posizionarle e monitorarle nel tempo rispetto alla media nazionale di due variabili che condizionano l’evoluzione dell’epidemia». Ovvero, la distribuzione delle Regioni secondo il modello GIMBE dimostra che ad oggi la suddivisione del Paese in tre macro-aree (Nord, Centro, Sud) non riflette il rischio di evoluzione del contagio. Infatti:
- Regioni del Nord: si posizionano quasi tutte nei due quadranti di destra (rosso, giallo) per l’elevata prevalenza, ma presentano diversi valori di incremento percentuale: dal 12,2% di Lombardia ed Emilia-Romagna al 26,4% del Piemonte. Il Friuli-Venezia Giulia si colloca invece nell’area verde.
- Regioni del Centro: si collocano quasi tutte nei due quadranti di sinistra (arancione, verde) con incrementi percentuali che vanno dal 2,2% dell’Umbria al 18,8% del Lazio. Le Marche si collocano invece nell’area gialla.
- Regioni del Sud, isole incluse: si trovano tutte nel quadrante verde, ad eccezione della Puglia che si posiziona nel quadrante arancione con un incremento percentuale del 18,1%.
«In generale – continua Cartabellotta – la fotografia scattata a 2 settimane dalla possibile riapertura non è affatto rassicurante perché gli incrementi percentuali negli ultimi 7 giorni sono ancora molto elevati anche nelle Regioni che si trovano nel quadrante verde, fatta eccezione per l’Umbria».
«Al di là delle indiscrezioni trapelate negli ultimi giorni – conclude Cartabellotta – i criteri con cui il Governo ridisegnerà la mappa dell’Italia per l’avvio e il monitoraggio della “fase 2” non sono ancora noti. Il modello proposto dalla Fondazione GIMBE permette di applicare la stessa unità di misura a livello nazionale, regionale e provinciale, sia al fine di consentire una “personalizzazione” degli interventi di allentamento o restrizione, sia di evitare valutazioni locali finalizzate a improprie fughe in avanti che rischiano di danneggiare la salute pubblica».
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16 aprile 2020
Coronavirus: il contagio non è sotto controllo. Nell’ultima settimana + 25.733 casi di cui 3.976 morti
LE MISURE DI DISTANZIAMENTO SOCIALE IMPOSTE DAI DECRETI “#IORESTOACASA” E “CHIUDI ITALIA” HANNO RIDOTTO IL SOVRACCARICO DEGLI OSPEDALI E SOPRATTUTTO DELLE TERAPIE INTENSIVE. MA SUL CONTENIMENTO DEL CONTAGIO I RISULTATI NON SONO AFFATTO RASSICURANTI E INVITANO ALLA MASSIMA CAUTELA. DALLA FONDAZIONE GIMBE UN’ANALISI DELLE POSSIBILI CAUSE PER INFORMARE LE ISTITUZIONI SUI PARAMETRI PER AVVIARE LA “FASE 2”, E PER SENSIBILIZZARE DECISORI, DATORI DI LAVORO E POPOLAZIONE SU INEFFICIENZE E RESPONSABILITÀ
«L’efficacia delle misure di distanziamento sociale sul contenimento dell’epidemia – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – dipende da tre fattori: tempestività, intensità e aderenza della popolazione. Di conseguenza, per valutare gli effetti dei decreti “#IoRestoACasa” e “Chiudi Italia”, bisogna anzitutto essere consapevoli che siamo partiti in ritardo, che il lockdown non è stato affatto totale e che l’aderenza della popolazione è stata buona, ma non eccellente, a giudicare dal numero delle sanzioni elevate nel corso dei controlli».
Secondo la roadmap lanciata ieri dalla Commissione Europea per la ripartenza è fondamentale ridurre e stabilizzare il numero di ricoveri e/o dei nuovi casi per un periodo di tempo prolungato. «Di conseguenza – rileva Cartabellotta – una programmazione scientifica della “fase 2” non può inseguire i numeri del giorno, ma deve osservare almeno le variazioni settimanali». E in tal senso i dati degli ultimi 7 giorni sui contagi non sono affatto incoraggianti: se, infatti, si è ridotto il numero dei pazienti ricoverati con sintomi (-3,0%) e soprattutto di quelli in terapia intensiva (-16,6%), si rileva un aumento dei casi totali del 18,0% (+25.733), di cui 3.976 decessi (+22,5%) (figure).
«Considerato che la riduzione dei nuovi casi sembra inferiore a quanto atteso – continua il Presidente – la Fondazione GIMBE ha effettuato una revisione di evidenze scientifiche e narrative per identificare le possibili motivazioni, con il duplice obiettivo di informare le Istituzioni sui parametri per avviare la “fase 2” e di sensibilizzare decisori della sanità, datori di lavoro e popolazione sulle proprie responsabilità». In particolare, sono state identificate due macro-categorie di motivazioni:
Identificazione di casi in sottogruppi di popolazione non adeguatamente esplorati. È funzione diretta del maggior numero numero di tamponi eseguiti tra gli operatori sanitari, gli ospiti di residenze per anziani e case di riposo, i detenuti negli istituti penitenziari, oltre che di una tracciatura dei contatti più efficace e del crescente numero di casi oligo/asintomatici identificati sul territorio.
Ridotta efficacia delle misure di distanziamento sociale: consegue a differenti motivazioni in parte non prevenibili (ruolo dei soggetti asintomatici), in parte a carenze sanitarie (insufficiente tracciatura dei contatti, isolamento domiciliare inadeguato), oltre che a misure inadeguate sui luoghi di lavoro e negli spazi chiusi, inclusi mezzi di trasporto, e a comportamenti individuali impropri.
- Contagi da:
- soggetti asintomatici non noti
- casi non identificati per insufficiente tracciatura dei contatti
- persone conviventi in isolamento domiciliare: isolamento inadeguato o troppo breve
- Contagi sui luoghi di lavoro che non hanno implementato adeguatamente i protocolli di sicurezza
- Contagi sui mezzi di trasporto
- Contagi da operatori sanitari, soprattutto in contesti non ospedalieri (residenze per anziani, case famiglia, assistenza domiciliare)
- Contagi da persone infette che hanno violato la quarantena
In tutti i contesti regionali e locali dove il controllo dei nuovi casi risulta inadeguato tutte queste casistiche dovrebbero essere attentamente monitorate al fine di mettere in atto le opportune contromisure.
«Nonostante il contagioso entusiasmo per l’avvio della “fase 2” – conclude Cartabellotta – serve la massima prudenza: se oggi, infatti, ospedali e terapie intensive iniziano a “respirare”, i numeri confermano che la curva dei contagi non è affatto sotto controllo ed il rischio di una nuova impennata dei casi è sempre in agguato».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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10 aprile 2020
Coronavirus: i falsi guariti in Lombardia. GIMBE chiede di mettere fine alle ambiguità
La Regione Lombardia non trasmette il numero dei soggetti guariti, ma solo dei dimessi. Questi casi nel report della Protezione Civile vengono conteggiati tra i guariti, con conseguente distorsione della comunicazione pubblica sull’andamento dell’epidemia da coronavirus (figura).
«Nonostante l’appello della Fondazione GIMBE – dichiara il Presidente Nino Cartabellotta – dopo un’analisi sui dati relativi ai soggetti guariti trasmessi da 8 Regioni realizzata in collaborazione con YouTrend, il resoconto giornaliero inviato dalla Lombardia alla Protezione Civile e le modalità con cui questa conteggia i casi rimangono invariati».
Ieri 9 aprile 2020, il tracciato della Regione Lombardia riportava nell’area verde:
- 15.706 casi con “con almeno un passaggio in ospedale (anche solo in pronto soccorso) dichiarati dimessi/non ricoverati dagli ospedali lombardi. Questi pazienti sono in isolamento domiciliare fino a che non saranno dichiarati guariti”. In altre parole, la Lombardia dichiara esplicitamente che si tratta di casi che non possono essere considerati guariti
- 16.042 “persone per cui non si rileva nessun passaggio in ospedale”
Nel report ufficiale della Protezione Civile:
- 15.706 casi, che la Lombardia dichiara “in isolamento domiciliare”, vengono inseriti nella colonna “Dimessi/Guariti” per poi confluire nel “Totale Guariti”.
- 16.042 vengono correttamente riportati nella colonna “Isolamento domiciliare”.
Considerato che:
- il 55,2% del “Totale Guariti” in Italia proviene dalla Lombardia (15.706/28.470);
- la maggior parte delle altre Regioni trasmettono i dati utilizzando i criteri di guarigione clinica e virologica definiti dal Comitato Tecnico Scientifico;
al fine di eliminare questa indebita distorsione dei casi guariti, la Fondazione GIMBE chiede:
- alla Protezione Civile e al Ministero della Salute di non conteggiare più tra i “Guariti” i casi che la stessa Regione Lombardia dichiara “in isolamento domiciliare”;
- alla Regione Lombardia di allinearsi alle altre Regioni sulle modalità per riportare i casi “Guariti”.
«La sovrastima del numero dei casi guariti – conclude Cartabellotta – condiziona la percezione pubblica sull’andamento dell’epidemia e influenza le decisioni sanitarie e politiche. In particolare, la pianificazione della “fase 2” deve essere informata da dati reali, evitando qualsiasi distorsione che induce decisioni finalizzate a tutelare interessi economici, piuttosto che la salute delle persone».
Il monitoraggio GIMBE dell'epidemia di COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
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8 aprile 2020
Coronavirus: verso la fase 2. Rischioso allentare misure prima di fine maggio
LE IMMINENTI DECISIONI DEL GOVERNO SU UN ALLENTAMENTO DELLE MISURE DI CONTENIMENTO NON POSSONO PRESCINDERE DA ALCUNE DOMANDE CRUCIALI: È POSSIBILE PREVEDERE IL GIORNO DEL CONTAGIO ZERO? QUALI RISULTATI HANNO OTTENUTO LE MISURE DI DISTANZIAMENTO SOCIALE? I NOSTRI RISULTATI SONO IN LINEA CON QUELLI DELLA CINA? DALLA FONDAZIONE GIMBE RISPOSTE BASATE SUI DATI E UN MODELLO PREDITTIVO PER INFORMARE UNA DELLE DECISIONI PIÙ DIFFICILI DELLA STORIA DELLA REPUBBLICA
Il quadro progressivamente meno funesto offerto dal bollettino giornaliero della Protezione Civile e l’imminente scadenza del decreto “Chiudi Italia” fissata per il 13 aprile hanno acceso il dibattito sull’avvio dell’agognata “Fase 2”, ovvero tempi e modi per allentare il lockdown. Dal vertice di ieri tra il Governo e il Comitato Tecnico Scientifico è emersa una linea di “gradualità e prudenza”, con l’ipotesi di una “Fase 2” in due step: il primo riguarderebbe piccole aperture per le attività produttive, il secondo la rimodulazione delle misure per spostamenti e uscite.
Ma cosa dicono oggi i dati? L’andamento dell’epidemia in Italia permette di programmare un allentamento delle misure? Con quali rischi?
«La Fondazione GIMBE – afferma il Presidente Nino Cartabellotta – ha deciso di rendere pubblici i risultati delle proprie analisi indipendenti per offrire alcune risposte, utili ad informare le decisioni politiche ed aumentare la consapevolezza della popolazione in un momento estremamente delicato della gestione dell’epidemia nel nostro Paese».
È POSSIBILE PREVEDERE IL GIORNO DEL “CONTAGIO ZERO”? Nell’impossibilità di prevedere il giorno in cui non ci sarà alcun nuovo caso, la Fondazione GIMBE pubblica il proprio modello predittivo che ha ormai raggiunto un’adeguata stabilità (figura 1). Il modello è stato elaborato con l’analisi della regressione utilizzando 2 variabili: l’incremento percentuale dei nuovi casi e il tempo espresso in giorni. Il modello prevede che il 16 aprile l’aumento dei casi scenderà al 2%, il 27 aprile all’1%, il 7 maggio allo 0,5% e il 2 giugno allo 0,1%, soglia utilizzata ad Hubei per allentare le misure. «Il modello – spiega Cartabellotta – viene aggiornato quotidianamente e deve sempre essere maneggiato con cautela perché l’andamento dei contagi potrebbe essere influenzato da variabili non considerate, spesso differenti nelle varie Regioni: insorgenza di nuovi focolai, numero di tamponi effettuati, aderenza alle misure di distanziamento sociale, sovraccarico degli ospedali».
QUALI RISULTATI HANNO OTTENUTO LE MISURE DI DISTANZIAMENTO SOCIALE?
- Nuovi casi: nell’ultima settimana l’incremento medio giornaliero è stato del 3,9%, con trend in progressiva riduzione dal 4,5% al 2,3% (figura 2).
- Rispetto alle categorie di casi riportati dalla Protezione Civile (figura 3):
- Pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva: il crescente decongestionamento degli ospedali è il dato che infonde maggiore ottimismo (figura 4).
- Isolamento domiciliare: il numero è in continuo aumento grazie ad una più efficace identificazione dei contatti e di casi sempre meno gravi.
- Guariti: il numero aumenta, ma risulta sovrastimato perché vengono conteggiati in questa categoria i casi della Regione Lombardia dimessi dall’ospedale, senza informazioni sul loro status di guarigione clinica o virologica (ieri 59,4% dei “guariti”).
- Deceduti: la curva continua a salire con una minima flessione negli ultimi 2-3 giorni.
I RISULTATI ITALIANI SONO IN LINEA CON QUELLI DELLA CINA? Il confronto è stato effettuato con la provincia di Hubei che conta 58,5 milioni di abitanti ed ha avuto una modalità di espansione iniziale dell’epidemia simile a quella italiana. Le curve di crescita dei contagi (figura 5) dimostrano che i risultati delle misure attuate in Italia sono ben lontani da quelli ottenuti in Cina. «Questa differenza – spiega Cartabellotta – è dovuta almeno a tre motivazioni: da noi misure non tempestive, meno rigorose e più frammentate e minore aderenza della popolazione».
«Il ruolo dei dati nelle decisioni politiche – continua Cartabellotta – dipenderà da quali indicatori sceglierà il Governo per stabilire criteri, tempi e modalità per l’avvio graduale della “Fase 2”, nella consapevolezza che, a differenza della Cina, non siamo in condizioni di applicare una sistematica tracciatura dei contatti tramite tecnologie avanzate e che i test sierologici non permettono ancora di fornire alcun “patentino di immunità”».
In sintesi, le analisi indipendenti della Fondazione GIMBE suggeriscono che:
- La curva del contagio è rallentata, ma l’aumento dei nuovi casi è ancora rilevante.
- Le misure di distanziamento sociale hanno alleggerito il carico sugli ospedali, ma il loro effetto sul numero totale dei casi è ancora modesto
- L’allentamento delle misure dovrà essere graduale e differenziato per tipologia di intervento e, ove possibile, “personalizzato” nelle varie Regioni monitorando strettamente l’insorgenza di nuovi focolai.
- Se nelle prossime settimane sarà confermato il rallentamento dei nuovi casi, con una certa dose di spavalderia la “Fase 2” potrebbe essere avviata tra fine aprile e inizio maggio, accettando il rischio di una nuova impennata dei contagi.
- Se al contrario la linea vuole essere quella della gradualità e della prudenza, qualsiasi riapertura prima di fine maggio non si basa sulle dinamiche del contagio in Italia.
«Il Governo – conclude Cartabellotta – è chiamato a prendere una delle decisioni più difficili della storia della Repubblica, con effetti determinanti sulla nostra salute, sulle nostre libertà individuali e sull’economia del Paese. Guardando ai numeri è fondamentale conoscere quale indicatore guiderà la politica per l’attuazione della “Fase 2”: sarà, auspicabilmente, la riduzione dei contagi al di sotto di una soglia più bassa possibile? Oppure, ci si limiterà a contenere il verosimile aumento dei ricoveri e dei decessi, per il timore che la popolazione e l’economia non sono in grado di reggere un rigoroso prolungamento del lockdown?»
Il modello predittivo è quotidianamente aggiornato sul sito: https://coronavirus.gimbe.org
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2 aprile 2020
Coronavirus: la sovrastima dei casi guariti
LA FONDAZIONE GIMBE, IN COLLABORAZIONE CON YOUTREND, HA ANALIZZATO DEFINIZIONI E DISCREPANZE SUI CASI “DIMESSI/GUARITI”, CATEGORIA MOLTO ETEROGENEA CHE NELLA COMUNICAZIONE PUBBLICA VIENE FATTA COINCIDERE CON LE GUARIGIONI. EMBLEMATICO IL CASO LOMBARDIA: A IERI 11.415 PAZIENTI DIMESSI DA SETTING OSPEDALIERI DI CUI NON SI CONOSCE LO STATUS CLINICO CONFLUISCONO NEL DATO NAZIONALE “DIMESSI/GUARITI” DOVE COSTITUISCONO IL 68%, SOVRASTIMANDO IL TASSO DI GUARIGIONE. LA FONDAZIONE GIMBE CHIEDE ALLE ISTITUZIONI DI ELIMINARE QUESTA AMBIGUA ETICHETTA, DI NON CONTEGGIARE TRA I “DIMESSI/GUARITI” I CASI CON STATUS DI GUARIGIONE NON NOTO E DISTINGUERE LE GUARIGIONI CLINICHE DA QUELLE VIROLOGICHE.
2 aprile 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
I dati ufficiali sui casi di COVID-19 comunicati in occasione della conferenza stampa quotidiana della Protezione Civile, pubblicati sulla dashboard ufficiale e sul sito del Ministero della Salute, sono aggregati in tre macro-categorie, la cui somma corrisponde al totale dei casi riportati quotidianamente dal nostro Paese all’Organizzazione Mondiale della Sanità.
- Attualmente positivi: è la somma dei pazienti “Ricoverati con sintomi”, in “Terapia intensiva” e in “Isolamento domiciliare”.
- Dimessi/Guariti: è un “contenitore” eterogeneo che include sia pazienti dimessi dall’ospedale (non sempre guariti), sia casi di guarigione clinica o virologica.
- Deceduti: rimangono in attesa di conferma della causa di morte da parte dell’Istituto Superiore di Sanità che a cadenza bisettimanale pubblica il bollettino epidemiologico.
«In termini di sanità pubblica – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE – questa classificazione mira a distinguere i casi attivi (totale positivi), che possono contribuire alla diffusione dell’infezione, dai casi chiusi, ovvero i deceduti e i guariti che non possono contagiare altre persone. Se il numero dei casi chiusi è condizionato, nel bene e nel male, dalla qualità dell’assistenza sanitaria, quello dei casi attivi influenza sia le decisioni sanitarie per contenere l’epidemia, sia quelle politiche per l’eventuale rimodulazione delle misure di distanziamento sociale».
Dal monitoraggio GIMBE dei dati pubblici sono emerse alcune incongruenze, relative sia ai trend regionali dei “Dimessi/Guariti”, sia alle definizioni e alle modalità comunicative della Protezione Civile. In particolare, nella dashboard nazionale si rileva una discrepanza tra la denominazione del box “Dimessi/Guariti” e la legenda che riporta “Guariti: totale persone clinicamente guarite”. Inoltre, in calce al report quotidiano, dove vengono riportati i totali del giorno, il dato della colonna “Dimessi/Guariti” viene etichettato come “Totale guariti”.
«Di fronte a queste discrepanze – spiega Cartabellotta – abbiamo deciso di approfondire la questione con ulteriori analisi condotte in collaborazione con YouTrend, progetto digitale di informazione e analisi dati, edito dall'agenzia Quorum».
«Le nostre valutazioni – spiega Lorenzo Pregliasco, co-fondatore di YouTrend – evidenziano una notevole eterogeneità dei dati raccolti dalle Regioni e inviati alla Protezione Civile, vista anche l’assenza di un modello informatizzato univoco. Infatti, i dati sono trasmessi da ciascuna Regione con modalità diverse e i criteri sulla definizione dei casi “Dimessi/Guariti” sono estremamente variabili».
L’analisi effettuata il 1 aprile su 8 Regioni che rappresentano l’85,7% dei casi totali e il 91,6% dei “Dimessi/Guariti” comunicati dalla Protezione Civile (tabella) conferma l’estrema eterogeneità di questo “contenitore” nel quale confluiscono 4 tipologie di casi: pazienti virologicamente guariti (2 tamponi negativi a distanza di 24 ore), pazienti in via di guarigione virologica (primo tampone negativo, in attesa del risultato del secondo), pazienti guariti clinicamente (non sottoposti a tampone), pazienti “dimessi” da un setting ospedaliero senza alcuna informazione sullo stato di guarigione, sia essa clinica o virologica.
«Al fine di sanare questa misclassificazione e garantire la massima trasparenza – aggiunge Pregliasco – è indispensabile uniformare i dati comunicati dalle Regioni alla Protezione Civile, con la diffusione dei dettagli in formato open data per consentire ai ricercatori di effettuare analisi sui dati grezzi e su unità geografiche a livello di provincia e di comune».
Emblematico l’impatto del caso Lombardia. La Regione, infatti, nel bollettino quotidiano non menziona affatto il numero delle guarigioni, ma riporta solo il numero di pazienti dimessi dall’ospedale (o dal pronto soccorso) e inviati in isolamento domiciliare. Tutti questi casi (ieri 11.415, il 68% del totale) confluiscono nei “Dimessi/Guariti” del bollettino nazionale sovrastimando il tasso di guarigione. Infatti, il comunicato stampa giornaliero della Protezione Civile ieri riporta 16.847 persone guarite, dato confermato anche sul sito del Ministero della Salute.
«Al fine di non alimentare un irrealistico senso di ottimismo sul reale andamento dell’epidemia – conclude Cartabellotta – rischiando di affidare le decisioni sanitarie e politiche ad un numero che contiene anche casi ancora attivi, la Fondazione GIMBE chiede al Ministero della Salute e alla Protezione Civile di allineare la comunicazione pubblica ai criteri di guarigione clinica e virologica ribaditi il 19 marzo dal Comitato Tecnico-Scientifico».
Richieste della Fondazione GIMBE al Ministero della Salute e alla Protezione Civile
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23 marzo 2020
Coronavirus: allarme operatori sanitari contagiati.A rischio salute pazienti e tenuta sanità
AL 22 MARZO L’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ RIPORTA 4.824 PROFESSIONISTI SANITARI POSITIVI AL CORONAVIRUS, PARI AL 9% DEL TOTALE DEI CASI CONFERMATI. LA FONDAZIONE GIMBE CHIEDE DI ESTENDERE L’ESECUZIONE DEI TAMPONI A TUTTI I PROFESSIONISTI E OPERATORI SANITARI E INVITA L’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ A MODIFICARE E INTEGRARE LE LINEE GUIDA NAZIONALI PER GARANTIRE LA MASSIMA PROTEZIONE DI CHI È IMPEGNATO IN PRIMA LINEA CONTRO L’EMERGENZA CORONAVIRUS.
23 marzo 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
Secondo i dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in Italia dall’inizio dell’epidemia sono 4.824 i professionisti sanitari che hanno contratto un’infezione da coronavirus, pari al 9% del totale delle persone contagiate, una percentuale più che doppia rispetto a quella della coorte cinese dello studio pubblicato su JAMA (3,8%). Peraltro, a giudicare dalle innumerevoli narrative e dalla mancata esecuzione dei tamponi a tutti i professionisti e gli operatori sanitari, il numero ufficiale fornito dall’ISS è ampiamente sottostimato.
«Un mese dopo il caso 1 di Codogno – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – i numeri dimostrano che abbiamo pagato molto caro il prezzo dell’impreparazione organizzativa e gestionale all’emergenza: dall’assenza di raccomandazioni nazionali a protocolli locali assenti o improvvisati; dalle difficoltà di approvvigionamento dei dispositivi di protezione individuale (DPI), alla mancata esecuzione sistematica dei tamponi agli operatori sanitari; dalla mancata formazione dei professionisti sanitari all’informazione alla popolazione». Tutte queste attività, inclusa la predisposizione dei piani regionali, erano previste dal “Piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale” predisposto dopo l’influenza aviaria del 2003 dal Ministero della Salute e aggiornato al 10 febbraio 2006. «È inspiegabile – continua il Presidente – che tale piano non sia stato ripreso e aggiornato dopo la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale, lo scorso 31 gennaio».
«Inoltre la mancanza di policy regionali univoche sull’esecuzione dei tamponi agli operatori sanitari, conseguente anche al timore di indebolire gli organici – spiega Cartabellotta – si è trasformata in un boomerang letale. Infatti, gli operatori sanitari infetti sono stati purtroppo i grandi e inconsapevoli protagonisti della diffusione del contagio in ospedali, residenze assistenziali e domicilio di pazienti». Per tale ragione la Fondazione GIMBE invita tutte le Regioni, sulla scia di quanto già deliberato in Emilia Romagna e Calabria, a mettere in priorità assoluta l’esecuzione di tamponi a tutti gli operatori sanitari, sia in ospedale, sia sul territorio, con particolare attenzione ai professionisti coinvolti nell’assistenza domiciliare e nelle residenze assistenziali assistite, oltre che in case di riposo.
Riguardo l’elaborazione dei protocolli regionali e locali di protezione degli operatori sanitari, l’ISS ha pubblicato il 14 marzo la seconda versione delle “Indicazioni ad interim per un utilizzo razionale delle protezioni per infezione da SARS-COV-2 nelle attività sanitarie e sociosanitarie (assistenza a soggetti affetti da COVID-19) nell’attuale scenario emergenziale SARS-COV-2” che riprendono quasi interamente le raccomandazioni pubblicate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il 27 febbraio 2020, senza tenere conto delle più recenti raccomandazioni dell’European Centre for Diseases Prevention and Control e dei Centers for Disease Control and Prevention.
L’analisi GIMBE del documento originale dell’OMS identifica una distorsione di fondo: le raccomandazioni si basano sul presupposto che le scorte mondiali di DPI, in particolare mascherine e respiratori medici, sono insufficienti per fronteggiare l’emergenza pandemica di COVID-19. Al contrario, le linee guida dovrebbero essere basate sulle migliori evidenze scientifiche, lasciando poi ai singoli paesi, la possibilità di definire le priorità in relazione a necessità, disponibilità ed eventuali difficoltà di approvvigionamento.
«Le raccomandazioni nazionali – sottolinea Claudio Beltramello, medico igienista, componente della faculty GIMBE, già collaboratore del Dipartimento Prevenzione e Controllo delle Malattie Infettive dell’OMS –devono indicare gli interventi più efficaci per prevenire l’infezione del personale sanitario. Se esistono difficoltà locali ad attuarle per carenza di DPI, in particolare mascherine chirurgiche e FFP2, è un altro problema. Raccomandare l’utilizzo appropriato dei DPI è fondamentale per garantirli; se invece viene legittimato che in vari scenari a rischio i DPI non servono, sarà meno probabile predisporre un adeguato piano di approvvigionamento».
«Non è accettabile dal punto di vista scientifico ed etico – ribadisce Cartabellotta – “tarare al ribasso” le raccomandazioni nazionali e, a cascata, i protocolli regionali e locali per proteggere gli operatori sanitari, visto che le conseguenze non ricadono solo sulla salute dei professionisti, ma soprattutto su quella dei pazienti, oltre che sulla tenuta del servizio sanitario».
Peraltro il documento dell’ISS contiene raccomandazioni inapplicabili in ambito ospedaliero e/o insufficienti a garantire la massima protezione degli operatori sanitari, che la Fondazione GIMBE invita pertanto a rettificare ed integrare (box). «Le evidenze scientifiche – sottolinea Beltramello – dimostrano che in setting assistenziali le mascherine chirurgiche non proteggono adeguatamente professionisti e operatori sanitari. Infatti, sin dall’inizio dell’epidemia Istituzioni ed esperti indipendenti ribadiscono che la mascherina chirurgica non conferisce sufficiente protezione ai soggetti sani che vengono a contatto con un soggetto infetto».
«Confidiamo – conclude Cartabellotta – che l’Istituto Superiore di Sanità proceda ad una revisione del documento per garantire la massima protezione di professionisti e operatori sanitari, che tutte le Regioni dispongano di effettuare i tamponi a tutti gli operatori in prima linea contro l’emergenza e che la fornitura di mascherine per medici, operatori sanitari e pazienti – annunciata ieri da Domenico Arcuri, commissario straordinario per l’emergenza coronavirus – sia adeguata secondo quanto previsto dalle le migliori evidenze scientifiche».
PROPOSTA DI MODIFICHE AL DOCUMENTO Rapporto ISS COVID-19 n. 2/2020 “Indicazioni ad interim per un utilizzo razionale delle protezioni per infezione da SARS-COV-2 nelle attività sanitarie e sociosanitarie (assistenza a soggetti affetti da COVID-19) nell’attuale scenario emergenziale SARS-COV-2”
AREE DI DEGENZA Stanza di pazienti COVID-19
Altre aree di transito e trasporto interno dei pazienti
Triage
AMBULATORI OSPEDALIERI E DEL TERRITORIO NEL CONTESTO DI COVID-19 Ambulatori
Triage
AMBULANZA O MEZZI DI TRASPORTO Operatori sanitari
Autisti
ULTERIORI RACCOMANDAZIONI SUGGERITE
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18 marzo 2020
Coronavirus 25 giorni dopo: i numeri rispondono ai dubbi degli italiani e esortano l’Europa a non perdere altro tempo
DALLE ANALISI INDIPENDENTI DELLA FONDAZIONE GIMBE SULL’EPIDEMIA DI COVID-19 EMERGONO ALCUNE CERTEZZE: GRAVITÀ E TASSO DI LETALITÀ SONO AMPIAMENTE SOVRASTIMATI PERCHÈ CI SONO ALMENO 100.000 CASI, DI CUI 70.000 NON IDENTIFICATI. I TASSI DI LETALITÀ IN LOMBARDIA ED EMILIA ROMAGNA, PROSSIMI AL 10%, DOCUMENTANO UN SOVRACCARICO DEGLI OSPEDALI. LE REGIONI DEL SUD SONO QUELLE CHE POSSONO BENEFICIARE AL MEGLIO DELLE MISURE DI DISTANZIAMENTO SOCIALE AL FINE DI EVITARE UN DISASTRO SANITARIO. INACCETTABILI I TENTENNAMENTI E RITARDI DI EUROPA E USA CHE DEVONO AFFRONTARE LA STESSA BATTAGLIA DELL’ ITALIA
17 marzo 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
Dal 21 gennaio 2020 la Fondazione GIMBE alimenta con i dati ufficiali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e della Protezione Civile una dataroom per attività indipendenti di ricerca e divulgazione.
«Abbiamo da sempre ritenuto – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – che le attività di un’organizzazione indipendente finalizzate a informare il Paese sulla salute, l’assistenza sanitaria e la ricerca biomedica possono determinare grandi benefici sociali ed economici. Ecco perché abbiamo convogliato i nostri sforzi su analisi dei dati e comunicazione dell’epidemia da coronavirus».
A poco più di 3 settimane dal primo caso di Codogno, la Fondazione GIMBE risponde con i dati ai quesiti più frequenti e rilevanti di cittadini, decisori, professionisti sanitari e media.
Gravità della COVID-19. Il quadro restituito dai dati ufficiali spaventa gli italiani che percepiscono una patologia molto grave (figura 1). L’aggiornamento del 16 marzo (che non include i dati della Puglia e della Prov. Aut. di Trento), riporta 27.980 casi: 1.851 (6,6%) pazienti in terapia intensiva; 11.025 (39,4%) ricoverati con sintomi; 10.197 (36,4%) in isolamento domiciliare; 2.749 (9,8%) dimessi guariti; 2.158 i decessi (7,7%). «Questa distribuzione di gravità della malattia – spiega il Presidente – appare molto più severa di quella cinese: infatti, lo studio condotto sulla coorte cinese e pubblicato su JAMA riportava 44.415 casi confermati di cui 81% lievi, 14% severi (ospedalizzati) e 5% critici (in terapia intensiva), con un tasso grezzo di letalità del 2,3%».
Considerato che in Italia i tamponi vengono effettuati prevalentemente sui soggetti sintomatici, la gravità di COVID-19 è ampiamente sovrastimata perché vediamo solo la punta dell’iceberg. «Assumendo una distribuzione di gravità della malattia sovrapponibile a quella delle coorte cinese – spiega Cartabellotta – si può ipotizzare che la parte sommersa dell’iceberg contenga oltre 70.000 casi lievi/asintomatici non identificati». Prendendo in considerazione questi casi, la casistica italiana si “ricompone” riducendo la percentuale di pazienti ricoverati e in terapia intensiva (figura 2), oltre che del tasso di letalità che si riallinea a quello della coorte cinese.
«La sottostima del numero totale dei contagiati – continua il Presidente – se da un lato può attenuare le preoccupazioni sulla gravità della COVID-19, dall’altro non deve in alcun modo fare abbassare la guardia. Tutti dobbiamo essere consapevoli della necessità di rimanere a casa e di applicare rigorosamente tutte le misure di distanziamento sociale imposte dal Governo con l’obiettivo di ridurre la circolazione del virus, di evitare il contagio di altre persone, in particolare di soggetti anziani e fragili, al fine di evitare il sovraccarico degli ospedali».
Tasso di letalità della COVID-19. Oltre che dall’esecuzione dei tamponi prevalentemente ai soggetti sintomatici, viene anche sovrastimato dai soggetti positivi deceduti per altre cause, per i quali si deve attendere la conferma della causa di morte dall’Istituto Superiore di Sanità. In ogni caso, il tasso grezzo di letalità ieri ha raggiunto il 7,7%, con ampie variabilità regionali: in particolare è del 9,8% in Emilia Romagna e 9,7% in Lombardia, rispetto al 4% nelle altre Regioni (figura 3). «Questo dato – spiega Cartabellotta – rappresenta una spia rossa sul sovraccarico degli ospedali, in particolare delle terapie intensive, allineando i numeri alla narrativa di chi lavora in prima linea».
Diffusione del coronavirus in Italia. Il vertiginoso aumento giornaliero dei casi genera un’attesa spasmodica del momento in cui sarà raggiunto il picco. Al di là dei numeri assoluti, bisogna tenere d’occhio l’incremento percentuale dei nuovi casi che, dopo alcuni zig-zag iniziali, nelle ultime 2 settimane si è attestato intorno al 20-25% (figura 4), ovvero ogni 4-5 giorni si è raddoppiato il numero di casi (il dato di ieri del 13% non è definitivo). Tuttavia, le modalità di diffusione dell’epidemia in Italia permettono di identificare 4 “contenitori” con dinamiche differenti: Lombardia; Emilia Romagna e Veneto; Regioni confinanti; tutte le altre Regioni. I 4 “contenitori” hanno un’impennata della curva molto simile, ma ritardata di 4-5 giorni l’uno rispetto all’altro (figura 5). «Se da un lato – spiega il Presidente – il numero di casi limitati nelle “altre Regioni”, prevalentemente del centro-sud, genera un pericoloso e fallace senso di tranquillità, dall’altro rappresenta un grande vantaggio per ridurre la circolazione del virus grazie alle misure di distanziamento sociale che in quelle regioni sarebbero molto più tempestive».
Diffusione del coronavirus in Europa. La recente impennata dei casi in Spagna, Francia, Germania, dimostra che per tutti i paesi europei la battaglia è analoga a quella italiana, con un ritardo di 7-9 giorni (figura 6) «Tutti i paesi hanno avuto la possibilità di giocare d’anticipo – spiega Cartabellotta – avendo già visto il film italiano, ma hanno perseguito politiche attendiste contro un virus che si diffonde alla velocità della luce, e da cui si ritenevano immuni. Considerato che l’efficacia delle misure di distanziamento dipende dalla loro rigorosità, dalla tempestività e dall’aderenza dei cittadini, Europa, Stati Uniti e tutti i paesi del mondo, dovrebbero fare tesoro dell’esperienza (e degli errori) dell’Italia».
Modelli predittivi. Alla domanda “quando finirà?”, purtroppo è impossibile rispondere perché la validità dei modelli predittivi è influenzata da due fattori imprevedibili: la diffusione asincrona del coronavirus tra i vari paesi e l’assenza di un piano pandemico unico in Europa, dove i singoli Paesi stanno adottando differenti modalità di gestione dell’epidemia. «Le conseguenze di questo approccio frammentato – ammonisce il Presidente – sono al contrario piuttosto prevedibili. Innanzitutto, si rischia di vanificare le misure draconiane messe in atto da alcuni paesi (in primis l’Italia), a causa degli inevitabili “casi di rientro”; in secondo luogo, i picchi dell’epidemia avverranno in tempi diversi tra i vari paesi e le conseguenze saranno legate all’efficacia dei vari sistemi sanitari; infine, sarà molto più difficile predisporre misure straordinarie per fronteggiare la recessione economica se i paesi del G7 e del G20 si troveranno disallineati nella gestione dell’epidemia e delle sue conseguenze sui mercati finanziari».
«Nonostante alcuni evitabili ritardi – conclude Cartabellotta – l’Italia è sulla giusta strada per contrastare l’avanzata del coronavirus. Adesso spetta a noi tutti fare i necessari sacrifici individuali per contribuire alla tutela della salute e alla tenuta del nostro insostituibile Servizio Sanitario Nazionale. Serve molta pazienza perché è ragionevolmente certo che i tempi non saranno affatto brevi».
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CORONAVIRUS: LE MISURE DI DISTANZIAMENTO SOCIALE SONO EFFICACI PER RALLENTARE L’EPIDEMIA ED EVITARE IL COLLASSO DELLA SANITÀ
IN ASSENZA DI UN VACCINO, LE MISURE DI DISTANZIAMENTO SOCIALE SONO L’UNICA RISPOSTA POSSIBILE ALL’EMERGENZA CORONAVIRUS: ISOLAMENTO DEI MALATI, QUARANTENA DEI SOGGETTI ESPOSTI, TRACCIATURA DEI CONTATTI, CHIUSURA DELLE SCUOLE, MISURE PER GLI AMBIENTI DI LAVORO E DIVIETO DI ASSEMBRAMENTI. DALLA FONDAZIONE GIMBE UNA REVISIONE SISTEMATICA DELLE PROVE DI EFFICACIA DI QUESTI INTERVENTI PER INFORMARE SCELTE POLITICHE, DECISIONI DI AMMINISTRATORI LOCALI E COMPORTAMENTI DEI CITTADINI. LA CHIAVE DEL SUCCESSO? ATTUAZIONE TEMPESTIVA DELLE MISURE ED ELEVATA ADERENZA DA PARTE DELLA POPOLAZIONE.
6 marzo 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il 4 marzo il Presidente del Consiglio Conte ha firmato un nuovo DPCM che prevede misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza da COVID-19 valide sull’intero territorio nazionale. Misure drastiche e impopolari che hanno subito scatenato il dibattito scientifico e politico: la miccia si è accesa alla notizia che il Comitato Tecnico-Scientifico istituito dalla Protezione Civile avrebbe espresso parere contrario alla sospensione delle attività scolastiche, una misura considerata priva di efficacia in assenza di evidenze scientifiche a supporto.
«Le infezioni da virus influenzali – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si diffondono prevalentemente tramite stretto contatto nelle comunità e in assenza di un vaccino per il COVID-19 le misure di distanziamento sociale sono l’unica arma a nostra disposizione per contrastare l’epidemia». Queste misure infatti, riducendo la trasmissione del virus, ritardano il picco dell'epidemia, ne riducono l’entità e distribuiscono i casi su un arco temporale più lungo per consentire al sistema sanitario di prepararsi adeguatamente e consentire una migliore gestione dei casi sintomatici (figura).
Per fornire una base scientifica al dibattito in corso, oltre che per informare ulteriori scelte politiche, la Fondazione GIMBE ha tradotto e adattato una revisione sistematica pubblicata lo scorso 2 febbraio sulla rivista dei Center for Disease and Control and Prevention (CDC). La revisione analizza le prove di efficacia relative a sei misure per contrastare le pandemie influenzali: isolamento domiciliare dei malati, quarantena dei soggetti esposti, tracciatura dei contatti, misure relative alle scuole e agli ambienti di lavoro e divieto di assembramenti di persone.
Isolamento domiciliare dei malati: 15 studi documentano un’efficacia moderata nel ridurre la trasmissione e l’impatto dell’epidemia. Presupponendo un’elevata aderenza da parte dei soggetti sintomatici, l'isolamento volontario domiciliare potrebbe essere preferibile rispetto ad altre misure di protezione personale. «Due aree di incertezza sul COVID-19 – spiega il Presidente – condizionano la durata del periodo di isolamento volontario: la durata dell'infettività e l’entità della trasmissione da parte dei casi lievi o asintomatici».
Quarantena dei soggetti esposti: 16 studi documentano un’efficacia moderata nel ridurre la trasmissione e l’impatto dell’epidemia. Tuttavia, identificare tempestivamente i casi e i loro contatti stretti può essere complicato nelle fasi iniziali di un’epidemia e impossibile successivamente. «Peraltro – precisa Cartabellotta – la quarantena solleva rilevanti questioni etiche relative alla libertà di movimento». Di conseguenza, l’auto-quarantena sembra preferibile a quella obbligatoria nella maggior parte degli scenari, ma sulla durata ottimale non esistono evidenze scientifiche.
Tracciatura dei contatti: 4 studi documentano che in associazione con altre misure (es. isolamento e quarantena) può ridurre la diffusione e l’impatto dell’epidemia. «Tuttavia la tracciatura dei contatti apporta benefici marginali a fronte delle risorse necessarie – spiega Cartabellotta – perché dopo la fase iniziale dell’epidemia il numero di casi cresce esponenzialmente in poco tempo». Per questo non esiste un razionale per l'uso routinario della tracciatura dei contatti nella popolazione generale per il contenimento dell’epidemia.
Misure relative alle scuole:
- Vacanze pianificate: 28 studi dimostrano che la diffusione dell’epidemia si riduce durante il periodo di vacanza, ma può aumentare dopo la riapertura delle scuole
- Chiusura reattiva delle scuole: 16 studi documentano un’efficacia variabile nel ridurre la diffusione dell’epidemia quando la chiusura viene disposta dopo il verificarsi di focolai influenzali
- Chiusura preventiva delle scuole: 13 documentano un’efficacia variabile nel ridurre la diffusione dell’epidemia
«Se fortunatamente i bambini non sembrano particolarmente suscettibili al COVID-19 – sottolinea Cartabellotta – la frequenza scolastica svolge un ruolo importante nella diffusione di tutti i virus influenzali a causa di più elevati tassi di contatto tra le persone. Infatti, numerosi studi osservazionali confermano che la trasmissione complessiva dell'influenza nella comunità si riduce quando le scuole sono chiuse». Tuttavia, l’efficacia di questo intervento è condizionata dalla tempestività e dalla durata, talora difficili da definire nel turbine di un'epidemia, tra ritardi informativi e difficoltà nell'interpretazione dei dati di sorveglianza.
Misure relative agli ambienti di lavoro: 18 studi dimostrano un’efficacia variabile nel ridurre la diffusione e l’impatto dell’epidemia. Incentivazione del telelavoro, scaglionamento dei turni, congedi retribuiti, ferie pianificate possono ridurre in parte la trasmissione all'interno della comunità, ma con un effetto minore rispetto alla chiusura delle scuole. 10 studi (tutti di simulazione) sulla chiusura dei luoghi di lavoro dimostrano un’efficacia moderata nel ridurre la trasmissione e l’impatto dell’epidemia. «Considerato che tali misure determinano conseguenze economiche rilevanti – puntualizza il Presidente – occorre identificare attentamente gli ambienti di lavoro a cui applicare gli interventi, stabilire se compensare dipendenti o aziende per eventuali perdite di reddito o produttività e evitare diseguaglianze sociali nelle fasce a basso reddito e tra i lavoratori occasionali».
Divieto di assembramenti: 3 studi documentano un’efficacia moderata nel ridurre la diffusione dell’epidemia, ma solo se l’applicazione è tempestiva e prolungata.
«Le evidenze scientifiche – conclude Cartabellotta – documentano l'efficacia delle misure di distanziamento sociale per ridurre l’impatto delle epidemie influenzali, in particolare quando combinate tra loro. La scelta delle misure di sanità pubblica, oltre che dalla qualità e quantità delle evidenze scientifiche, è condizionata da fattori epidemiologici, geografici, economici e sociali. In ogni caso, la loro efficacia è sempre condizionata da due fattori: attuazione tempestiva ed elevata aderenza da parte di amministratori locali e cittadini».
L’articolo “Efficacia delle misure di distanziamento sociale per contrastare le pandemie influenzali” è disponibile a: www.evidence.it/distanziamento-sociale.
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11 febbraio 2020
Coronavirus: tra numeri ufficiali e incognite vietato abbassare la guardia
LA FONDAZIONE GIMBE ANALIZZA I CASI CONFERMATI DALL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ E CON ALCUNE INFOGRAFICHE OFFRE UN QUADRO AGGIORNATO E COMPLETO A DECISORI, PROFESSIONISTI SANITARI, CITTADINI E MEDIA. AD OGGI L’EPIDEMIA APPARE CONFINATA IN CINA E LA SUA DIFFUSIONE NEL RESTO DEL MONDO È BEN CONTROLLATA: PER OGNI 1.000 CASI IN CINA, 8 NEL RESTO DEL MONDO DI CUI 1 IN EUROPA. SULL’AFFIDABILITÀ DEI NUMERI UFFICIALI PESANO PERÒ ALCUNE INCOGNITE: SOTTOSTIMA DEI CASI IN CINA, ASSENZA DI SEGNALAZIONI DALL’AFRICA PER MANCANZA DEI KIT DIAGNOSTICI, INQUIETANTE SILENZIO DAL SUD-AMERICA. CRUCIALE MANTENERE TUTTE LE MISURE DI MASSIMA PRECAUZIONE PERCHÈ LA TUTELA DELLA SALUTE VIENE PRIMA DI TUTTO.
11 febbraio 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
L’overdose d’informazioni sul coronavirus, spesso finalizzate alla ricerca della notizia a tutti i costi, distrae dai numeri confermati dalle istituzioni internazionali, oltre che dalle dinamiche di diffusione del virus, gli unici punti di riferimento per le decisioni di sanità pubblica e per l’informazione alla popolazione. Questa asimmetria informativa ha generato una dissociazione tra la minaccia reale dell’epidemia e la sua percezione pubblica, alimentata ogni giorno da notizie irrilevanti, allarmanti, incomplete o imprecise. A ciò si aggiungono anche le discordanti interpretazioni degli esperti di dati ed evidenze scientifiche che aumentano la disinformazione e disorientano la popolazione.
«Per tali ragioni – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE – abbiamo deciso di pubblicare le nostre analisi sui casi confermati con le relative infografiche per fornire a decisori, professionisti sanitari, cittadini e media un quadro sintetico e completo sui numeri dell’epidemia da coronavirus, che oggi non può essere etichettata come pandemia, visto che non si tratta di un’epidemia di dimensioni globali con focolai in vari paesi anche distanti tra loro».
La Fondazione GIMBE dal 27 gennaio alimenta un database con i dati pubblicati dal report quotidiano dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), integrati con alcuni dettagli del Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC) per ciò che riguarda l’Europa. «Al fine di facilitare la comunicazione per i non addetti ai lavori – spiega il Presidente – i dati sono stati aggregati per le principali aree geografiche, privilegiando la rilevanza per il nostro Paese rispetto ai dettagli analitici, per i quali si rimanda alle fonti originali». Al 10 febbraio 2020 l’OMS riporta i seguenti dati:
CASI CONFERMATI 40.554 così distribuiti:
- Cina: 40.235 casi (99,2% del totale) di cui:
- Provincia di Hubei: 29.631 casi (73,1% del totale)
- Province confinanti a Hubei: 4.234 casi (10,4% del totale)
- Altre province: 6.370 casi (15,7% del totale)
- Resto del mondo: 319 casi (0,8% del totale)
- Europa: 39 casi (0,1% del totale)
- Altri paesi: 280 casi (0,7% del totale), di cui la maggior parte nei paesi del Sud-Est asiatico (n. 143) e del Pacifico occidentale (n. 37), oltre che sulla nave Diamond Princess in quarantena al largo delle coste giapponesi (n.67).
«Questi numeri – spiega Cartabellotta – dimostrano che per ogni 1.000 casi confermati in Cina si conta 1 solo caso in Europa e 7 negli altri paesi quasi tutti vicini alla Cina. È evidente che l’affidabilità dei dati dell’OMS è condizionata da alcune incognite oggi non valutabili: verosimile sottostima dei casi in Cina, assenza di segnalazioni dall’Africa per la mancanza di kit diagnostici, silenzio totale dal Sud America».
910 DECESSI, di cui solo 1 fuori dalla Cina, nelle Filippine. «Il tasso grezzo di mortalità – precisa Cartabellotta – è del 2,2%, percentuale maggiore a quella dell’influenza stagionale in Italia, ma indubbiamente sovrastimata perché il numero dei casi in Cina potrebbe essere di gran lunga superiore».
39 CASI CONFERMATI IN EUROPA: Germania (n. 14), Francia (n. 11), Regno Unito (n. 4), Italia (n. 3), Spagna (n. 2), Belgio, Finlandia e Svezia (n. 1). I casi riportati dall’OMS includono anche i 2 della Russia che l’ECDC non conteggia tra quelli europei. 20 dei 39 casi confermati in Europa sono “importati”, ovvero diagnosticati in persone con recente storia di viaggi in Cina, mentre 12/14 in Germania, 5/6 casi in Francia e 2/4 nel Regno Unito sono classificati “contratti localmente”, ovvero in soggetti senza storia di viaggi in Cina. Al momento l’ECDC afferma che, grazie alle misure di contenimento adottate, il rischio di infezione per la popolazione europea rimane molto basso, ma sottolinea le numerose incertezze sulla trasmissione del virus e la verosimile sotto-rilevazione dei casi, in particolare quelli lievi o asintomatici.
«Ad oggi – conclude Cartabellotta – il numero e la distribuzione geografica dei casi accertati confermano che l’epidemia è contenuta in Cina, prevalentemente nella provincia di Hubei, e che la diffusione al resto del mondo è ben controllata, in particolare in Europa dove la “cintura di sicurezza” sta funzionando adeguatamente. Tuttavia, se i dati attestano che non esiste alcun motivo di allarme in Europa e in Italia, le numerose incertezze supportano sia la scelta politica della massima precauzione per tutelare la salute delle persone, sia la necessità per i cittadini di seguire le raccomandazioni del Ministero della Salute, diffidando delle notizie sensazionalistiche perché la paura individuale può alimentare il panico collettivo, oggi molto più pericoloso del coronavirus».
Tutte le infografiche GIMBE sono disponibili a: www.gimbe.org/coronavirus.
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3 febbraio 2020
Overdose di notizie e giostra dei numeri: virus del panico più pericoloso del coronavirus
COMUNICATO STAMPA
OVERDOSE DI NOTIZIE E GIOSTRA DEI NUMERI:
VIRUS DEL PANICO PIÙ PERICOLOSO DEL CORONAVIRUS
LA FONDAZIONE GIMBE CHIEDE AL MINISTRO SPERANZA DI POTENZIARE L’INFORMAZIONE ISTITUZIONALE E CEMENTARE UN PATTO CON ESPERTI E MEDIA AL FINE DI PREVENIRE INUTILI ALLARMISMI PERCHÉ L’IMPATTO DEL PANICO SULLA SANITÀ PUBBLICA RISCHIA DI ESSERE MOLTO PIÙ GRAVE DELL’EPIDEMIA DI CORONAVIRUS, AL MOMENTO BEN CONTROLLATA DALLE MISURE IN VIGORE.
IL PAESE DEVE FARE SQUADRA PER EVITARE CHE INFORMAZIONI FALSE, IMPRECISE E INCOMPLETE OSCURINO LA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE, AMPLIFICANDO DISINFORMAZIONE E PAURA. INTANTO L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ LANCIA L’ALLARME INFODEMIA.
3 febbraio 2020 - Fondazione GIMBE, Bologna
Qual è il numero degli infetti dal nuovo coronavirus? Quanti i morti? Come e da chi si trasmette il virus? Quali sono le misure di prevenzione efficaci? Esiste una terapia? Quando arriverà il vaccino? Tutti alla ricerca spasmodica di informazioni, ma pochi in grado di identificare le ragionevoli certezze in un oceano di fake news in continua espansione, anche per le voci di esperti improvvisati che forniscono ai media informazioni parziali, inaccurate o sensazionalistiche. La diffusione incontrollata delle notizie sui social media amplifica la narrativa della paura, promuove la voce dei fatalisti e alimenta le strumentalizzazioni politiche, innescando un circolo vizioso: più la narrativa si diffonde, maggiore è la richiesta di copertura mediatica e minore la competenza degli esperti coinvolti. E visto che le paure individuali rischiano di trasformarsi in panico collettivo, ieri l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato l’allarme “infodemia” mettendo in guardia dall’eccesso d’informazioni, non sempre accurate, che rende molto difficile alle persone reperire fonti affidabili quando ne hanno bisogno.
«Nell’ultima settimana – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – in particolare dopo la conferma dei due casi in Italia, la popolazione è sempre di più dedita ad uno zapping compulsivo che assorbe informazioni dal web, dalle dichiarazioni spesso contraddittorie di esperti, dai titoli allarmistici di testate giornalistiche, dai social media, sino ai gruppi WhatsApp. E le informazioni false, imprecise e incomplete indeboliscono, sino ad oscurare, la già difficile comunicazione istituzionale».
Quanto sappiamo è che il nuovo coronavirus, a fronte di una elevata contagiosità, ha una mortalità di poco superiore alla normale influenza, malattia che paradossalmente sembra non spaventare affatto, a giudicare dalla bassissima copertura della vaccinazione anti-influenzale in Italia, in particolare nelle fasce a rischio. «È evidente – puntualizza il Presidente – che la distanza tra la minaccia reale e quella percepita genera due focolai diversi: il primo è quello del nuovo coronavirus, il secondo quello delle fake news, la cui velocità di diffusione è di gran lunga superiore».
Peraltro le evidenze scientifiche sono ancora esigue: in data odierna, utilizzando la parola chiave “coronavirus”, a fronte di oltre 850 milioni di risultati restituiti da Google (il motore di ricerca più utilizzato), Pubmed (la principale banca dati biomedica) riporta solo 148 pubblicazioni di cui meno della metà relative al nuovo coronavirus: articoli divulgativi, ricerche di base di esclusivo interesse dei ricercatori, pochi studi clinici che descrivono le caratteristiche di pazienti infetti nella zona di Whuan e segnalazioni, anche su casi singoli, delle modalità di trasmissione del virus.
«L’abisso tra evidenze scientifiche e impatto mediatico – spiega Cartabellotta – dimostra che siamo di fronte al primo scenario di comunicazione sociale in cui un’epidemia convive con la potenza di Internet e la viralità dei social media. Nel novembre 2002, ad esempio, la SARS si muoveva in un mondo senza Facebook e Twitter e il sovraccarico di informazioni tramite il web era di gran lunga inferiore». In tal senso Facebook, Google e Twitter si sono già mobilitate per mettere un freno alla disinformazione sul coronavirus.
«In queste circostanze – continua il Presidente – le responsabilità dei media sono enormi: titoli sensazionalistici sfidano, oscurandoli, i toni pacati delle comunicazioni istituzionali e generano ulteriore paura con il rischio di compromettere le misure di prevenzione della salute pubblica. Infatti, il dilagare della falsa narrativa sul coronavirus erode la fiducia nelle istituzioni, minaccia la comprensione pubblica dei rischi reali e può generare un utilizzo improprio dei servizi sanitari con conseguenze imprevedibili».
In un contesto in cui le evidenze sono ancora limitate, il quadro epidemiologico in continua evoluzione e il rischio di disinformazione elevatissimo, la Fondazione GIMBE invita a fidarsi solo di dati e raccomandazioni istituzionali: in Italia Ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità, a livello internazionale Organizzazione Mondiale della Sanità e il Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie. «Purtroppo – spiega il Presidente – la loro autorevolezza nel diffondere dati ed evidenze viene diluita “a dosi omeopatiche” nell’oceano di persone che comunicano in tempo reale con i loro smartphone».
Ecco perché la Fondazione GIMBE si appella al Ministro Speranza per mettere la comunicazione istituzionale al centro del piano di emergenza per il coronavirus, tramite interventi coordinati per potenziare la circolazione di notizie vere e arginare il più possibile quelle false, incerte e allarmistiche:
- Garantire l’aggiornamento costante delle informazioni sul sito del Ministero della Salute, in particolare nella sezione delle FAQ, diversificandole per operatori sanitari e cittadini e mantenendole perfettamente allineate con quelle dell’Istituto Superiore di Sanità.
- Standardizzare le modalità per diffondere tali informazioni a Regioni, ASL e cittadini.
- Istituire un bollettino ufficiale del Ministero della Salute da diffondere quotidianamente su tutti i canali: web, social media, reti televisive e stampa.
- Richiamare i giornalisti alla propria deontologia professionale al fine di evitare titoli sensazionalistici e ingiustificati e limitare la pubblicazione di notizie superflue, ma allarmanti.
- Fare appello alla scienza e coscienza degli esperti che devono evitare da un lato di occultare evidenze in grado di tranquillizzare la popolazione, dall’altro arginare i proclami su scoperte scientifiche senza immediato beneficio per la comunità, ma soprattutto astenersi dalla comunicazione pubblica se non adeguatamente informati sul tema.
- Invitare tutti al buon senso, per far circolare sui social media esclusivamente informazioni istituzionali, evitando di amplificare in maniera virale quelle francamente distorte o false.
«In questo momento di paura e disorientamento – conclude Cartabellotta – la popolazione deve ricevere solo informazioni valide e aggiornate e il Paese deve fare squadra per evitare che il panico collettivo, faccia più danni del coronavirus. Oggi, infatti, il vero rischio è che persone con banali sintomi influenzali, terrorizzate da una “malattia killer” mandino in tilt pronto soccorsi e ospedali, già messi a dura prova come ogni anno dall’influenza stagionale».
Coronavirus: fonti raccomandate
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20 gennaio 2020
Medici in corsia sino a 70 anni: a rischio la sicurezza dei pazienti
PER FRONTEGGIARE LA CARENZA DI PERSONALE IL PATTO PER LA SALUTE 2019-2021 HA PREVISTO LA POSSIBILITÀ PER I MEDICI OSPEDALIERI DI RIMANERE IN CORSIA SINO A 70 ANNI. TUTTAVIA, CONSISTENTI EVIDENZE SCIENTIFICHE DIMOSTRANO CHE QUESTA MISURA RISCHIA DI RIDURRE LA SICUREZZA DEI PAZIENTI E LA QUALITÀ DELL’ASSISTENZA E DI AUMENTARE IL CONTENZIOSO MEDICO-LEGALE. CONSIDERATO CHE QUESTA MISURA DI EMERGENZA DOVREBBE ESSERE CONTENUTA IN UN EMENDAMENTO AD HOC AL MILLEPROROGHE, LA FONDAZIONE GIMBE LANCIA UN APPELLO AL MINISTRO SPERANZA PER INSERIRE NEL TESTO L’OBBLIGO DI UNA PROCEDURA NAZIONALE STANDARDIZZATA PER VALUTARE LE PERFORMANCE FISICHE E COGNITIVE DEI MEDICI CHE OFFRIRANNO LA LORO DISPONIBILITÀ A RIMANERE IN CORSIA SINO A 70 ANNI.
Il Patto per la Salute 2019-2021, approvato lo scorso dicembre da Governo e Regioni, contiene una sezione (Scheda 3. Risorse umane) dedicata a varie misure volte a fronteggiare la carenza di medici e altri professionisti sanitari. Tra gli interventi in grado di garantire un tamponamento immediato dell’emergenza la facoltà, sino al 31 dicembre 2022, per i “medici specialisti, su base volontaria e per esigenze dell’azienda o dell’ente di appartenenza, di permanere in servizio anche oltre il limite di 40 anni di servizio effettivo […] e comunque non oltre il 70° anno di età.”. Secondo le stime del Ministero della Salute sarebbero almeno 10.000 i medici potenzialmente interessati a questa misura, fortemente criticata da ANAAO, il sindacato più rappresentativo dei medici ospedalieri, anche perché l’attuale età media dei medici in servizio è già tra le più elevate d’Europa.
Al fine di trasformare gli intenti contenuti nel Patto in provvedimenti normativi e accelerarne l’entrata in vigore, le Regioni hanno già chiesto al Ministro Speranza specifici emendamenti al decreto Milleproroghe che possono essere presentati entro le 15 di oggi, 20 gennaio, anche al fine di allineare l’età di uscita dei dirigenti medici a quella dei medici universitari, dei medici di medicina generale e dei pediatri di famiglia, i quali possono già rimanere in servizio sino a 70 anni.
«Se è certo che tale misura non avrà alcun impatto sulla finanza pubblica – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – spiace constatare che, a dispetto della legge 24/2017 sulla sicurezza delle cure, il dibattito non ha tenuto conto né dei potenziali rischi per i pazienti, né il fatto che i dati di letteratura sulla relazione tra età dei medici e performance professionali sono contrastanti, quando non decisamente allarmanti».
Ad esempio, una revisione sistematica sulla relazione tra qualità dell’assistenza ed anni di carriera condotta su 62 studi e oltre 33.000 medici ha dimostrato che in 15 (25%) degli studi inclusi i medici più anziani hanno performance analoghe o migliori dei più giovani, ma in 32 studi (52%) i medici a fine carriera hanno minori conoscenze cliniche, aderiscono meno alle raccomandazioni delle linee guida ed hanno performance peggiori sull’appropriatezza dei processi preventivi, diagnostici e terapeutici.
«Più in generale – spiega Cartabellotta – anche se i medici sono più resilienti al decadimento fisico e cognitivo legato all’età, robuste evidenze scientifiche dimostrano che con l’aumentare degli anni apportano al contempo benefici e rischi sia ai pazienti, sia all’organizzazione sanitaria». Infatti, se da un lato la cosiddetta “intelligenza cristallizzata”, ovvero la capacità di utilizzare rapidamente conoscenze, abilità ed esperienze acquisite, aumenta dai 40 ai 70 anni, dall’altro l’“intelligenza fluida”, che include bisogno di aggiornamento, velocità di elaborazione dei dati e risoluzione di scenari clinici e problemi insoliti, inizia a declinare molto lentamente a partire dai 40 anni, per ridursi drasticamente dopo i 60-65 anni. Infine, accanto al fisiologico declino cognitivo, gli studi epidemiologici documentano che la malattia di Alzheimer in fase precoce, le patologie cerebro-vascolari silenti ed altre condizioni asintomatiche compromettono un numero sempre crescente di persone, medici inclusi, limitando la consapevolezza dei loro limiti cognitivi.
«Di conseguenza – continua il Presidente – se da un lato va dato atto a Governo e Regioni di aver finalmente messo nero su bianco diverse misure integrate per affrontare la gravissima carenza di personale sanitario, dall’altro questa contromisura d’emergenza richiederebbe una valutazione psico-fisica standardizzata dei medici che intendono avvalersene, al fine di minimizzare i rischi per i pazienti, aumentare la sicurezza delle cure e ridurre il potenziale contenzioso medico-legale».
Peraltro, mentre in Italia la politica è pronta a sdoganare la permanenza dei medici in corsia sino al compimento dei 70 anni, il prestigioso Journal of American Medical Association (JAMA) nel fascicolo del 14 gennaio dedica ben 4 articoli su opportunità e sfide di valutare i medici anziani, sulla loro responsabilità nel mantenere la competence professionale con l’avanzare degli anni, sui risultati dell’utilizzo di una batteria di test neurocognitivi e, soprattutto, sulle best practice che tutti i sistemi sanitari dovrebbero utilizzare per valutare la competence professionale dei medici che hanno superato una certa età.
«Considerato che la sicurezza dei pazienti e la qualità delle cure vengono prima di tutto – conclude Cartabellotta – la Fondazione GIMBE chiede al Ministro Speranza di inserire nell’emendamento al Milleproroghe l’obbligo di una procedura nazionale standardizzata per valutare le performance fisiche e cognitive dei medici che offriranno la loro disponibilità a rimanere in corsia sino a 70 anni, oltre ad un potenziamento del monitoraggio degli eventi sentinella nelle strutture in cui lavoreranno questi professionisti. Esattamente come accade per i piloti che, per garantire la sicurezza dei voli, devono sottoporsi a visita medica almeno una volta l'anno, dopo i 60 anni devono farlo ogni sei mesi e a 65 anni devono improrogabilmente appendere la cloche al chiodo».
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14 gennaio 2020
Ipertensione in gravidanza: frequente e insidiosa, ma sottovalutata
I DISORDINI IPERTENSIVI IN GRAVIDANZA RAPPRESENTANO UN RILEVANTE PROBLEMA DI SALUTE PUBBLICA GESTITO ANCORA IN MANIERA FRAMMENTATA E SUBOTTIMALE, NONOSTANTE LA LORO FREQUENZA E IL RISCHIO DI PREECLAMPSIA CHE PUÒ ANCHE ESSERE FATALE. CRUCIALE IL COINVOLGIMENTO ATTIVO DEI MEDICI DI FAMIGLIA PER ATTUARE ADEGUATE STRATEGIE DI PREVENZIONE E MONITORAGGIO NEL POST PARTUM AL FINE DI RIDURRE IL RISCHIO CARDIOVASCOLARE FUTURO. DALLA FONDAZIONE GIMBE LA VERSIONE ITALIANA DELLE LINEE GUIDA NICE PER LA DIAGNOSI E TERAPIA DELL’IPERTENSIONE IN GRAVIDANZA PER L’AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE E L’INFORMAZIONE ALLE DONNE.
L’ipertensione arteriosa in gravidanza rappresenta un rilevante problema di salute pubblica per donne e neonati, sia per la frequenza (interessa circa il 10% delle donne gravide) sia per la gravità, in quanto – se non correttamente diagnosticata e trattata – può determinare gravi conseguenze per la donna (es. ictus, mortalità materna e aumento del rischio cardiovascolare) e per il neonato (es. basso peso alla nascita, necessità di cure intensive neonatali).
«Di questa patologia si parla relativamente poco – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – spesso affrontando solo la punta dell’iceberg, ovvero la preeclampsia, già nota come gestosi, che complica circa il 5% delle gravidanze». Per massimizzare l’efficacia delle strategie preventive, invece, bisogna prendere in considerazione sia l’ipertensione cronica (diagnosticata prima della gravidanza o entro la 20a settimana di gestazione), sia quella gravidanza-correlata che include ipertensione gestazionale e preeclampsia, condizione a volte fatale. Infatti, il Primo Rapporto sulla sorveglianza della mortalità materna documenta che i disordini ipertensivi della gravidanza sono al secondo posto tra le cause dirette di morte materna nel periodo 2006-2012 e al terzo posto nel periodo 2013-2017.
«Caratteristiche e storia naturale dell’ipertensione in gravidanza – dichiara Cartabellotta – dimostrano che questa condizione, spesso sottovalutata e la cui gestione va oltre il periodo della gravidanza, viene trattata esclusivamente dal team ginecologico. Al contrario, le cure primarie devono giocare un ruolo chiave nella prevenzione, nel trattamento di prima linea e nel monitoraggio in gravidanza e dopo il parto». I medici di famiglia, adeguatamente coinvolti, devono saper gestire adeguatamente questa condizione, ove opportuno indirizzare la donna verso l’assistenza specialistica e monitorarla nel post partum, perché i disturbi ipertensivi in gravidanza aumentano sia il rischio di ipertensione in gravidanze successive, sia quello di patologie cardiovascolari a lungo termine.
«In tal senso è indispensabile un approccio multidisciplinare condiviso tra cure primarie, assistenza specialistica e ospedaliera – continua il Presidente – guidato da percorsi diagnostico-terapeutici-assistenziali (PDTA) basati su linee guida di elevata qualità metodologica». Per tali ragioni la Fondazione GIMBE ha realizzato la sintesi in lingua italiana delle linee guida del National Institute for Health and Care Excellence (NICE), aggiornate a giugno 2019, già pubblicate nella sezione “Buone Pratiche” del Sistema Nazionale Linee Guida, gestito dall’Istituto Superiore di Sanità. Le linee guida NICE formulano raccomandazioni su vari aspetti: dal trattamento dell’ipertensione cronica e gestazionale alle strategie per la diagnosi precoce della preeclampsia e al suo trattamento, inclusa la definizione delle tempistiche di un eventuale parto pre-termine. Inoltre, le linee guida affrontano le conseguenze a lungo termine dell’ipertensione in gravidanza, stimando sia la loro prevalenza in future gravidanze, sia il rischio cardiovascolare complessivo nel corso della vita.
«Le linee guida – puntualizza il Presidente – enfatizzano la necessità di un’adeguata e completa informazione alla donna, con la quale vanno condivise sia le opzioni terapeutiche dell’ipertensione in gravidanza e nel post partum (anche per non compromettere l’allattamento al seno), sia le adeguate strategie di prevenzione per ridurre il rischio di morbilità cardiovascolare a lungo termine».
«Auspichiamo che la versione italiana di queste linee guida del NICE – conclude Cartabellotta – rappresenti un’autorevole base scientifica per la costruzione dei PDTA regionali e locali, per la sensibilizzazione e l’aggiornamento dei professionisti sanitari, oltre che per una corretta informazione delle donne gravide rispetto al rischio di insorgenza di ipertensione e delle sue conseguenze precoci e tardive, e di quelle già ipertese che intendono affrontare una gravidanza».
Le “Linee guida per la diagnosi e la terapia dell’ipertensione arteriosa in gravidanza” sono disponibili a: www.evidence.it/ipertensione-gravidanza.
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18 dicembre 2019
Manovra: per la Sanità ben € 8,5 miliardi dal 2020, ma niente risorse vincolate per il personale e lo sblocco dei nuovi LEA. Cala il silenzio sul finanziamento 2022
LA LEGGE DI BILANCIO ESCE DAL SENATO CON UN “PANIERE” MOLTO RICCO, SEMPRE CHE OGGI GOVERNO E REGIONI RIESCANO A SCRIVERE LA PAROLA FINE ALLA SAGA INFINITA DEL PATTO PER LA SALUTE SBLOCCANDO L’INCREMENTO DI € 3,5 MILIARDI DEL FABBISOGNO SANITARIO NAZIONALE. VA IN SOFFITTA IL SUPERTICKET, ARRIVANO € 2 MILIARDI IN 11 ANNI PER RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA E AMMODERNAMENTO TECNOLOGICO, € 879 MILIONI IN 4 ANNI PER DISABILITÀ E NON AUTOSUFFICIENZA E € 157 MILIONI PER OLTRE 1.200 CONTRATTI DI FORMAZIONE SPECIALISTICA. RIMANGONO NEL DIMENTICATOIO SIA LE RISORSE VINCOLATE PER RINNOVI CONTRATTUALI E SBLOCCO DEI NUOVI LEA, SIA LA DEFINIZIONE DEL FABBISOGNO SANITARIO NAZIONALE PER IL 2022.
18 dicembre 2019 - Fondazione GIMBE, Bologna
Dopo il via libera del Senato, la Fondazione GIMBE porta all’attenzione dell’opinione pubblica e della politica un’analisi indipendente delle misure sanitarie e socio-sanitarie contenute nella Legge di Bilancio 2020, al fine di fornire un contributo al dibattito parlamentare conclusivo, anche se difficilmente alla Camera potranno esserci modifiche prima del voto finale. «Fondamentale innanzitutto offrire un prospetto sulle cifre destinate alla sanità sino a fine legislatura – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – perché le dichiarazioni informali che si rincorrono su stampa, TV e social media riportano dati parziali e incompleti e si prestano a strumentalizzazioni politiche».
LEGGE DI BILANCIO 2020 |
MILIONI DI EURO |
||||
Stanziati |
2020 |
2021 |
2022 |
2023 |
|
Aumento del fabbisogno sanitario nazionale standard1 |
3.500 |
2.000 |
1.500 |
- |
|
Abolizione del superticket |
1.847 |
1852 |
554 |
554 |
554 |
Edilizia sanitaria e ammodernamento tecnologico |
2.0003 |
- |
- |
100 |
100 |
Fondo per la disabilità e la non autosufficienza |
829 |
29 |
200 |
300 |
300 |
Fondo per la non autosufficienza |
504 |
50 |
- |
- |
- |
Contratti di formazione specialistica (c. 271) |
79,95 |
5,4 |
10,9 |
16,5 |
22,1 |
Ulteriori contratti di formazione specialistica (c. 859) |
102 |
25 |
25 |
26 |
26 |
Assunzioni di medici INPS |
21,6 |
- |
7,2 |
7,2 |
7,2 |
Sperimentazione della farmacia dei servizi |
50,6 |
- |
25,3 |
25,3 |
- |
Altre misure |
33 |
- |
|||
1 Risorse assegnate dalla Legge di Bilancio 2019 e subordinate alla stipula del Patto per la Salute entro il 31/12/2019 2 L’importo incrementa il fabbisogno sanitario nazionale standard; nel 2020 agli € 185 milioni si aggiungono € 40 milioni del fondo per il superamento del superticket, assegnati dalla Legge di Bilancio 2018 3 Modalità di ripartizione: € 100 milioni per il 2022 e 2023 e € 200 milioni/anno dal 2024 al 2032 4 L’importo incrementa i € 571 milioni del fondo per la non autosufficienza (L. 296/2006) 5 L’importo include i € 25 milioni stanziati per il 2024 |
- Fabbisogno sanitario nazionale standard (FSN). Se il testo della Manovra non menziona gli incrementi previsti dal precedente Esecutivo con la Legge di Bilancio 2019, i € 3,5 miliardi per il 2020-2021 rimangono appesi alla stipula del nuovo Patto per la Salute che oggi auspicabilmente dovrebbe vedere la luce. «La Fondazione GIMBE – afferma il Presidente – oltre a lanciare un ultimo appello a Governo e Regioni per la stipula del Patto chiede di mettere nero su bianco il finanziamento per il 2022, su cui al momento la casella sta a zero euro».
- Abolizione del superticket. Dal 1° settembre 2020 sarà definitivamente abolito l’iniquo balzello applicato dalle Regioni per la compartecipazione alle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale. «Per garantire le coperture – spiega Cartabellotta – il FSN viene aumentato di € 185 milioni per il 2020 e di € 554 milioni annui a decorrere dal 2021. Per il 2020 vengono utilizzati ulteriori € 40 milioni del fondo per il superamento del superticket, stanziato dalla Legge di Bilancio 2018».
- Programma di edilizia sanitaria e ammodernamento tecnologico. € 2 miliardi in più per il programma pluriennale ma «si tratta di risorse – commenta il Presidente – “spalmate” su 11 anni: le Regioni infatti potranno disporre di € 100 milioni per il 2022 e 2023 e € 200 milioni/anno dal 2024 al 2032». A valere su tale programma anche i € 235,8 milioni destinati ad apparecchiature sanitarie per erogare prestazioni di competenza dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta. «Tuttavia non è chiaro se questo investimento attingerà da quanto già stanziato dalla precedente Legge di Bilancio – precisa Cartabellotta – perché in caso contrario l’importo totale non sarà disponibile prima del 2024».
- Disabilità e non autosufficienza. Istituito il fondo per la disabilità e non autosufficienza con una dotazione di € 29 milioni per il 2020, € 200 milioni per il 2021 e € 300 milioni dal 2022. «Tali risorse – spiega il Presidente – integrano i € 571 milioni del Fondo nazionale per la non autosufficienza a cui la manovra aggiunge € 50 milioni per il 2020».
- Contratti di formazione specialistica. Oltre alle risorse già previste dal testo arrivato in Senato, il comma 859 aggiunge ulteriori € 102 milioni. «Complessivamente – commenta Cartabellotta – si tratta di € 182 milioni che permetteranno di stipulare 1.217 contratti di formazione specialistica».
- Personale sanitario. La Manovra stabilizza i precari, grazie all’estensione della Legge Madia, e i ricercatori di IRCCS e Istituti Zooprofilattici, ma non prevede nessun finanziamento dedicato, a parte i medici INPS, al piano straordinario per le assunzioni più volte annunciato. Gli incrementi retributivi 2019-2021 per il personale dipendente e convenzionato del SSN (1,3% nel 2019, 1,9% nel 2020, 3,5% dal 2021) rimangono a carico dei bilanci regionali. «In altri termini – puntualizza il Presidente – la Manovra non prevede risorse vincolate e spetta alle Regioni reperirle dalla quota di riparto, grazie anche all’innalzamento del tetto di spesa dal 5% al 15% previsto dal Decreto fiscale».
- Nuovi LEA. Nonostante la bozza del Patto per la Salute preveda di completare l’approvazione del “decreto tariffe” per dare il via libera ai nomenclatori della specialistica ambulatoriale e della protesica, la Legge di Bilancio non stanzia risorse dedicate.
- Altre misure. La Manovra assegna ulteriori risorse per specifici obiettivi: osservatorio sulla formazione specialistica e definizione del fabbisogno di medici e professionisti sanitari (€ 21 milioni); disposizioni per l’acquisto di sostitutivi del latte materno (€ 7 milioni); ricerca sull’endometriosi (€ 4 milioni), rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza (€ 1 milione).
«Pur riconoscendo a Governo e Parlamento un grande impegno per rifinanziare la sanità pubblica – conclude Cartabellotta – le nostre analisi permettono di rivalutare, numeri alla mano, le recenti dichiarazioni del Premier Conte che ha espresso il desiderio di “sforare o sfiorare i 10 miliardi di investimenti sulla salute entro la fine della legislatura”. Infatti, se apparentemente le risorse assegnate dalla Legge di Bilancio 2020 ammontano ad oltre € 8,5 miliardi, bisogna anzitutto ricordare che i € 3,5 miliardi di incremento del FSN, già stanziati dal precedente Esecutivo, non sono formalmente inclusi nella Manovra. In secondo luogo, dei € 2 miliardi per il programma di ristrutturazione edilizia e ammodernamento tecnologico solo € 200 milioni saranno esigibili entro il 2023. Infine, mancano all’appello sia il FSN per il 2022, sia le risorse vincolate ai rinnovi contrattuali, al piano straordinario delle assunzioni per il personale e allo sblocco dei nuovi LEA, pilastri portanti per garantire quell’universalismo tanto caro al Ministro Speranza».
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10 dicembre 2019
Oltre 3,5 milioni di persone con BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva: puntare su prevenzione, diagnosi precoce e coinvolgimento dei pazienti
PER LA BPCO IN ITALIA PREVALENZA IN CONTINUO AUMENTO, OLTRE UN MILIONE/ANNO DI GIORNATE DI RICOVERO OSPEDALIERO E RILEVANTE IMPATTO ECONOMICO. INDISPENSABILE POTENZIARE LA DIAGNOSI PRECOCE E COINVOLGERE ATTIVAMENTE I PAZIENTI PER MIGLIORARE GLI STILI DI VITA ED AUMENTARE L’ADERENZA TERAPEUTICA. DALLA FONDAZIONE GIMBE LA VERSIONE ITALIANA DELLE LINEE GUIDA NICE PER LA DIAGNOSI E TERAPIA DELLA BPCO, CHE PUNTA SU 5 “PILASTRI”: STOP AL FUMO, PIANO PERSONALIZZATO DI SELF MANAGEMENT, VACCINAZIONE ANTI-PNEUMOCOCCICA E ANTINFLUENZALE, TRATTAMENTO DELLE COMORBIDITÀ E RIABILITAZIONE POLMONARE, SE INDICATA.
10 dicembre 2019 - Fondazione GIMBE, Bologna
La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è una malattia respiratoria caratterizzata da tosse, produzione di espettorato, difficoltà respiratorie (dispnea) e ridotta resistenza agli sforzi; è frequentemente associata a comorbidità e nelle forme più gravi evolve in enfisema polmonare e insufficienza respiratoria.
I principali fattori di rischio della BPCO sono il fumo di tabacco, quindi l’esposizione a fumi, polveri o irritanti chimici da inquinamento atmosferico, domestico e lavorativo e, in misura minore, le infezioni respiratorie croniche.
Secondo i dati ISTAT, in Italia la BPCO colpisce il 5,6% degli adulti (circa 3,5 milioni di persone) ed è responsabile del 55% dei decessi per malattie respiratorie. Tuttavia, la prevalenza della malattia è verosimilmente più elevata perché la BPCO viene spesso diagnosticata nelle fasi avanzate, spesso in occasione del ricovero ospedaliero per riacutizzazione, mentre le forme iniziali e lievi non vengono diagnosticate.
L’impatto economico complessivo della BPCO sul SSN è molto rilevante, sia per la durata di malattia, sia per il notevole impiego di risorse nelle fasi di riacutizzazione, gestite per lo più con ricoveri ospedalieri. Infatti, il Programma Nazionale Esiti (PNE) riporta per il 2017 un tasso grezzo di ospedalizzazione per BPCO dell’1,94 per mille, per un totale di 109.674 ricoveri ordinari e 3.394 in day hospital che, in base ai dati sulla degenza media del Rapporto annuale 2017 sull’attività di ricovero ospedaliero del Ministero della Salute, corrispondono ad oltre un milione di giornate di degenza ospedaliera. Il PNE documenta inoltre che i pazienti con BPCO riacutizzata hanno un tasso di mortalità a 30 giorni del 9,8% e del 13,45% di riammissioni ospedaliere a 30 giorni, per un totale di 73.222 ricoveri.
«A fronte dei dati nazionali – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – il PNE documenta notevoli differenze inter- ed intra-regionali relative a tassi di ospedalizzazione, riammissioni ospedaliere a 30 giorni e mortalità ospedaliera. Questo conferma indirettamente l’estrema variabilità della qualità dell’assistenza sia ospedaliera che territoriale». Ecco perché è indispensabile un approccio multidisciplinare condiviso tra assistenza specialistica e cure primarie, oltre a reti clinico-assistenziali integrate tra ospedale e territorio guidate da percorsi diagnostico-terapeutici-assistenziali (PDTA) che devono sempre essere basati su linee guida di elevata qualità metodologica.
Per tali ragioni la Fondazione GIMBE ha realizzato la sintesi in lingua italiana delle linee guida del National Institute for Health and Care Excellence (NICE), aggiornate al luglio 2019, che saranno inserite nella sezione “Buone Pratiche” del Sistema Nazionale Linee Guida, gestito dall’Istituto Superiore di Sanità. Le linee guida NICE, destinate prevalentemente ai professionisti delle cure primarie, in particolare a medici di medicina generale e infermieri, formulano raccomandazioni su vari aspetti della gestione della malattia: dalla diagnosi all’educazione e self management del paziente; dalla terapia inalatoria alla profilassi antibiotica; dall’ossigenoterapia ai criteri per la riduzione chirurgica del volume polmonare. Cinque i “pilastri” del trattamento della BPCO identificati dalla linea guida NICE, da considerare ad ogni visita di controllo ed offrire a tutti i pazienti, ove necessario:
- Prescrivere un trattamento e fornire supporto per smettere di fumare
- Condividere un piano personalizzato di self management
- Effettuare le vaccinazioni anti-pneumococcica ed antinfluenzale
- Prescrivere la riabilitazione polmonare, se indicata
- Ottimizzare la terapia delle comorbidità
«Fondamentali le raccomandazioni sul coinvolgimento del paziente – puntualizza Cartabellotta – che prevedono sia di fornire un set standardizzato di informazioni scritte, sia di predisporre un piano di azione per prevenire e gestire le riesacerbazioni». Infatti, le evidenze scientifiche dimostrano che, grazie a questi strumenti, i programmi di self management migliorano la qualità della vita e riducono le ospedalizzazioni.
«Auspichiamo che la versione italiana di questa linea guida del NICE – conclude Cartabellotta – rappresenti un’autorevole base scientifica sia per la costruzione dei PDTA regionali e locali, sia per l’aggiornamento dei professionisti sanitari, oltre che per una corretta informazione di pazienti, familiari e caregiver».
Le “Linee guida per la diagnosi e la terapia della broncopneumopatia cronica ostruttiva negli adulti” sono disponibili a: www.evidence.it/BPCO.
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3 dicembre 2019
Vaccinazione anti-pneumococcica in età pediatrica: il delicato equilibrio tra evidenze, epidemiologia e mercato
UN REPORT INDIPENDENTE DELLA FONDAZIONE GIMBE ANALIZZA SOTTO LA LENTE DELLA VALUE-BASED HEALTHCARE IL CASO DELLA VACCINAZIONE ANTI-PNEUMOCOCCICA IN ETÀ PEDIATRICA. PER GARANTIRE IL MASSIMO RITORNO IN TERMINI DI SALUTE DEL DENARO INVESTITO IN SANITÀ È INDISPENSABILE INTEGRARE LE MIGLIORI EVIDENZE SCIENTIFICHE CON I DATI EPIDEMIOLOGICI, ENTRAMBI IN CONTINUA EVOLUZIONE.
2 dicembre 2019 - Fondazione GIMBE, Bologna
Le malattie invasive batteriche (MIB) hanno un rilevante impatto clinico, organizzativo ed economico sul Servizio Sanitario Nazionale (SSN): lo pneumococco è l’agente più comune di MIB ed è causa delle malattie invasive pneumococciche (MIP), che includono patologie gravi quali meningite e sepsi, o meno gravi come polmoniti, infezioni delle alte vie respiratorie, otiti. Sono noti oltre 90 sierotipi diversi di pneumococco, solo alcuni dei quali sono contenuti nei due vaccini autorizzati per la vaccinazione in età pediatrica (PCV13 e PCV10), offerta gratuitamente dalle Regioni a tutti i nuovi nati.
«La vaccinazione anti-pneumococcica in età pediatrica – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – rappresenta un caso di studio concreto per verificare nel nostro Paese l’applicazione dei princìpi dell’evidence-based healthcare (EBHC), che prevede l’integrazione delle migliori evidenze nelle decisioni che riguardano la salute delle popolazioni e della value-based healthcare (VBHC), che mira ad ottenere il massimo risultato in termini di salute dalle risorse investite in sanità».
In Italia, nonostante la disponibilità di due vaccini registrati per l’età pediatrica, la scelta delle Regioni è caduta esclusivamente sul PCV13 in ragione della protezione verso un maggior numero di ceppi: una scelta che ha generato di fatto un regime monopolistico rilevato anche dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. «Nel 2018 la Regione Piemonte – spiega Cartabellotta – si è dissociata da questo “pensiero unico” innescando un vespaio di polemiche, strumentalizzazioni politiche oltre che una battaglia legale tra le due aziende produttrici culminata davanti al Consiglio di Stato».
La Fondazione GIMBE ha pubblicato un report indipendente per rispondere a due semplici domande che tutti i decisori dovrebbero porsi: tenendo conto delle evidenze scientifiche e dei dati epidemiologici, la più ampia copertura dei sierotipi del PCV13 rispetto al PCV10 giustifica le Regioni a non considerare equivalenti i due prodotti? Ovvero il potenziale mancato impatto sulle MIP legittima l’esclusione dalle gare del PCV10, con evidenti mancati risparmi dovuti al monopolio di mercato del PCV13?
Il report GIMBE contiene tutte le informazioni necessarie a decisori, professionisti e pazienti per effettuare scelte informate e consapevoli: dalla descrizione delle MIP al quadro normativo vigente; dai dati di sorveglianza nazionale delle MIP ai vaccini disponibili sul mercato; dalle prove di efficacia alle raccomandazioni nazionali e internazionali sulla scelta del vaccino; dall’analisi di evidenze sullo switch da PCV13 a PCV10 alle coperture vaccinali. Il report analizza tutti i documenti istituzionali sul tema, effettua una revisione sistematica della letteratura sulle prove di efficacia dei due vaccini, riporta le raccomandazioni formulate da istituzioni nazionali e internazionali ed analizza i casi di querelle giudiziaria tra le aziende produttrici.
In sintesi:
- Dal punto di vista teorico, e in misura marginale da evidenze di immunogenicità, la “miglior protezione disponibile” nei confronti dello pneumococco sembrerebbe offerta dal PCV13, che include tre sierotipi in più del PCV10. In altre parole, basandosi esclusivamente sul principio di precauzione, la scelta delle Regioni parrebbe obbligata. In realtà, il presupposto che i 3 sierotipi aggiuntivi del PCV13 riducano l’incidenza delle MIP non è dimostrato da studi testa a testa tra i due vaccini. Pertanto, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, l’efficacia di PCV10 e PCV13 nel ridurre l’overall burden delle MIP, secondo il recente statement dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, è assolutamente comparabile.
- La mancata corrispondenza tra numero di sierotipi aggiuntivi del PCV13 e prevenzione delle MIP è dovuta a numerosi fattori non sempre noti: variabile circolazione dei sierotipi; efficacia dei due vaccini per ciascun sierotipo; durata della protezione; protezione crociata (cross protection); capacità di indurre protezione indiretta (herd immunity); fenomeno del rimpiazzo (replacement) dei sierotipi; quadri clinici di MIP non sottoposti a sorveglianza o di difficile diagnosi eziologica.
- Sulla scelta del vaccino mancano prese di posizione nette da parte delle Istituzioni:
- Il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019 raccomanda “il raggiungimento della massima protezione possibile in relazione al profilo epidemiologico prevalente e alla diffusione dei ceppi”: se da un lato dunque raccomanda implicitamente il PCV13, dall’altro contestualizza la raccomandazione ai sierotipi circolanti.
- Il Ministero della Salute afferma che entrambi i vaccini sono sicuri ed efficaci nei confronti dei sierotipi riportati nelle specifiche schede tecniche; propone il concetto di ““accettabile vaccinoprofilassi”, che prevede la considerazione del contesto epidemiologico e il monitoraggio dei sierotipi circolanti; affida a Regioni e Province autonome sia la gestione dei capitolati destinati all’acquisto dei vaccini, sia la definizione dei criteri da inserire nei bandi di gara per l’approvvigionamento.
- L’AIFA continua a non prendere alcuna posizione.
- Il monitoraggio epidemiologico dei sierotipi circolanti è cruciale per l’EBHC, in quanto a parità di evidenze scientifiche, le Regioni potrebbero trovarsi ad effettuare scelte differenti: in particolare, la scelta del PCV10 deve essere giustificata da una condizione epidemiologica locale di assente o ridotta circolazione dei sierotipi 3 e 19A e accompagnata da un costante monitoraggio per eventuali azioni correttive della strategia vaccinale. Monitoraggio necessario anche per confermare la scelta del PCV13, perché indicazioni e strategia d’uso dei vaccini devono essere periodicamente rivalutate per aumentare il value for money.
- Qualsiasi forma di monopolio in sanità limita i controlli sul fornitore, aumenta i costi e riduce il ritorno in termini di salute del denaro investito. Di conseguenza, a fronte di una documentata bassa prevalenza dei sierotipi aggiuntivi del PCV13, la decisione di indire una gara tra i due prodotti concretizza l’applicazione dei princìpi della VBHC, permettendo attraverso la competizione di ridurre i costi di acquisto e reinvestire le risorse recuperate in altri interventi di sanità pubblica (es. fornitura gratuita di vaccino anti-meningococco, istituzione di anagrafe vaccinale regionale, etc.).
«La Fondazione GIMBE – conclude Cartabellotta – auspica che le analisi indipendenti del report rappresentino la base per un costruttivo confronto scientifico e di politica sanitaria che deve inevitabilmente tener conto sia delle numerose aree di incertezza sulla vaccinazione anti-pneumococco in età pediatrica, sia della variabilità che caratterizza questo batterio».
Il report dell’Osservatorio GIMBE “La vaccinazione anti-pneumococcica in età pediatrica” è disponibile a: http://www.gimbe.org/vaccinazione-antipneumococcica
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27 novembre 2019
Sanità: inaccettabili diseguaglianze regionali nell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza 2010-2017
L’ANALISI GIMBE ATTESTA UNA PERCENTUALE CUMULATIVA 2010-2017 DI ADEMPIMENTI REGIONALI AI LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA DEL 73,7% CON UNA FORBICE ESTREMAMENTE AMPIA: DAL 92,5% DELL’EMILIA ROMAGNA AL 53,9% DELLA CAMPANIA. OVVERO, SE I PUNTEGGI DELLA “GRIGLIA LEA” RAPPRESENTANO L’INDICATORE UFFICIALE PER MONITORARE L’EROGAZIONE DELLE PRESTAZIONI, NEL PERIODO 2010-2017 IL 26,3% DELLE RISORSE ASSEGNATE DALLO STATO ALLE REGIONI NON HA PRODOTTO SERVIZI PER I CITTADINI. GIMBE INVOCA UN RADICALE CAMBIO DI ROTTA PARALLELO ALL’IMPLEMENTAZIONE DEL NUOVO SISTEMA DI GARANZIA CHE DAL 2020 SOSTITUIRÀ LA GRIGLIA LEA, PERCHÉ IL DIRITTO ALLA TUTELA DELLA SALUTE NON PUÒ PIÙ ESSERE LEGATO AL CAP DI RESIDENZA DELLE PERSONE.
27 novembre 2019 - Fondazione GIMBE, Bologna
Ogni anno il Ministero della Salute pubblica il documento “Monitoraggio dei LEA attraverso la cd. Griglia LEA” per verificare l’effettiva erogazione delle prestazioni sanitarie che le Regioni devono garantire ai cittadini. Per le Regioni considerate inadempienti e sottoposte a Piano di rientro, il Ministero della Salute prevede uno specifico affiancamento nell’ambito dei rispettivi programmi operativi.
«Il nostro Osservatorio – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – rileva ormai da anni che la griglia LEA si è progressivamente “appiattita” e non è uno strumento adeguato per verificare la reale erogazione delle prestazioni sanitarie e la loro effettiva esigibilità da parte dei cittadini». Infatti, le già modeste capacità dello strumento nel “catturare” gli inadempimenti per numero limitato di indicatori e modalità di rilevazione (autocertificazione delle Regioni) si sono progressivamente ridotte sia per la stabilità della griglia (indicatori e soglie non hanno subìto negli anni rilevanti variazioni e non vengono modificati dal 2015), sia per l’invarianza della soglia di adempimento (per essere “promosse” alle Regioni è sufficiente raggiungere 160/225 punti).
«In altre parole, dal 2008 – continua il Presidente – lo Stato certifica l’erogazione regionale delle prestazioni con uno strumento sempre meno adeguato per valutare la qualità dell’assistenza sanitaria. Infatti, a fronte dei risultati dell’ultimo monitoraggio (2017) che documenta un trend dei punteggi LEA in progressivo aumento dal 2012 e identifica come inadempienti solo Calabria e Campania, numerosi report indipendenti nazionali e internazionali attestano invece un peggioramento della qualità dell’assistenza, in particolare secondo la prospettiva del cittadino/paziente».
Considerato che Governo e Regioni sono impegnati nella stesura del nuovo Patto per la Salute, dove Piani di rientro e commissariamenti rappresentano uno dei nodi più critici da sciogliere, la Fondazione GIMBE rende disponibili i risultati preliminari dello studio “Adempimenti LEA 2008-2017” avviato con l’obiettivo di valutare le performance regionali negli ultimi 10 anni. Rispetto ai metodi:
- Sono stati analizzati i 10 monitoraggi annuali del Ministero della Salute pubblicati dal 2008 al 2017.
- Dal report preliminare sono stati esclusi gli anni 2008 e 2009 che richiedono analisi complesse attualmente in corso; pertanto, i risultati sono relativi al periodo 2010-2017, 8 anni durante i quali ciascuna Regione poteva raggiungere un punteggio massimo di 1.800.
- Utilizzando i dati regionali relativi a ciascun indicatore e la griglia di attribuzione dei punteggi disponibili nei monitoraggi ministeriali, sono stati calcolati per gli anni 2010-2016 i punteggi per le Regioni non sottoposte a verifica degli adempimenti (Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Valle D’Aosta, Province autonome di Trento e di Bolzano) e per tutte le Regioni per gli anni 2010-2011 per cui il Ministero non riporta il punteggio totale, ma solo lo status adempiente/non adempiente.
- Le “percentuali di adempimento” delle 21 Regioni e Province autonome sono state calcolate come rapporto tra punteggio cumulativo ottenuto nel periodo 2010-2017 e punteggio massimo raggiungibile.
- Non sono stati considerati criteri e soglie per rinviare le Regioni al Piano di rientro, sia perché modificate nel tempo, sia per evitare bias di interpretazione.
- La classifica finale è stata elaborata secondo le percentuali cumulative di adempimento 2010-2017 e suddivisa, attraverso la definizione dei quartili, in quattro gruppi.
Dall’analisi degli adempimenti LEA 2010-2017 (tabella) è possibile trarre alcune considerazioni:
- La percentuale cumulativa di adempimento delle Regioni è del 73,7% (range 53,9-92,2%): in altri termini, se i punteggi rappresentano l’indicatore ufficiale per monitorare l’erogazione dei LEA, il 26,3% (range 7,8-46,1%) delle risorse assegnate dallo Stato alle Regioni nel 2010-2017 non ha prodotto servizi per i cittadini. Interessante rilevare che la percentuale di mancato adempimento relativa al 2017 (18,7%) è simile alla stima di sprechi e inefficienze (19%) dell’ultimo Rapporto GIMBE sulla sostenibilità del SSN.
- Il trend 2010-2017 documenta un aumento progressivo della percentuale di adempimento: dal 64,1% del 2010 all’81,3% del 2017, un miglioramento inevitabilmente sovrastimato per il fenomeno di “appiattimento” della griglia LEA sopra descritto.
- Regioni e Province autonome non sottoposte a verifica degli adempimenti hanno performance peggiori di quelle sottoposte a verifica, ma con trend di miglioramento molto differenti: in particolare, se Friuli-Venezia Giulia e Provincia autonoma di Trento hanno raggiunto elevate percentuali di adempimento, le performance di Valle D’Aosta e soprattutto di Sardegna e Provincia autonoma di Bolzano sono allineate a quelle delle Regioni in Piano di rientro.
- Solo 11 Regioni superano la soglia di adempimento cumulativo del 75% e, ad eccezione della Basilicata, sono tutte situate al Centro-Nord, confermando sia la “questione meridionale” in sanità, sia la sostanziale inefficacia dei Piani di rientro nel migliorare l’erogazione dei LEA.
«Questa valutazione pluriennale – commenta Cartabellotta – fornisce numerosi spunti per definire le regole di implementazione del Nuovo Sistema di Garanzia che, salvo ulteriori ritardi, dovrebbe mandare in soffitta la griglia LEA dal gennaio 2020». Infatti, se il nuovo strumento è stato sviluppato per meglio documentare gli adempimenti regionali, oltre a mettere in atto strategie per prevenirne il progressivo “appiattimento”, è necessario utilizzarlo per rivedere interamente le modalità di attuazione dei Piani di rientro e permettere al Ministero di effettuare “interventi chirurgici” selettivi sia per struttura, sia per indicatore, evitando di paralizzare con lo strumento del commissariamento l’intera Regione.
«In un momento storico per il SSN – conclude Cartabellotta – in cui il Ministro Speranza ha ripetutamente dichiarato che l’articolo 32 è il faro del suo programma di Governo, i dati del nostro report parlano chiaro. Senza una nuova stagione di collaborazione politica tra Governo e Regioni e un radicale cambio di rotta per monitorare l’erogazione dei LEA, sarà impossibile ridurre diseguaglianze e mobilità sanitaria e il diritto alla tutela della salute continuerà ad essere legato al CAP di residenza delle persone».
Tabella adempimenti LEA 2010-2017
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18 novembre 2019
Patto per la Salute: stop al braccio di ferro tra Governo e Regioni perché la Sanità rischia di perdere 3,5 miliardi
LA FONDAZIONE GIMBE ESORTA GOVERNO E REGIONI A SIGLARE AL PIÙ PRESTO IL PATTO PER LA SALUTE, AL QUALE SONO LEGATE LE RISORSE ASSEGNATE ALLA SANITÀ PER IL 2020-2021. DA 11 MESI DI STERILE CONFRONTO ISTITUZIONALE EMERGONO L’ETERNO CONFLITTO GOVERNO-REGIONI, INTERESSI DELLE REGIONI SEMPRE PIÙ CONFLITTUALI E LA PREOCCUPAZIONE DEL MEF PER LA TENUTA DEI CONTI. FATTI E DATI DIMOSTRANO, IN OGNI CASO, CHE È TEMPO DI MANDARE IN SOFFITTA UNO STRUMENTO FALLIMENTARE DI PROGRAMMAZIONE SANITARIA E TERRENO DI CONTINUO SCONTRO POLITICO A CUI NON PUÒ ESSERE AFFIDATA LA TUTELA DELLA SALUTE.
18 novembre 2019 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il Patto per la Salute è l’accordo finanziario e programmatico tra Governo e Regioni per la gestione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), la cui stipula costituisce quest’anno per la prima volta conditio sine qua non per garantire l’incremento di risorse per la sanità pubblica (€ 2 miliardi nel 2020 e ulteriori € 1,5 miliardi nel 2021) come sancito dall’ultima Legge di Bilancio. La scadenza per la stipula del Patto, fissata al 31 marzo 2019, è poi slittata al 31 dicembre.
«Bisogna avere l’onestà intellettuale e politica di riconoscere – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – che il Patto per la Salute è uno strumento anacronistico per varie ragioni. Innanzitutto, l’arco temporale di riferimento (3 anni) è troppo breve; in secondo luogo, la sua durata reale è sempre inferiore a quanto programmato e l’obiettivo di rinnovarlo ogni tre anni viene spesso disatteso per la scadenza dei mandati elettorali; infine, non essendo di fatto sottoposto ad alcun monitoraggio, finisce per avere un impatto residuale sull’organizzazione dei servizi sanitarie sostanzialmente nullo sulla salute delle persone, perché la maggior parte delle misure concordate rimangono inattuate».
L’analisi indipendente della Fondazione GIMBE (box) dimostra che Governo e Regioni hanno bruciato quasi 11 mesi senza una tabella di marcia ben definita e con continui cambi di rotta, senza riuscire a siglare un Patto che per la prima volta condiziona l’incremento delle risorse che, se dovessero malauguratamente andare in fumo, farebbero precipitare nel baratro il SSN.
«I fatti documentano senza appello – spiega il Presidente – che il Patto per la Salute non è che un terreno di acceso scontro politico, non solo per la storica difficoltà di sintonizzare le priorità di Governo e Regioni, ma soprattutto per l’impossibilità di allineare sulla salute delle persone gli interessi divergenti e conflittuali delle varie Regioni. Infatti, gli orientamenti partitici, le istanze di regionalismo differenziato, l’incolmabile gap Nord-Sud e la variabile penetrazione del privato accreditato rendono impossibili accordi unanimi, facendo largo a compromessi e mediazioni. Infine, dopo l’abolizione della clausola di salvaguardia finanziaria fortemente voluta dai Ministri Grillo e Speranza, l’occhio vigile del MEF vuole evitare che alcuni accordi mettano a rischio l’equilibrio finanziario delle Regioni».
Per tali ragioni la Fondazione GIMBE esorta Governo e Regioni a:
- Siglare al più presto e senza ulteriori indugi il Patto per la Salute: i tempi sono ormai strettissimi e la posta in gioco è troppo alta.
- Modificare l’orizzonte temporale del Patto per la Salute 2019-2021 in 2020-2022, allineandolo a quello della Legge di Bilancio 2020, al fine di assegnare anche le risorse per il 2022.
- Avviare una riflessione costruttiva sulla necessità di una profonda revisione del Patto per la Salute, ripartendo dalla denominazione anacronistica, dai contenuti inappropriati, visto che si tratta di un contenitore di volta in volta riempito in maniera strumentale, dall’orizzonte temporale troppo breve per una adeguata programmazione sanitaria, dalle inesistenti modalità di monitoraggio e verifica.
«Non è più accettabile – conclude Cartabellotta – affidare la tutela della salute ad un documento che, a dispetto della denominazione, configura un terreno di continuo scontro politico, alimenta compromessi sempre più al ribasso delegittimando le Istituzioni ed è di provata inefficacia sulla sanità e soprattutto sulla salute. Per non parlare delle conseguenze che vengono scaricate, oltre che su aziende sanitarie e professionisti, su pazienti e famiglie delle fasce socio-economiche più deboli, in particolare al Centro-Sud, rendendo evanescente il ruolo della Repubblica, che dovrebbe tutelare la nostra salute proprio tramite una leale collaborazione Governo-Regioni».
Verso la stipula del Patto per la Salute 2019-2021: cronistoria di un’odissea |
1 gennaio - 5 settembre 2019: Ministro Giulia Grillo
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Dal 5 settembre a oggi: Ministro Roberto Speranza.
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11 novembre 2019
GIMBE: nasce l’Osservatorio mondiale sulle evidenze scientifiche per il futuro della ricerca e della sanità
PER UNA RICERCA REALMENTE FINALIZZATA A MIGLIORARE LA SALUTE DELLE PERSONE E LA SOSTENIBILITÀ DEI SISTEMI SANITARI, LA FONDAZIONE GIMBE HA LANCIATO IL PROGETTO “GLOBEE”. L’OBIETTIVO È MONITORARE PUBBLICAZIONE, IMPLEMENTAZIONE E IMPATTO DEGLI STANDARD INTERNAZIONALI REALIZZATI PER OTTIMIZZARE PRODUZIONE, SINTESI E TRASFERIMENTO DELLE EVIDENZE SCIENTIFICHE ALLA PRATICA PROFESSIONALE, ALLE POLITICHE SANITARIE E ALLE SCELTE DEI PAZIENTI.
11 novembre 2019 - Fondazione GIMBE, Bologna
La 9a edizione della International Conference for Evidence-based Healthcare Teachers and Developers, (Taormina, 6-9 novembre 2019) organizzata dalla Fondazione GIMBE, ha riunito in Italia oltre 200 tra i massimi esperti mondiali provenienti da 33 paesi di tutti i continenti per discutere delle sfide che deve affrontare l’ecosistema delle evidenze scientifiche.
«Analogamente agli ecosistemi presenti in natura – ha esordito Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE – l’ecosistema delle evidenze scientifiche è influenzato da tre componenti: gli esseri viventi, ovvero gli innumerevoli attori della sanità e della ricerca con le loro competizioni, collaborazioni e conflitti di interesse; i fattori ambientali, ossia le determinanti sociali, culturali economiche e politiche; la componente non vivente, ovvero le evidenze scientifiche attraverso i processi di produzione, sintesi e trasferimento alle decisioni professionali e di politica sanitaria e alle scelte di cittadini e pazienti».
«Al di là dei sofismi metodologici – ha ribadito il Presidente – il fine ultimo dell’evidence-based healthcare (EBHC) consiste nel migliorare la salute delle popolazioni, la sostenibilità dei servizi sanitari e le esperienze dei pazienti, integrando a tutti i livelli le migliori evidenze scientifiche nelle decisioni che riguardano la salute delle persone. Purtroppo, la produzione, la sintesi e il trasferimento delle evidenze scientifiche, i tre pilastri che reggono l’intero ecosistema, sono “erosi” da molteplici criticità e le loro interazioni non sono ben armonizzate». Cartabellotta, oltre a rilevare gli interessi commerciali che condizionano la ricerca, ha analizzato le criticità che oggi mettono in crisi l’intero movimento dell’EBHC:
- Produzione delle evidenze. Dalle innumerevoli aree di incertezza dove gli studi mancano o sono di scarsa qualità e/o conflittuali agli sprechi nella conduzione e pubblicazione della ricerca, classificati in 5 aree: definizione delle priorità; disegno, conduzione e analisi; regolamentazione e gestione; accessibilità; completezza e usabilità.
- Sintesi delle evidenze. Dalla proliferazione “epidemica” di inutili revisioni sistematiche prodotte solo per aumentare il numero di pubblicazioni, a linee guida metodologicamente inadeguate, spesso duplicate sulle stesse patologie/condizioni e incapaci di prendere in considerazione la multi-morbidità.
- Trasferimento delle evidenze. I consistenti gap tra le migliori evidenze disponibili e pratica professionale, politiche sanitarie e scelte dei pazienti condizionano negativamente la sostenibilità dei servizi sanitari, lo stato di salute delle popolazioni e le esperienze dei pazienti. Infatti, ingenti risorse vengono sprecate per sovra-utilizzo di interventi sanitari (farmaci, test diagnostici, dispositivi) inefficaci e inappropriati, sotto-utilizzo di quelli efficaci e appropriati e inadeguato coordinamento dell’assistenza, in particolare tra ospedale e cure primarie, determinando esiti di salute non ottimali e esperienze negative dei pazienti.
«Se è vero che negli ultimi 20 anni – ha spiegato Cartabellotta – la letteratura metodologica internazionale ha prodotto numerosi standard e strumenti per migliorare i processi di produzione, sintesi e implementazione delle evidenze, la loro qualità è molto variabile e non si conosce il loro impatto reale. Ma soprattutto, manca una visione globale sull’ecosistema delle evidenze scientifiche».
Ecco perché la Fondazione GIMBE ha lanciato il progetto GLOBEE (GLobal OBservatory on Ecosystem of Evidence), un osservatorio mondiale in cui saranno coinvolte tutte le organizzazioni internazionali impegnate nel migliorare i tre pilastri dell’ecosistema delle evidenze scientifiche «con l’obiettivo – ha spiegato il Presidente – di rilevare i bisogni, tracciare la pubblicazione e monitorare implementazione e impatto di tutti gli standard internazionali finalizzati a migliorare produzione, sintesi e trasferimento delle evidenze».
«I più autorevoli esperti mondiali nel campo dell’EBHC – conclude Cartabellotta – hanno espresso grande entusiasmo e massima disponibilità a collaborare con la Fondazione GIMBE per il lancio di GLOBEE. E soprattutto hanno condiviso che, in un momento caratterizzato dalla crisi dell’EBHC è indifferibile sia orientare al miglioramento della salute pubblica i processi di produzione e sintesi della ricerca, sia favorire un adeguato trasferimento delle migliori evidenze alla pratica professionale, alle politiche sanitarie ed alle decisioni di cittadini e pazienti».
La Fondazione GIMBE invita a manifestare il proprio interesse ad essere coinvolti nel progetto a: www.globee.online.
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5 novembre 2019
Manovra 2020: per la sanità luci e ombre, ma è buio pesto su personale e sblocco dei nuovi LEA
ANALISI GIMBE DEL TESTO DELLA LEGGE DI BILANCIO INVIATO ALLE CAMERE: IMPLICITAMENTE CONFERMATI I 3,5 MILIARDI DI AUMENTO DEL FABBISOGNO SANITARIO NAZIONALE PER IL 2020-2021, MA NESSUN CENNO ALLE RISORSE PER IL 2022. RILEVANTE INVESTIMENTO DI ULTERIORI € 2 MILIARDI PER EDILIZIA SANITARIA E AMMODERNAMENTO TECNOLOGICO, IN PARTE DESTINATI ALLA DOTAZIONE DI APPARECCHIATURE DEL MEDICO DI FAMIGLIA. BENE ELIMINAZIONE SUPERTICKET, MA PER GARANTIRE L’UNIVERSALISMO VOLUTO DAL MINISTRO SPERANZA, GOVERNO E PARLAMENTO DEVONO SBLOCCARE I NUOVI LEA. GRANDE ASSENTE DALLA MANOVRA IL RILANCIO DELLE POLITICHE PER IL PERSONALE SANITARIO, NONOSTANTE LE ENORMI CRITICITÀ CHE PARALIZZANO LA SANITÀ PUBBLICA.
5 novembre 2019 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il testo della Legge di Bilancio 2020 approda in Parlamento con buone nuove per la sanità pubblica: implicitamente confermati i € 3,5 miliardi di aumento del fabbisogno sanitario nazionale (FSN) standard per il biennio 2020-2021, eliminazione del superticket, aumento di € 2 miliardi per il programma di ristrutturazione edilizia e ammodernamento tecnologico, in parte destinati alla dotazione tecnologica dei medici di famiglia. Ma è realmente tutto oro quello che luccica? «Al fine di favorire il dibattito parlamentare – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – oltre che il confronto tra Governo e Regioni al fine della stipula del Patto per la Salute, la Fondazione GIMBE ha realizzato un’analisi indipendente degli investimenti previsti per la sanità nella Legge di Bilancio 2020». Dall’analisi sono escluse le misure finalizzate al recupero di risorse (rimodulazione detrazioni fiscali, sugar tax, accise tabacchi, etc.) che non necessariamente saranno reinvestite in sanità.
Fabbisogno sanitario nazionale (FSN) standard 2020-2022. Il testo della manovra non menziona gli aumenti previsti dalla Legge di Bilancio 2019, ovvero € 2 miliardi nel 2020 e € 1,5 miliardi nel 2021. «Un incremento di € 3,5 miliardi in due anni – puntualizza Cartabellotta – rappresenta un grande risultato, tenendo conto che nel periodo 2010-2019 il FSN è aumentato di soli € 8,8 miliardi». Tali risorse, tuttavia, rimangono appese al filo del Patto per la Salute 2019-2021 la cui stipula, con scadenza slittata dal 31 marzo al 31 dicembre, sembra ancora in alto mare: il MEF è infatti molto scettico su due punti che hanno trovato la convergenza di Ministero della Salute e Regioni: il superamento di Piani di rientro e commissariamenti e la maggiore flessibilità dei tetti di spesa per il personale. «Oltre a sollecitare Governo e Regioni ad accelerare la stipula del Patto – rileva il Presidente – la Fondazione GIMBE chiede di mettere nero su bianco il finanziamento del FSN per il 2022 e richiamare esplicitamente gli incrementi 2020-2021».
Il testo della Legge di Bilancio 2020 prevede risorse finalizzate a specifici obiettivi:
- Eliminazione del superticket. Dal 1° settembre 2020 sarà abolito l’iniquo balzello applicato dalle Regioni per la compartecipazione alle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale. Per garantire le coperture il FSN standard viene aumentato di € 185 milioni per il 2020 e di € 554 milioni annui a decorrere dal 2021. «Il Ministro Speranza – commenta il Presidente – ha finalmente portato a casa un risultato storico per ridurre le diseguaglianze, anche se il processo di riduzione/eliminazione del superticket era già stato avviato da alcune Regioni».
- Programma di ristrutturazione edilizia e ammodernamento tecnologico. Aumenta di € 2 miliardi il fondo per il programma pluriennale. «Riconoscendo l’impegno del Governo – commenta Cartabellotta – è bene precisare che tali risorse non saranno immediatamente disponibili: ad esempio, i € 4 miliardi messi sullo stesso piatto dalla precedente Legge di Bilancio saranno distribuiti alle Regioni durante un arco temporale che si estende sino al 2033».
- Apparecchiature sanitarie dei medici di medicina generale. € 235,8 milioni del fondo per la ristrutturazione edilizia e l’ammodernamento tecnologico saranno destinati ad apparecchiature sanitarie per erogare prestazioni di competenza dei medici di medicina generale. «Si tratta – spiega il Presidente – di un segnale storico per il rilancio delle cure primarie nella gestione dei pazienti cronici, anche se l’efficacia di questo investimento per ridurre le liste di attesa è un’avvincente ipotesi tutta da dimostrare. Inoltre, per massimizzarne il ritorno, l’investimento dovrebbe essere accompagnato da misure normative, contrattuali, organizzative e formative. Infine, opportuno rilevare che rispetto ai test diagnostici di primo livello (elettrocardiogramma, spirometria, etc.), eseguibili in qualsiasi ambulatorio, gli innovativi sistemi di tele-assistenza, di per sé efficaci, rischiano di rimanere sottoutilizzati in assenza adeguate infrastrutture, formazione di professionisti e pazienti».
- Fondo per la disabilità e la non autosufficienza. Istituito per “finanziare interventi finalizzati al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alla disabilità”, prevede una dotazione di € 50 milioni per il 2020, € 200 milioni per il 2021 e € 300 milioni dal 2022. «Vista la parziale sovrapposizione nella denominazione – commenta Cartabellotta – sarebbe opportuno sia esplicitare che queste risorse vanno ad integrare il Fondo nazionale per la non autosufficienza che oggi ammonta a circa € 570 milioni, sia specificarne meglio la destinazione d’uso».
- Rinnovi contrattuali 2019-2021. L’art. 13 incrementa le risorse a carico dello Stato da destinare alla contrattazione collettiva nazionale per il triennio 2019-2021 con incrementi retributivi (1,3% nel 2019, 1,9% nel 2020, 3,5% dal 2021) per il personale della Pubblica Amministrazione. Invece, per il personale dipendente e convenzionato del SSN gli oneri rimangono carico dei bilanci delle relative amministrazioni ed enti. «Traducendo il politichese – puntualizza il Presidente – non esistono risorse dedicate per i rinnovi contrattuali del personale sanitario e le Regioni dovranno reperirle dal FSN».
I grandi assenti. Restano fuori dalla manovra alcune rilevanti priorità per la tenuta del SSN.
- Personale sanitario. A fronte del grave impoverimento del capitale umano della sanità pubblica, il testo della manovra non contiene alcun investimento dedicato né per i rinnovi contrattuali, né per lo sblocco del turnover secondo i parametri fissati dal Decreto Calabria, né prevede l’incremento del numero delle borse di specializzazione.
- Nuovi LEA. A quasi 3 anni dalla pubblicazione del DPCM 12 gennaio 2017 continua l’assordante silenzio sulla mancata esigibilità dei nuovi LEA: i nomenclatori tariffari relativi a specialistica e protesica restano “ostaggio” del MEF per mancata copertura finanziaria, impedendo l’esigibilità delle nuove prestazioni nella maggior parte delle Regioni. Le stime per la copertura oscillano tra € 800 milioni (Ragioneria Generale dello Stato) e € 1.600 milioni (Conferenza Regioni e Province autonome).
- Fondi per i farmaci innovativi. Nel testo della manovra non c’è traccia del rinnovo dei due fondi destinati a farmaci innovativi e innovativi oncologici, ciascuno di € 500 milioni. «Vero è – precisa Cartabellotta – che la Legge di Bilancio 2017 istituiva i fondi senza definirne alcuna scadenza, ma dopo il primo triennio è opportuno che la manovra metta nero su bianco la conferma con i relativi capitoli di bilancio (quota premiale vs FSN)».
«Nonostante il seducente vestito confezionato per la sanità – conclude Cartabellotta – il testo della Legge di Bilancio sbarca in Parlamento con incertezze e ambiguità. Dalla mancata esplicitazione dell’incremento del FSN per il 2020-2021 all’omessa definizione delle risorse per il 2022; dal silenzio sui fondi per i farmaci innovativi all’istituzione di un Fondo per “disabilità e non autosufficienza” senza precisare che integra quello esistente. Riguardo alla tutela dell’universalismo, grande merito al Ministro Speranza di aver definitivamente eliminato il superticket: tuttavia, visto che l’articolo 32 della Costituzione rappresenta il faro del suo programma è indispensabile che Governo e Parlamento lo supportino, vincolando almeno € 1 miliardo per sdoganare i “nuovi LEA” e soprattutto, concretizzando un rilancio delle politiche per il personale sanitario che non hanno diritto di cittadinanza nel testo della manovra».
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29 ottobre 2019
Agenzia Italiana del Farmaco: serve un cambio di rotta per designare chi gestisce oltre 29 miliardi l’anno
IN OCCASIONE DELLA PROSSIMA NOMINA DEL NUOVO DIRETTORE GENERALE DELL’AIFA, LA FONDAZIONE GIMBE CHIEDE AL MINISTRO SPERANZA DI RENDERE PUBBLICI SIA IL PROFILO DELLE COMPETENZE, SIA LE PROCEDURE E I CRITERI DI VALUTAZIONE UTILIZZATI PER SCEGLIERE UN PLENIPOTENZIARIO CHE DEVE GARANTIRE LA GOVERNANCE DEL FARMACO TRA INNOVAZIONE, ETICA E SOSTENIBILITÀ. GIMBE INVITA INOLTRE A PRENDERE ATTO CHE, DOPO 15 ANNI, È OPPORTUNO AVVIARE UNA DISCUSSIONE PIÙ AMPIA PER MODIFICARE IL REGOLAMENTO SU ORGANIZZAZIONE E FUNZIONAMENTO DELL'AIFA, INCLUSI I CRITERI DI NOMINA DEL DIRETTORE GENERALE.
29 ottobre 2019 - Fondazione GIMBE, Bologna
Il 24 ottobre il Ministero della Salute ha pubblicato un avviso pubblico per la manifestazione di interesse per l’incarico di direttore generale dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), certificando che il Ministro Speranza ha avviato lo spoils system che porterà alla sostituzione di Luca Li Bassi entro il prossimo 9 dicembre. Modalità che ricalcano quelle inaugurate dall’ex Ministra Giulia Grillo che pubblicò un identico avviso per sostituire l’allora direttore Mario Melazzini.
«Il direttore generale dell’AIFA – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – è una figura chiave per la sostenibilità e l’innovazione farmaceutica del Servizio Sanitario Nazionale: infatti se da un lato gestisce la quota di spesa sanitaria più elevata, visto che il mercato dei farmaci vale più di € 29 miliardi di cui oltre € 22 di spesa pubblica, dall’altro il Regolamento sull'organizzazione ed il funzionamento dell'AIFA (DM 245/2004) ne fa una figura plenipotenziaria che, oltre ai poteri di rappresentanza legale dell’Ente, mantiene tutti quelli di gestione e direzione delle attività».
Se la normativa prevede che sia il Ministro della Sanità a nominare il direttore generale dell’AIFA, «rispetto alla nomina fiduciaria – puntualizza Cartabellotta – l’avviso pubblico di manifestazione di interesse lanciato da Giulia Grillo è stato un primo passo verso la trasparenza, anche se la successiva procedura di selezione è stata assolutamente opaca». Infatti, prima della selezione è stato pubblicato solo il numero di richieste pervenute (93) e solo dopo la nomina di Luca Li Bassi sono stati resi noti i 3 esperti che hanno selezionato la rosa dei candidati più adatti al ruolo. Al contrario, i metodi con cui gli esperti hanno valutato i curricula e le motivazioni della decisione della Ministra Grillo di proporre Li Bassi alla Conferenza delle Regioni e Province autonome sono rimasti nell’ombra.
«Peraltro, a fronte dell’enorme complessità dell’AIFA – continua Cartabellotta – i requisiti richiesti per ricoprirne il ruolo di direttore generale sono troppo generici e non è mai stato definito un profilo di competenze specifiche». Infatti, l’art. 10 del DM 245/2004 indica criteri talmente minimalisti da lasciare massima discrezionalità nella scelta: diploma di laurea specialistica e, molto genericamente, “qualificata e documentata competenza ed esperienza sia sul piano tecnico-scientifico nel settore dei farmaci, sia in materia gestionale e manageriale”.
Un minimalismo che stride, ad esempio, con l’ultima call della Commissione Europea per la nomina del direttore esecutivo della European Medicines Agency (EMA), che include una descrizione molto analitica delle competenze richieste: dall’esperienza in funzione dirigenziale alle conoscenze tecniche, dalle capacità di comunicazione e negoziazione ai requisiti formali, sino ai criteri di indipendenza e conflitto di interessi. Ma soprattutto descrive minuziosamente il processo che porta alla selezione dei candidati e quindi alla nomina del direttore esecutivo da parte della Commissione Europea.
«Considerate le enormi criticità nella governance della spesa farmaceutica – precisa Cartabellotta – la delicata gestione dei rapporti con l’industria, l’indifferibile revisione del prontuario, l’esigenza di conciliare sostenibilità e innovazione, l’insolita “doppia veste” di agenzia regolatoria e di health technology assessment, la necessità di rilanciare l’informazione indipendente sui farmaci e di potenziare la ricerca indipendente, è indubbio che la selezione del direttore generale dell’AIFA debba avvenire su basi meritocratiche in assenza di conflitti di interesse». Ecco perché sarebbe opportuno rendere pubblici, prima della nomina, sia una descrizione analitica delle competenze richieste, sia le procedure e i criteri di valutazione che porteranno il Ministro alla scelta fiduciaria di una figura che nel 2018 ha gestito oltre € 22 miliardi di spesa pubblica.
«Certi che il Ministro Speranza – conclude Cartabellotta – sceglierà la figura più idonea, la Fondazione GIMBE da un lato chiede di rendere il processo di nomina più esplicito e trasparente, dall’altro rileva che il DM 245/2004 ha ormai fatto il suo tempo. Dopo 15 anni è dunque necessario avviare una discussione più ampia sulla necessità di modificarlo, in particolare rispetto alle modalità di conferimento dell’incarico di direttore generale, sia perché il ruolo dell’AIFA è profondamente mutato, sia perché la riforma degli enti vigilati è nell’agenda del nuovo Patto per la Salute».
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15 ottobre 2019
Un milione di pazienti con scompenso cardiaco: riorganizzare l’assistenza per ridurre ricoveri e mortalità
L’IDENTIKIT DELLO SCOMPENSO CARDIACO IN ITALIA DOCUMENTA UNA PREVALENZA IN CONTINUO AUMENTO, TASSI DI OSPEDALIZZAZIONE ALLE STELLE RISPETTO AD ALTRE MALATTIE CRONICHE, MORTALITÀ ELEVATA ED IMPATTO ECONOMICO MOLTO RILEVANTE. INDISPENSABILE SPOSTARE L’ASSE DELL’ASSISTENZA SUL TERRITORIO CON NUOVI MODELLI ORGANIZZATIVI CHE INTEGRANO TEAM SPECIALISTICI E DI CURE PRIMARIE, COINVOLGENDO ATTIVAMENTE I PAZIENTI PER AUMENTARE L’ADERENZA TERAPEUTICA E MIGLIORARE GLI STILI DI VITA. DALLA FONDAZIONE GIMBE LA VERSIONE ITALIANA DELLE LINEE GUIDA NICE PER LA DIAGNOSI E TERAPIA DELLO SCOMPENSO CARDIACO CRONICO DESTINATE A MEDICI DI FAMIGLIA, INFERMIERI, OLTRE CHE A PAZIENTI FAMILIARI E CAREGIVER.
15 ottobre 2019 - Fondazione GIMBE, Bologna
Lo scompenso cardiaco cronico costituisce un problema di salute pubblica sempre più rilevante perché, a causa dell’invecchiamento della popolazione e dei progressi terapeutici nell’ambito delle malattie cardiovascolari, il numero dei malati è in costante aumento. In Italia si stimano circa 1 milione di pazienti con scompenso cardiaco, pari all’1,7% della popolazione, con circa 90.000 nuovi casi all’anno. La prevalenza della malattia aumenta di circa il 2% per ogni decade di età sino a raggiungere almeno il 10% nei pazienti over 70. Lo scompenso cardiaco cronico è gravato da un elevato tasso di mortalità: circa il 10% dei pazienti muore in occasione del primo ricovero ospedaliero, oltre il 25% decede entro un anno dalla diagnosi e circa la metà entro 5 anni; inoltre, quasi il 60% viene re-ospedalizzato entro un anno dal primo ricovero.
Secondo il Rapporto annuale 2017 sull’attività di ricovero ospedaliero del Ministero della Salute, lo scompenso cardiaco è la prima causa di ricovero per malattie non chirurgiche: 176.254 dimissioni con una degenza media di 9,2 giorni, un totale di 1.626.769 giornate di degenza e una remunerazione teorica di oltre € 527 milioni. A questi si aggiungono 6.331 ricoveri in regime di riabilitazione con una degenza media di 19,9 giorni, un totale di 131.956 giorni di ricovero e 14.638 accessi in regime diurno. Il tasso di ospedalizzazione è di gran lunga superiore a quello di tutte le altre malattie croniche: 312 per 100.000 abitanti nei pazienti maggiorenni e 1.052 per 100.000 abitanti negli over 65, con ampie variabilità regionali che documentano una notevole eterogeneità della presa in carico territoriale.
L’impatto economico della malattia è enorme: secondo i dati dell’Osservatorio ARNO pubblicati nel 2015 un paziente con scompenso cardiaco costa quasi € 12.000 euro l’anno di cui l’85% assorbito dal ricovero ospedaliero, il 10% dai farmaci e il 5% dalle prestazioni specialistiche.
«I dati del Programma Nazionale Esiti – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – documentano in questi pazienti range molto ampi dei tassi di re-ospedalizzazione e della mortalità a 30 giorni, confermando indirettamente l’estrema variabilità della qualità dell’assistenza sia ospedaliera che territoriale. Ecco perché è indispensabile sia un approccio multidisciplinare condiviso tra assistenza specialistica e cure primarie, sia reti clinico-assistenziali integrate tra ospedale e territorio guidate da percorsi diagnostico-terapeutici-assistenziali (PDTA) che devono sempre essere basati su linee guida di elevata qualità metodologica».
Per tali ragioni la Fondazione GIMBE ha realizzato la sintesi in lingua italiana delle linee guida del National Institute for Health and Care Excellence (NICE), aggiornate al settembre 2018, che saranno inserite nella sezione “Buone Pratiche” del Sistema Nazionale Linee Guida, gestito dall’Istituto Superiore di Sanità. Le linee guida NICE sono destinate prevalentemente ai professionisti delle cure primarie, in particolare a medici di medicina generale e infermieri, formulando raccomandazioni su vari aspetti della gestione della malattia: diagnosi, approccio multidisciplinare, sviluppo del piano assistenziale, terapia farmacologica, monitoraggio dei pazienti, consigli su stili di vita e programmi di riabilitazione, sino alle cure palliative. Le linee guida sono corredate di due flow chart per guidare l’approccio diagnostico e quello terapeutico.
«II dati epidemiologici – puntualizza Cartabellotta – quelli provenienti dal real world e le evidenze scientifiche suggeriscono che per la gestione dei pazienti con scompenso cardiaco è indispensabile puntare su modelli organizzativi a gestione extra-ospedaliera, efficaci nel migliorare la qualità di vita e nel ridurre la mortalità e le re-ospedalizzazioni, i cui costi rischiano di diventare insostenibili per la sanità pubblica». In tal senso, le linee guida NICE puntano sulla riorganizzazione territoriale dei servizi grazie ad una stretta collaborazione tra un team multiprofessionale specializzato e un team di cure primarie, definendone le specifiche responsabilità.
«I pazienti con scompenso cardiaco – continua il Presidente – possono essere ospedalizzati oppure assistiti in setting specialistici in occasione di riacutizzazioni e “restituiti” alle cure primarie una volta stabilizzati. Considerato che spesso presentano comorbidità rilevanti (ipertensione, diabete, broncopneumopatia cronica ostruttiva, etc.), gestire tutte le informazioni è un processo complesso con ruoli e responsabilità non sempre chiari». Ecco perché le linee guida NICE raccomandano di redigere e aggiornare periodicamente piani assistenziali personalizzati e strutturati da condividere con pazienti, familiari e caregiver oltre che con tutti i professionisti coinvolti nell’assistenza. «Tutto ciò – precisa Cartabellotta – senza trascurare gli interventi sugli stili di vita: dalla necessità di ridurre consumo di sali e apporto di liquidi, ai programmi riabilitativi personalizzati basati sull’esercizio fisico con obiettivi ben definiti e adeguatamente monitorati».
«Auspichiamo che la versione italiana di questo documento del NICE – conclude Cartabellotta – rappresenti un’autorevole base scientifica sia per la costruzione dei PDTA regionali e locali, sia per l’aggiornamento dei professionisti sanitari, oltre che per una corretta informazione di pazienti, familiari e caregiver».
Le “Linee guida per la diagnosi e la terapia dello scompenso cardiaco cronico negli adulti” sono disponibili a: www.evidence.it/scompenso-cardiaco.
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9 ottobre 2019
Cronicità e invecchiamento: non può esistere assistenza sanitaria senza assistenza sociale
LA FONDAZIONE GIMBE HA PRESENTATO AL CONGRESSO NAZIONALE FIMMG UN REPORT CHE ANALIZZA LA SPESA SOCIALE DI INTERESSE SANITARIO CHE NEL 2017 SFIORA I 42 MILIARDI DI EURO. CONSIDERATO CHE L’IMPATTO COMPLESSIVO DELLA SPESA DELLE FAMIGLIE PER LA LONG-TERM CARE SUPERA I 12 MILIARDI, OLTRE IL SOMMERSO, PER UNA GESTIONE OTTIMALE DI CRONICITÀ, MULTIMORBIDITÀ E INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE È INDISPENSABILE RIVEDERE LE MODALITÀ DI FINANZIAMENTO, ORGANIZZAZIONE, EROGAZIONE E MONITORAGGIO DELL’ASSISTENZA SOCIO-SANITARIA CON L’OBIETTIVO DI DEFINIRE, NEL MEDIO TERMINE, UN FABBISOGNO SOCIO-SANITARIO NAZIONALE.
9 ottobre 2019 - Fondazione GIMBE, Villasimius (CA)
La Fondazione GIMBE ha presentato oggi al 76° Congresso Nazionale FIMMG-METIS nella sessione “Tendenze demografiche e nuove povertà” un report che analizza la spesa sociale di interesse sanitario, in larga parte riconducibile al grande contenitore della long term care (LTC) e stimata per il 2017 in quasi € 42 miliardi. Il Presidente Nino Cartabellotta ha enfatizzato che le attuali modalità di finanziamento, organizzazione, erogazione e monitoraggio dell’assistenza socio-sanitaria sono inadeguate e che per la gestione di invecchiamento, cronicità e multimorbidità è indispensabile gettare presto le basi per un servizio socio-sanitario nazionale, al fine di pervenire nel medio termine un fabbisogno socio-sanitario nazionale.
«La salute e la qualità di vita delle persone – esordisce il Presidente– sono condizionate, oltre che dall’assistenza sanitaria, anche da tutte le prestazioni sociali finalizzate a soddisfare i bisogni legati a patologie e condizioni che determinano non solo disabilità, ma anche limitazioni funzionali o parziale non-autosufficienza. Tali prestazioni sono in larga parte riconducibili al grande contenitore della LTC».
La spesa sanitaria per LTC include l’insieme delle prestazioni sanitarie erogate a persone non autosufficienti che, per senescenza, malattia cronica o limitazione mentale, necessitano di assistenza continuativa. Secondo i conti ISTAT-SHA nel 2017 questa spesa ammonta a € 15.511 milioni: € 11.757 milioni (75,8%) di spesa pubblica, € 3.618 milioni (23,3%) a carico delle famiglie e € 136 milioni (0,9%) di spesa intermediata.
«Se formalmente – continua Cartabellotta – i livelli essenziali di assistenza dovrebbero essere integralmente coperti dalla spesa pubblica, tutte le forme di assistenza socio-sanitaria (domiciliare, territoriale, residenziale e semiresidenziale) vengono finanziate prevalentemente dalla spesa sociale di interesse sanitario. In altre parole, i servizi assistenziali destinati alla LTC escono dal perimetro della spesa sanitaria, sfuggendo a tutte le analisi che non considerano la spesa sociale di interesse sanitario».
Considerato che tra i punti del “Piano di Salvataggio del SSN” elaborato dalla Fondazione GIMBE rientra “Costruire un servizio socio-sanitario nazionale, perché i bisogni sociali condizionano la salute e il benessere delle persone”, è fondamentale integrare la spesa sanitaria con la quella sociale di interesse sanitario, che il report GIMBE stima per il 2017 in € 41.888, così ripartiti:
- Fondo Nazionale per la non autosufficienza: € 513,6 milioni
- Fondi regionali per la non autosufficienza: € 435,5 milioni, importo riferito alla sola Regione Emilia Romagna per impossibilità di reperire i dati di altre Regioni
- INPS: € 27.853,4 milioni che includono pensioni di invalidità previdenziale (€ 8.475,9 milioni), le prestazioni assistenziali (€ 13.802 milioni per indennità di accompagnamento e € 3.524,3 milioni per pensioni agli invalidi civili) e i permessi retribuiti (€ 2.051,2 milioni)
- Comuni: € 3.977 milioni per prestazioni in denaro e natura
- Famiglie: la stima della spesa diretta ammonta a € 9.109 milioni che includono i servizi regolari di badantato (€ 5.009 milioni) e i costi indiretti per mancato reddito dei caregiver (stimabili in € 4.100 milioni). Le stime della spesa per le badanti irregolari (compresa tra € 6.185,9 e € 9.776,4 milioni) non sono state incluse nel computo totale.
«Se l’assistenza sanitaria – puntualizza il Presidente – configura un sistema di prestazioni in natura, la spesa sociale per la LTC è quasi interamente rappresentata da erogazioni in denaro senza vincolo di destinazione, né sottoposte ad alcuna verifica. Di conseguenza, sfuggendo a qualsiasi meccanismo di governance pubblica, è impossibile stimare il ritorno in termini di salute di questi investimenti pubblici. D’altro canto, senza considerare il sommerso, l’impatto complessivo della LTC sulle famiglie supera i € 12,2 miliardi di euro».
Al fine di avviare un dibattito pubblico sulla complessa integrazione tra assistenza sociale e sanitaria la Fondazione GIMBE fornisce nel report alcune raccomandazioni perché tale integrazione può migliorare gli esiti di salute, ottimizzare l’uso del denaro pubblico e preparare il SSN alle ardue sfide che lo attendono. In particolare, è necessario potenziare e formare adeguatamente le risorse umane, implementare tecnologie informatiche innovative e introdurre nuovi modelli di finanziamento, dove decisori politici, responsabili della programmazione sanitaria, professionisti sanitari e operatori sociali devono attuare un gioco di squadra perché tutti rivestono un ruolo primario.
«Evidenze scientifiche e dati dal real world – conclude Cartabellotta – dimostrano che non può esistere assistenza sanitaria senza assistenza sociale: di conseguenza è indispensabile avviare una profonda revisione delle modalità attuali di finanziamento, organizzazione, erogazione e monitoraggio dell’assistenza socio-sanitaria, al fine di integrare la spesa sanitaria con quella sociale e pervenire, nel medio termine, alla definizione di un fabbisogno socio-sanitario nazionale».
La versione integrale del Report “La spesa sociale di interesse sanitario nel 2017” è disponibile all’indirizzo web: www.gimbe.org/spesa-sociale-2017
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2 ottobre 2019
Verso la manovra 2020: per sostenere la Sanità belle parole, ma nessun rilancio del finanziamento pubblico
L’ANALISI GIMBE DELLA NOTA DI AGGIORNAMENTO DEL DEF 2019 DOCUMENTA CHE I GOVERNI CAMBIANO MA PER LA SANITÀ PUBBLICA LA MUSICA È SEMPRE LA STESSA. PAROLE APPASSIONATE SULLA VOLONTÀ DI SOSTENERE E RAFFORZARE UN SERVIZIO SANITARIO PUBBLICO E UNIVERSALISTICO, MA SENZA RILANCIARE IL FINANZIAMENTO. IL “PIANO STRAORDINARIO” DI ASSUNZIONI DI MEDICI E INFERMIERI PREVISTO DAL PROGRAMMA DI GOVERNO DIVENTA UN “ORDINARIO PROSEGUIMENTO” DI ASSUNZIONI E STABILIZZAZIONI PER COPRIRE LE CARENZE DI PERSONALE. SI CONFERMA LA LINEA DI TUTTI I PRECEDENTI GOVERNI: L’EVENTUALE RIPRESA DELL’ECONOMIA NON DETERMINERÀ ALCUN RILANCIO DEL FINANZIAMENTO DELLA SANITÀ PUBBLICA.
2 ottobre 2019 - Fondazione GIMBE, Bologna
La linea programmatica relativa alla sanità nella Nota di aggiornamento al DEF (NaDEF) 2019 conferma - almeno a parole – quanto previsto dal Programma di Governo: “Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) rappresenta un patrimonio da tutelare e rafforzare intervenendo anche per ridurre disuguaglianze crescenti. Occorre consolidare la natura universalistica del servizio sanitario nazionale e il ruolo cruciale della sanità pubblica nell’assicurare a tutti i cittadini il pieno diritto ad accedere ai migliori servizi per la salute”.
«A fronte di questa premessa – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – dopo 10 anni di saccheggio che hanno sottratto alla sanità pubblica oltre € 37 miliardi, dalla NaDEF 2019 era lecito aspettarsi un forte segnale di discontinuità. Invece, i numeri sono inequivocabili: nessun rilancio del finanziamento pubblico che, nella migliore delle ipotesi, per il 2020-2021 aumenterà dei € 3,5 miliardi già assegnati dalla scorsa Legge di Bilancio, pericolosamente legati al nuovo Patto per la Salute, ancora sul tavolo di Governo e Regioni».
Alla vigilia della discussione della Legge di Bilancio 2020, al fine di stemperare gli entusiasmi e ridurre vane aspettative, la Fondazione GIMBE ha effettuato un’analisi indipendente della NaDEF 2019.
Revisione delle stime finanziarie
- La NaDEF 2019 stima una crescita del PIL del 2% nel 2020 che raggiunge il 2,7% nel 2021 per poi flettere al 2,6% nel 2022, ma contiene l’aumento percentuale della spesa sanitaria all’1,7% nel 2020, 1,2% nel 2021 e 1,4% nel 2022. Questo primo dato conferma che la crescita della spesa sanitaria nel triennio 2020-2022 rimane sempre inferiore a quella stimata per il PIL nominale: -0,3% nel 2020, -1,5% nel 2021 e -0,8% nel 2022. Peraltro, considerato che l’indice dei prezzi del settore sanitario è superiore all’indice generale dei prezzi al consumo, la restrizione in termini di spesa reale è ancora più marcata.
- Rispetto al DEF 2019, la NaDEF 2019 aumenta il rapporto spesa sanitaria/PIL solo di un misero 0,1% nel 2022 riallineandolo al 6,5% del 2021. Nessuna inversione di tendenza dunque e, soprattutto, nessuna traccia della proposta “Quota 10” del Partito Democratico, ovvero “10 miliardi di risorse aggiuntive nei prossimi 3 anni”.
- Le stime della spesa sanitaria aumentano rispetto al DEF 2019: € 120.596 milioni per il 2020 (+ € 643 milioni), € 122.003 per il 2021 (+ € 645 milioni) e € 123.696 per il 2022 (+ € 644 milioni), ma si rileva un anomalo incremento di € 3,150 miliardi (+ 2,7%) dal 2018 al 2019: da € 115.410 milioni certificati nel 2018 dalla Ragioneria Generale dello Stato ai € 118.560 stimati dalla NaDEF per il 2019. «Considerato che il deficit ante-coperture nel 2018 – afferma Cartabellotta – ammonta a € 1.200 milioni e che il finanziamento pubblico aggiuntivo nel 2019 è pari a € 1 miliardo, si tratta di un via libera per le Regioni a spendere in libertà nei prossimi mesi aumentando il deficit? Oppure è una sofisticata mossa contabile?». Parallelamente, non tornano i conti rispetto all’incremento del finanziamento pubblico previsto dall’ultima Legge di Bilancio: nel 2020 l’aumento stimato della spesa sanitaria è di soli € 645 milioni (invece che € 2.000) e nel 2021 di € 645 (invece che € 1.500).
Azioni e contraddizioni. Se da un lato si riconosce la volontà di attenuare le disuguaglianze in termini di accesso ai servizi e di variabilità regionale garantendo l'erogazione dei LEA in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, dall’altro il Programma di Governo intende proseguire nel processo di autonomia differenziata, che realisticamente aumenterà proprio le diseguaglianze. Si propone di “aumentare l'attenzione per la promozione e la prevenzione della salute” senza azioni correlate né risorse dedicate. «Inoltre – commenta il Presidente – è anacronistico affermare che bisogna “prepararsi ai cambiamenti derivanti dal progresso scientifico e tecnologico”, ignorando il ritardo decennale nell’adozione di tecnologie innovative, prima tra tutte la telemedicina non ancora inclusa nei LEA». Rispetto alla compartecipazione della spesa sanitaria, la NaDEF ripropone la progressiva rivisitazione dell’attuale sistema aggravato dall’introduzione del superticket la cui abolizione è obiettivo prioritario per il Ministro Speranza, ma paradossalmente l’iniquo balzello potrebbe essere scaricato sul fondo sanitario nazionale». Dulcis in fundo puntualizza Cartabellotta «il “piano straordinario” di assunzioni di medici e infermieri annunciato dal Programma di Governo si è ridimensionato in un “ordinario proseguimento” dei processi di assunzione e stabilizzazione per coprire le carenze di personale».
«Il Governo Conte bis – conclude Cartabellotta – con la NaDEF conferma la linea dei precedenti Esecutivi perdendo la prima vera occasione per confermare che il rafforzamento del SSN annunciato nel Programma di Governo rappresenta una reale priorità politica. Infatti, la mancata inversione di tendenza del rapporto spesa sanitaria/PIL dimostra che l’eventuale ripresa dell’economia non determinerà alcun rilancio del finanziamento pubblico della sanità nel prossimo triennio».
Rapporto spesa sanitaria/PIL |
2019 |
2020 |
2021 |
2022 |
DEF 2019 |
6,6% |
6,6% |
6,5% |
6,4% |
NaDEF 2019 |
6,6% |
6,6% |
6,5% |
6,5% |
Differenza |
0,0% |
0,0% |
0,0% |
0,1% |
Spesa sanitaria (in milioni di euro) |
2019 |
2020 |
2021 |
2022 |
DEF 2019 |
118.061 |
119.953 |
121.358 |
123.052 |
NaDEF 2019 |
118.560 |
120.596 |
122.003 |
123.696 |
Differenza |
499 |
643 |
645 |
644 |
Aumento % spesa sanitaria |
2019 |
2020 |
2021 |
2022 |
DEF 2019 |
2,3% |
1,6% |
1,2% |
1,4% |
NaDEF 2019 |
2,7% |
1,7% |
1,2% |
1,4% |
Differenza |
0,4% |
0,1% |
0,0% |
0,0% |
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Pagina aggiornata il 22/06/2022